Pochi minuti di un servizio televisivo in un Tg della sera.Ma solo quei pochi minuti che ho visto in quel servizio di quel Tg mi hanno lasciato profonde sensazioni dentro.Di tristezza e malinconia.Ma anche di consapevolezza,speranza e fiducia.In quel servizio si raccontava dell'iniziativa assunta dal celebre fumettista Milo Manara,noto per opere come "L’Uomo di carta","Caravaggio e "Il gioco",per rendere omaggio a tutti coloro che hanno lavorato e ancora stanno lavorando duramente per aiutare le persone in difficoltà,così duramente colpite da questa terribile tragedia dei giorni nostri,la tragedia del Covid-19.Manara,è insieme a Hugo Pratt,uno dei più conosciuti fumettisti italiani.Collaborò con il "Corriere dei Ragazzi",ma si impegnò anche politicamente realizzando lavori come "Un fascio di bombe",fumetto sulla strategia della tensione nelle stragi di Stato.Collaborò con Enzo Biagi nella realizzazione della "Storia d'Italia" a fumetti e con Federico Fellini e Pedro Almodovar.Con la sua idea Manara ha voluto rendere omaggio a tutti coloro impegnati nella lotta contro il covid,e in particolare alle donne che in questa emergenza tanto si sono spese senza tirarsi indietro nemmeno un minuto.Dalla sua matita sono così venute fuori le immagini di varie figure professionali:una giovane volontaria della Croce Rossa,di un’addetta alle pulizie,di una Carabiniera,una postina,una cassiera di supermercato,una farmacista,una camionista e,soprattutto,una dottoressa che,appare dapprima rannicchiata per terra,in un angolo,spossata dalla stanchezza ma ancor più segnata psicologicamente dai drammi e dalle sofferenze che vede compiersi quotidianamente sotto i suoi occhi in quei letti e in quei reparti d'ospedale.Ma subito si rialza e,con rinnovata forza e con rabbia,rimette la mascherina e va a porsi,in tono di sfida,dinanzi a una versione gigante del temibile virus che dilaga in questi giorni.
Manara,come si sa,ha sempre guardato alla donna dal punto di vista della loro fisicità,e così le ha quasi sempre rappresentate nei suoi fumetti.Questa volta le protagoniste al femminile della tragedia del coronavirus sono celebrate diversamente,per ringraziare,attraverso esse,tutti coloro che, nel mondo reale,rischiano le loro vite per salvare quelle degli altri o per garantire quei servizi che non possono mancare nella quotidianità delle persone.Credo che sia giusto celebrare le donne così.Perchè è la Donna che dà la Vita,e in questo caso tante di loro hanno curato vite e vite hanno cercato di far rimanere in Vita.Talora rimettendoci la propria,di vita.Ed anche quelle donne che non erano negli ospedali,hanno cercato di mantenere la vita com'era prima svolgendo tanti lavori,come la camionista,la cassiera,la volontaria della Protezione Civile,l'addetta alle pulizie o quelle che hanno assicurato il normale andamento delle filiere industriali,commerciali e soprattutto alimentari.Un omaggio alle donne,dunque,per quello che esse hanno fatto e stanno facendo in questi giorni di dolore.Ma proprio il Paese,le sue Istituzioni,i suoi governanti e un pò tutta la società dovrebbero ricordarsi delle donne sempre,non solo in questi giorni.Perchè se per tutti noi questi son giorni eccezionali e "stra-ordinari",le donne vivono troppo spesso un'altra oramai "ordinarietà" di vita.Una vita sofferta in una società violenta che le colpisce e le offende perfino nel quotidiano delle loro case e delle proprie famiglie:fisicamente e psicologicamente,che attenta alla loro integrità,alla loro salute,alla loro libertà,col fine di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico,fino alla sottomissione e alla morte.E anche le istituzioni e la politica usano violenza alle donne.Violenza attraverso discriminazioni nei posti di lavoro,nella politica e nell'economia.Tutte violenze rivolte alle donne solo in quanto donna,solo perchè non "rispettano" il "ruolo" sociale subordinato imposto da una cultura maschilista.Come lucidamnte ci racconta il romanzo distopico della scrittrice canadese Margaret Atwood: "Il racconto dell'Ancella",con la lucida disamina della condizione di sottomissione femminile,soprattutto quando essa possa essere aumentata e istituzionalizzata da un regime dittatoriale.E allora solo uno Stato che rispetta i diritti inalienabili dell'individuo della vita e della libertà può dirsi veramente democratico e autenticamente liberale.I diritti delle donne in primo luogo.
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