24 maggio 2023

L'INIZIO DELLA FINE







Il 24 maggio del 1915 anche per l'Italia cominciava l'immane tragedia della I Guerra Mondiale.

"Il Piave mormorava/ calmo e placido al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio /l’esercito marciava per raggiunger la frontiera/ per far contro il nemico una barriera». Così inizia “La canzone del Piave” destinata a diventare il canto italiano della Grande Guerra (per un breve periodo, dopo la Liberazione del 1945, fu usata anche come inno nazionale, prima che venisse adottato l’inno di Mameli).L’autore era un noto canzonettista napoletano, Giovanni Ermete Gaeta(in arte E.A. Mario).

Tutto era cominciato il 28 giugno 1914,con l'assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria,erede al trono austro-ungarico durante una visita di Stato a Sarajevo,a opera di un giovane studente nazionalista serbo-bosniaco,Gavrilo Princip. L’Austria colse l’occasione per realizzare i suoi piani aggressivi contro la Serbia (protetta dalla Russia), a cui dichiarò guerra un mese dopo.In realtà l'assassinio di Sarajevo fu solo la causa scatenante di una situazione divenuta sempre più tesa tra le varie potenze europee e non a caso l'esplosione del conflitto avvenne in una regione,come i Balcani,divenuti ad inizio del '900 la vera polveriera d'Europa.Mosaico di popolazioni diverse per nazionalità,religione ed etnia,i Balcani in quel momento erano l’area più turbolenta del continente poiché su questi territori si scontravano le ambizioni espansionistiche dell’Austria,della Russia:a questo si aggiungevano il crescente revanscismo francese nei confronti della Germania,l’accesa rivalità tra Austria-Ungheria e Russia nei Balcani e le  nuove tensioni tra Inghilterra e Germania.



Subito scattò in quel 1914 il sistema delle alleanze:la Germania dichiarò guerra alla Russia e poi alla Francia;quindi fu la volta della Gran Bretagna a dichiarare guerra alla Germania.Infine il Giappone si schierò a fianco della Gran Bretagna.Fino al 24 maggio dell'anno successivo,quando l'Italia entrò in guerra.

Il vecchio mondo andava così allo sbaraglio e verso la sua fine.La Belle Époque finiva, senza neppure rendersene conto, in un bagno di sangue che avrebbe aperto il vaso di Pandora dei nazionalismi, degli sciovinismi che travolsero gli ordinamenti liberali e aprirono la strada a regimi totalitari guerrafondai.Forse la più bella ed incisiva descrizione del tramonto di questo mondo la dà lo scrittore austriaco Stefan Zweig,nel suo libro:"Il mondo di ieri",del quale ho già scritto in un precedente post.



Lo scoppio della guerra vide un'Italia inizialmente propensa al neutralismo,a partire dai liberali di Giolitti,ex Presidente del Consiglio,insieme ai socialisti riformisti di Ivanoe Bonomi e Leonida Bissolati,oltre al Direttore dell'Avanti di allora,Benito Mussolini,nonché buona parte del mondo cattolico.Tra gli interventisti ci fu invece il variegato mondo di artisti ed intellettuali,come Gabriele D'Annunzio e i Futuristi di Tommaso Marinetti(questi ultimi invocarono la guerra come "igiene del mondo")Giovanni Pascoli,o Giuseppe Ungaretti che vedeva nella guerra lo strumento per ottenere uno stato di uguaglianza e libertà e Carlo Emilio Gadda,che partì per la guerra con un entusiasmo straordinario,spinto da uno spirito ardimentoso,educato com'era ai valori della patria,sentendo che la guerra era il "luogo" dove raggiungere i suo ideali di eroismo.Sia Ungaretti che Gadda,però,difronte agli orrori della guerra,rimasero raccappriciati:Gadda(che fu anche fatto prigioniero)capì subito che una disfatta era prossima ed inevitabile,perché non vedeva ordine,serietà,preparazione soprattutto negli alti comandi,ritenendo che se pure una vittoria fosse venuta,"non sarebbe mai e poi mai eroica".


Ungaretti,dopo aver assistito a drammatiche scene cruente,alla morte di molti commilitoni e alla distruzione di interi paesi,si convinse che la guerra era soltanto un'assurdità,scrivendo le poesie Martino del Carso oppure la famosa:"Soldati":"Si sta come/d'autunno/sugli alberi/le foglie".



Al momento della sua entrata in guerra l’esercito italiano dei 5,7 milioni di richiamati 2,6 milioni erano contadini analfabeti.E forse quel fondersi di dialetti e provenienze sociali e territoriali di regioni diverse rappresentò il primo vero sentimento unitario nazionale.Ma in quella guerra vennero fuori in maniera eclatante l'incapacità e la mancanza di professionalità degli alti comandi militari.Non c’era negli stati maggiori una visione della guerra moderna.Gli eserciti si stabilirono per anni sulle linee dei fronti raggiunti nelle prime offensive e restarono a macerarsi per anni nelle trincee,operando assalti alle linee nemiche che consentivano al massimo(con una ecatombe di morti e feriti)la conquista di qualche centinaio di metri,che sarebbero stati perduti pochi giorni dopo a seguito del contrattacco nemico. Furono usati micidiali gas asfissianti che coglievano all’improvviso le trincee nemiche seminando distruzione e morte. La disciplina di generali e comandanti ottusi e impreparati era semplicemente assurda:venivano imposte operazioni militari irragionevoli dove era evidente che i soldati andavano a morire inutilmente.C'era poi un'assoluta crudeltà e disprezzo per la vita umana e questo costituiva la regola dei comandi e alla minima protesta(e di motivi ce ne erano tanti e giustificati,dal cibo scarso all'abbigliamento insufficiente per il freddo)si andava davanti a un plotone d’esecuzione.

Inevitabile,perciò,arrivò la rotta di Caporetto del 24 ottobre 1917,che non fu prodotta solo dai rinforzi che gli austriaci ricevettero dal fronte russo,ma anche dal malcontento che circolava tra le truppe per una conduzione idiota delle ostilità, che faceva dei soldati carne da cannone.La rotta di Caporetto é splendidamente raccontata dallo scrittore americano Ernest Hemingway nello splendido romanzo:"Addio alle armi":



Riguardo alla Grande Guerra é da ricordare un altro capolavoro della letteratura europea divenuto il manifesto delle atrocità della guerra,e cioè "Niente di nuovo sul fronte Occidentale" dello scrittore tedesco E.M. Remarque che racconta storie di ragazzi privati non solo della loro gioventù,ma di ogni radice,di ogni speranza,mandati al massacro per l'insensatezza della guerra.



La sconfittà di Caporetto determinò la rimozione del Comandante in capo Gen. Cadorna che fu sostituito con Armando Diaz,che inaugurò una linea meno disumana.Fu la resistenza eroica sul fiume Piave a risollevare le sorti del conflitto.La guerra finì il 4 novembre 1918(notissimo é il bollettino della vittoria firmato da Diaz)con il tragico conteggio di 650mila morti militari(tra i milioni caduti sugli altri fronti)oltre i civili.
L’eredità della Grande Guerra si fece sentire negli anni immediatamente successivi, ma per alcuni aspetti arriva fino a noi.La guerra ebbe importanti conseguenze politiche e sociali che avrebbero successivamente influenzato il corso dello sviluppo italiano e di molti paesi europei.Del resto,non ci si poteva di certo aspettare che dopo una guerra di tali dimensioni la vita politica e sociale rimanesse immutata.Il necessario afflusso delle donne ai lavori industriali,il rafforzamento del sindacalismo e della partecipazione degli operai nell’industria resero evidenti le disuguaglianze e le ingiustizie sociali presenti nella società.
Questi malesseri sociali e agitazioni sindacali spinsero le classi dirigenti dominanti e la grande industria a una richiesta forte di "ordine" rivolta ai politici e alla Monarchia e fu così che il Paese venne consegnato alla catastrofica dittatura fascista come risposta al c.d. "Biennio Rosso"(1919-1920),cioè quel periodo di lotte operaie e contadine e di occupazioni delle fabbriche.
Sul piano culturale furono alcuni intellettuali ad interpretare con le loro opere il disagio sociale ed esistenziale che percorreva la società del primo dopoguerra,segnata dall'inizio di una nuova situazione caratterizzata dalla caduta delle certezze tradizionali e dall'emergere di una coscienza della precarietà della condizione umana,sullo sfondo di una generale crisi di disorientamento etico e politico.Uno dei massimi interpreti letterari di questo clima culturale fu il poeta Eugenio Montale con la sua raccolta "Ossi di seppia",scritta all'indomani della conclusione della Grande guerra.Montale,nelle sue liriche,ci trasmette la visione di un mondo inaridito e corroso attraverso due simboli fondamentali, quello della pietraia,che ne esprime la desolazione e la sterilità,e quello del meriggio,del sole a picco,simbolo del suo disfacimento.Desolazione e disfacimento di un mondo che la guerra aveva distrutto e spazzato via.

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