18 ottobre 2024

ESSERE CON "LORO"




Non c'è giorno,oramai,nel quale i media non ci portino a conoscenza di fatti di cronaca nera a volta anche raccapriccianti.

Dentro questi fatti c'è violenza,tanta violenza.Nella maggior parte dei casi si tratta di violenza maschile contro le donne,anche nell'ambito familiare,in una logica di brutale volontà di dominio e annullamento della donna.Ora,però,dentro questi fatti di cronaca nera c'è dell'altro.Sempre più spesso ci sono vite poco più che bambine;vite che appena adesso cominciano ad affacciarsi alla Vita.E dietro ognuno di quelle vite ci sono disagi,materiali e morali,isolamento,incapacità di relazionarsi.Ed è così che quelle vite bambine diventano vite di violenza:contro gli altri ma talora anche contro se stessi in incontrollati istinti suicidari.Eppure la classe politica resta silente,forse perchè se gli adolescenti hanno dei problemi in fondo chissenefrega,tanto loro non votano e non rientrano nemmeno nel sondaggio settimanale di Mentana.

Si potrebbe forse dire che questa non è storia nuova:era già successo 23 anni fa  a Novi Ligure,quella storia di Erika,allora 16enne,e del suo fidanzato Omar,che uccisero la mamma e il fratellino di lei.O ancora quella di Pietro Maso che uccise i propri genitori.Quelle però,furono vicende rimaste nella memoria collettiva proprio per la loro terribile unicità.Ora invece facciamo fatica a star dietro a tutte le vicende che ci arrivano dai media in maniera incalzante.

Così un giorno restiamo increduli difronte all’assassino di 19 anni di Rozzano che ha detto che voleva uccidere "qualcuno",chiunque egli fosse,perché "aveva passato una brutta giornata".Oppure alla storia di quel 17enne che ha strangolato una donna perché voleva vedere "che effetto faceva uccidere".E ancora quando un ragazzo di 17 anni di Paderno Dugnano uccide madre, padre e fratellino perché viveva un profondo disagio interiore,sentendosi "un estraneo, in famiglia e nel mondo".E l' altro ancora di quella ragazza di Parma che ha sotterrato nel giardino i 2 propri bambini appena nati.

Tutti questi episodi riguardano ragazzi italiani,del Nord prospero.Tutti appartenenti a famiglie «normali».E ognuno di essi lascia tutti ammutoliti ed increduli,come se la vita stessa potesse essere schiacciata senza nessun rimorso.

Il fatto è che quando i ragazzi entrano nello scenario che devono percorrere per raggiungere una propria identità,portano con sé le proprie storie che sono state scritte non solo da loro,ma anche dai genitori, dalla scuola e dalle esperienze che hanno avute fino al raggiungimento della pubertà.Ma a quell'età non tutti arrivano allo stesso modo.Molti,per fortuna,vi giungono seguiti da un nucleo familiare  stabile e culturalmene preparato.Altri hanno un destino diverso,vittime di abbandono,disinteresse e violenze familiari.

E poi c'è la scuola,così burocratizzata,incapace perciò di capire le vulnerabilità,il disorientamento di questi ragazzi,che li fa finire in bande violente che infieriscono sui compagni più deboli con atti di bullismo.

Psicologi e sociologi ci hanno spiegato che questi ragazzi vengono dagli anni del Covid,con l’impatto che hanno avuto con la morte e la paura e con una nuova visione del futuro. In quei mesi allucinanti furono quasi 200.000 i morti in Italia,più delle vittime civili della Seconda guerra mondiale.E questo in delle personalità in via di formazione ha un peso decisivo.

Quegli stessi psicologi e sociologi ci hanno anche spiegato di quanto la società digitale incida nell'alterazione del relazionamento umano e del formarsi della vita dei ragazzi e del radicale modificarsi di una esperienza adolescenziale che oggi si svolge essenzialmente attraverso il mondo virtuale. Un intrico di luoghi e di vie nei quali è facile perdersi ed è facile soffrire.E sono anche i dati a confermare queste spiegazioni.Dal 2006, anno di arrivo degli smartphones,sono raddoppiati i reati dei minori e crescono i casi di ansia, di autolesionismo, gli istinti suicidari o le risse violente tra gruppi di adolescenti.

Oggi sono nuovi e diversi i modelli e i valori di riferimento per questi ragazzi.Oggi è il gruppo che condiziona le scelte e i comportamenti;oggi i giovani sentono il bisogno di essere riconosciuti ed accettati dai propri compagni anche attraverso scambi digitali,che occupano sempre più spazio a scapito dei rapporti reali.Su di loro agisce una pressione che li trasforma in soggetti costretti costantemente a cercare conferme di autostima cercando followers,per la precocità con cui si entra in contatto,solo tramite una tastiera,con il mondo violento dei grandi,con l’obbligo di crescere in fretta,di divorare il tempo,con la pesantezza di una società che trasferisce loro solo ansia amplificando a dismisura quel "male di vivere" che questi tempi assegnano agli uomini in generale,ai giovani ancora di più.

Le violenze dei minori chiama noi tutti a intervenire,a capire che essa è sintomo di un disagio giovanile più vasto, iscritto nelle contraddizioni e nei disvalori della nostra società e approfondito dalle conseguenze della pandemia nelle angosce anche da essa portate.Non possiamo ridurre il malessere dei giovani a un problema di ordine pubblico.Tutti noi adulti siamo chiamati ad agire, in primo luogo i genitori, il mondo della scuola, gli operatori del sociale.Bisogna anzitutto "esserci" come adulti. Ascoltare,occuparsi,non tanto preoccuparsi.Così si potrebbe pensare ad ampliare la presenza di educatori e operatori sociali nei territori, incrementare gli spazi protetti dove gli adolescenti possono incontrarsi e stare insieme, avvicinare la scuola alla vita che i giovani si trovano ogni giorno ad affrontare, là fuori.

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