29 settembre 2022

LE PAROLE NECESSARIE



"Le parole tra noi leggere cadono".Sono versi,questi tratti dalla poesia di Eugenio Montale "Due nel crepuscolo".Ma in questi nostri drammatici,tragici giorni  le parole sono,purtroppo,tutt'altro che leggere.Specie quando si pronunciano con una qual certa superficialità e indifferenza rispetto a quello che realmente accade;guerra,genocidi,pulizia etnica,minaccia dell'arma atomica.E tuttavia non bisogna abituarsi,non bisogna accettare che l’impronunciabile diventi ordinario.Si dice,giustamente,che una guerra nucleare non può esistere perché nessuno la può vincere.Però la storia insegna che talvolta la "normalità" della pace è sconfitta dalla disperazione di un dittatore,dal fanatismo di una religione,dall’odio razziale o politico.Chi avrebbe potuto immaginare Auschwitz?Eppure la Shoah c'é stata e non è stata un accadimento improvviso e imprevedibile. Prima ci furono le parole dei discorsi antisemiti di Hitler e le leggi razziali del 1938 di Mussolini.Erano parole,anche quelle,scambiate all'inizio da  molti per minacce che non avrebbero avuto mai seguito,ma che poi sono diventate forni crematori.E' per questo che l’evocazione ormai quotidiana della di una guerra nucleare o di un 3° guerra mondiale non va presa solo come una smargiassata mossa probabilmente dalla disperazione di una sconfitta militare in corso. Già solo il fatto di pronunciarle cambia radicalmente il mondo.In pochi mesi l’invasione dell’Ucraina, la crisi energetica,le tensioni sui mercati e l’aggravarsi dell’impoverimento di molte famiglie, in Russia come in Europa, hanno reso il pianeta e la nostra vita quotidiana, già sconvolta dalla pandemia mondiale, del tutto diversi da prima.

Ma tutto questo avviene nel totale silenzio delle opinioni pubbliche.Nel momento in cui le istituzioni europee ed internazionali reagiscono e (sia pure in mezzo a mille contraddizioni ed egoismi economici e nazionalistici)dove sono finite le parole e l'indignazione dei cittadini e delle organizzazioni pacifiste?E gli intellettuali?Quante manifestazioni popolari nelle piazze si sono svolte per difendere il diritto all’integrità dell’Ucraina?Quanti appelli di intellettuali per la pace sono stati firmati per il rifiuto della logica dell’escalation nucleare?Silenzio, solo silenzio.

Allo stesso modo e con lo stesso cinico disinteresse si guarda in tv alle disperate proteste delle ragazze iraniane.Al taglio delle loro ciocche di capelli,diventate simbolo di libertà.

In questo contesto é perciò utile ricordare il rapporto tra due grandi scrittori e intellettuali,cioé George Orwell,fervente difensore di libertà contro ogni autoritarismo,ed Henry Miller, scrittore più impegnato nel racconto delle relazioni umane.I due si incontrarono a Montparnasse durante il viaggio di Orwell verso la Spagna dove questi andava a combattere contro il dittatore fascista Franco,per quel suo connaturato amore per la libertà che lo spinse poi ad opporsi allo stalinismo.

Miller non capiva la ragione di tanto impegno.Orwell più tardi scrisse un magnifico apologo intitolato "Nel ventre della balena",immaginando quel posto come il luogo in cui quelli come Miller si rifugiavano in comodità:"Eccoti lì,nello spazio buio e imbottito(.....)con metri di grasso tra te e il mondo…".E poi:"Andiamo incontro a un’era di dittature totalitarie,un’era in cui la libertà di pensiero sarà in un primo tempo un peccato capitale e poi insulsa astrazione".Queste erano le parole di angoscia di Wilde.Quelle stesse parole che lo porteranno a scrivere 1984 e la Fattoria degli animali. Orwell sapeva benissimo che anche la libertà di chi,come Miller,preferisce vivere "nel ventre della balena",è minacciata dagli autoritarismi.Ma intanto  tutti quelli che scelgono il ventre della balena,che rifiutano di pensare o ribellarsi o che vogliono astrattamente parlare di amore, giustizia e libertà,devono pur sempre avere la libertà per poterlo fare.Ma é proprio qui che sta l'inghippo,come direbbe il Sommo Bardo.Occorre accendere in tutte le persone,la consapevolezza che le parole di Putin li riguardano direttamente e che il ventre della balena non mette al riparo da nulla. Solo una grande mobilitazione civile per la pace e le libertà in Russia,negli Usa e in Europa,può evitare che la violenza e la guerra,come è spesso accaduto  nella storia umana,prevalgano sulla Ragione.

16 settembre 2022

DEMOCRATURE E DEMOCRAZIA



In tutta Europa si sta una una lunga ombra nera.E' l'ombra nera delle destre populiste e nazionalsovraniste,che crescono ovunque,raccogliendo,con i crescenti consensi delle urne,il malessere diffuso esistente in tutti i Paesi del Vecchio Continente.Ha un qualcosa di realmente preoccupante,questa crescita,non foss'altro che per quel "sentiment" autoritario e per quelle idee illiberali,intolleranti e xenofobe verso il diverso e l'immigrato.Nei giorni scorsi perfino in Svezia,culla della socialdemocrazia e del progressismo di Olof Palme,dei diritti civili,dello Stato sociale e del multiculturalismo,i c.d. “Democratici” neo-nazisti hanno vinto le le elezioni politiche.E se in Italia avranno ragione i sondaggi che alle elezioni politiche danno vincente la destra ed il sovranismo di Giorgia Meloni,anche il Belpaese sarà governato da un partito(Fratelli d'Italia)che discende direttamente dalla destra estremista e post-fascista.Tutto questo sta per accadere nel cuore di un’Europa sanguinante per i bombardamenti russi in Ucraina,per i civili di quella Terra torturati e massacrati,per le fosse comuni di Bucha e di Izyum.Sta per accadere proprio nel momento in cui si dispiega il folle disegno antioccidentale di Putin,articolato tra invasione militare e battaglia energetica,e subito dopo altre crisi globali epocali come la crisi economico-finanziaria del 2008,la pandemia del 2020 e ora la sporca guerra del 2022.

Le democrazie liberali rischiano,con il crescere di queste lunga onda nera,lo svuotamento dall’interno,proprio adesso che Putin è in difficoltà,sorpreso dall’inefficienza della sua macchina bellica,dalla tenacia del contrattacco di Zelensky,dalla forza di fuoco di cui USA e Inghilterra hanno dotato l'Ucraina e dalla sostanziale presa di distanza di India e Cina dall'"Operazione Speciale".Eppure il criminale del Cremlino non rinuncia al suo folle progetto eurasiatico,che ha le sue radici ideologiche nella Grande Madre Russia e nel profondo odio e disprezzo nutrito contro l’Occidente.Quelle stesse teorie formulate dal più stretto ideologo di Putin,quell'Aleksandr Dugin con le sue concezioni sulla "lotta contro l’Ovest,unico mezzo salutare sia per guarire la nostra cultura russa sia per far progredire la simpatia panslava" e che considera "la democrazia globale regno dell’Anticristo".

Alla luce di questi fatti sono sconcertanti le dichiarazioni del leader della Lega Matteo Salvini,che continua a ripetere di non mandare più armi all'Ucraina e nel richiedere di togliere le sanzioni a Mosca.Come pure assumono rilievo le parole della Meloni contro l'Europa("la pacchia é finita").Ed é significativo il voto contrario di  Fratelli d’Italia e Lega contro la condanna del Parlamento Europeo dell’Ungheria di Orban,accusata di non essere più una democrazia.

Certo,al momento del voto gli italiani penseranno a tutt’altro:alle bollette del gas,all'aumento del prezzo dei prodotti alimentari,alla scuola per i propri figli,ai mutui per la casa e al lavoro che manca.Epperò quel voto all'Europarlamento di Lega e Fratelli d'Italia a favore dell'autocrazia di Orban é importante anche per questi motivi e pone una domanda:quale idea della democrazia hanno le "nuove" destre che vanno al potere in Europa(e a quanto pare presto anche in Italia)?Questa é una risposta fondamentale da dare.Non solo sul piano valoriale,ma anche da quello più strettamente pratico.Perché uno dei requisiti richiesti dall'Europa per accedere ai finanziamenti europeei(tra cui il PNNR)é proprio quello del rispetto dei principi e delle regole democratiche da parte dei singoli Stati.

E dunque é troppo facile dire,come fanno Meloni e Salvini,che Orban ha vinto le elezioni e che perciò l’Ungheria è una democrazia.Se fosse solo questo anche Mussolini e Hitler furono eletti dal popolo.E nell’era contemporanea il voto del popolo ha prodotto le "democrature",cioé quei regimi formalmente improntati alle regole della Democrazia,ma ispirati poi nei comportamenti pratici ad un autoritarismo di fatto come quelli appunto di Putin,Erdogan e dello stesso Orban.Quando il leader è scelto dal popolo,e dichiara di trarre sovranità e legittimazione da esso,senza ritenere di doverne dare più conto a nessuno,il suo potere non conosce più limiti e la democrazia stessa cambia natura e diventa dispotica.

Proprio per questo l'Occidente ha prodotto,attraverso le Costituzioni dei singoli Paesi,i suoi anticorpi,garantendo diritti inalienabili ai cittadini e limiti ai poteri dei governi.Lo fecero gli inglesi già nel 1215 con la "Magna Charta",obbligando il Re ad accettare vincoli alla sua autorità.Lo ribadirono più tardi le colonie americane.Dalla Magna Charta alla Costituzione americana,l'Occidente si è forgiato nel "costituzionalismo",che fa una democrazia liberale una democrazia vera,perché prevede non solo elezioni libere e regolari,ma anche il riconoscimento dell’autorità della legge,la separazione e il bilanciamento dei poteri,la tutela dei diritti di associazione e di espressione,la difesa della libertà religiosa e sessuale.Per questo è inaccettabile la replica quasi infastidita di Meloni sul caso Ungheria.

A parole,finora l’aspirante Prima Ministra ha provato a rassicurare l’establishment interno e internazionale,giurando fedeltà eterna all’europeismo e all’atlantismo.Nei fatti,però,il suo primo atto concreto è stato un voto contrario all’Europa liberaldemocratica.E non basta.Da questa destra che si professa “di governo” non si può pretendere soltanto l’approvazione convinta alla resistenza ucraina e l’adesione alla Nato.

Fratelli d’Italia è solo un partito filo-atlantico,che quindi si limita a riconoscere la necessità di un posizionamento geostrategico?O è anche una forza compiutamente occidentale che si riconosce in una comunità di destino europeo,nei principi del costituzionalismo e quindi nei valori del liberalismo?La mancata risposta a questa domanda potrebbe portare il Paese nelle secche delle democrature,facendolo somigliare all'America di Trump.E non é certo questo coloro che hanno sempre creduto nei valori della liberaldemocrazia e di uno Stato di diritto.

08 settembre 2022

AUTOBIOGRAFIA DI UNA NAZIONE





L’8 settembre 1943 non é solo la data dell'annuncio della firma dell'Armistizio dell'Italia con gli angloamericani.Sì,quel giorno,dai microfoni dell’EIAR(l'Ente Radiofonico di Stato)il Maresciallo Badoglio annunciò agli italiani l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile,.Il documento sanciva il disimpegno dell’Italia di Mussolini dall’Asse con la Germania di Hitler e in molti si illusero che così la tragedia della guerra,nella quale il Fascismo aveva trascinato l'Italia,fosse finita.Ed invece quella data segnò l'inizio di un'altra tragedia,fu l'inizio di un’altra guerra,che fu guerra civile.Ci furono così altri bombardamenti,rastrellamenti,donne violentate e interi battaglioni di truppe italiane catturati e passati per le armi,in Italia come all'estero(ad esempio nelle isole greche di Cefalonia e Corfù dove il 22 settembre 1943 l'esercito tedesco consumò crudeli rappresaglie e fucilazioni di massa,contro i soldati della divisione Acqui proprio a seguito di quell'Armistizio).

Da quella data cominciò la Resistenza con una guerra civile che vide contrapposti i fascisti della Repubblica di Salò di Mussolini,insieme ai nazisti,a combattere contro gli antifascisti italiani,comunisti,socialisti,liberali e cattolici,riuniti nelle varie brigate partigiane.

Ma al di là dei fatti storici,l'8 settembre é anche la narrazione del modo di essere italiano e di appartenere a una comunità chiamata Patria.Cosa resta,infatti,negli italiani dell’8 settembre del ‘43?Nella memoria poco o nulla,nel carattere tanto o tutto.Resta lo s-paesamento,anche nel senso di perdita del Paese.E resta la de-solazione,anche nel senso di privazione del suolo.Resta la fine di uno Stato che era diventato ricettacolo di egoismo e familismo.E dell’8 settembre resta il disprezzo per la monarchia e le classi dirigenti,scappate via da Roma subito dopo la firma dell'Armistizio.Quella Monarchia e quelle classi dirigenti che avevano favorito l'avvento del fascismo,che adesso scappavano dalle proprie responsabilità.Una fuga dalla storia,sulla via del tradimento.E resta il peggiore degli antifascismi,quello del giorno dopo e della convenienza,di quello facile a farsi,tanto il fascismo era già caduto.

Roma rimase,così,senza Re,senza Governo,senza alcuna direttiva per le truppe:se l’erano tutti data a gambe dimostrando la cifra di un ventennio.Tanti sono i racconti del periodo,dal celeberrimo film "Tutti a casa",di Luigi Comencini con Alberto Sordi,



al romanzo "La Pelle" di Curzio Malaparte,che descrive una giornata di festa e balli,armi buttate e uniformi militari sostituite con abiti civili.Perché,appunto,la stragrande maggioranza della gente era persuasa della fine della guerra.Come se bastasse così poco,una roba all'italiana:immaginare che l’essersi messi al fianco del mostro germanico,con la sua folle politica di dominio e i campi di sterminio,fosse colpa redimibile con una strizzata d’occhio.E che i tedeschi l’avrebbero presa con un’alzata di spalle,tanto vabbé,non era successo niente.

Gli storici Renzo De Felice e Rosario Romeo prima e poi ancora Ernesto Galli della Loggia,definirono l'8 settembre "la morte della Patria".Romeo,in particolare,scrisse:eravamo un popolo di "antifascisti e antitedeschi dalla 25° ora",un popolo "moralmente e intellettualmente" incapace di cogliere la gravità dei suoi atti,o della sua indolenza.Quel giudizio valeva per il re,naturalmente,che aveva appoggiato ogni scelta autoritaria e liberticida del Duce,e che mai aveva trovato il coraggio di trarre le conseguenze drammatiche di quel regime e di quella guerra,restandosene imbelle al Quirinale,aspettando magarsi l'accendersi del famoso stellone italico.Ma valeva anche per la gran parte del popolo italiano,che per opportunismo,convenienza od interesse aveva dato il suo più o meno tacito assenso alle nefandezze del regime,anche a quelle più vergognose,come le leggi razziali.Perché,in fondo,questo é stato il fascismo:semplicemente una "autobiografia della Nazione",che uno spirito illuminato e visionario come quello di Piero Gobetti ebbe la capacità di vedere nel suo "Elogio della ghigliottina".Questo chiedeva Gobetti:una ghigliottina culturale,etica e morale,secondo la kantiana legge del "cielo stellato sopra di me,la legge morale in me".Una ghigliottina di cui il Paese necessitava(e di cui ancora necessita)per scrollarsi di dosso il suo opportunismo e le sue colpe storiche.Ma troppo pochi,allora come oggi,erano e sono gli "eroi" e i "sacerdoti" morali come Piero Gobetti.

Dunque la Patria morì l’8 settembre.O forse era già morta il 10 giugno 1940,quando un popolo euforico e incosciente esultò alla dichiarazione di guerra.O magari morì il 28 ottobre 1922,con la marcia su Roma che giunse come risposta alla richiesta delle classi dominanti di poteri forti.Quel 28 ottobre di 100 anni fa fu il tempo in cui la monarchia,i militari,gli imprenditori,la grande borghesia,e giù fino alle mamme che donavano la fede d’oro,si entusiasmavano alle pompose e vuote cerimonie del Regime.

Forse allora l’8 settembre è il risultato di una storia lunga e non ancora conclusa.Quei pochi non asserviti intellettuali italiani si son posti la domanda durante gli anni del terrorismo e quelli di Tangentopoli e la risposta è stata SI.Gli italiani sono sempre gli stessi,sempre "quelli" dell'8 settembre.Siamo quelli perché abbiamo una classe politica pavida,incapace,buona soltanto a rinviare le decisioni impopolari,come rinviava ieri davanti alla pandemia,come rinvia oggi,difronte alla drammatica crisi economica.E proprio per questa pavidità e incapacità é poi costretta poi a chiamare l'uomo della Provvidenza,ovvero il Mario Draghi di turno.Ma non solo la politica.Ci sono i grandi industriali che sono "prenditori" dallo Stato,piuttosto che imprenditori disposti al rischio.E abbiamo una borghesia tendenzialmente disonesta e furbastra,pronta a rifugiarsi in una autoassolutoria protesta antipolitica,dopo essersi per anni acconciata alla pratica della "raccomandazione" e del clientelismo politico,salvo poi linciare quella stessa politica con lancio di monetine fuori dall'Hotel Raphael.

E così da quell'8 settembre la storia dell'italica gente é sempre la stessa.Come diceva  Ennio Flaiano la più grande fatica degli italiani é sempre una:correre in soccorso del vincitore,ogni santa,benedetta mattina.