3 anni e sembra ieri,da quel febbraio 2020 con quel carico di memoria che ci lascia così tanto smarriti e angosciati,comunque diversi:lutti,immagini impresse per sempre negli occhi,come quella lunga fila di camion militari con le bare a bordo;e poi tutti i comportamenti collettivi e individuali adottati,convinzioni e consuetudini messe a dura prova dallo spirito dei tempi,ci hanno segnato profondamente.E a stento riusciamo a fare un sorriso amaro su quell'ottimismo diffuso di allora,le note rassicuranti della canzone "Azzurro" di Celentano e gli striscioni con le scritte "andrà tutto bene" e "saremo tutti migliori".Ma si sa come poi é andata a finire.
No.Non sarà possibile cancellare il vissuto di questi anni,rimuovere dalle nostre vite una prova così coinvolgente e sconvolgente,che ci ha segnato nel profondo del corpo e dell'anima.
Dopo 3 anni la domanda.Cosa rimane di quel tempo di scelte individuali e personali e di pubbliche imposizioni,più o meno necessarie,più o meno condivise ? Dei tempi del lockdown e del green pass ?Quale era lo spazio davvero necessario per intervenire con restrizioni e limitazioni di diritti e libertà e sulla sussistenza di uno "stato di eccezione" di cui parlava Carl Schmitt ?
Adesso,in base all'esperienza fatta,si possono fare analisi più attente,che richiamano questioni essenziali:il rapporto tra politica e scienza,i confini delle libertà individuali e la possibilità della loro compressione,il peso delle capacità di organizzazione e reazione del sistema pubblico sanitario.Sotto questo aspetto,il virus ha evidenziato la necessità di una sanità pubblica di prossimità con un rapporto diretto medico-paziente.
Abbiamo sentito il peso di un incubo e di nuove paure esistenziali.Eppure proprio in quelle paure di allora si sono affacciate nuove possibilità ed opportunità:rivedere l’organizzazione delle nostre giornate,la mobilità,l’ambiente,persino i rapporti interpersonali ed all’interno delle mura di casa.Così all’improvviso è esploso il tempo,o forse il tempo é stato ritrovato,a dirla con Proust,quel tempo che prima sembrava mancare.Sarebbe perciò un errore cancellare tutto,perché in quell'esperienza pur tanto drammatica abbiamo inaspettatamente recuperato altre cose e riscoperto altri valori.
La straordinarietà e l'eccezionalità di quei giorni ha cambiato il nostro modo di vedere le cose ma proprio in questa straordinarietà abbiamo capito la necessità ed il valore di cose,come ad esempio il tempo da dare agli altri e il modo di essere con gli altri.
Certo,é del tutto legittimo pensare quel che si vuole dell’Unione europea;è legittimo parlare di Italexit,ma é indubbio che il Next Generation Eu è stato uno dei piani più ambiziosi dal Dopoguerra a oggi,con l'Europa che concretamente ha dimostrato di essere vicina all'Italia,con la volontà di non lasciare indietro nessuno.
Eppure,se alla fine di tutto si vuol trarre un bilancio,esso non può che essere in perdita.Il sovranismo populista europeo sta uccidendo quel "cigno nero" europeo,come é stato chiamato,cioè la possibilità di trasformare,ribaltandola,una situazione drammatica in evento positivo.
Stiamo gettando via le risorse economiche assegnateci,ma soprattutto stiamo bruciando energie e intelligenze,non facendo(non volendo fare)per le solite beghe politiche quelle riforme strutturali capaci di ammodernare finalmente questo Paese.Questi anni avrebbero dovuto insegnarci tanto,ma sembra essere ancora a Codogno.
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