19 dicembre 2023

QUESTO NOSTRO NATALE






180 anni fa,il 19 dicembre del 1843, pochi giorni prima del Natale,veniva pubblicato il romanzo "Canto di Natale" del grande scrittore inglese Charles Dickens.Come gli altri capolavori di Dickens(Il Circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist,Dombey e Figlio,David Copperfield,Casa Desolata,Tempi difficili,Grandi speranze,Il nostro comune amico per citarne solo alcuni)"Canto di Natale" è capace di suscitare sentimenti dal profondo,tanto che lo scrittore Robert Louis Stevenson ebbe a dire ad un amico:"mi sento bene dopo averlo letto".

"Canto di Natale" è una dura critica al capitalismo,un’esortazione a cambiare modello di vita,profondamente pervaso di senso morale ed esaltazione dei veri valori della vita.Oggi,purtroppo,c'è da temere che quel romanzo sia ridotto a una fiaba,che nemmeno interessa più ai nostri bambini ipertecnologici e perennemente connessi,distratti nei loro mondi virtuali.Il nostro,al contrario, è il tempo del trionfo di Scrooge,l’avaro affarista del racconto,così preso nel mondo del denaro,degli indici di borsa,tra algoritmi e sfruttamento.

Eppure, in questi giorni convulsi in cui le strade piene di luci sono percorse dall’ansia degli acquisti è bello tornare a quel Canto di Natale.

Il protagonista è Ebenezer Scrooge,un vecchio affarista taccagno,avido di denaro e arido di cuore,una maschera universale che però,in questo nostro tempo,non ha una connotazione negativa,ma è quasi un riferimento,un modello di successo.In lui l’uomo d'oggi può identificarsi,in una idolatrazione di danaro e potere.

Come per altri personaggi letterari del genere,Shylock(l'ebreo protagonista del "Mercante di Venezia" di Shakespeare), Arpagone("L'Avaro" dell'omonima opera teatrale di Moliere)o "Mastro don Gesualdo"(ne "La roba" di Verga),il tempo di Scrooge è denaro.In questa logica Scrooge vede il Natale come un fastidioso intervallo nel quale non si lavora e non si può guadagnare,e per giunta ai dipendenti spetta pure la giornata libera.Feste,regali e auguri non sono che sciocchezze,mentre il suo scrivano,il povero Bob Cratchit,lavora al freddo per una paga miserrima.Ma la vigilia di Natale accade qualcosa: Scrooge riceve la visita dello spirito del suo vecchio socio, Jacob Marley, morto sette anni prima. Un altro avaraccio solitario, che gli si presenta trascinando,in una specie di legge del contrappasso,una catena fatta di salvadanai, chiavi,lucchetti,libri mastri,atti notarili e pesanti portafogli d’acciaio,tutti simboli di quelli che sono stati gli unici interessi della sua vita.Prima di andarsene lo spirito ammonisce Scrooge a ravvedersi prima che sia troppo tardi.

Scrooge,dopo quell'apparizione,comincia a capire la necessità dell’amore,di cui è privo,la nostalgia per l’infanzia e i piccoli episodi di luce smarriti lungo il cammino.Si rivede come un bimbo solitario estraneo alla vita familiare,ricorda l’abbandono della fidanzata lasciata per dedicarsi esclusivamente agli affari e a fare soldi,si pente dello sfruttamento del disgraziato dipendente.

E' una tortura del rimorso quella che comincia in Scrooge.In inglese, la parola rimorso significa anche compassione, la capacità di condividere e capire la sofferenza altrui.Scrooge comprende i propri errori,pensa alle occasioni di felicità perdute,comprende la sterilità di una vita senza conforto,guarda al futuro che gli si prospetta con una morte solitaria e la dannazione.Così Scrooge attraverso la semplice gioia del Natale,compresa osservando di nascosto le gioie familiari del suo povero scrivano Bob Cratchit,avverte la solitudine,il rimpianto,riconosce le offese arrecate all’umanità.

Ed é in questo  forse la lontananza del lettore moderno dal racconto di Dickens.L’uomo di oggi è talmente chiuso in se stesso,così preso dal conseguimento di obiettivi materiali e dal desiderio di appagamento immediato che non riesce a vedere le cose essenziale, tanto meno si protende al soccorso dell’Altro.

Lo Scrooge dei nostri giorni potrebbe essere rappresentato da Lehman Brothers,carnefici e successivamente vittime dell’economia finanziaria fatta di impulsi e algoritmi,indifferenza per chi vive e arranca ogni giorno.Le sofferenze sono uguali,Scrooge non è un’astrazione,i suoi spettri sono gli stessi delle nostre solitudini in mezzo alla moltitudine indistinta e sconosciuta nella quale ci muoviamo.

Rispetto al finale di "Canto di Natale",oggi l’esito sarebbe certamente diverso.La redenzione di Scrooge oggi appare una vaga illusione,perchè ad essere scomparsa è la nostra tensione morale e ideale.Oggi guardiamo solo lo spirito edonistico e consumistico del Natale ma non abbiamo la capacità di commuoverci dinanzi al vero valore del Natale.

Per questo c'è da temere che il "Canto" di Dickens non sia più in grado di scuotere gli animi,emozionare e cambiare la vita,al tempo dei nuovi Scrooge,della finanza globale e del potere straripante delle banche.Soldi e potere imprigionano milioni di uomini e donne.Nemmeno si avverte più la valenza negativa del Male ed Ebenezer Scrooge è un eroe del nostro tempo,mentre la catena dell’avidità è la corona più ambita.

2 commenti:

Julia ha detto...

Ciao Clem. Bellissimo questo post. Condivido ogni parola. Se volessi aggiungere qualcosa mi ripeterei.
Il bello del blog, almeno per me che non rincorro i numeri e gli apprezzamenti, è proprio la libertà di esprimersi e nessun obbligo. Si possono leggere i post senza la necessità di scrivere per forza qualcosa e farlo quando si vuole. È come con i veri amici che li vedi dopo anni ed è come se il tempo non fosse mai passato.
Grazie della visita e degli auguri che ricambio sinceramente.
I periodi un po’ così fanno parte della vita. Non possiamo farci nulla o possiamo accettarli e metterli nel cassetto delle esperienze. Forse serviranno o forse ci faranno apprezzare di più i momenti migliori.
Allora ti auguro buone feste e buoni giorni e ti lascio il mio di motto visto che hai letto il questionario di Proust :-)

QUANDO AVRAI DI MENO AVRAI DI PIÙ

Julia

Clem ha detto...

Ciao Julia e grazie per il passaggio.Probabilmente è come tu dici e
cioè che anche i periodi un pò così possono servire.Ultimamente ho perso entusiasmo e ottimismo (a livello personale e sui fatti internazionali) sulla possibilità che le cose possano davvero cambiare.Ed è pure probabole che è meglio mettere il vissuto nel cassetto delle esperienze anche se poi sai che quelle esperienze ti hanno già tolto speranza.Spesso
però,penso a Marco Pannella,il quale,riprendendo la frase di S.Paolo nella Lettera ai Romani ripeteva di ESSERE,FARSI speranza per gli altri piuttosto che AVERE (egoisticamente) speranza solo per se stessi.
Sì,il blog è bello anche per questo:è il punto dove (re)incontrarsi con amici e conoscenti che non vedi da tempo ma che sai comunque esserci.
Di nuovo auguri di buone feste
Clem