15 febbraio 2024

CHE HO A CHE FARE IO CON GLI SCHIAVI ?






Nella notte tra il 15 e 16 febbraio 1926,a soli 25 anni,moriva esule a Parigi Piero Gobetti.Morì a seguito dei ripetuti pestaggi subiti dalle squadracce fasciste di Mussolini.Fu proprio lui,il Duce,a scrivere questo telegramma al Prefetto di Torino:"Mi si riferisce che noto Gobetti sia stato recentemente a Parigi e che oggi sia in Sicilia.Prego informarmi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore di Governo e fascismo.Firmato:Mussolini."Rendere difficile vita".E si capisce il perchè.La forza delle idee e dell’azione politico-culturale del giovane torinese erano veramente pericolose per il regime fascista perché penetravano nei ceti sociali che avrebbero dovuto essere oggetto di dominio assoluto attraverso la demagogia del nuovo potere autoritario,quello cioè dell’uomo solo al comando.

Durò dunque appena otto anni l’esperienza culturale e politica del giovane intellettuale torinese. Ma in quegli otto anni il suo pensiero e la sua attività lasciarono un segno indelebile nella cultura politica dell’Italia contemporanea,soprattutto per il valore etico della sua rigorosa e intransigente opposizione al fascismo trionfante nei primi anni di Mussolini al potere.Anzi,proprio nel giudizio sul fascismo si può individuare la cifra del suo impegno militante di intellettuale e politico,esercitata nonostante la consapevolezza dei rischi che il suo antifascismo intransigente gli avrebbe comportato.

Dopo le altre sue esperienze editoriali("Energie Nove" e "Il Baretti")fu nella rivista "La Rivoluzione Liberale",da lui fondata ad appena 20 anni,che Gobetti espresse la necessità di una assoluta volontà di sacrificio, senza illusioni di vittoria, ma nella convinzione che la  testimonianza stessa del sacrificio fosse una affermazione di valore etico e politico in un Paese dove la grande maggioranza della gente era propensa al compromesso più che al rigore,al conformismo più che al coraggio della critica.

Fu in quella rivista che egli elaborò il famoso articolo intitolato:"Elogio della ghigliottina".Così in esso egli scriveva:

"Né Mussolini né Vittorio Emanuele hanno virtù da padroni, ma gli italiani hanno bene animo di schiavi".In Mussolini e nel fascismo non c'era “nulla di nuovo”:il primo era “un fatto d’ordinaria amministrazione”,mentre il fascismo era qualcosa di più.Esso è "l'autobiografia di una nazione"(...)esso “ci attesta inesorabilmente l’impudenza della nostra impotenza”: gli italiani sono “un popolo di dannunziani” al quale non si può chiedere spirito di sacrificio"(....)bisogna sperare che i tiranni siano tiranni,che ci sia chi avrà il coraggio di levare la ghigliottina(....) chiediamo le frustate perché qualcuno si svegli, chiediamo il boia perché si possa veder chiaro.

L'idea di Gobetti trovava del resto conferma nello stesso Mussolini che disse:"Io non ho creato il fascismo,l'ho trattc dall'inconscio degli italiani".E' questa frase che ci racconta quell'attitudine degli italiani ad essere comandati,a rinunciare ai propri diritti e alla propria dignità pur di non agire e pensare.Ad essere servi,cioè,come Gobetti diceva.

Agli occhi di Gobetti la storia italiana appare come una lunga storia di servi,di cui il fascismo è l’ultima ed estrema conseguenza. In una forma degenerativa il fascismo continua la politica diseducatrice e perpetua i vizi atavici e più diffusi della mentalità italiana:la retorica,la cortigianeria, la demagogia, il trasformismo,la fiducia verso il potere.La sua lotta al fascismo,allora,prima ancora che politica è di natura morale, ha un valore etico e religioso: “C’è un solo valore incrollabile al mondo: l’intransigenza e noi ne saremmo per un certo senso i disperati sacerdoti”.

Autonomia di pensiero,religiosità laica,disponibilità al sacrificio: erano questi i concetti e gli ideali fondamentali della rivoluzione liberale che Gobetti voleva trasfondere in una nuova classe dirigente costituita dalla borghesia e dall'imprenditoria illuminata;una nuova classe dirigente nelle quale quegli ideali fossero carattere distintivo.Una classe che avesse coscienza delle proprie tradizioni storiche ma che prendesse anche atto delle nuove esigenze sociali che allora stavano nascendo dalla partecipazione del popolo alla vita dello Stato.

“La Rivoluzione Liberale” fu uno straordinario punto di incontro che coinvolse politici e intellettuali di diverse scuole di pensiero,come Luigi Sturzo,Giovanni Amendola,Benedetto Croce,Luigi Einaudi,Gaetano Salvemini,Giuseppe Prezzolini e Giustino Fortunato.La straordinaria  sensibilità del giovane intellettuale torinese per la condizione sociale del mondo operaio, gli guadagnarono la stima anche  di un intellettuale lontano da idee liberali come Antonio Gramsci.

Un altro punto di riferimento ideale fu per Gobetti ebbe un  in uno scrittore del suo Piemonte,quel Vittorio Alfieri,al quale si sentiva affine per l’odio verso la tirannide e l’amore per la libertà e al qule dedicò la sua tesi di laurea.E proprio dall'intellettuale piemontese mutuò il motto Che ho a che fare io con gli schiavi ? un motto che il pittore Felice Casorati riprodusse in un logo che fregerà le edizioni gobettiane. 

Piero Gobetti è attuale ancora oggi.Molti dei problemi che l'Italia aveva quasi 100 anni ci sono ancora oggi.Abbiamo constato l'incapacità della borghesia italiana a non volersi fare "nuova classe dirigente" per guidare il Paese,cosa avvenuta in altri paesi anglosassoni dove proprio quella classe sociale ha gestito la complessità del nuovo mondo con la democrazia e in libertà,portando principi e valori.Da noi gli imprenditori che allora si acconciarono col fascismo ,si sono poi sottomessi prima alla Democrazia Cristiana ed al berlusconismo poi al populismo giallo-nero-verde dei Salvini,Meloni e Grillo per ottenere prebende e risanamenti aziendali,mentre la sinistra si è chiusa nelle roccaforti della stampa e dell'editoria amica a rivendicare una propria presunta superiorità morale.

E' perciò che,a quasi 100 anni  dalla morte,la rivoluzione liberale di Gobetti resta un imperativo categorico per gli uomini liberi per un'Italia più giusta,civile e moderna per la quale uomini come Gobetti,Amendola e Matteotti hanno lottato fino al sacrificio estremo della propria vita.

Nessun commento: