31 dicembre 2023

PER " LORO " UN GIORNO COME TANTI










Un altro anno è passato,un altro anno e un altro Capodanno è arrivato tra i rituali di sempre:notte della vigilia con cenone in famiglia,pacchi,pacchetti,regali,risate e tanti auguri a tutti.Eppure in questa notte c'è stata tanta altra gente che quel Capodanno e nessun altro Capodanno ha avuto,che con nessuno quella notte è stato,a cui nessuno mai pensa,figurarsi poi la notte di Capodanno.

E' quella la gente che,come tutte le altre notti dell'anno,anche nella notte di Capodanno ha avuto come materasso il pavimento di una piazza o la panchina di un parco,come coperta degli stracci o dei cartoni e come tetto un cielo trapuntato di stelle.E' questa la diversa ma sempre uguale notte di Capodanno per quei tanti,quei troppi che,ogni anno in numero sempre maggiore,vivono così.Senza più una famiglia una casa un lavoro.Perchè poi non ci vuol niente a cadere in quel mondo di povertà sempre più esteso,come i rapporti della Caritas o dell'Istat ogni anno ci raccontano.

Poi ogni tanto succede  che quell'altro e diverso mondo esonda nel nostro e ci scuote e ci angoscia e ci fa salire dal profondo disagi,scrupoli,rimorsi.Succede quando in tv o sui giornali o sui social appare la notizia che uno di quelli che chiamiamo barboni o clochard,è morto dentro il buio della notte,sotto il freddo del gelo dell'inverno.

E ci si chiede allora,ma solo allora,come sia potuta accadere una cosa del genere proprio qui,proprio nella nostra "civilissima" Italia.Ci sono quelli che rispondono a questa domanda mescolando l’urbanistica con il sociale,puntando il dito sul degrado oppure accusando le ONG e Associazioni umanitarie perchè secondo alcuni su quel mondo fanno affari.

Certo,si sarebbe potuto fare di più,magari utilizzando i tanti stabili vuoti di proprietà dei preti o dello Stato,che però vuoti erano e vuoti resteranno.Si sarebbe potuto fare di più con il reddito di cittadinanza.E si sarebbe potuto fare di più con i bonus e con la cassintegrazione.Già.Si sarebbe potuto,ma non si è fatto.E forse ci vorrebbe un sistema di assistenza sanitaria e sociale più vicino ai fragili,ai deboli,agli ultimi,ma poi finisce sempre che quella gente comunque va a vivere su una panchina o tra le mura di una stazione ferroviaria e talora,appunto,muore.

Sono i tanti nuovi,vecchi poveri,diseredati,disadattati,e ti chiedi come è cominciata quella loro nuova vita,perchè poi molti di loro fino a qualche giorno prima aveva una vita "normale",magari non ricca ma almeno come quella che viviamo noi adesso.

Nei giorni di mercato si aggirano tra i banchi dei venditori.Magari "prima" erano normalissimi clienti.Adesso,dopo il mercato,rovistano nei cassonetti dell’immondizia,tra gli scarti e gli avanzi del nostro cenone della vigilia.Sono tutti uomini e donne ai margini della società.Le ricerche sociologiche li chiamano “invisibili” e con questa parola ci han già girato un mucchio di film,anche uno con Richard Gere.Si piange in quei film.Ci si commuove per un paio d'ore e poi finisce tutto lì.


(sopra il trailer del film "Gli Invisibili" con Richard Gere)

Qui da noi li chiamiamo i “senzatetto”, poi qualcuno ha pensato bene di ribattezzarli con il nome di “clochard”,come se con quel francesismo potessimo rendere meno cupa la vista,la loro esistenza e la nostra coscienza.Bisognerebbe invece chiamarli Barboni.Barboni,l'ultimo gradino di una scala sociale che non ha pietà.Barboni.Una parola dura,che fa gelare il sangue.Sono tanti e si moltiplicano giorno dopo giorno,anno dopo anno,sempre di più.

Gli "Invisibili".Forse perchè persone così non solo non vorremmo vederle,ma vorremmo che proprio non esistessero:perchè costituiscono un silenzioso interrogativo che inquieta la coscienza.Come se non vedendoli il problema fosse risolto.Ed invece no.I "poveri",i "barboni",dato che esistono,è bene che restino visibili e continuino a turbarci. Per evitarci di dimenticare che miseria e abbandono sono brutti e degradanti.Ed è solo incrociando lo sguardo di un povero o di un barbone buttato a terra o sentendone l’odore spesso sgradevole si può capire il carico di dolore e di solitudine che porta con sé.

Se invece pensiamo che quella gente "deve" restare invisibile e che "basta" fare un’offerta,non abbiamo capito niente,non abbiamo capito che in questo modo saremmo,più di quanto non siamo già,più cinici,più duri,più indifferenti,più chiusi di mente e di cuore.La storia ce lo insegna.Il primo passo per negare un problema è nasconderlo. Ci sono stati (e ci sono ancora) regimi in cui semplicemente essere zingari,ebrei,omosessuali o poveri era un problema.Non dimentichiamoci di come è finita,perché il meccanismo potrebbe ripetersi.

E la politica ? Figuriamoci.Dei “barboni” non c’è traccia in nessun programma elettorale.La politica non ha mai guardato là fuori e non ha mai visto quel signore qualunque,curvo a scrutare dentro un bidone dell’immondizia che è il suo banco del supermercato ed il suo menù.Lì dentro, tra i nostri scarti,c’è la sua colazione,pranzo e cena.

La povertà,oggi,è sempre più improvvisa,e sempre più estesa,anche se l’homeless è ancora considerata una condizione legata a specifiche categorie: i malati psichici, i tossicodipendenti o i clochard per scelta.La povertà,invece,può essere improvvisa e derivare dal fallimento di un progetto migratorio,un licenziamento,una separazione,una deriva psicologica,umana sociale o personale.E c'è una ostilità,una repulsione verso il povero.Ed è proprio alla paura del povero e degli "homeless" che viene da pensare in riferimento all’onda di appelli social che pongono al centro il tema della sicurezza.

Un po' ovunque, per fortuna, ci sono le mense della fraternità. Offrono il pranzo ma non solo,e le file ogni anno diventano più lunghe.Eppure sugli spalti degli stadi del tifo politico e dentro i Palazzi del potere,c'è chi punta il dito sulle coop,sui parroci e di nuovo sugli extracomunitari e su tutta quella gente che offende il "decoro urbano".

Tante sono le strutture e le progettualità a disposizione di chi ha perso tutto:ascolto,docce,dormitori,centri diurni e assistenza di strada,raccolta indumenti e molto altro. Ma è ancora lontana una visione più compiuta che guardi all’homelessness non solo come ad una questione emergenziale a cui guardare con pietà, ma come una questione reale a cui porre rimedio in termini di politiche dell’abitare.Perchè si dovrebbe pensare che chi è povero oggi non lo deve essere per sempre e che la povertà non è una colpa. È semplicemente qualcosa che può accadere a chiunque,all’improvviso.

La verità è che questa nostra società consumistica, cannibalesca, divora e digerisce tutto,anche la capacità di indignarci.Una società povera di valori, eticamente vuota. La paura dell'altro ci incattivisce,ci rende indifferenti.Oggi più che mai, in questo momento di crisi si ha bisogno di significati veri e di valori alti: la cultura della partecipazione contro l’ignoranza,l'indifferenza e la noncuranza.E' questo che manca,è questo che ci vorrebbe.

Qualche anno fa lo "street artist" più famoso del mondo,Banksy girò un video a Birmingham,in Inghilterra,con un’opera che accarezza i più deboli.Il protagonista è Ryan, un senzatetto che, complice o ignaro non si sa, si prepara per affrontare la notte.Beve a una bottiglietta d’acqua, sistema le sue sacche a mo’ di cuscino mentre le macchine sfrecciano a pochi metri da lui e i passanti camminano del tutto indifferenti. E lui, cappuccio in testa per ripararsi dal freddo, si stende sulla panchina: il suo letto.Quando,però,la macchina da presa allarga l’inquadratura, sul muro accanto spuntano le due renne di Babbo Natale, che trasformano la panchina di Ryan in una slitta.E' un invito alla solidarietà, a non girare lo sguardo dall’altro lato con indifferenza.

Banksy in questo modo vuole porre l’attenzione su un problema che ha una rilevanza globale: le condizioni dei clochard che, specialmente nei mesi più freddi dell’anno, si trovano soli e privi di un luogo caldo dove poter trascorrere la notte. A dare una nota ancora più malinconica, è il natalizio sottofondo musicale di I’ll be home for Christmas cantato da Joy Williams.

(Sopra la foto e il video di Banksy tratti da internet)

19 dicembre 2023

QUESTO NOSTRO NATALE






180 anni fa,il 19 dicembre del 1843, pochi giorni prima del Natale,veniva pubblicato il romanzo "Canto di Natale" del grande scrittore inglese Charles Dickens.Come gli altri capolavori di Dickens(Il Circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist,Dombey e Figlio,David Copperfield,Casa Desolata,Tempi difficili,Grandi speranze,Il nostro comune amico per citarne solo alcuni)"Canto di Natale" è capace di suscitare sentimenti dal profondo,tanto che lo scrittore Robert Louis Stevenson ebbe a dire ad un amico:"mi sento bene dopo averlo letto".

"Canto di Natale" è una dura critica al capitalismo,un’esortazione a cambiare modello di vita,profondamente pervaso di senso morale ed esaltazione dei veri valori della vita.Oggi,purtroppo,c'è da temere che quel romanzo sia ridotto a una fiaba,che nemmeno interessa più ai nostri bambini ipertecnologici e perennemente connessi,distratti nei loro mondi virtuali.Il nostro,al contrario, è il tempo del trionfo di Scrooge,l’avaro affarista del racconto,così preso nel mondo del denaro,degli indici di borsa,tra algoritmi e sfruttamento.

Eppure, in questi giorni convulsi in cui le strade piene di luci sono percorse dall’ansia degli acquisti è bello tornare a quel Canto di Natale.

Il protagonista è Ebenezer Scrooge,un vecchio affarista taccagno,avido di denaro e arido di cuore,una maschera universale che però,in questo nostro tempo,non ha una connotazione negativa,ma è quasi un riferimento,un modello di successo.In lui l’uomo d'oggi può identificarsi,in una idolatrazione di danaro e potere.

Come per altri personaggi letterari del genere,Shylock(l'ebreo protagonista del "Mercante di Venezia" di Shakespeare), Arpagone("L'Avaro" dell'omonima opera teatrale di Moliere)o "Mastro don Gesualdo"(ne "La roba" di Verga),il tempo di Scrooge è denaro.In questa logica Scrooge vede il Natale come un fastidioso intervallo nel quale non si lavora e non si può guadagnare,e per giunta ai dipendenti spetta pure la giornata libera.Feste,regali e auguri non sono che sciocchezze,mentre il suo scrivano,il povero Bob Cratchit,lavora al freddo per una paga miserrima.Ma la vigilia di Natale accade qualcosa: Scrooge riceve la visita dello spirito del suo vecchio socio, Jacob Marley, morto sette anni prima. Un altro avaraccio solitario, che gli si presenta trascinando,in una specie di legge del contrappasso,una catena fatta di salvadanai, chiavi,lucchetti,libri mastri,atti notarili e pesanti portafogli d’acciaio,tutti simboli di quelli che sono stati gli unici interessi della sua vita.Prima di andarsene lo spirito ammonisce Scrooge a ravvedersi prima che sia troppo tardi.

Scrooge,dopo quell'apparizione,comincia a capire la necessità dell’amore,di cui è privo,la nostalgia per l’infanzia e i piccoli episodi di luce smarriti lungo il cammino.Si rivede come un bimbo solitario estraneo alla vita familiare,ricorda l’abbandono della fidanzata lasciata per dedicarsi esclusivamente agli affari e a fare soldi,si pente dello sfruttamento del disgraziato dipendente.

E' una tortura del rimorso quella che comincia in Scrooge.In inglese, la parola rimorso significa anche compassione, la capacità di condividere e capire la sofferenza altrui.Scrooge comprende i propri errori,pensa alle occasioni di felicità perdute,comprende la sterilità di una vita senza conforto,guarda al futuro che gli si prospetta con una morte solitaria e la dannazione.Così Scrooge attraverso la semplice gioia del Natale,compresa osservando di nascosto le gioie familiari del suo povero scrivano Bob Cratchit,avverte la solitudine,il rimpianto,riconosce le offese arrecate all’umanità.

Ed é in questo  forse la lontananza del lettore moderno dal racconto di Dickens.L’uomo di oggi è talmente chiuso in se stesso,così preso dal conseguimento di obiettivi materiali e dal desiderio di appagamento immediato che non riesce a vedere le cose essenziale, tanto meno si protende al soccorso dell’Altro.

Lo Scrooge dei nostri giorni potrebbe essere rappresentato da Lehman Brothers,carnefici e successivamente vittime dell’economia finanziaria fatta di impulsi e algoritmi,indifferenza per chi vive e arranca ogni giorno.Le sofferenze sono uguali,Scrooge non è un’astrazione,i suoi spettri sono gli stessi delle nostre solitudini in mezzo alla moltitudine indistinta e sconosciuta nella quale ci muoviamo.

Rispetto al finale di "Canto di Natale",oggi l’esito sarebbe certamente diverso.La redenzione di Scrooge oggi appare una vaga illusione,perchè ad essere scomparsa è la nostra tensione morale e ideale.Oggi guardiamo solo lo spirito edonistico e consumistico del Natale ma non abbiamo la capacità di commuoverci dinanzi al vero valore del Natale.

Per questo c'è da temere che il "Canto" di Dickens non sia più in grado di scuotere gli animi,emozionare e cambiare la vita,al tempo dei nuovi Scrooge,della finanza globale e del potere straripante delle banche.Soldi e potere imprigionano milioni di uomini e donne.Nemmeno si avverte più la valenza negativa del Male ed Ebenezer Scrooge è un eroe del nostro tempo,mentre la catena dell’avidità è la corona più ambita.

15 dicembre 2023

BISOGNA AVER VISTO






La condizione del sistema carcerario di ogni Paese democratico e le situazioni del vivere quotidiano dei detenuti sono(dovrebbero essere)un elemento basilare per uno Stato di diritto perchè é (anche)da lì che passa la tutela dell'individuo e il rispetto delle garanzie costituzionali.

Queste cose le sapeva bene Voltaire quando diceva:"Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri,poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione”.E le sapeva bene Piero Calamandrei che già nel 1949,proponendo una commissione d’inchiesta sulle carceri e la tortura, scriveva:"Bisogna aver visto",cioé bisogna "entrare" nelle carceri italiane per rendersi conto davvero della realtà che esse rappresentano.Il non (voler)guardare è invece il buio della Ragione e la scomparsa di ogni umana solidarietà.

Già,entrare nel carcere.Visitare un carcere.Ma a farlo veramente sono solo poche associazioni che agiscono per il rispetto del Diritto e dei diritti dei carcerati,come "Nessuno tocchi Caino" e "Antigone" per esempio.

Il carcere è un cunicolo sconfinato di sofferenze.È luogo di patimenti dove espiare la pena.Diceva Filippo Maria Turati  in un discorso memorabile,che poi fu pubblicato in opuscolo sotto il titolo “Il cimitero dei vivi”:"La detenzione non é solo privazione della libertà.Essa è una punizione corporale e psichica".

Ed infatti il carcere si abbatte su corpi costretti in spazi angusti,dove coabitano sovraffollamento e solitudine.Privati di sessualità,distesi in cella a fissare perennemente il soffitto o la tv,col tempo,da uomini che erano,i detenuti si trasformano in larve.Rimangono in carcere anche persone malate la cui condizione sanitaria è incompatibile con il carcere,eppure,inspiegabilmente,lì restano reclusi.Fino all’acuzie di corpi sopraffatti che si danno la morte(già 39 i suicidi in carcere ad agosto 2023).

Se si anagramma,la parola "reo" si ricompone in ero.Ed é proprio questa la sensazione del detenuto del proprio essere:la perdita di ogni forma di vita e di dignità.Questa ricomposizione della parola inchioda per sempre il detenuto al reato commesso.L'art. 27 della Costituzione prevede che:"le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità".Ma quell'articolo nelle carceri italiane viene applicato senza il NON,secondo un'opposta,agghiacciante realtà:"Le pene POSSONO consistere in trattamenti contrari al senso di umanità".

Sempre Filippo Turati scriveva già nel 1904:"Noi ci vantiamo di aver cancellato la pena di morte dal codice penale,ma la pena di morte che ammaniscono a goccia a goccia le nostre galere è meno pietosa di quella che era data per mano del carnefice?.Noi ci gonfiamo le gote a parlare di emenda dei colpevoli,e le nostre carceri sono fabbriche di delinquenti,o scuole di perfezionamento dei malfattori…".

Non è che basta cancellare la pena di morte,così come si è fatto,se non si supera anche l'ergastolo che è una pena fino alla morte(perché tale é l’ergastolo,sia esso comune od ostativo).In realtà è il carcere che andrebbe abolito,perché laddove c’è strage di ogni dignità e legalità c’è anche strage di vite umane(85 suicidi nel 2022, mai così tanti).

Ma in un Paese culturalmente conservatore e per certi versi addirittura reazionario come l'Italia,l'abolizione del carcere non é certo nell'agenda politica dei partiti politici di qui ai prossimi 100 anni.Epperò il carcere può già da subito diventare più "umano",se lo si ascrive ad una categoria concettuale di "residualità",come "extrema ratio",proprio come chiedeva uno dei grandi Padri del Garantismo,Cesare Beccaria.

Così la condizione carceraria può trovare una tollerabilità anzitutto abbandonando ogni automatismo nel ricorso alla leva penale e attuando una politica di radicale depenalizzazione.Proprio l'opposto,cioè,di quella logica panpenalistica che ispira l'azione illiberale dell'attuale governo italiano.

E una umanità della condizione carceraria può essere recuperata anche facendo ricorso a strumenti di clemenza collettiva come l'amnistia.Come pure si dovrebbe sostituire per quanto possibile,la detenzione con pene alternative.Tutto ciò non è di certo presente nel programma del governo repressivo Melonian-salviniano che si professa garantista nel processo,ma giustizialista nell’esecuzione della pena.E così mediocri politici come Salvini continuano a utilizzare espressioni tribali come "buttare la chiave".

Intanto anche per questa cultura repressiva instillata nell'opinione pubblica,oggi il carcere è sinonimo di giustizia,sicchè più il carcere è duro,più si ritiene che giustizia è fatta:così la feroce legislazione carceraria del 41- bis(che doveva essere limitata nel tempo,ma oggi applicata di prassi)è il risultato di questa equazione.

La pena consiste nella privazione della libertà in uno spazio ristretto chiamato carcere,ma le carceri italiane sono molto di più,una discarica sociale dove si è costretti a vivere chiusi in celle umide,sovraffollate e in condizioni igieniche disumane.

Ed invece la vita in carcere deve somigliare il più possibile alla vita esterna diversa solo per un elemento di spazio,connesso alla condizione di detenzione.Per tutto il resto non deve esserci differenza tra cittadino libero e cittadino detenuto.Perchè non ci sono Uomini e no.

08 dicembre 2023

TOTA PULCHRA ES MARIA





L'8 dicembre la Chiesa celebra una delle più grandi solennità mariane,il dogma dell’Immacolata Concezione,proclamato,dopo dispute teologiche durate secoli,da Papa Pio IX nel 1854,che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.Secondo la religione cristiana,da quando Adamo ed Eva disobbedirono a Dio assaggiando il Frutto proibito tutti i loro discendenti,ossia l'intera razza umana,nascono con tale colpa.Solo con il Battesimo,secondo il Cristianesimo,si torna all'originaria purezza.

Con la proclamazione del dogma si stabiliva quindi che la Madre di Gesù non solo nacque assolutamente pura,ma che venne concepita nel grembo materno priva del Peccato Originale (e dunque "immacolata", senza macchie).Il giorno in cui venne emessa tale bolla era l'8 dicembre e da lì ebbe origine la ricorrenza.Nella devozione cattolica l’Immacolata è collegata con le apparizioni di Lourdes dove Maria apparve a Bernardette presentandosi come «l’Immacolata Concezione».

La solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria si inserisce nel contesto dell’Avvento e del Natale.E' perciò che questo periodo liturgico va considerato come un tempo particolarmente adatto per il culto della Madre del Signore.Maria è la tutta santa,la tutta bella(così é celebrata in uno dei più bei canti gregoriani:"Tota pulchra es Maria")immune da ogni macchia di peccato,resa dallo Spirito Santo una nuova creatura,diversa da tutte le altre.

L'8 Dicembre è dunque il giorno dell’Immacolata Concezione,dogma scomodo e difficile da capire in un tempo che troppo pensa all'edonismo e al materialismo,senza lasciare alcuno spazio alla spiritualità.Eppure,nonostante tutto il culto della Madonna é grande in Italia e nel mondo.Non é un caso se solo nel nostro Paese sono più di mille i Santuari dedicati al culto di Maria.

Ma oltre che profondamente "sentita" e "vissuta" nella fede popolare,l'Immacolata Concezione è da secoli una fonte sovrana dì ispirazioni d'arte.Sono molti i  grandi pittori che nelle varie epoche dedicarono le loro opere alla Vergine Immacolata.Ne riporto di seguito solo alcuni tra i più grandi pittori come Vasari,Tintoretto,Rubens,Reni,Murillo,Tiepolo

L "Immacolata" di Giorgio Vasari :

il Vasari fece ruotare la scena attorno all’Albero del Bene e del Male che viene avviluppato dalle spire di un serpe che rappresenta un demone con le ali da pipistrello e la testa cornuta. La Vergine in Gloria lo calpesta con un piede mentre i cherubini le volano tutt’attorno mostrando il cartiglio con la scritta “O gloriosa Domina”.


Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino(Cento, 2 febbraio 1591 – Bologna, 22 dicembre 1666)




Bartolomé Esteban Murillo 

La Madonna poggia i piedi su una nuvola sospesa e sfoggia una veste bianca e un mantello di un bel blu intenso. Ha i capelli sciolti e l’aureola è formata da una luce che irradia dal suo capo.





Tintoretto :"Vergine e bambino,noto come "l'Immacolata Concezione"





"Immacolata Concezione" del Tiepolo.

La Vergine è circondata da putti mentre calpesta un serpente: simbolo della vittoria sul diavolo.Come in altri dipinti legati a questo tema,si vedono rose e gigli,emblema della purezza, verginità e dell’amore della Madonna.


Guido Reni dipinse nel 1642 un’Immacolata Concezione che oggi si trova nella chiesa di San Biagio a Forlì.


Anche il Velázquez,notissimo per il suo celebre dipinto "Las Meninas",pittore spagnolo e il più importante artista alla corte di Re Filippo IV di Spagna,si ispirò all'Immacolata Concezione per questo suo dipinto del 1619.


Anche il grande pittore fiammingo Rubens dedicò all'Immacolata questo quadro,oggi conservato al Museo del Prado a Madrid  


06 dicembre 2023

SAN NICOLA E SANTA KLAUS






Il 6 dicembre la Chiesa ricorda San Nicola di Bari.Nella storia,nella cultura,nelle tradizioni e religioni di ogni parte del mondo nessuna figura di Santo,più di quella di San Nicola(del quale il 6 dicembre cade la ricorrenza essendo Egli morto in questo giorno nel 343 dopo Cristo)è tanto amata e venerata,sia da cattolici che ortodossi(nella Chiesa ortodossa russa,dove è venerato in maniera straordinaria,san Nicola è spesso la terza icona insieme a Cristo ed a Maria col Bambino nell'iconostasi delle chiese).Le Sue Reliquie sono ancora oggi contese tra Bari,dove Esse sono conservate,e la Turchia che ne chiede la restituzione dopo che furono trafugate nel 1087 dalla città turca di Myra(della quale fu Vescovo) da parte di alcuni marinai baresi.

L'icona che di San Nicola abbiamo è il bastone pastorale,simbolo dell'episcopato,e tre sacchetti di monete,o anche tre palle d'oro,queste in relazione alla leggenda della dote concessa a tre fanciulle. Tradizionalmente viene quindi rappresentato vestito da vescovo con mitra e pastorale.

Anche qui nel Sannio il culto di San Nicola é diffuso in molti paesi.E lo è anche a Montesarchio,il paese dove vivo e del quale anzi il Santo è patrono.Nel "Catalogus Baronum"(elenco di tutti i feudatari del Regno di Sicilia e dei loro possedimenti compilato dai Normanni dopo la conquista dell'Italia meridionale)viene citata Monte Sarculo,suddivisa in due piccoli feudi:uno concesso a un uomo del posto,noto come Roberto da Montesarchio,l’altro, invece,a Leo de Baro,ossia Leone di Bari.Quest'ultimo raggiunse  con Maione,preposito dell’abbazia di San Modesto di Benevento  un accordo,con il quale ebbe il possesso di una terra situata in Valle Caudina(Montesarchio,appunto)appartenente al monastero beneventano.È grazie a Leo,quindi,se il culto di San Nicola si diffuse a Montesarchio, tanto che è qui presente un’abbazia(foto sotto)dedicata proprio al Santo



L'Abbazia si trova nel centro storico e fu edificata fra il XII e il XIII secolo,ma nei secoli ha più volte  subito rimaneggiamenti e ristrutturazioni.Ha una facciata in stile romanico,sovrastata da una nicchia che un tempo era affrescata.

San Nicola é così popolare,da riuscire a saldare non solo la fede crisitana con quella ortodossa,ma anche la tradizione religiosa con quella laica.E' a Lui che si ispira,infatti,la figura di Babbo Natale.
Il motivo è forse da ricercare in una leggenda,secondo la quale il Santo venne a sapere di tre fanciulle povere che il padre avrebbe fatto prostituire perchè non aveva i soldi per farle sposare.Per tre notti Nicola getta loro,attraverso la finestra aperta, altrettanti sacchi d’oro, divenuti nell’icografia del santo le tre palle che lo accompagnano.Secondo un'altra leggenda salvò tre fanciulli dalla fame,regalando loro delle mele.E' per questo che nel Medioevo si diffuse l'usanza dello scambio di doni il 6 dicembre,nel giorno di San Nicola.

La figura di Santa Claus nasce attravero una sorta di traslitterazione da "Sinterklaas",che è il nome olandese di San Nicola.Che si tratti del santo è evidenziato dal fatto che gli abiti tradizionali di Sinterklaas sono proprio quelli di un vescovo, ovvero una mitra rossa con una croce dorata e un pastorale.E furono proprio i coloni olandesi a portare il culto del santo a New Amsterdam, che,con la successiva dominazione inglese,diventerà New York.

Così San Nicola divenne Babbo Natale.Una “scristianizzazione”, se vogliamo,ma che al contempo dà l’idea della sua grande popolarità.Nei primi decenni del 1800 San Nicolaus (da cui Santa Claus)divenne il Babbo Natale che tutti conosciamo grazie a una poesia dello scrittore americano Clement Clarke Moore,"A Visit from Saint Nicholas",trasformata poi anche in una delle canzoni più tipiche del Natale,cantata da Louis Armstrong,Bob Dylan,Aretha Franklin e The Platters.



Una delle sue rappresentazioni più note è quella legata alla pubblicità della famosa bibita americana Coca Cola che debuttò nel 1931 e nacque dalla penna dell’illustratore Haddon Sundblom,che mise insieme i ricordi di San Nicola e il personaggio dello “spirito del Natale presente”,descritto da Charles Dickens nel racconto Canto di Natale.


Il rapporto speciale col mondo dell’infanzia è forse il maggior lascito di San Nicola al mondo contemporaneo,sia pure avvalendosi dell' "apporto" di Santa Claus.D’altra parte,é evidente come il grande Vescovo di Myra abbia attraversato epoche,culture e forme di fruizione molto diverse tra loro,suscitando sempre tanta venerazione in individui ed interi popoli,indipendentemente dalle affiliazioni confessionali.
Questo carattere di universalità e tale inedita capacità di adattamento a contesti differenti rendono potente ed eccezionale la figura di Nicola,un santo insofferente a confini,come quel mare su cui tanto spesso si manifestò,ed operò miracoli.

05 dicembre 2023

AL DI LA' DI MURI E DI BARRIERE













"The Old Oak"(La Vecchia Quercia),é l'ultimo bellissimo film del regista britannico Ken Loach.Il film prende il titolo dal nome dall'unico pub("The Old Oak",appunto)di Durham,una ex cittadina mineraria nel Nord Est dell'Inghilterra che è anche l'unico posto pubblico in cui gli abitanti si ritrovano per riconnettersi con gli altri.Quella gente è ora in situazioni economiche difficili,anzi é davvero povera.Povera soprattutto in quelle fascie sociali degli ex distretti minerari per l’estrazione carbonifera,creati agli inizi del secolo scorso ed oggi chiusi.E con la chiusura delle miniere quella piccola comunità è praticamente ridotta alla fame,vivendo sempre più in maniera precaria,come la “Kappa” finale di Oak,il nome del pub,che a stento si tiene su all’interno della cornice di una vecchia insegna.TJ Ballantyne,che ne è il proprietario,tira avanti a fatica con quel pub,è un uomo stanco e sfiduciato con una vita andata storta come,del resto,a tutti gli altri del posto.

Quel locale conserva memoria della solidarietà sociale tra gli operai di un tempo,e la conserva nel retro del pub pieno di fotografie in bianco e nero,che immortalano i momenti di solidarietà sociale dei minatori locali durante le vecchie proteste sindacali;uno spazio rimosso,accessibile ormai soltanto a TJ,con le tante speranze sepolte chissà dove.

Un giorno in questa periferia del mondo arriva un gruppo di rifugiati siriani in fuga dalla guerra.L’accoglienza dei residenti non è delle più calorose,anzi è decisamente ostile.Tra quei profughi c'è una giovane siriana,Yara,con la passione della fotografia,che viene respinta da un energumeno che le danneggia la sua preziosissima(per lei) macchina fotografica.

Per i residenti,per quei nuovi poveri della società del benessere,è tramautico ritrovarsi in casa quelli ancora più poveri di loro,quei profughi stranieri senza mezzi che scappano dalla guerra e dai gas di Assad.Non c'è comprensione delle altrui,uguali sofferenze in quel  piccolo mondo dove le privazioni socio-economiche dei nativi sono vissute addirittura come privilegi,agli occhi di chi ha visto i luoghi nativi completamente distrutti.Come raccontare agli abitanti di Durham,induriti dalla loro povertà,tutti i quartieri siriani distrutti dai bombardamenti? Se non lo si è vissuto,non si può capire il terrore che si prova fuggendo dall’immenso cumulo di macerie dove una volta c’era una nazione con una grande storia e grande cultura oggi completamente cancellata come a Palmira,rasa al suolo dalla follia e dalla barbarie dell’Isis.

TJ Ballantyne,invece,comprende il dramma di quei profughi e si scusa con Yara per la macchina fotografica,offrendo il suo aiuto alla ragazza e alla sua famiglia.Da quel momento inizia un’amicizia che,anche grazie al vecchio pub e tra molte difficoltà,li porterà a trovare il modo di scuotere le coscienze,favorendo comprensione tra residenti e siriani.

L’incontro tra TJ e Yara è basato sulle diverse e comuni disgrazie,ma anche su un sentire affine,sulla capacità di resistenza alle tante ingiustizie subite a diverse latitudini.Ma anche sulla consapevolezza che se si resta da soli,chiusi dietro le proprie barriere mentali e materiali,non c’è salvezza.E' insieme,invece,che,faticando,impegnandosi,si può quantomeno sperare che una società migliore sia possibile.

Questo ci fa capire "The Old Oak":ancora oggi,ancora nel 2023,bisogna scegliere da che parte stare e darsi da fare per salvare una umanità moralmente decadente.Un darsi da fare che non è questione individuale ed egoistica,perché la salvezza di tutti e ognuno è questione collettiva,nello sforzo di comprendere le fatiche e le sofferenze di ogni pezzo di Umanità dovunque esso sia.E' questo l'antidoto contro la disumanizzazione che oggi sta devastando la nostra coscienza,personale e collettiva.