27 maggio 2020

L'IMPOSSIBILITA' DELLA SOLITUDINE


Allarme stadi vuoti in Italia, le statistiche: San Paolo ...


LA GIARA CIVITAQUANA - Ristorante Recensioni, Numero di Telefono ...
Ed alla fine,dopo questo  lungo,interminabile tempo di quarantena pandemica,"uscimmo a riveder le "stelle,a girar per strade e negozi,alla ricerca di nuove e diverse forme di normalità."Distanziamento",ci hanno detto che era necessario fare per sconfiggere il coronavirus.E lo abbiamo fatto,ci siamo "distanziati",anche se questo ci ha ricacciato in nuove e diverse solitudini.Solitudini più "leggere",che hanno pesato di meno,come quelle passate in casa coi nostri familiari;ma anche quelle più "pesanti" e gravi da sopportare,come quelle degli anziani,per esempio,che già prima soli,soli son rimasti ancora di più in questo tempo infinito e sospeso.In questi 3 mesi di quarantena abbiamo acquisito nuove consapevolezze,abbiamo meglio capito quello che ci è mancato in questi mesi.Quello che davamo per scontato e che mai avremmo pensato ci sarebbe stato sottratto.Lo abbiamo capito non potendo andare allo stadio,al cinema o al teatro,nei bar o al ristorante.E adesso che lentamente cerchiamo di scrollarci di dosso la "vita agra" che abbiamo vissuto in questa quarantena,adesso che andiamo "alla ricerca di quel tempo perduto",ci accorgiamo che niente sarà come prima e che dovremo reinventarci altre forme di vita,un diverso modo di essere.Sì,abbiamo perduto tanto,indubitabilmente.Ma forse abbiamo anche trovato altre cose.Abbiamo forse  capito il vero significato dell'appartenenza ad una comunità.Abbiamo capito che siamo qualcuno perché con qualcuno siamo.Siamo andati oltre quella falsa illusione di essere perché si hanno "amici" nell'Agorà virtuale dei social.Abbiamo capito che siamo "unici" perché non siamo uno solo,che siamo singolari perché appartenenti ad un tutto.Abbiamo capito,perché abbiamo "sentito" la necessità di "partecipare" di un tutto più ampio e globale.Perché appartenere vuol dire far parte di un gruppo che condivide con noi determinati sentimenti,intesi appunto come "sentire",insieme ad altri,le stesse sensazioni,le stesse emozioni.Perché la consapevolezza di "appartenere" aumenta la nostra resilienza,la nostra capacità di fronteggiare le avversità,trovare più forza per affrontare i problemi come quelli che la pandemia ci ha posto innanzi.E allora,adesso che si ricomincia a "vivere",bisogna ripartire come collettività,per raggiungere obiettivi che al singolo restano preclusi.Abbiamo la necessità,sentiamo l'indispensabilità di stare insieme e di appartenere.Si appartiene per vicinanza,fisica o geografica,perché quando siamo lontani dai nostri gruppi familiari,dalle terre dove giocavamo bambini,proviamo ancor più forte quella "carità per lo natio loco" e non è certo Skype a ridurre o eliminare le distanze.Oppure senti l'appartenenza "per somiglianza",a dir così:somiglianza di idee,credi politici o religiosi,valori,stili di vita e bisogni.Ma il vero e più grande senso di appartenenza è il parlare plurale di ogni singolo che pure mantiene la propria specificità e individualità e la singolarità delle proprie idee.E' così che nasce un popolo e una Nazione,ma non certo populismi o nazionalismi.E' importante declinare al plurale certi verbi:giocare,vincere,andare,ascoltare,vedere.Anzi.Certi verbi non è nemmeno possibile declinarli al singolare:vedersi,e con chi se non hai un altro con cui vederti?Vincere.E quando la tua squadra vince,che emozioni puoi provare se non hai la possibilità di condividere con migliaia di altri "io",che con te esultano e cantano in uno stadio,che poi è quel catino di cemento fatto proprio per contenere decine di migliaia di persone tutt'insieme tra loro?Puoi forse visitare un museo,andare a cinema o a teatro senza un gruppo di amici con i quali poi dire quello che hai "sentito" davanti al quadro della Mostra di Raffaello o Caravaggio,ad una prima di Brecht o Pirandello,di Shakespeare o Eduardo o all'ultimo rifacimento di un film di Fellini?Di certo non è la stessa cosa fare una visita "virtuale" in 3d all'Hermitage o agli Uffizi.E vuoi mettere le allegre tavolate con amici al ristorante il sabato sera?E puoi dire che sia una vera acquisizione del "conoscere" una DAD(Didattica a distanza)la lezione di scuola o di università fatta a distanza col pc,quando poi i più svantaggiati il computer nemmeno ce l'hanno?
Alla fine comprendi,allora,quanto aveva ragione Aristotele,quando diceva che l'Uomo è un animale sociale,che sente la necessità di stare insieme e non solo per convenienza;se anche l'Uomo avesse tutto di cui ha bisogno e fosse autonomo,ugualmente tenderebbe a vivere insieme ad altri.C'è una spontanea voglia di stare insieme.L’unico che potrebbe riuscire nell’impresa di arroccarsi nella propria solitudine,senza provare la sensazione di sentirsi una nullità,un essere senza senso,o è Dio sceso in Terra o un pazzo.

14 maggio 2020

UN TEMPO SOSPESO



Come al solito,come sempre.Anche in questa emergenza del coronavirus gli italiani hanno mostrato la loro più grande virtù:l'adattamento,l'arrangiarsi,ognuno a modo proprio.L'arrangiarsi inteso in positivo,come virtù,appunto.Già,perchè gli italiani sono un popolo,per così dire "adattivo":di fronte a una situazione nuova cercano o forse sono "costretti" a trovare il modo migliore per andare avanti.Soprattutto perchè questo Paese,come tanti anni di storia patria testimoniano,ha avuto una cultura di governo,una classe politica,di governo e dirigenziale del tutto incapace a gestire la cosa pubblica,priva di qualsiasi senso dello Stato,intenti a vedere il dito e non la luna,a inseguire solo bassi interessi elettoralistici,lasciando la gente abbandonata nei loro problemi quotidiani.Valga,ad esempio,quello che avvenne dopo la disfatta di Caporetto nel 1917,dovuta soprattutto alle gerarchie militari e di governo,come Ernest Hemingway ce la descrive nel suo romanzo:"Addio alle armi",poi trasfuso anche in un film:



oppure alla vera e propria catastrofe successiva all'8 settembre 1943,quando con la famiglia reale scappata via da Roma,le truppe italiane furono lasciate allo sbando e il popolo esposto alle rappresaglie naziste.Anche qui lo spirito anche di eroismo quotidiano degli italiani ci viene raccontato da Luigi Comencini nel suo splendido film:"Tutti a casa"



Lo stesso dicasi per terremoti o alluvioni,quando gli italiani,dopo le solite,solenni promesse dei politici("Lo Stato non vi abbandonerà")devono poi provvedere in prima persona a risolvere drammi e problemi quotidiani che la singola emergenza ogni volta pone.E così anche in questa emergenza covid.Al di là degli interventi di carattere sanitario,peraltro anche quelli tardivi e confusi,lo Stato è intervenuto con provvedimenti ad personam,con cittadini in un ruolo passivo di attesa dell'intervento salvifico di un Governo di irresponsabili incapaci.Per questo cresce sempre più la sfiducia e la rabbia dei cittadini contro i politici.Questo sentimento di rabbia è la conseguenza della paura.È proprio la paura ad alimentare divisioni anche banali.Per strada,per esempio,c’è quello che vede l’altro senza mascherina e urla e lo indica come fosse un monatto.La paura si trasforma qualche volta persino in odio verso l’altro.Sembra di rileggere le pagine sulla peste a Milano nei "Promessi Sposi".Una paura che si alimenta nel timore per una malattia sconosciuta,su cui nessuno,nemmeno gli scienziati,riesce ancora a dare sicurezza su tempi e modalità per venirne fuori.Ma quella paura è determinata da una comunicazione governativa frutto di un meccanismo scelto,non casuale."Se alimento sempre più paura,la gente fa come dico io":questo l'assunto di questo meccanismo.Una comunicazione che crea,infatti,un tempo sospeso, in cui nessuno dice con precisione cosa avverrà.E questo non può che accrescere la paura.C'è,così,l'appropriazione,da parte del politica,dei virologi e dei tanti comitati tecnici nominati,della nostra vita,del nostro tempo e dei modi di essere di ognuno di noi:chi incontrare,come farlo,in che spazio e per quanto tempo,ed entro quanti metri da casa puoi portare il cane a fare la pipì.
Anche la comunicazione di numeri e dati è stata scientificamente strutturata per incutere preoccupazione e paura nell'opinione pubblica:comunicare un numero di morti o contagiati,non ci fa capire cosa c’è davvero dietro quel dato.I numeri secchi,privi di analisi statistica e qualitativa,creano ulteriori paure in una situazione di emergenza,il che dà al potere politico,ai famigerati comitati scientifici,commissari e task force,la possibilità di agire indisturbati,anche perchè il Parlamento,la Costituzione e le istituzioni sono state di fatto "soppresse" dai DPCM.Ed anche quando questo tempo "sospeso" sarà finito,rimarrà questo condizionamento di paura entrata sotto pelle,cui seguirà la paura della fame,perchè troppo profonda è la ferita economica che la pandemia ha portato con sè.Siamo immersi in una situazione di indistinto,in cui tutti sono disorientati e,guardando all’indietro,si prova ancora più timore nel rileggere sull’epidemia certe indicazioni e previsioni con le quali si disegnano scenari futuri di grande timore e insicurezza ci sbanda.Eppure qualcosa si muove.Già in questi giorni si avverte la voglia e l'intenzione,da parte dei giovani,soprattutto,di recuperare la dimensione collettiva del vivere umano,dell'essere Uomo.Sarà determinante la percezione individuale del pericolo e della paura:l'Individuo,come sempre,come al solito.

11 maggio 2020

RIPENSARSI






"Nemesi" è stato l’ultimo libro di Philip Roth,il grande scrittore americano,più volte candidato al Nobel per la letteratura,mai ottenuto.Non è stato certo un capolavoro come invece lo fu l'altra suo libro "Pastorale americana".Eppure in  questo funesto 2020,assediato da un male invisibile,"Nemesi"  appare come un libro profetico.Al centro di “Nemesi” c’è Bucky Cantor,un animatore di campo giochi vigoroso e solerte,che si dedica anima e corpo ai suoi ragazzi.Bucky vive con frustrazione la mancata partenza per la guerra,essendo stato invece esonerato a causa di un problema alla vista.Suo malgrado si ritroverà a combattere un altro genere di guerra,assistendo impotente allo sterminio dei suoi ragazzi,falciati uno dopo l’altro da una malattia incurabile,la poliomielite,che li costringe all’immobilità in un polmone d’acciaio e,nella maggior parte dei casi, alla morte.Roth racconta tutte le emozioni di una simile pestilenza:paura,panico,sofferenza e dolore.Se non ha potuto partecipare alla guerra,adesso Bucky,da uomo di sani principi qual'è,comincia a combattere la sua guerra privata contro l’epidemia."Nemesi" è ambientato da Roth,nella sua Newark(come del resto "Pastorale americana")la propria città natale.Così una semi-sconosciuta cittadina del New Jersey diventa il teatro di una lotta senza pari,quella tra l’uomo e il suo destino.In altri tempi la malattia poteva apparire come metafora,un espediente letterario per approfondire il rapporto tra l’uomo e la morte;oggi invece la parola "epidemia" ci balza all’occhio con un significato diverso e allarmante,dissolvendo ogni distanza tra verità e finzione.Difatti è impossibile non affiancare la narrazione al nostro presente;tante espressioni,tante frasi del romanzo sono come le parole ascoltate in questi giorni:"Nel quartiere si sparse la voce che la malattia era stata portata dagli italiani";"Erano gli spaventosi numeri che certificavano l’avanzata di un’orribile malattia";"Il bollettino della polio,che veniva trasmesso quotidianamente dalla stazione radiofonica locale";"La città tremava per l’epidemia e risuonava delle sirene delle ambulanze".Gli scenari che Roth tratteggia ricostruendo la quotidianità americana in una lontana estate del ’44,sembrano una premonizione netta di quanto sta accadendo in questi nostri giorni,nel mondo travolto dalla pandemia di Covid-19.C’è dapprima lo sconcerto nei confronti di quanto sta accadendo,poi la diffidenza,la tensione,l’insorgere della paura dinnanzi ai primi morti innocenti.In Nemesi non c'è la costruzione fantascientifica di uno scenario apocalittico e distopico,quanto piuttosto una commovente descrizione del cuore umano.Le domande che Bucky Cantor si pone sono le domande di ognuno di noi in questo difficile momento.Ci accorgiamo,infatti,di pensare i pensieri di Bucky.Come lui viviamo smarriti,inebetiti,colti di sorpresa,sospesi tra il desiderio di dominare gli eventi e l’inevitabile tendenza ad esserne sopraffatti.Bucky è un giovane forte e intelligente,in pieno vigore fisico,eppure si sente debole e incapace difronte a quel nemico invisibile che continua a mietere vittime innocenti.Ed è qui il nodo della storia,la lotta impari,la cosiddetta “Nemesi”,la distribuzione del fato,che dà il titolo al romanzo.Secondo gli antichi greci la Nemesi era la giustizia distributrice,che spargeva bene e male a suo piacimento.In questo senso l’epidemia si fa diretta rappresentazione del caso,della contingenza.E non mancano gli appelli a un Dio superiore in queste pagine,perchè la domanda è sempre quella che si son poste filosofia e teologia:"Si Deus est,unde malum?"(se Dio esiste,da dove nasce il male?).Bucky interroga incessantemente una divinità che resta muta e contemporaneamente esamina la propria coscienza,ponendo anche a se stesso mille perchè. 
Colonna sonora del racconto sembra essere il suono lugubre delle ambulanze,al quale si contrappone la melodia nostalgica “I’ll be seeing you”("Io ti vedrò")di Billie Holiday,quel ritornello cantato da un’intera generazione di ragazze e ragazzi divisi dalla guerra e che anche Bucky canta alla fidanzata Marcia.

E' incredibile pensare,alla luce dei fatti di questi giorni nostri,a come siano cambiati i rapporti umani ed interpersonali.Nel romanzo le persone iniziano a guardarsi con diffidenza,a evitare le strette di mano e a chiedersi con sospetto a chi si fossero avvicinate solo una settimana prima.Iniziano le restrizioni,vengono chiusi i luoghi pubblici,i campi giochi;la gente è spaventata,atterrita da qualunque cosa.Il contagio descritto da Roth presenta molti parallelismi con la situazione attuale,con la differenza che l’epidemia di poliomielite,al contrario del Covid-19,colpiva soprattutto i bambini.Si intuisce che quanto ci viene raccontato in Nemesi è una lotta destinata al fallimento,ma non è compito della letteratura edulcorare la realtà del mondo,né tantomeno fornirci palliativi.Ma forse il libro di Roth vuole "solo" mostrarci l’umanità nei suoi aspetti più drammatici e resilienti.
Ma nel leggere il libro,pure si cerca una speranza,soprattutto alla luce dei fatti di questi giorni.In tutta la sua problematicità esistenziale Bucky combatte per quei "suoi" ragazzi,così come hanno fatto in tanti in Italia,a partire da medici a infermieri,a volte rimettendoci anche la vita.In quella e in queste battaglie si vuole trovare una volontà prima di resistere,poi di risorgere,con un "umano" con tutta la sua straordinaria forza di reazione.Bucky rappresenta l'uomo che non si arrende,in attesa del giorno in cui il vaccino anti-polio venne scoperto,col quale molti bambini furono salvati e la gente col trascorrere degli anni ri-cominciò a vivere.Anche noi,anche oggi stiamo aspettando un vaccino contro il covid.Nel frattempo possiamo,dobbiamo pensare a quello che siamo stati fino ad oggi,a come abbiamo vissuto finora i nostri rapporti con gli altri,a come ci siamo comportati verso la Natura.Pensare a questo per vivere un'altra vita.

05 maggio 2020

IL CORAGGIO DELLE DONNE
















Pochi minuti di un servizio televisivo in un Tg della sera.Ma solo quei pochi minuti che ho visto in quel servizio di quel Tg mi hanno lasciato profonde sensazioni dentro.Di tristezza e malinconia.Ma anche di consapevolezza,speranza e fiducia.In quel servizio si raccontava dell'iniziativa assunta dal celebre fumettista Milo Manara,noto per opere come "L’Uomo di carta","Caravaggio e "Il gioco",per rendere omaggio a tutti coloro che hanno lavorato e ancora stanno lavorando duramente per aiutare le persone in difficoltà,così duramente colpite da questa terribile tragedia dei giorni nostri,la tragedia del Covid-19.Manara,è insieme a Hugo Pratt,uno dei più conosciuti fumettisti italiani.Collaborò con il "Corriere dei Ragazzi",ma si impegnò anche politicamente realizzando lavori come "Un fascio di bombe",fumetto sulla strategia della tensione nelle stragi di Stato.Collaborò con Enzo Biagi nella realizzazione della "Storia d'Italia" a fumetti e con Federico Fellini e Pedro Almodovar.Con la sua idea Manara ha voluto rendere omaggio a tutti coloro impegnati nella lotta contro il covid,e in particolare alle donne che in questa emergenza tanto si sono spese senza tirarsi indietro nemmeno un minuto.Dalla sua matita sono così venute fuori le immagini di varie figure professionali:una giovane volontaria della Croce Rossa,di un’addetta alle pulizie,di una Carabiniera,una postina,una cassiera di supermercato,una farmacista,una camionista e,soprattutto,una dottoressa che,appare dapprima rannicchiata per terra,in un angolo,spossata dalla stanchezza ma ancor più segnata psicologicamente dai drammi e dalle sofferenze che vede compiersi quotidianamente sotto i suoi occhi in quei letti e in quei reparti d'ospedale.Ma subito si rialza e,con rinnovata forza e con rabbia,rimette la mascherina e va a porsi,in tono di sfida,dinanzi a una versione gigante del temibile virus che dilaga in questi giorni.
Manara,come si sa,ha sempre guardato alla donna dal punto di vista della loro fisicità,e così le ha quasi sempre rappresentate nei suoi fumetti.Questa volta le protagoniste al femminile della tragedia del coronavirus sono celebrate diversamente,per ringraziare,attraverso esse,tutti coloro che, nel mondo reale,rischiano le loro vite per salvare quelle degli altri o per garantire quei servizi che non possono mancare nella quotidianità delle persone.Credo che sia giusto celebrare le donne così.Perchè è la Donna che dà la Vita,e in questo caso tante di loro hanno curato vite e vite hanno cercato di far rimanere in Vita.Talora rimettendoci la propria,di vita.Ed anche quelle donne che non erano negli ospedali,hanno cercato di mantenere la vita com'era prima svolgendo tanti lavori,come la camionista,la cassiera,la volontaria della Protezione Civile,l'addetta alle pulizie o quelle che hanno assicurato il normale andamento delle filiere industriali,commerciali e soprattutto alimentari.Un omaggio alle donne,dunque,per quello che esse hanno fatto e stanno facendo in questi giorni di dolore.Ma proprio il Paese,le sue Istituzioni,i suoi governanti e un pò tutta la società  dovrebbero ricordarsi delle donne sempre,non solo in questi giorni.Perchè se per tutti noi questi son giorni eccezionali e "stra-ordinari",le donne vivono troppo spesso un'altra oramai "ordinarietà" di vita.Una vita sofferta in una società violenta che le colpisce e le offende perfino nel quotidiano delle loro case e delle proprie famiglie:fisicamente e psicologicamente,che attenta alla loro integrità,alla loro salute,alla loro libertà,col fine di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico,fino alla sottomissione e alla morte.E anche le istituzioni e la politica usano violenza alle donne.Violenza attraverso discriminazioni nei posti di lavoro,nella politica e nell'economia.Tutte violenze rivolte alle donne solo in quanto donna,solo perchè non "rispettano" il "ruolo" sociale subordinato imposto da una cultura maschilista.Come lucidamnte ci racconta il romanzo distopico della scrittrice canadese Margaret Atwood: "Il racconto dell'Ancella",con la lucida disamina della condizione di sottomissione femminile,soprattutto quando essa possa essere aumentata e istituzionalizzata da un regime dittatoriale.E allora solo uno Stato che rispetta i diritti inalienabili dell'individuo della vita e della libertà può dirsi veramente democratico e autenticamente liberale.I diritti delle donne in primo luogo.