22 maggio 2023

LE PAROLE DI "DON LISANDER"

 




Il 22 maggio di 150 anni fa moriva Alessandro Manzoni,nipote di un altro grande italiano,quel Cesare Beccaria la cui opera "Dei delitti e delle pene" é ancora oggi il fondamento della civiltà giuridica e dello Stato di diritto.A 150 dalla morte,le opere di Alessandro Manzoni se lette davvero,si "sentono" ben presenti nella vita di ogni giorno."I promessi sposi",anzitutto e ovviamente,la sua opera principale,uno dei capolavori della letteratura mondiale di tutti i tempi.

Paradossalmente l’obbligo di leggere e studiare il romanzo manzoniano sui banchi di scuola ha contribuito a non farlo amare,a renderlo impopolare,in certo qual modo.

In verità sul Manzoni i giudizi non sono mai stati semplici e concordi.Francesco De Sanctis,idealista e risorgimentale,lo capì e lo amò assai più che non la rivista dei Gesuiti,“Civiltà cattolica”.Lo stesso Benedetto Croce  considerò inizialmente il romanzo come "opera oratoria",salvo poi farne ammenda,riconoscendo l'alta concezione morale di Manzoni per la vita.In tempi più recenti le incomprensioni e i fraintendimenti si sono ripetuti.Per cui se da una parte il semiologo Umberto Eco affermava che I promessi sposi "oltre che un romanzo è una chiave per capire l’ideologia italiana",da parte cattolica c'era il tentativo di ridimensionamento di uno scrittore come "don Lisander"(così i milanesi chiamavano Manzoni).

E invece a 150 anni dalla sua morte il Manzoni é più che attuale nella narrazione dell'Italia di questi tempi nostri.Perché leggere un libro vuol dire "sentire" ciò che da un testo arriva e ti coinvolge.Leggere è un atto di conoscenza,un cercare se stessi,un riconoscersi nel racconto che ci sta davanti.E la lettura di Manzoni diventa il racconto dei giorni che stiamo vivendo.

Così,ad esempio,oggi che stiamo uscendo,dopo 3 anni,dalla tragedia sanitaria,umana ed economica della pandemia,se rileggiamo le pagine di don Ferrante,troviamo in questo personaggio  il prototipo di quelli che oggi chiamiamo “negazionisti”:coloro che,anche di fronte all’evidenza delle migliaia di morti,continuano a sostenere che è tutta una montatura.Don Ferrante anche difronte al diffondersi della peste e alle migliaia di morti,elabora improbabili teorie convincendosi che se dimostrerà che il contagio non è né sostanza né accidente avrà provato "che non esiste,che è una chimera".Salvo poi morire proprio a causa della peste.

Ma é ogni episodio del romanzo a rappresentare una visione etico-politica universale,che ci aiuta a giudicare il mondo di oggi:la giustizia,ad esempio.Nella "Storia della colonna infame"(appendice dei Promessi Sposi)proprio il Manzoni,il nipote di Beccaria,ne indaga  gli errori,i terribili abusi,i soprusi che schiacciano i diritti dei singoli e dei più deboli.E mette in luce le collusioni tra magistratura e politica(Azzecca-garbugli caccia via il povero Renzo appena sente il nome di don Rodrigo),i processi truccati e una giustizia senza giustizia.Racconta la catena mafiosa tra il potere economico-politica che si avvale della violenza della criminalità(il Griso che si impegnava ad ogni delitto gli venisse comandato,assicurandosi così l'impunità dei delitti precedenti).E dalla "Storia della Colonna infame"  un'altra lezione ne viene alla politica e alla magistratura,quando,per rincorrere i sondaggi(da parte di certi politici)o per manie di protagonismo(da parte di certi magistrati)sono così pronte a soddisfare gli impulsi giustizialisti e forcaroli della massa.Perché é estremamente pericoloso e rovinoso per la democrazia assecondare e compiacere gli umori delle folle anonime e i suoi pregiudizi.e ancor più pericoloso quando la politica e la magistratura si affannano a soddisfare gli istinti bestiali di rivolta,come,ad esempio,la vicenda "Mani Pulite" ha insegnato.

Nei "Promessi Sposi" si sviluppano e si alternano scene e atmosfere diverse e opposte:il comico,lo storico,il solenne,l’ironico, l’affettuoso,il drammatico,il religioso,il morale.Basti pensare solo alla famosa scena della "notte degli imbrogli" (il tentativo di matrimonio a sorpresa nella canonica di don Abbondio e tentativo di rapire Lucia nella casetta ai margini del paese),notte piena di coincidenze,di equivoci comico-drammatici.

Manzoni ci racconta poi la viltà del servilismo(Azzecca-garbugli)e del qualunquismo(don Abbondio)contrapposta all'altezza morale della grandiosa figura del Cardinal Borromeo;oppure l’arroganza del potere(don Rodrigo e la sua tracotanza nel voler dimostrare di poter  impunemente violare la legge)contrapposta al ravvedimento accorato di chi pure aveva usata la violenza  e violato la legge,come nella figura dell'Innominato.

Ciò che è più stupefacente è poi la percezione di come il Manzoni avesse già chiara la logica dei sistemi totalitari,insita nella mentalità dei potentati arroganti o in certi atteggiamenti dell’animo umano,come dice Padre Cristoforo a Renzo,quando gli riferisce dell’esito del colloquio con don Rodrigo:"L'iniquo(.....)può insultare e chiamarsi offeso,schernire e chieder ragione".

Di certo,però,le parole più significative su Manzoni e su "I Promessi Sposi" le ha dette e lo scrittore Ennio Flaiano:

"Ma ci rendiamo conto che “I promessi sposi” sono la storia italiana fissata per sempre,la sua tipologia eterna,una specie di calendario perpetuo(....) ? Ci saranno sempre da noi due che non possono sposarsi o restare amici perché ci si mette di mezzo l’apparato pubblico italiano con i suoi burocrati,le sue squadracce,la miseria,la peste,la guerra,l’ipocrisia,la paura,il disordine.Manzoni ci abbraccia tutti,i suoi detrattori compresi,e ci spiega a noi stessi".

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