In un saggio dal titolo molto significativo"Questa Europa è in crisi",il filosofo,storico e sociologo tedesco Juergen Habermas ha affrontato la problematica democrazia/economia,nel contesto della grave crisi economica mondiale che sta sconvolgedo consolidati e secolari assetti politici,economici e sociali intrnazionali.In ogni Stato,sostiene Habermas,si sono creati meccanismi per i quali i singoli Stati formano,nei loro parlamenti nazionali,maggioranze ibride che consentano loro di ottemperare alle direttive di Bruxelles per accedere agli aiuti economici da parte dell’Unione.Ma il Consiglio europeo richiede,come condizione di accesso agli aiuti,l’adozione di determinate politiche come la previdenza,il mercato del lavoro,la sanità.In questo modo l'Europa finisce per invadere questioni di specifica competenza dei parlamenti nazionali che,di fatto,vengono esautorati nell'esercizio delle proprie prerogative.Ad avviso di Habermas questo "auto investimento di autorità da parte dell'Europa”,rappresenta un modello di esercizio del potere diverso da quello democratico,un modello che Habermas definisce “esercizio post-democratico del potere” a livello transnazionale.
Ma forse la situazione è addirittura peggiore,perché le stesse decisioni del Consiglio europeo sono a loro volta connesse a quelle di altre istituzioni,come la Banca centrale europea, e il Fondo monetario internazionale o addirittura di Paesi estranei all’Unione europea,come gli USA,la Cina,etc. con un forte potere finanziario e con imponenti interessi da salvaguardare nel mercato globale dell’economia,così da rappresentare un esercizio del potere ancor più “postdemocratico” di quanto già non sia.E tale forma di esautorazione dei parlamenti nazionali opera,oltretutto,a discapito degli Stati con economie deboli, per i quali gli aiuti sono indispensabili,stabilendo così una disparità di livelli partecipativi al formarsi della Unione Europea,estranea alle previsioni dei Trattati dell’Unione.Uno svuotamento delle prerogative dei parlamenti e conseguentemente della democrazia.
Una via d’uscita,almeno a livello teorico,potrebbe essere,secondo Habermas,quella di una “democrazia transnazionale”,nella quale,in un clima di reciproca fiducia dei cittadini d'Europa,sviluppi una forma di solidarietà che dovrebbe portare i cittadini europei a "ratificare" le decisioni prese dagli organismi europei.Ma oggi una soluzione del genere appare del tutto improponibile visto il crescente risentimento dei popoli d'Europa contro l'Europa stessa e le sue articolazioni economico-finanziarie.
Ed allora per Habermas esiste un'altra via” che può guidare verso la formazione di una solidarietà europea.Attribuire ad un unico organo giurisdizionale sovranazionale,la Corte di Giustizia di Lussemburgo,il monopolio interpretativo del diritto dell’Unione,affermando il “primato” del diritto comunitario su quello dei singoli Stati,i quali dovrebbero necessariamente uniformarsi ai giudici europei.Alla mancanza attuale di sufficiente solidarietà civica tra i popoli degli Stati membri dell’Unione,farebbe dunque da contrappeso una già avviata “solidarietà interpretativa” dei giudici.
Ed allora quale Europa?Quella dei tecnici in una sorta di "governo dei migliori"?Quella,che in questo momento sembra prevalere,degli organismi ed istituti economico-finanziari?O ancora quella dei giudici?Habermas,si sa,ha sempre posto al centro dei suoi studi,il ruolo delle istituzioni in relazione alla crisi di legittimità che mina alla base le democrazie contemporanee e i meccanismi di formazione del consenso.E le sue riflessioni pongono sempre grossi quesiti ai quali non è facile dare risposte.Il fatto certo,però,è che in "questo" contesto,chi rimane fuori sono i Parlamenti,e cioè il Popolo,e cioè la Democrazia.Tutti con la maiuscola,per ora.Fino a quando non è dato sapere.
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