24 agosto 2024

CHE TEMPO CHE FA






Temporali violenti e carenza idrica.Alluvioni e siccità.Scioglimento dei ghiacciai e innalzamento della temperatura del pianeta.Sono questi gli eventi estremi,ma sempre più numerosi e frequenti che  avvengono oramai in tutte le parti del mondo negli ultimi anni.Il tutto dovuto(al di là di ogni ottuso negazionismo)al fenomeno dei cambiamenti climatici.

Cambiamento climatico.Quante volte abbiamo sentito questa frase negli ultimi anni?E che abbiamo fatto o che stiamo facendo oggi,quando molteplici evidenze scientifiche ci dicono che è l'Uomo che ha alterato l’equilibrio del nostro pianeta, a partire dal suo clima, che della complessa armonia della Terra è la spia più importante ed affidabile?

Ogni mese è il più caldo, ogni anno più bollente del precedente.E ogni mese e ogni anno i record si aggiornano in negativo.E noi,come sonnambuli,continuiamo a camminare quasi incuranti verso il precipizio dell’inferno climatico.  

Ondate di calore, giorni e giorni di temperature estreme che mettono in forse non solo la sopravvivenza di milioni di persone, ma la possibilità stessa che in molte zone si possa continuare a coltivare e allevare alcunché.E' doppia la faccia della crisi climatica:da un lato la siccità,come in Sicilia, dove l’acqua manca non solo per gli animali e le colture, ma anche per garantire le dialisi dei malati di reni;dall'altro alluvioni,nubifragi e bombe d'acqua di enorme violenza.E poi lo scioglimento dei ghiacciai artici.Basti pensare che negli ultimi 15 anni il circolo polare si è riscaldato quattro volte di più del resto del mondo.

Ma il riscaldamento globale è solo la faccia più visibile della crisi climatica che stiamo vivendo.E per affrontare questa enorme crisi sarebbe necessario avere a disposizione un pianeta sano, mentre al contrario, sempre per colpa dell'Uomo, ci ritroviamo alle prese con un pianeta più malato che mai. Inquinamento dell’aria e dell’acqua, distruzione degli habitat naturali, pesca eccessiva, declino delle popolazioni di insetti,perdita di uccelli, inquinamento da plastica,sfruttamento eccessivo del suolo fertile.Da qui tutta una serie di  conseguenze sociali ed economiche:crescita delle ingiustizie e delle diseguaglianze, migrazioni,conflitti per le risorse,collasso dei sistemi alimentari e fragilità delle democrazie. 

Eppure difronte a questo tragico scenario continuiamo a vivere come se nulla fosse.Ogni governo,ma anche ognuno di noi dovrebbe invece già essere impegnato a modificare le basi della nostra esistenza personale e collettiva cominciando a cambiare la nostra alimentazione,il nostro habitat,i nostri mezzi di trasporto,le nostre tecniche di coltivazione,il nostro modo di produzione.Altrimenti ogni distopico futuro rischia di diventare drammatica realtà.Questo angoscioso "sapore" di apocalisse ce lo raccontava già Italo Calvino nei suoi Racconti:"Nuvola di smog" e "La formica argentina",



Una metafora del male di vivere,che nei due racconti viene identificato con l'inquinamento e la  minaccia nucleare(peraltro presente anche ai giorni nostri)incombente su ogni esistenza.

I movimenti ambientalisti e l'informazione(quella poca corretta e seria,non certo quella da curva di stadio)da molto tempo stanno dando l'allarme,ma tutti noi abbiamo tirato dritto senza fiatare. E questo non succede solo con la crisi climatica:lo facciamo per i morti nelle carceri o per le stragi di migranti dietro casa o poco più a sud,nelle acque del Mediterraneo.

Non vogliamo scuoterci e risvegliarci da questo sonno.Anzi.Proprio nei confronti delle associazioni e movimenti ambientalisti che da anni denunciano questo drammatico stato di cose la repressione,in Italia ma non solo,è sempre più forte da parte soprattutto dei governi di destra,che poi sono i più vicini alle teorie negazioniste e al mantenimento dello status quo per la tutela di precisi interessi economici.Così si cerca di indirizzare le pubbliche opinioni a pensare che in fondo  questi eventi estremi ci sono sempre stati,che la crisi climatica è qualcosa di eccezionale,che riguarda altri e che non possiamo farci niente. 

Ed invece dovremmo avere il coraggio(e l'onestà) di rispondere a una serie di domande:siamo disposti a vivere placidamente in questa nuova anormale normalità? Nel momento in cui il Pianeta di cui siamo parte viene sacrificato a un’economia predatoria, che lo considera come un pozzo senza fondo da sfruttare,siamo disposti a non far sentire la nostra voce e a continuare a vivere nel consumismo e nell’insoddisfazione indotta dal mercato? Siamo disposti a rinunciare a metterci insieme, aiutarci, lottare anche, per non lasciare che siano i più forti e potenti a decidere per noi? Siamo disposti a lasciare tutto così com'è,in un mondo che assegna ai ricchi le possibilità,e ai poveri tutti i problemi?

Il cambiamento climatico è una sfida globale che richiede soluzioni locali.Realizzare un modello di sviluppo resiliente al clima è già adesso,agli attuali livelli di riscaldamento, una sfida difficile e complessa.Questo obiettivo sarà ancora più difficile da raggiungere se il riscaldamento globale dovesse continuare ad aumentare.Ci vogliono allora finanziamenti adeguati,trasferimento di tecnologia, impegno politico.Ma serve anche un impegno  serio  e consapevole a livello individuale da parte di ognuno di noi a modificare i comportamenti quotidiani e i modelli di vita nei quali fino adesso abbiamo vissuto.Perchè l’evidenza scientifica è inequivocabile:i cambiamenti climatici sono una minaccia al benessere delle persone e alla salute del pianeta.Ogni ritardo nell'intervenire farà perdere quella breve finestra temporale che si sta rapidamente e drammaticamente chiudendo.

18 agosto 2024

APPIA, IL CAPOLAVORO DELLA STORIA

 









Nei mesi scorsi l'Unesco ha dichiarato la Via Appia Patrimonio universale dell'Umanità.
Nel suo celebre romanzo Notre-Dame de Paris,Victor Hugo diceva che l’architettura è stata la prima grande scrittura dell’umanità.Dai dolmen, alle piramidi, ai templi, alle cattedrali gotiche e sino al XV secolo e alla scoperta della stampa, l’architettura è stata il grande libro dell’umanità.I monumenti di pietra sono il modo più naturale e duraturo per “scrivere nel suolo” la memoria.Uno di questi "libri" nella pietra fu certamente la Via Appia,la più grande e la più straordinaria delle vie costuite dai romani,che proprio per questo venne chiamata la "Regina Viarum",per quel progetto visionario con il quale venne concepita.Essa congiunge Roma con Brindisi e fu fatta costruire  nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco,dal quale prese il nome.Fu  costruita con tecniche innovative, veri e propri capolavori di ingegneria civile e costituisce ancora oggi uno dei monumenti più durevoli della civiltà romana.Ed ora,dopo secoli di vita,l'importanza culturale di quest'opera viene riconosciuta dall'Unesco che l'ha dichiarata patrimonio universale.

E dunque la Via Appia come libro e come racconto.Ma cosa ci dice,cosa ci racconta la Via Appia?E' la domanda a cui cerca di rispondere il giornalista e scrittore Paolo Rumiz nel suo libro Appia nelle cui pagine egli racconta il viaggio fatto a piedi con altri amici sul tracciato dell'antica strada da Roma fino a Brindisi,passando per tanti luoghi e realtà,geografiche,storiche e culturali.Quella strada,come tutte le strade,costituiva anzitutto un’infrastruttura adibita a fini militari e commerciali.Eppure l'Appia non era solo questo. La via non era finalizzata soltanto all’espansionismo militare e commerciale:essa apriva Roma verso gli altri popoli.Con l'Appia questi popoli,con le loro tradizioni differenti non furono più isolati. L’Appia esprime nel suo più alto grado l’apertura romana verso l’altro e verso il futuro, la possibilità di entrare in relazioni di contatto e scambio con civiltà diverse, avvalendosi dell’altro grande ‘monumento’ romano: lo ius.Il diritto romano è anzitutto diritto dei privati e una sua grande parte si è sviluppata proprio nell’incontro con altre popolazioni, con gli stranieri.

Nelle pagine del libro di Rumiz ci sono,però,anche parole dolorose quando egli denuncia l’abusivismo edilizio che ha quasi cancellato la strada con esiti quasi più devastanti di quelli prodotti dall’Isis o dai Talebani nel loro furore ideologico contro la cultura:dalla decapitazione dei Buddha nelle pareti di roccia in Afghanistan,all'immane devastazione della città di Palmira in Siria.Sotto questo aspetto Rumiz rivive gli stessi sentimenti del grande giornalista e intellettuale Antonio Cederna,uno dei padri dell'ambientalismo italiano,fondatore di Italia Nostra,che nelle sue collaborazioni a "Il Mondo","Corriere della Sera","La Repubblica","L'Espresso" e in tutti i suoi numerosi scritti,denunciò gli scempi subiti dal patrimonio ambientale e architettonico italiano,per via delle urbanizzazioni selvagge fatte da una politica affamata,affaristica e senza scrupoli.Tra gli altri Cederna denunciò quello consumato ai danni della Via Appia,e si può immaginare quale dolore e strazio questo gli procurasse,lui che si definiva un "appiofilo".Così scriveva infatti Cederna in un artitcolo intitolato "I gangster dell'Appia":

"L’Appia antica è diventata il luogo geometrico di tutta la cattiva architettura romana, la palestra per gli speculatori principianti, il banco di prova di tutte le più ordinarie e impunite illegalità. I ruderi sono scaduti a miserabili comparse, hanno perduto la loro grandezza, la loro meravigliosa cornice di deserto e di silenzio, immeschiniti, corrosi, spellati. Le stupende rovine della via Appia antica vengono chiusi tra sipari male intonacati, tra muriccioli e filo spinato, come animali esotici e pidocchiosi: statue e rilievi spezzati e trafugati, le iscrizioni usate come materiali da costruzione: la via Appia antica è diventata il canale di scolo dei nuovi quartieri,tagliata,sminuzzata, sventrata”.
Quanta verità in quelle parole.Doveva essere "intoccabile" per Cederna l’Appia,intoccabile come l'Acropoli di Atene.Ed invece nuove grandiose ville affacciate sul tracciato antico hanno cannibalizzato strutture antiche e medievali lungo tutto il suo percorso.Hanno stravolto l’aspetto tradizionale per incrementare loschi interessi,con il dilagare dell’abusivismo edilizio e di una arroganza del potere senza limiti.
Paolo Rumiz nel suo libro "Appia",racconta il cammino fatto a piedi su quella strada insieme ad alcuni amici:ne vien fuori un’istantanea dell’Italia d'oggi.Essi hanno ripercorso la strada che Orazio (Satira I, 5) fece insieme con Virgilio per raggiungere a Brindisi l’amico Mecenate.Una strada che ancora oggi conserva, in alcuni tratti, il suo originale basolato, ma che è in larga parte scomparsa sotto le brutture che in questi due millenni hanno continuato inesorabilmente ad avanzare e che Rumiz duramente condanna, conferendo così al suo viaggio e al suo libro anche una valenza di denuncia ed impegno civile.
Nel tragitto la costante è una mescolanza di aspetti positivi (meraviglie archeologiche e naturalistiche,memorabili soste gastronomiche in trattorie d’altri tempi…) e negativi (incuria, abusivismo,inquinamento…)che sono una sintesi vera dell’Italia: e non solo di quella del sud. Così come sono una sintesi vera dell’Italia le persone che Rumiz incontra nel suo viaggio:agricoltori generosi,pastori filosofeggianti,ostesse accoglienti,studiosi e archeologi competenti e battaglieri; ma anche automobilisti maleducati, giovani fracassoni, proprietari di terre o albergatori malfidenti e scontrosi davanti all’inusuale comitiva di camminatori.Insomma,una fotografia precisa e fedele dell'Italia d'oggi.

Una cosa che nel libro colpisce è lo scempio,legato al business delle pale eoliche in Campania e Basilicata o il mostruoso (e famigerato) complesso industriale dell’Ilva di Taranto proprio lungo il tragitto dell’Appia che sono dei veri pugni nello stomaco.
Epperò ci sono anche momenti toccanti nel libro,come quegli incontri dei camminatori con dei contadini dell’Agro Falerno(da cui il nome del famoso vino)che,scrive Rumiz,“posseggono una cosa che la gente di città ha perduto:il senso del limite”.Essi non sfruttano mai la loro terra al massimo della sua potenzialità, perché “quacche frutto ‘ncopp a pianta lo devi sempre lasciare, per far mangiare ‘e passarielli”: e per chiunque passi di lì e anche per i "cristiani" fave, acqua fresca, vino non devono mancare mai, perché questa è “ ‘a legge di Dio”.
L'Appia era(anche)questo:un percorso di uomini e umanità;un percorso da Roma a Brindisi,dove ci si imbarcava verso i porti della Grecia.Su di essa passavano mercanti e legionari, pecorai dell’Epiro e carrettieri venuti dalla Tracia o la Bitinia e patrizi di Neapoli.L'Appia è simbolo della dinamica vita di quei tempi, quando Roma era signora del mondo che sapeva quanto era importante il controllo e l’amministrazione del territorio.
I secoli son passati ma,nonostante i molteplici "tentativi" di cancellarne il ricordo,l'Appia continua ad esserci e soprattutto ad "essere" civiltà,storia,memoria e il riconoscimento dell'Unesco ne rappresenta solo la presa d'atto.Tanti nel tempo sono stati i letterati e i pittori che hanno percorso o raccontato l'Appia Antica restandone ognuno di essi da essa incantato.Da Goethe(che non a caso si fece ritrarre in un dipinto con l' Appia sullo sfondo)a Byron,da Sthendal a Zola,da Charles Dickens a Giosuè Carducci.E fu Raffaello a scrivere al Papa per rappresentargli l'urgenza di salvaguardarla.E lungo l' Appia c'è la Tomba del grande filosofo romano Seneca. 

Nonostante lo sfruttamento e lo scempio fatto mediante privatizzazioni,abusivismo edilizio,spoliazione dei monumenti antichi, concessioni di cave a bordo strada,essa è ancora lì con la sua linea che ci chiama e che ci invita a percorrerla a piedi,per ritrovare le tracce del passato, percepire le trasformazioni del presente e farci trascinare dal suo fascino.Perchè,come scrisse Goethe,gli uomini che hanno lavorato alla realizzazzione dell'Appia "lavoravano per l'eternità".

Alla fine di questo post non posso non richiamare le pagine che nel suo libro Paolo Rumiz dedica proprio alla mia terra(il Sannio e Benevento)e ancor di più quelle nelle quali egli racconta del paese dove abito e vivo,Montesarchio,dove egli visita “il bel museo archeologico sulla rocca di Montesarchio,(che)sembra costruito per dar loro (i Sanniti, ndb) l’immagine  di una grande civiltà sepolta e non di un’accozzaglia di bellicosi burini.I magnifici crateri ellenici a figure rosse trovati qui, in terra sannita, ed esposti in celle buie che paiono una finestra sul tempo, svelano un mondo conviviale, capace di percepire il divino in modo semplice e gioioso”(.....)Nemmeno nei Musei di Londra o Berlino ho visto qualche cosa di simile.Grande doveva essere il Sannio".

Sì,grande è stato il Sannio e la sua cultura.Peccato che proprio sanniti siamo i primi ad essercene scordati.




Nella foto in alto la Torre e il Castello di Montesarchio;nella foto sotto gli antichi vasi("Crateri") ritrovati in zona ed esposti nel Museo che in quell'antico castello ha sede.

14 agosto 2024

LODE (E BELLEZZA) DEL DUBBIO



Il 14 agosto 1956 moriva a Berlino Bertolt Brecht.Troppo lungo a dire,troppe cose da dire ci sarebbero.Solo una sua poesia,che a me piace molto,voglio riportare


Lode del dubbio


Sia lode al dubbio!

Vi consiglio, salutate serenamente e con rispetto chi come moneta infida pesa la vostra parola!

Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola.

Leggete la storia e guardate
in fuga furiosa invincibili eserciti.
In ogni luogo
fortezze indistruttibili rovinano e
anche se innumerabile era l’Armada salpando,
le navi che tornarono
le si poté contare.

Fu così un giorno un uomo sull’inaccessibile vetta
e giunse una nave alla fine
dell’infinito mare.

Oh bello lo scuoter del capo
su verità incontestabili!
Oh il coraggioso medico che cura
l’ammalato senza speranza!

Ma d’ogni dubbio il più bello
è quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono più!

Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
Quante vittime costò!
Com’era difficile accorgersi
Che fosse così e non diverso!
Con un respiro di sollievo un giorno un uomo nel libro del sapere lo scrisse.

Forse a lungo là dentro starà e più generazioni
ne vivranno e in quello vedranno un’eterna sapienza
e sprezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
Ma può avvenire che spunti un sospetto, di nuove esperienze,
che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
gravemente cancella quella tesi.


Intronato dagli ordini, passato alla visita
d’idoneità da barbuti medici, ispezionato
da esseri raggianti di fregi d’oro, edificato
da solennissimi preti, che gli sbattono alle orecchie un libro redatto da Iddio in persona,
erudito
da impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
che questo mondo è il migliore dei mondi possibili e che il buco
nel tetto della sua stanza è stato proprio previsto da Dio.
Veramente gli è difficile
dubitare di questo mondo.
Madido di sudore si curva l’uomo che costruisce la casa dove non lui dovrà abitare.
Ma sgobba madido di sudore anche l’uomo che la propria casa si costruisce.
Sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai.
Splendida è la loro digestione, infallibile il loro giudizio.
Non credono ai fatti, credono solo a se stessi. Se occorre,
tanto peggio per i fatti. La pazienza che han con se stessi
è sconfinata. Gli argomenti
li odono con l’orecchio della spia.

Con coloro che non riflettono e mai dubitano
si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
Non dubitano per giungere alla decisione, bensì
per schivare la decisione. Le teste
le usano solo per scuoterle. Con aria grave
mettono in guardia dall’acqua i passeggeri di navi che affondano.
Sotto l’ascia dell’assassino
si chiedono se anch’egli non sia un uomo.
Dopo aver rilevato, mormorando,
che la questione non è ancora sviscerata, vanno a letto.
La loro attività consiste nell’oscillare.
Il loro motto preferito è: l’istruttoria continua.
Certo, se il dubbio lodate
non lodate però
quel dubbio che è disperazione!

Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Può sbagliarsi ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta,
ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi ha bisogno.

Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
che tale sei, perché hai dubitato
delle guide! E dunque a chi è guidato
permetti il dubbio!


05 agosto 2024

COME ASSASSINI



Nele scorse settimane è stata abbattuta KJ1, l’orsa identificata con questo codice che il 16 luglio aveva aggredito e ferito un turista francese a Dro, in provincia di Trento.
L’ ordinanza di abbattimento dell’orsa Kj1 è stata vigliaccamente disposta a tarda sera,per rendere impossibile impugnarla,quando nessun Tribunale ne avrebbe potuto disporre l'annullamento. L’orsa così è stata assassinata durante la notte,dalle guardie forestali a testimonianza che i «sicari» erano già stati allertati e che solo una fretta omicida,assassina e vendicativa guidava le decisioni di quel tale che nomasi Maurizio Fugatti e che fa il politicante come Presidente leghista della provincia di Trento.
Agendo di nascosto,approfittando del favore delle tenebre per evitare risposte istituzionali,quel tizio,quel tal Fugatti,soddisfa la sua furia assassina e raggiunge il suo unico obbiettivo:uccidere gli orsi,secondo un piano che prevede l’abbattimento di 8 orsi l’anno.
Si resta esterefatti,si fatica a trovare parole difronte all’orrore,mentre è più facile nutrire un sentimento di dolore per questa esecuzione e per le altre simili che l'hanno purtroppo preceduta,che peraltro sono state criticata anche da altre alte cariche istituzionali,come il Ministro dell’Ambiente.Quel dolore che ha provato perfino il turista francese che aveva subito l'assalto quando ha detto che l'orsa l'aveva assalito per difendere i propri cuccioli. 

Ma perché è stata uccisa l’orsa Kj1? Ufficialmente perché l’amministrazione locale la riteneva(del tutto arbitrariamente e senza evidenze scientifiche),un’orsa pericolosa,proprio per quell'ultima reazione contro il turista francese.Alla stessa maniera, a inizio anno, era stato abbattuto l'altro orso M90, a causa di alcuni(a detta sempre del medesimo Presidente della Provincia,Fugatti)«avvicinamenti ai centri abitati e alle case», fatti ritenuti sufficienti per decretare l’esecuzione di un animale selvatico reo di aver fatto l’animale selvatico.Eppure in questo, come nell’altro caso, non c'era stato nessun esito fatale per i "Sapiens"(che poi dovremmo essere noi)ma in questo caso,in più,non si è voluto dar peso al fatto che Kj1 era una mamma in giro con i suoi piccoli, che adesso avranno difficoltà a sopravvivere e resteranno comunque traumatizzati.

C’erano soluzioni alternative alla pena capitale?Certo che c'erano.Anzitutto si poteva pensare alla deportazione degli esemplari «problematici» in altre zone disposte ad accoglierli,oppure alla sterilizzazione,non certo alla prigionia in gabbioni angusti e improbabili che portano solo all'impazzimento e alla morte dell'animale.Ma la verità è che queste alternative  non si sono volute minimamente considerare,perchè i veri motivi dell’esecuzione erano,in realtà,vendetta e calcolo politico.

L’uccisione dell'orsa è vigliacca e proditoria per una ragione di fondo:nel 1999, per salvare il piccolo nucleo di orsi sopravvissuti da un’ormai inevitabile estinzione, il Parco della Provincia di Trento,usufruendo di un finanziamento dell’Unione Europea,diede avvio al progetto "Life Ursus",per ricostituire un nucleo di orsi tramite il rilascio di alcuni esemplari provenienti dalla Slovenia.Questo progetto venne accettato (e finanziato) senza opposizioni,nemmeno quella dell’attuale presidente scanna-orsi.Eppure,dopo che il nucleo di orsi è stato ricostituito, quasi nulla è stato fatto in termini di prevenzione e questa è una gravissima responsabilità degli stessi amministratori locali.Come si possono fare progetti di ripopolamento degli orsi e poi pretendere che questi non respingano chi si avvicina troppo ai propri cuccioli? Solo amministratori ipocriti,incapaci e demagoghi possono agire in questo modo,senza saper assicurare una convivenza fra sapiens e fauna selvatica.Si sono fatti piani di ripopolamento degli orsi,ma se poi gli orsi fanno gli orsi,li si abbatte adducendo incomprensibili  ragioni di una sicurezza dei cittadini mai minacciata.
Vi sono,in realtà interessi e motivi più forti da tutelare:quelli di certe categorie,come cacciatori, agricoltori,albergatori,allevatori che vogliono essere dominatori incontrastati del territorio per ben chiari interessi economici.

Gli uomini pretendono di dominare l'ambiente che abitano,di porsi al vertice di una piramide su cui nessuno li ha mai messi.E pretendono di decidere della vita di altri individui, anche se non umani. Individui, esattamente come noi.Sì,come noi.Un tempo non eravamo a conoscenza del mondo interiore dei viventi non umani.Ed è proprio questa la ragione per cui giustifichiamo i macelli,le sperimentazioni,le cavie, le indicibili sofferenze, gli abbandoni,le torture e le crudeltà sugli animali.
Ma gli ultimi studi nel campo dell’etologia stanno dimostrando che questa mentalità e presunzione non ha alcun diritto di cittadinanza scientifica: gli animali non umani hanno le stesse emozioni dei sapiens possono esserci differenze «nei dettagli, nelle elaborazioni e nelle intensità» (per citare le parole di uno dei più grande etologi modeni,l'olandese Frans de Waal).

Tutte le emozioni dell'uomo(rabbia, invidia, gelosia, delusione) si ritrovano,in modi diversi in tutti gli animali.Ed allora uccidere un animale colpevole di comportarsi come tale ma giudicato dai sapiens con i "loro" parametri non ha alcun senso ed è semplicemente crudele e incivile.Non ha senso ed è inumano come non ha senso ed è inumana la condanna a morte di un uomo che si sia macchiato di orrendi reati.
E sarebbe allora un bene se certi politici ed amministratori cominciassero a leggere qualche sia pur elementare nozione di etologia per cercar di capire le complessità e le sensibilità del mondo animale e di orsi e lupi in particolare.Perchè questo si deve capire:un animale selvatico «sente» proprio come noi, ha il suo carico emozionale, la sua personalità, è un individuo formato e in continua interazione con il suo mondo, un mondo che noi "sapiens" abbiamo invaso sconvolgendone gli equilibri e pretendendo che tutti gli altri viventi si adattino al nostro modo predatorio di gestire le cose.