SOPRA IL DIPINTO DI CARAVAGGIO "NARCISO"
Per la prima volta,dopo oltre un secolo,la celebre collezione degli autoritratti degli artisti,un tempo collocata nel Corridoio vasariano,viene ospitata all’interno del percorso di visita del Museo degli Uffizi.Tra le oltre 250 opere esposte ci sono,per ricordarne solo alcune,gli autoritratti del Beato Angelico, Rubens,Rembrandt(si potrebbe dire il re dell'autoritratto,essendosi ritratto quasi 100 volte)Delacroix,Giuseppe Pellizza da Volpedo,fino all'autoritratto su specchio di Michelangelo Pistoletto,la cui opera "Venere degli stracci" proprio in questi giorni é andata distrutta a Napoli per un incendio doloso.
Spesso da un autoritratto é possibile cogliere non solo le fattezze dell'autore ma anche il suo essere persona,il suo carattere,le sue emozioni,la sua visione del mondo,espressa dal suo stile,a volte preciso e misurato,altre impulsivo ed estroso.E' stato detto che nell'immagine dell'autoritratto si rinnova l'antico mito di Narciso.
Ecco,l'immagine.Un tema che da sempre impegna gli artisti e,in questi "tempi moderni",anche molti di noi.Oggi,infatti,si passa gran parte del tempo con uno strumento che
era stato inventato per connetterci sì agli altri,ma solo con qualche parte del nostro corpo e cioé bocca e orecchi,mentre adesso quello che ci importa é quello di relazionarci,mostrando l'immagine intera del corpo.Così ci preoccupiamo di quanto
sia alta la qualità delle foto che
ci permette di fare di noi stessi,i famigerati selfie,l’autoscatto,una fiction autocelebrativa.
Accusato di essere la massima espressione del narcisismo isolazionista del nostro
tempo,il selfie è forse anche un voler mostrare il proprio sé all'interno di una comunità.Una comunità divisa e chiusa al tempo della pandemia e che adesso vorremmo recuperare con l'esposizione del nostro sè e del vissuto quotidiano:ci scattiamo foto che indirizziamo ad hashtag precisi(#famiglia,#relax,#tramonto)per partecipare al diario collettivo
dei social network,per segnarli con il nostro passaggio,per
dire che siamo stati anche noi
dove sono stati gli altri,quasi come un'incisione su un muro o un tronco di albero.Così ci ritraiamo con uno smartphone
per entrare in relazione con
l’altro,offrendo una parte di noi per essere accolti in quella comunità.
In realtà affidiamo al selfie una funzione terapeutica:lo facciamo per
sedare l’angoscia dell’anonimato,per segnalare che(anche)noi ci siamo.L’identità è ormai affidata a follower e like:più nei hai,più pensi di esserci e di essere.
Ed invece il selfie non é nemmeno una ricerca di relazionamento all'altro.Per cercare l’altro bisogna andare nel pubblico,incontrare le
persone in carne e ossa.Col selfie,invece,si resta tragicamente soli.I ragazzi che si fotografano
in bagno da soli,condividendo poi quella foto sui social,pensano di aver interagito con centinaia di persone.Senza capire che rimangono in una drammatica solitudine.Per scoprire la dimensione autentica dell’altro,lo devi incontrare.Non c’è niente di autentico in qualcuno che ti appare su uno schermo.
L'autoritratto é invece altro.Esso ha a che fare con la consapevolezza del Sè.Un modo di vedersi,specchiarsi,comprendersi.Un mezzo attraverso il quale si dà un volto alla propria identità.A volte esso é anche introspezione e autoanalisi con le angosce,le paure contenute nell'immagine di Sè.L'autoritrarsi,diventa così per molti un qualcosa di profondo e drammatico.Un documento psicologico che può rispecchiare incertezze,lacerazioni e angosce esistenziali dell’uomo contemporaneo.Questa tendenza si accentuò ai primi del '900 quando la nascita della psicoanalisi influenzò anche le correnti letterarie ed artistiche.Gli artisti vivono male con se stessi e con il loro tempo.L'autoritrarsi,diventa così per molti un qualcosa di profondo e drammatico.Un documento psicologico che può rispecchiare incertezze,lacerazioni e angosce esistenziali dell’uomo contemporaneo.Basti pensare agli autoritratti espressionisti di Edvard Munch,Vincent Van Gogh o Egon Schiele.
Autoritratto come ricerca di identità,dunque.L’identità te la dà il riconoscimento da parte della società.Noi usiamo la parola
persona che viene dal latino,che viene dal latino "personare",cioè "per"(attraverso)e "sonare"(risuonare) che si riferiva agli attori che parlavano attraverso la maschera lignea che indossavano,sulla quale i tratti del viso erano esagerati,affinché il personaggio fosse meglio rilevato dal pubblico.
Persona,quindi,esprime la "singolarità" di ogni individuo,all'interno della società.
Oggi la crisi dei valori sociali e umani e un forte senso di smarrimento e solitudine esistenziale ripropongono questa necessità di visibilità presso gli altri e di una riaffermazione della propria individualità e utilità per l'esistenza.Forse é questo il senso del selfie.
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