Il libro della Arendt torna subito alla mente quando vai a vedere il film "La zona d'interesse" del regista britannico Jonathan Glazer,da poco uscito nelle sale cinematografiche,il cui titolo si riferisce al nome che le SS diedero al territorio di 40 km dove fu costruito il campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz-Birkenau.Il film è tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore inglese Martin Amis,recentemente scomparso,ed è ispirato a personaggi realmente esistiti.
L'incipit del film,fatto di solo audio(composto dalla musicista, compositrice e cantautrice inglese Mica Levi )è di un impatto spaventoso:tutto un insieme di gemiti,lamenti,grida disperate e urla di dolore disumane;e questo sonoro diventa ancor più angoscioso perchè riprodotto su uno schermo nero per un tempo così prolungato da mettere a disagio lo spettatore.
L’oscurità dell’apertura del film cede poi improvvisamente il posto alla luce e al colore: un tranquillo picnic di famiglia lungo un fiume."La zona d’interesse" ricostruisce appunto la vita serena e felice di una famiglia tedesca,marito,moglie e i loro cinque figli immersi in un bucolico Eden, fatto di tuffi in piscina, domeniche trascorse a pescare in riva al fiume, tazze di the degustate alle cinque del pomeriggio e giornate spese in ufficio tra carte e burocrazia.C'è solo un "particolare":il capo famiglia si chiama Rudolph Hoss,criminale di guerra tedesco e primo comandante del campo di sterminio di Auschwitz.E fu proprio Eichmann,poi processato e impiccato in Israele,ad incaricare Hoss di mettere in atto tutte le iniziative per attuare la "Soluzione Finale".
La deliziosa villetta in cui Hoss e la sua famiglia conducono quella vita spensierata,si trova a pochi passi da un indicibile orrore. Oltre il muro di quella villetta,infatti,c'è il campo di sterminio di Auschwitz,dove ogni giorno vengono sterminati centinaia di migliaia di prigionieri ebrei. I loro corpi bruciati si trasformano in altissime colonne di fumo che si levano dai camini sempre in funzione.Ma la sola preoccupazione della famiglia Hoss è continuare a vivere quella vita in quella villa.
'angoscia di quello schermo nero e di quelle urla iniziali permangono insistentemente.E sono proprio quelle urla nel buio a dare il senso che si sta sprofondando verso un qualcosa di mostruoso e infernale, che non ha come simbolo solo la faccia esaltata di Adolf Hitler,ma anche quella di un popolo che fingeva di ignorare quello che accadeva e viveva beatamente come la famiglia della villetta,quasi in una specie di Eden dove agiscono gli esecutori degli ordini del Fuher.
La cifra significativa del film di Glazer è quella di mostrare Auschwitz senza far vedere Auschwitz. Senza mai farci "entrare" dentro Auschwitz.Di quel campo e di quegli stermini che lì si consumavano viene dato solo qualche indizio: l’abbaiare dei cani da guardia, gli spari occasionali, il rombo di una canna fumaria che si vede incombere in lontananza e che erutta fuoco, fumo e cenere mentre vengono bruciati i corpi dei prigionieri uccisi. In casa Hoss,al contrario,l’atmosfera è serena e domestica:tutti si divertono in piscina con un’altra famiglia nazista mentre festeggiano il compleanno di Rudolf.Il tutto mentre i lavoratori della prigione portano via la cenere("quella" cenere!!!!)caduta nel giardino,mentre le cameriere si aggirano freneticamente per casa.Ma proprio la rappresentazione della tranquilla vita quotidiana di un assassino di massa sta a significare che non tutti gli attori della Soluzione Finale erano pazzi furiosi come il loro Führer. Qui sono tutti sani di mente il che rende ancora più grandi e gravi le responsabilità collettive di un popolo indifferente difronte all'indicibile orrore.
Come è stato facile per queste persone «normali» seguire la retorica fanatica e violenta di Hitler fino in fondo, accettare e assecondare ciò che accadeva al di là del muro come semplice realizzazione di una nazione migliore, più produttiva e più pura?E quanto sono lontani molti dei nostri contemporanei dal giardino degli Höss?
In fondo è questo il vero orrore.L'intuizione di Glazer(e Amis)è che non c'è bisogno di guardare oltre il muro,di entrare "dentro" Auschwitz.L’orrore è "qui",nella famiglia piccolo borghese ritratta nella propria tetra,cupa,orrenda ideologia.E quella famiglia sta a rappresentare un popolo,il popolo tedesco,e una civiltà,quella occidentale,nella quale ancora oggi tante volte,troppe volte accadono incredibili orrori nell'indifferenza generale.E quel film non vuol farci pensare al passato:chiede piuttosto molta attenzione al presente perchè annche nel presente c'è l'orrore.