29 settembre 2024
IL SOGNO SVANITO
25 settembre 2024
LE ALI DELLA LIBERTA'
Non ricordo quante volte avrò visto questo film.Ma ogni volta è come se fosse la prima volta e ogni volta sembra di scoprire qualcosa di nuovo e di sorprendente.Perchè anche dopo 30 anni(tanti ne son passati dalla sua prima uscita nelle sale cinematografiche nel settembre 1994)"Le Ali della Libertà" rimane uno dei film più coinvolgenti degli anni '90,capaci di suscitare una marea di emozioni.
Eppure nemmeno Stephen King,autore del romanzo dal quale il film è tratto,pensava che "Le Ali della Libertà" sarebbe diventato un grandissimo film,nel quale,invece il regista Frank Darabont vi aveva visto la possibilità di raccontare da un lato la durezza e l'ingiustizia della condizione carceraria e dall'altra l'eterna aspirazione umana al sentimento più grande,cioè la libertà cercata anche attraverso l'immensa potenza della cultura e del conoscere.
Il tema del film,come noto,è incentrato sulla vicenda di Andy Dufresne (Tim Robbins), vice-direttore di Banca ingiustamente condannato per la morte della moglie e del suo amante è costretto da subito ad adattarsi alla terribile realtà del carcere.A prima vista il film può apparire solo come denuncia della condizione carceraria sulla scia di altri precedenti perle cinematografiche come L’Uomo di Alcatraz e Fuga da Alcatraz. Invece la grandezza del film di Darabont sta nell'esser andato oltre il crudo realismo della vita del carcere,dando spazio alla fantasia,al sentimento della ricerca della felicità e della libertà in senso universale.Alla fine ne vien fuori un film fiume di oltre 2 ore,con uno fenomenale Tim Robbins e un Morgan Freeman stratosferico.
C'è un principio base ne "Le Ali della Libertà":i veri criminali non sono i detenuti.O meglio,essi non sono i peggiori rispetto ad esempio al sadico direttore Samuel Norton o al tirannico Capitano capo delle guardie. In quella prigione, i due hanno creato un regno fatto di violenza,tortura,corruzione e terrore.Poi un giorno,in cui assieme ad altri detenuti come "Red" Redding(Morgan Freeman),sta sistemando il tetto,Andy offre,lui che in banca lavorava,la consulenza finanziaria proprio al capo delle guardie facendogli risparmiare 35mila dollari,chiedendo,in cambio,di far avere delle birre agli altri detenuti. Da quel momento Andy è sempre più legato a Red e guaagna il rispetto degli altri detenuti,ma viene anche utilizzato dal sadico Direttore che lo fà diventare suo contabile, in cambio di una migliore condizione carceraria.
Ma proprio nel momento in cui migliora la sua posizione,Andy si rende conto che il sistema carcerario è una via senza uscita per i detenuti.Non esiste alcun principio di redenzione e reinserimento, si viene “istituzionalizzati”,al punto che, usciti di prigione alla fine della pena non si sa che fare.Questo sarà proprio il destino, per esempio,di Brooks Hatlen (James Whitmore)responsabile della biblioteca del carcere.Quando esce dalla prigione si vede fuori dal mondo,solo,umiliato,emarginato dalle persone "normali" ed infine si suicida.E' a questo punto che vien fuori la "filosofia" del film:“C'è qualcosa, dentro di te, che nessuno ti può toccare... né togliere, se tu non vuoi”,dice un giorno Andy a Red,parlando quindi di speranza,di ricerca della felicità,contro un mondo crudele,ingiusto,dove la legge è oppressione,lo Stato è il nemico,il “Sistema” è fatto apposta per far sì che nulla cambi mai.Il carcere è solo ladro di vite.
C'è un altro elemento fondamentale del film:Andy fa studiare gli altri detenuti per far conseguire loro un diploma e la possibilità di avere un futuro diverso.La libertà,cioè,si raggiunge anche attraverso la forza della cultura e della conoscenza.Le Ali della Libertà risulta quindi anche una metafora del "sogno americano", fatta di quella speranza per una felicità, per un sogno che è sempre dietro l'angolo, per un domani migliore,per l’idea che alla fine il bene trionfa sempre.
Il colpo di scena del film è nella parte finale quando si scopre che Andy per 20 anni ha fregato tutti, scavando un tunnel nella sua cella per poi fuggire da quel tempio del terrore.Quel tunnel, coperto da un poster, è quello che porta fuori ad uscire come dalla Caverna del mito di Platone.Andy con i soldi del direttore aguzzino (che si suicida per evitare l’arresto)va a vivere nel posto sempre sognato quand'era in carcere.
Le Ali della Libertà dopo 30 anni rimane un grande racconto sulla ricerca della felicità,capace di rendere ottimisti pur sapendo che la realtà della vita è difficile, amara e piena di ingiustizie.Forse è per questo che riguardiamo "Le Ali della Libertà":perché spesso ci sentiamo come Andy: vittime di un mondo in cui la verità è distorta o negata,ma proprio perciò bisogna trovare dentro di sé la chiave per la felicità,mantenendo fermi valori e principi come la dignità,la coerenza e il coraggio di far valere le proprie idee,anche rinunciando a favori e blandizie.
20 settembre 2024
GRAZIE TOTO'
17 settembre 2024
MUNCH,IL GRIDO INTERIORE
In occasione dell’80 anniversario della sua morte,avvenuta ad Oslo nel 1944,è stata organizzata al Palazzo Reale di Milano,da settembre 2024 a gennaio 2025,una grande mostra dedicata a Edvard Munch,uno degli artisti più iconici e amati del ventesimo secolo, dal titolo:"Munch. Il grido interiore".
Edvard Munch è stato uno dei più importanti artisti tra Otto e Novecento perché assieme ad altri pittori suoi coetanei ha segnato un punto di svolta nella storia dell’arte. Ogni qual volta in cui in un libro o in una mostra si parla di lui,il suo nome è sempre affiancato da quello di altri due grandi artisti:Paul Gauguin e Vincent van Gogh.Ciò che accomuna i tre artisti è la forza comunicativa delle loro opere e non a caso Munch, Gauguin e Van Gogh sono considerati anticipatori dell’espressionismo, quella corrente artistica che mira a esaltare il lato emotivo della realtà che ci circonda.
Ma nelle opere di Munch c'è anche tutta l'angoscia della sua vita che fu tormentata e dolorosa,con molteplici drammi familiari,come la morte prima della madre e della sorella maggiore Johanne Sophie(ritratta in un suo famoso dipinto).Più tardi,poi,il padre di Edvard in seguito a questi tragici fatti subì un crollo mentale.Ed anche Edvard fu segnato da questi drammatici eventi cedendo all'alcolismo,alla nevrosi e alla solitudine.
Edvard Munch soggiornò per qualche tempo a Parigi,dove lesse le opere del filosofo Kierkegaard.Quest’ultimo,come si sa,teorizza diversi modi di concepire l’esistenza; tra questi quella che si basa sul collegamento tra arte e vita,e che Munch reinterpretò in chiave personale come arte e dolore.Ma soprattutto il soggiorno francese gli diede modo di entrare in contatto con molti altri artisti,ed in particolare con Vincent Van Gogh e di Paul Gauguin, che lo stimolarono a ricercare uno stile personale che lo contraddistinguesse.
A causa di tutte le sue tragiche esperienze di vita,l'artista scelse deliberatamente di vivere in solitudine,sprofondando in uno stato mentale instabile ed esasperato, aggravato dall’abuso di alcolici. L’artista,però,comprese da solo che non era più possibile continuare a vivere in questo stato e decise di ricoverarsi, seppur con la possibilità di continuare a dipingere. Dopo il ricovero, Edvard riuscì a condurre uno stile di vita più sano, ma sempre in solitudine.
Le opere del primo periodo di Edvard Munch sono molto diverse da quelle della sua maturità: le tinte sono tenui e controllate, i personaggi sono calmi e rilassati e risentono ancora dell’arte del pittore e scultore francese impressionista Degas,un artista per lui importante nei primi anni della sua carriera. Un momento di svolta è chiaramente percepibile nell’opera La bambina malata.L’opera riflette un evento personale, ovvero quello della morte della sorella, che sembra raffigurata sul letto di morte accanto alla zia Karen.
A partire da quella dolorosa esperienza, il maestro norvegese trasse ispirazione per dar vita a un’opera che rappresentasse l’angoscia e il dolore provato da ogni persona almeno una volta nella vita.Così,da questo momento,i toni della sua pittura si incupiscono e il sentimento dell'angoscia e del dolore viene trasmesso anche con la scelta di colori ed atmosfere.
La stessa tecnica si ritrova in un’altra famosa opera: Sera sul viale Karl Johan. Il dipinto rappresenta il tipico rituale borghese della passeggiata serale nella città di Christiania. Munch non si sofferma sulla raffigurazione dei dettagli anatomici dei singoli passanti, ma li rappresenta come un unico blocco di automi dallo sguardo vuoto, che procede nella stessa direzione.C'è solo un uomo che si stacca da questa massa informe ed è quello col cilindro(vedi sopra)che cammina lungo la strada nella direzione opposta: si tratta dello stesso Munch, che si sentì sempre emarginato e lontano dalla società.
Con il passare degli anni le opere dell’artista norvegese riflettono le emozioni e i sentimenti provati dal pittore al momento dell’esecuzione:si tratta di emozioni forti e terrificanti: la gelosia, l’angoscia, la malinconia, la disperazione,che stanno alla base di numerose opere cariche di significati simbolici che alludono a sentimenti e vicende personali.
L'opera più celebre di tutta la pittura di Edvard Munch rimane comunque "l’Urlo". L’opera nota in tutto il mondo è ancora una volta la trasposizione in pittura di un’esperienza vissuta in prima persona dall’artista, di cui è possibile leggerne una testimonianza scritta: “mi fermai a guardare al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando. Questo è diventato L’urlo”. Nel dipinto viene raffigurato un fiordo di Oslo,meta per le passeggiate domenicali. Ancora una volta Munch rompe con la tradizione e trasforma un luogo familiare in un inferno terrestre: il cielo si tinge di rosso sangue e l’uomo in primo piano, lontano dalle altre due figure sulla sinistra, si dimena in un urlo doloroso e terrificante, in risposta alla distorsione della natura intorno a lui. L’opera non può che creare ansia e un senso di turbamento nell’animo dello spettatore, che rimane pietrificato dinanzi a quel grido che esprime un’ansia e un'angoscia esistenziale.
Anche le relazioni sentimentali ed affettive furono vissute tra tormenti,emozioni e gelosie distruttive, lasciando l'artista anche qui con un profondo senso di solitudine.
Edvard Munch morì dunque 80 anni fa,nel gennaio 1944,ad Oslo.Ma la sua opera è viva ed attuale ancora oggi,essendo divenuta come il simbolo di un'umanità schiacciata,soffocata e sofferente,l'icona di una società che sembra aver perso ogni senso di orientamento.Il suo grido silenzioso ci ricorda che siamo circondati da una moltitudine di individui, ognuno con il proprio carico di sofferenza,nel vuoto di qualsiasi sentimento e del tutto soli,pur in mezzo a milioni di volti distratti che passano senza vedere noi negli altri e gli altri in noi chi veramente siamo.
L'uomo contemporaneo è smarrito,un individuo senza radici. Viviamo freneticamente ma in modo superficiale,alla continua ricerca di successo e di apparenze.Ma in questa frenesia, in questo mondo di maschere pirandelliane,l'uomo perde la propria essenza.E' solo un'ombra,una figura anonima che dietro alle apparenze e alle finzioni con le quali ci mostriamo agli altri,c'è solo un'anima vulnerabile e sensibile, desiderosa di trovare la sua voce e il suo posto nel mondo.
07 settembre 2024
"NOI" E "LORO"
Questa concezione di sovranità e nazionalità non è basata sui diritti, la cittadinanza, la Costituzione e la libertà, ma ancora e sempre sull’identità biologica originaria da conservare e proteggere.Sono del resto proprio queste le idee care a quel tal generale Vannacci.Per lui gli esseri umani si devono classificare non in quanto esseri umani ma per categorie,comunque altre e diverse.Così i gay "non sono normali" e i disabili vanno messi in classi separate.E perchè "quelli" che hanno un diverso colore della pelle rispetto a "noi","non hanno le caratteristiche somatiche italiane".Come se poi il popolo italiano non fosse quello etnicamente più eterogeneo con tutte le migrazioni avvenute nei secoli e per i contatti multietnici e culturali avvenuti sulle nostre terre.
La presunzione per le destre è dunque quella secondo cui noi,italiani ed europei,all'interno del fenomeno migratorio rappresentiamo la “normalità” ed è per questo che saremmo autorizzati a distinguere tra un “noi” e un “loro”. La politica di destra intravvede un mercato elettorale nel cittadino solo, spaesato, che dopo non essere mai uscito dai confini del Paese si trova improvvisamente globalizzato a casa sua, e lo incoraggia a trasformare “loro” in un pericolo permanente. I migranti sono l’avversario,il nemico:e se da irregolari diventano regolari "loro" possono lavorare in Italia,potendo(giustamente)rivendicare aspettative di diritti, del welfare, della cittadinanza. Qui nasce il conflitto, perché "loro", gli "intrusi" diventerebbero addirittura come "noi" ed è qui che esplodono fomentate insicurezze che negano il diritto ad avere diritti dei "nuovi" italiani,ricacciandoli in ghetti sociali e culturali.Di conseguenza i "veri" italiani vivono i diritti come cosa propria ed esclusiva,come privilegio, rifiutando condivisioni e solidarieta'.
Ma spacciando paure si finisce col vivere proprio nella paura e nell'angoscia.Abbiamo così quelle narrazioni del ministro Lollobrigida per il quale sarebbe in corso addirittura "una sostituzione etnica" e l’impegno epico-etico della Premier Meloni di "difendere Dio,la Patria e la nostra civiltà".
Ecco quindi che ne vien fuori quell'idea identitaria di comunità nazionale chiusa nella tutela biologica della discendenza,basata su una presunta superiorità etnica,che cerca garanzie nei suoi valori sacri,Dio, Patria, famiglia.È un'idea cieca e ottusa che non vede i cambiamenti epocali culturali ed economici che vengono da una società sempre più multietnica,come anche quella italiana è già diventata e che invece è come angosciata da questi mutamenti e dal rischio della perdita dell'identità nazionale in un mondo globalizzato che là fuori,oltre i nostri confini,comunque esiste e con la quale comunque bisogna fare i conti.
03 settembre 2024
SCIREA, UN ESEMPIO CHE NON MUORE
No.Sarò forse nostalgico,ma il "mio" calcio non è quello che oggi siamo abituati a vedere.Il "mio" calcio,l'idea che ho del calcio,non è quella di uno sport che,come oggi succede,si aggira nei meandri di un mondo di presidenti-affaristi e intrallazzatori,di società dai bilanci,per usare un eufemismo,poco trasparenti,da procuratori speculatori e senza scrupoli e dagli stessi ragazzi che corrono dietro a quel pallone ricoperti dalla cima dei capelli alle punta delle scarpette da sponsor a non finire.
Il calcio io l'ho imparato "studiando" sugli album delle figurine Panini,sui quali c'attaccavo le figurine adesive dei calciatori.E quelle figurine le scambiavamo con gli altri bambini,se dalle bustine t'usciva un calciatore "a doppione",che cioè avevi già.Erano figurine con calciatori con i baffi(indimenticabile quella di Albertosi)sguardi arcigni e sopracciglia folte.Ma di qualcuna di quelle figurine,ti veniva naturale metterla da parte,perché sapevi che l’avresti conservata.E perchè un bambino dovrebbe conservare una figurina?La risposta è semplice.Perchè "sentivi",perchè avevi per quella figurina,per quel calciatore una specie di rispetto,anche se non era della squadra per la quale tenevi tu.Come per Mazzola,ad esempio;o Rivera o Riva.O come Gaetano Scirea.
Gaetano Scirea vestiva la maglia della Juve,quella più detestata, per tutti quelli che non sono juventini.Non certo da me che juventino sono.Eppure,lo sapevo,me ne accorgevo,che quelle strisce bianconere,addosso a lui destavano nei miei amici bambini e ancor oggi in tutti destano,rispetto ed ammirazione,per quel suo modo di giocare,ma soprattutto per quel suo modo di essere Uomo vero.Il 3 settembre 2024 di anni ne fanno 35 anni dalla sua morte così casuale,così orrenda.Avvenne in Polonia,dove Scirea era andato per "visionare" come si diceva una volta,una squadra polacca,prossima avversaria della sua Juve,perchè lui aveva lasciato il calcio giocato e cominciava quella di osservatore sempre per la sua Juve.35 anni son tanti,eppure più passa il tempo più ti sorprendi nell'accorgerti di quanto sia vitale il ricordo e dell’importanza di Scirea. Più passa il tempo e più ci si rende conto che l’esempio che ha lasciato sconfigge giorno dopo giorno la sua assenza.Forse perché Scirea,era un atleta consapevole,con quel suo modo di giocare e di stare al mondo,dei valori dello sport.Fors'anche perchè sapeva il significato della parola "sacrificio",avendoli visti fare ai suoi genitori.
L’educazione e la gentilezza i suo tratti distintivi e la capacità di ricordare, per ognuna delle sue tante vittorie,che vincere non vuol dire mai sentirsi superiori. Di conseguenza, nessuno mai dovette insegnargli a saper perdere, perché Scirea sapeva che nello sport,come nella vita,qualche volta si può perdere ma bisogna sempre imparare dagli errori.
Perché Scirea era uomo vero.Perchè era uno che sapeva tenere i piedi per terra,al contrario di quei tanti ragazzini di oggi che per un gol che fanno si atteggiano a campioni ineguagliabili.Perchè Scirea non dimenticava mai che i suoi genitori avevano lavorato in fabbrica,per un millesimo del suo stipendio e che perciò meritavano più ammirazione e rispetto più di quello che tanti nutrivano per lui,che era diventato ricco giocando a pallone.
L'Uomo e il grande calciatore.Perchè,oltre a quelle qualità umane Scirea era un grande calciatore, precursore di un calcio moderno.A quel tempo si chiamava “libero” il ruolo che ricopriva,quello che oggi definiremmo difensore centrale,con strepitose capacità di lettura, anticipo e marcatura e capacità di avanzare come una mezzala,il ruolo che,del resto,aveva avuto nelle giovanili dell'Atalanta.Insomma.giocatore universale, dotato di intelligenza calcistica superiore e una tecnica di base eccellente, grazie alla quale non gli mancava nessun fondamentale.E lui c'era in quella finale del Mondiale '82,in quell'Italia del mitico Bearzot che vinse la Coppa contro la Germania Ovest.La finale dell'ormai indimenticabile urlo di Tardelli al suo gol.
Vinse praticamente tutto Scirea:Coppa Uefa,Coppa delle Coppe,Supercoppa,Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale.Un primato mondiale.E,così,tanto per gradire,anche 7 scudetti e 2 Coppe Italia.E forse ancora avrebbe continuato a vincere quando cominciò una nuova vita da tecnico,ma in Polonia una vampa di fuoco se l’è portato via, lasciando tutti allibiti.Tutti.Juventini e non.
E forse,se ancora oggi continuiamo ad amare il calcio pur così cambiato in peggio,è perchè ci sono stati uomini che hanno dato a questo gioco un senso che va oltre i risultati.Perchè ci sono stati giocatori come Gaetano Scirea,che con il loro essere uomini e campioni,hanno reso migliore il loro tempo e ci hanno aiutato a sognare che forse un'altra vita si può.
01 settembre 2024
E SI VA A RICOMINCIARE
Ed è arrivato anche Settembre.E' mese speciale settembre:è un mese che sembra portatore di nuove e grandi opportunità.Il mese che traccia il limite tra il declinare di un tempo di vita e un altro appena iniziato.Un nuovo inizio,verso un futuro senza certezze,come l'inoltrarsi verso il buio dell' inverno, lasciando dietro di sé la luce e il sole caldo dell' estate.
Settembre è il mese dell'inizio o del principiare di vita nuova.I bambini tornano a scuola,la sveglia suona presto quando fuori è ancora buio,le strade delle città tornano a riempirsi di voci ed è lontano il ricordo dei desolanti deserti d’agosto.
E' una la parola che ci chiede e che chiediamo al mese di settembre:ricominciare.Non è più tempo di fermarsi, rallentare, riposare, le vacanze sono terminate. Il sole non indugia più sui volti invitando all’ozio delle lunghe giornate estive, ora è un vento incalzante a spingerci in avanti.
Sono belle le giornate di settembre perché il clima è mite, l’oscurità ancora tarda ad arrivare e una segreta frenesia anima di riflesso ogni cosa: c’è desiderio di fare, realizzare,magari realizzare quei sogni e quelle promesse che ci si era fatti mentre ancora eravamo in vacanza.
Eppure questo mese racchiude anche un suo lato ombroso, irrequieto, un aspetto nostalgico.L’estate è troppo chiassosa,come una persona che urla o parla a sproposito; ora invece il principio dell’autunno allunga i silenzi, ci invita alla riflessione,al raccoglimento interiore. Settembre è promessa e nostalgia, ci mantiene in bilico tra i due estremi dell’azione e del sogno, a un passo dal verificarsi di ogni cosa con il senso di aspettativa che è proprio dei desideri non ancora realizzati.