14 maggio 2020

UN TEMPO SOSPESO



Come al solito,come sempre.Anche in questa emergenza del coronavirus gli italiani hanno mostrato la loro più grande virtù:l'adattamento,l'arrangiarsi,ognuno a modo proprio.L'arrangiarsi inteso in positivo,come virtù,appunto.Già,perchè gli italiani sono un popolo,per così dire "adattivo":di fronte a una situazione nuova cercano o forse sono "costretti" a trovare il modo migliore per andare avanti.Soprattutto perchè questo Paese,come tanti anni di storia patria testimoniano,ha avuto una cultura di governo,una classe politica,di governo e dirigenziale del tutto incapace a gestire la cosa pubblica,priva di qualsiasi senso dello Stato,intenti a vedere il dito e non la luna,a inseguire solo bassi interessi elettoralistici,lasciando la gente abbandonata nei loro problemi quotidiani.Valga,ad esempio,quello che avvenne dopo la disfatta di Caporetto nel 1917,dovuta soprattutto alle gerarchie militari e di governo,come Ernest Hemingway ce la descrive nel suo romanzo:"Addio alle armi",poi trasfuso anche in un film:



oppure alla vera e propria catastrofe successiva all'8 settembre 1943,quando con la famiglia reale scappata via da Roma,le truppe italiane furono lasciate allo sbando e il popolo esposto alle rappresaglie naziste.Anche qui lo spirito anche di eroismo quotidiano degli italiani ci viene raccontato da Luigi Comencini nel suo splendido film:"Tutti a casa"



Lo stesso dicasi per terremoti o alluvioni,quando gli italiani,dopo le solite,solenni promesse dei politici("Lo Stato non vi abbandonerà")devono poi provvedere in prima persona a risolvere drammi e problemi quotidiani che la singola emergenza ogni volta pone.E così anche in questa emergenza covid.Al di là degli interventi di carattere sanitario,peraltro anche quelli tardivi e confusi,lo Stato è intervenuto con provvedimenti ad personam,con cittadini in un ruolo passivo di attesa dell'intervento salvifico di un Governo di irresponsabili incapaci.Per questo cresce sempre più la sfiducia e la rabbia dei cittadini contro i politici.Questo sentimento di rabbia è la conseguenza della paura.È proprio la paura ad alimentare divisioni anche banali.Per strada,per esempio,c’è quello che vede l’altro senza mascherina e urla e lo indica come fosse un monatto.La paura si trasforma qualche volta persino in odio verso l’altro.Sembra di rileggere le pagine sulla peste a Milano nei "Promessi Sposi".Una paura che si alimenta nel timore per una malattia sconosciuta,su cui nessuno,nemmeno gli scienziati,riesce ancora a dare sicurezza su tempi e modalità per venirne fuori.Ma quella paura è determinata da una comunicazione governativa frutto di un meccanismo scelto,non casuale."Se alimento sempre più paura,la gente fa come dico io":questo l'assunto di questo meccanismo.Una comunicazione che crea,infatti,un tempo sospeso, in cui nessuno dice con precisione cosa avverrà.E questo non può che accrescere la paura.C'è,così,l'appropriazione,da parte del politica,dei virologi e dei tanti comitati tecnici nominati,della nostra vita,del nostro tempo e dei modi di essere di ognuno di noi:chi incontrare,come farlo,in che spazio e per quanto tempo,ed entro quanti metri da casa puoi portare il cane a fare la pipì.
Anche la comunicazione di numeri e dati è stata scientificamente strutturata per incutere preoccupazione e paura nell'opinione pubblica:comunicare un numero di morti o contagiati,non ci fa capire cosa c’è davvero dietro quel dato.I numeri secchi,privi di analisi statistica e qualitativa,creano ulteriori paure in una situazione di emergenza,il che dà al potere politico,ai famigerati comitati scientifici,commissari e task force,la possibilità di agire indisturbati,anche perchè il Parlamento,la Costituzione e le istituzioni sono state di fatto "soppresse" dai DPCM.Ed anche quando questo tempo "sospeso" sarà finito,rimarrà questo condizionamento di paura entrata sotto pelle,cui seguirà la paura della fame,perchè troppo profonda è la ferita economica che la pandemia ha portato con sè.Siamo immersi in una situazione di indistinto,in cui tutti sono disorientati e,guardando all’indietro,si prova ancora più timore nel rileggere sull’epidemia certe indicazioni e previsioni con le quali si disegnano scenari futuri di grande timore e insicurezza ci sbanda.Eppure qualcosa si muove.Già in questi giorni si avverte la voglia e l'intenzione,da parte dei giovani,soprattutto,di recuperare la dimensione collettiva del vivere umano,dell'essere Uomo.Sarà determinante la percezione individuale del pericolo e della paura:l'Individuo,come sempre,come al solito.

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