Monti lo aveva chiamato apposta.Aveva chiamato Francesco Giavazzi perchè"Dovrà fornire al presidente del Consiglio e al ministro dello Sviluppo analisi e raccomandazioni sul tema dei contributi pubblici alle imprese».Praticamente per fare un pò di "review".E lui si mise subito al lavoro preparando quello che subito venne chiamato il "Piano Giavazzi".
Il programma di Giavazzi,era finalizzato a tagliare aiuti statali improduttivi alle imprese,diminuendo,quindi,il cuneo fiscale e aumentare l'occupazione.E poi tagli ai sussidi improduttivi dell'economia:dall'agricoltura all'aeronautica.
Con il suo piano Giavazzi sosteneva che il risparmio per le casse dello Stato,una volta eliminati gli aiuti a pioggia,poteva arrivare a 10 miliardi di euro.Ed ogni risparmio doveva essere destinato ad una riduzione generalizzata del carico impositivo per le imprese,partendo dal cuneo fiscale sul lavoro.Lo stesso Giavazzi diceva in un'intervista:"un intervento così disegnato (.........) sostituirebbe trasferimenti improduttivi,fatti spesso a favore di imprese con connessioni politiche (mica pensava alla Fiat per caso?).
Veramente considerevoli ed innovative le idee di Giavazzi.Meno interventi statalisti e assistenziali,politiche di rilancio delle imprese e dell'occupazione,alleggerimento del peso fiscale.Musica per le orecchie di un liberale.Ma sulla spending review di Giavazzi arrivò la "review" del Governo.E il piano venne buttato in qualche cassetto ministeriale,inattuato e dimenticato,proprio perchè segnava un taglio col passato anche per un governo di persone,come i tecnici,che queste materie ben conoscono,e che in quanto tecnici erano stati chiamati ad affrontare per aiutare quest'Italia così vecchia nell'economia e nelle istituzioni.
Come lei può capire,professor Giavazzi,fra il dire e il tagliare c’è di mezzo il mare,cioè la politica,cioè quel sistema statalista e clientelare che da decenni non si riesce a disboscare.Ma c'è di mezzo anche la grande impresa e le piccole e grandi corporazioni di questo Paese.Lei,Professor Giavazzi,da anni professa-giustamente-sulle colonne del Corriere della Sera,il vangelo liberista di uno Stato ultraleggero,all’americana,che prende poco dal cittadino ma che gli offre grandi opportunità con un mercato del lavoro flessibile.Che detassa e rilancia l’economia.Ma Monti,che a Don Abbondio non ha da invidiare niente,non è,non poteva essere d'accordo.Perchè il suo piano gli avrebbe sollevato insurrezioni nella grande industria,nei sindacati,nelle corporazioni piccole e grandi di questo Paese.E così lo staff di Monti disse a Giavazzi che:"Il piano era bello,certo,ma:“troppo teorico”,un libro dei sogni,esagerata la stima delle cifre.E i tagli possibili erano di 300 milioni e non 10 miliardi.
E quindi nessun "Piano Giavazzi".Ma intanto nessuno tra Premier e Ministri ha saputo o voluto prendere iniziative di crescita,di sviluppo,magari utilizzando due verbi che a questo esecutivo,evidentemente,fanno proprio paura:"dismettere" e "privitazzare".
E quindi nessun "Piano Giavazzi".Ma intanto nessuno tra Premier e Ministri ha saputo o voluto prendere iniziative di crescita,di sviluppo,magari utilizzando due verbi che a questo esecutivo,evidentemente,fanno proprio paura:"dismettere" e "privitazzare".
Ed allora?Allora i tecnici governativi il Piano Giavazzi lo hanno perduto (lo hanno voluto perdere) nei cassetti di qualche loro scrivania.E se pure lo troveranno (se lo vorranno trovare) figuriamoci se lo attueranno.Ed allora,Professor Giavazzi,un modesto consiglio.Torni a scrivere sulle colonne del "Corriere della Sera",insieme al Professor Alesina.Di materia per parlare contro le scelte di politica economica ed industriale di questo Governo certamente non le mancherà.Per esperienza diretta,oltretutto.
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