31 maggio 2023

E' LA DEMOCRAZIA BELLEZZA



E adesso tocca alla Corte dei Conti.Dopo le altre autorità di controllo e garanzia sono stati i giudici contabili a finire sott'attacco del governo,perché si sono "permessi" di -aver rilevato ritardi,incongruenze e criticità nell'uso dei fondi del PNRR da parte del governo Meloni.La Premier sembra vivere come "persecuzioni" i già molteplici pareri sfavorevoli all'azione del proprio esecutivo espressi dalla Corte,ed é perciò che sta pensando di emanare una norma volta all'eliminazione del controllo della magistratura contabile.

In realtà questa vicenda è soltanto l’ennesimo segnale della insofferenza di questo governo nei confronti di ogni autorità terza,di ogni funzione di controllo e potere indipendente.Una tendenza tanto più inquietante perché manifestata proprio da chi vorrebbe al tempo stesso ridisegnare la Costituzione mediante l'attribuzione(tramite presidenzialismo o "similia")di pieni poteri all'esecutivo.Ma più in generale questo é  anche un classico di tutti i governi populisti del mondo,a cominciare dall'Ungheria di Orban fino gli Stati Uniti di Trump.

Tempi duri dunque per le democrazie pluraliste.La rozzezza culturale ed istituzionale di questo governo che pensa di poter far tutto perché "abbiamo vinto le elezioni",rende difficile l'accettazione di una normale dialettica sulle fondamenta e sugli ordinamenti che i Padri Costituenti posero quali limiti al potere dell'esecutivo e che costituiscono l’essenza di ogni democrazia.Limiti che servono ad evitare gli abusi dei governanti e le derive autoritarie per tutelare i diritti di tutti,inclusi quelli di chi "ha perso le elezioni"(per usare il lessico di questo governo)e delle minoranze,e lo stesso carattere pluralista dell’ordinamento.Basti pensare alle decine di dichiarazioni di rappresentanti della maggioranza volte a criticare gli interventi delle istituzioni di garanzia.L'attacco alla Corte dei Conti é appunto solo l'ultimo esempio di questo "fastidio" del governo verso l'attività di autorità terze ed indipendenti:prima c'erano già state le reazioni ai rilievi dell’Ufficio parlamentare di Bilancio sulla riforma tributaria,i nervosismi scomposti sui pareri del presidente ANAC(Autorità Anticorruzione)sul codice degli appalti,le polemiche contro il rapporto del Servizio Bilancio del Senato sulle conseguenze negative dell’autonomia differenziata.Tutte reazioni che fanno seguito ad altri precedenti attacchi contro la Corte costituzionale,la  Banca d’Italia e l'Istat.

Tutto rientra,come detto,in quella distorta logica secondo la quale chi vince le elezioni si sente legittimato a cambiare come gli pare le regole del gioco.Una logica che porta a cercare di svincolarsi dai limiti giuridici,istituzionali e costituzionali spesso vissuti come inutili lacci e lacciuoli.Ma non è così,e anzi fu proprio per questo che fu elaborato il sistema del "checks and balances",cioé quei meccanismi politico-istituzionali finalizzati a mantenere l'equilibrio tra i poteri dello Stato,teorizzato da Montesquieu nello "Spirito delle leggi",e in forme relativamente diverse da John Locke,considerato il padre del liberalismo nelle sue grande opera:"Due Trattati sul governo".

Diceva infatti Montesquieu:chiunque abbia potere è portato ad abusarne; (…)e arriva sin dove non trova limiti.(...).Perché non si possa abusare del potere occorre che nella disposizione delle cose il potere arresti il potere

La Storia pur dovrebbe insegnare qualcosa.Basti pensare,ad esempio,alle drammatiche conseguenze dell'esercizio di un potere illimitato,anch'esso autogiustificato dalla investitura popolare,come é avvenuto con i totalitarismi del XX secolo,causa di immani tragedie e di violazioni inusitate della dignità umana.E' per questo che il principio della separazione dei poteri,elemento cardine dello Stato di diritto,ha assunto nel secondo dopoguerra nuovi modelli e forme:agli organi della decisione politica,che traggono legittimazione dalle elezioni,si affiancano e si contrappongono altre istituzioni,sottratte al controllo delle maggioranze politiche,composte da esperti e chiamate ad adottare pareri e decisioni sull'azione dell'esecutivo.Col tempo,oltre Corte dei Conti e Costituzionale, sono state istituite altre Autorità,nazionali e sovranazionali,ma comunque  indipendenti,operanti in molteplici campi:Banche Centrali,l'istituto di derivazione britannica dell'Ombudsman,varie Agenzie e Autorità di garanzia(sulla concorrenza,le comunicazioni,la Privacy,le Carceri,etc.).

La scelta di delegare taluni poteri a istituzioni indipendenti di questo tipo risponde proprio al bisogno di garantire trasparenza all’operato dei poteri dello Stato.E non è un caso che,laddove le conquiste democratiche e i sistemi parlamentari sono sotto attacco(com'é appunto il caso dell’Ungheria di Orban)anche le istituzioni autonome dal potere politico sono sotto attacco,e in primo luogo il potere giudiziario.

Il grado e la forma di una democrazia si misura anche da questo,e cioé dal rispetto,da parte dell'esecutivo,dei pareri e delle decisioni di altri organi dello Stato,perché non basta "vincere le elezioni" per sentirsi legittimati a fare quello che si vuole.Perchè é questa la democrazia,bellezza.

28 maggio 2023

MEGLIO SVEGLIARSI





Le immagini dell'alluvione in Emilia Romagna,se viste dall'alto con le riprese dei droni o a bordo di elicotteri,sembrano moltiplicare il loro impatto emozionale e ti rendi ancor più conto che immane catastrofe ha causato la pioggia caduta per giorni.Proprio quella pioggia da tanto tempo attesa a causa della siccità.Già,la pioggia.E ti vengono a mente i versi che sulla pioggia hanno scritto tanti poeti:Leopardi,ad esempio("La quiete dopo la tempesta")o D'Annunzio("La pioggia nel pineto")o Pirandello("Pioggia d'aprile")o Quasimodo("Già la pioggia é con noi").E ti ricordi anche certi proverbi antichi:"Acqua che scorre non porta veleno".Oppure:"Aprile piovoso fa il maggio grazioso"."Quattro aprilante,giorni quaranta".E invece altro che maggio grazioso,altro che acque che non portano veleno.Le acque che hanno sommerso l'Emilia adesso velenose lo sono davvero,tanto che la gente é costretta a lasciare le proprie case.

Già,i proverbi antichi.Quelli dei nostri nonni.Ma ai tempi dei nostri nonni i fossi,i letti dei fiumi,delle rive,dei torrenti erano sempre tenuti puliti.Oggi,invece,ogni cura é assente tra mille rimpalli di responsabilità di comuni,stato e regioni.Eppure se vogliamo "comprendere" davvero la tragedia emiliana,che poi é solo l'ultima e più eclatante delle tante tragedie geomorfologiche italiane,dobbiamo dire anche altro e di più.Non solo la(mancata)pulizia degli alvei.Dobbiamo dire,ad esempio,dei boschi bruciati dolosamente per favorire speculazioni edilizie o parlare delle costruzioni sui bordi o addirittura sopra i letti dei torrenti.Se pensiamo a questo,forse la comprendiamo davvero la tragedia romagnola.Anche se poi tante,troppe volte,tra alluvioni e terremoti,abbiamo detto che sì,questa volta l'avevamo capita la lezione che la Natura ci dava,salvo poi scordarla il giorno dopo.

C'era però chi già 50 anni fa tutto questo l'aveva già compreso e lo aveva detto:era un certo Pier Paolo Pasolini,che nelle sue "Lettere luterane",metteva in mora la classe dirigente italiana imputandole:

"distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia,responsabilità della degradazione antropologica degli italiani(....)responsabilità della condizione paurosa delle scuole, degli ospedali e di ogni opera pubblica primaria,responsabilità dell’abbandono “selvaggio” delle campagne,responsabilità “selvaggia” della cultura di massa e dei mass media, responsabilità della stupidità delittuosa della televisione

Sì,anche la TV.E anzi,rispetto ai tempi di Pasolini,la televisione di oggi é ancora più stupida,delittuosa e cattiva.Lo é stata nei giorni della pandemia,quando dava voce a sguaiati negazionisti no vax e no green pass.E lo é anche oggi,con imbecilli negazionismi ambientalisti di certuni giornalisti,come quello di tal Mario Giordano,che in una trasmissione su Rete4,schernendo una giovane attivista dell'associazione ambientalista Ultima generazione,sosteneva tesi negazioniste sul cambiamento climatico.Ma insinuare anche solo un’ipotesi negazionista dei cambiamenti climatici significa non aver compreso nulla.Ecco,appunto,anche qui é questione di "comprensione".Perché forse la comprensione di quanto sta accadendo in Italia é anche un fatto generazionale,avvertito più dai ragazzi di "Fridays for future" o da quelli di "Ultima Generazione"(molto evocativo il nome che si son dati),che da negazionisti tipo Giordano o da quella politica culturalmente rozza e insensibile alle problematiche ambientaliste;quella politica per la quale il dramma dell'Emilia é dovuto "solo" ad un'alluvione e non ai cambiamenti climatici.
Pasolini profetizzava questo nostro tragico presente da Roma,dalla grande città che allora viveva la società dei consumi.Ma in fondo la società dei consumi é ancora la stessa di oggi.Di questa società dei consumi le generazioni,almeno quelle fino agli anni '80,in fondo ne hanno goduto senza pensare alle generazioni future.Noi,generazione "Boomers",siamo delle generazioni nate e cresciute nel “paese dei balocchi”.Abbiamo goduto dei nostri "privilegi" dandoli più o meno per scontati.Abbiamo vissuto dentro gabbie comode e dorate:ed ora é difficile  per noi che dentro queste vite abbiamo vissuto,comprendere quello che questi ragazzi,queste nuove generazioni ci stanno dicendo.Molto più comodo rifugiarsi nella convinzione che tanto passerà e che questi eventi,come quello dell'Emilia Romagna,in fondo sono ancora eccezionali.Ed é per questo forse che quei ragazzi di "Ultima Generazione" ci appaiono fastidiosi,perché ci richiamano alla realtà,ci dicono che l'aria é cambiata.In senso letterale,non figurato.
Noi "Boomers",magari possiamo pensare che sia ancora tutto un sogno e che al risveglio ogni cosa torni com'era "prima",ma non è così.Finchè l'economia delle montagne,delle campagne e dei borghi é stata aiutata e sostenuta,le acque erano governate,il loro eccesso previsto e mitigato.Le montagne e le campagne,ora svuotate e abbandonate di gente,come diceva Pasolini,sono tuttora una ferita aperta per tutto il paese,dalla Liguria,alle Marche,dalla Campania alla Calabria.Perché se 120 anni fa Giustino Fortunato parlava della Calabria come "sfasciume pendulo sul mare",in realtà tale é un pò tutta l'Italia.E allora meglio svegliarsi;perché non servirà a niente girarsi dall’altra parte,perchè non sarà più come "prima".

24 maggio 2023

L'INIZIO DELLA FINE







Il 24 maggio del 1915 anche per l'Italia cominciava l'immane tragedia della I Guerra Mondiale.

"Il Piave mormorava/ calmo e placido al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio /l’esercito marciava per raggiunger la frontiera/ per far contro il nemico una barriera». Così inizia “La canzone del Piave” destinata a diventare il canto italiano della Grande Guerra (per un breve periodo, dopo la Liberazione del 1945, fu usata anche come inno nazionale, prima che venisse adottato l’inno di Mameli).L’autore era un noto canzonettista napoletano, Giovanni Ermete Gaeta(in arte E.A. Mario).

Tutto era cominciato il 28 giugno 1914,con l'assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria,erede al trono austro-ungarico durante una visita di Stato a Sarajevo,a opera di un giovane studente nazionalista serbo-bosniaco,Gavrilo Princip. L’Austria colse l’occasione per realizzare i suoi piani aggressivi contro la Serbia (protetta dalla Russia), a cui dichiarò guerra un mese dopo.In realtà l'assassinio di Sarajevo fu solo la causa scatenante di una situazione divenuta sempre più tesa tra le varie potenze europee e non a caso l'esplosione del conflitto avvenne in una regione,come i Balcani,divenuti ad inizio del '900 la vera polveriera d'Europa.Mosaico di popolazioni diverse per nazionalità,religione ed etnia,i Balcani in quel momento erano l’area più turbolenta del continente poiché su questi territori si scontravano le ambizioni espansionistiche dell’Austria,della Russia:a questo si aggiungevano il crescente revanscismo francese nei confronti della Germania,l’accesa rivalità tra Austria-Ungheria e Russia nei Balcani e le  nuove tensioni tra Inghilterra e Germania.



Subito scattò in quel 1914 il sistema delle alleanze:la Germania dichiarò guerra alla Russia e poi alla Francia;quindi fu la volta della Gran Bretagna a dichiarare guerra alla Germania.Infine il Giappone si schierò a fianco della Gran Bretagna.Fino al 24 maggio dell'anno successivo,quando l'Italia entrò in guerra.

Il vecchio mondo andava così allo sbaraglio e verso la sua fine.La Belle Époque finiva, senza neppure rendersene conto, in un bagno di sangue che avrebbe aperto il vaso di Pandora dei nazionalismi, degli sciovinismi che travolsero gli ordinamenti liberali e aprirono la strada a regimi totalitari guerrafondai.Forse la più bella ed incisiva descrizione del tramonto di questo mondo la dà lo scrittore austriaco Stefan Zweig,nel suo libro:"Il mondo di ieri",del quale ho già scritto in un precedente post.



Lo scoppio della guerra vide un'Italia inizialmente propensa al neutralismo,a partire dai liberali di Giolitti,ex Presidente del Consiglio,insieme ai socialisti riformisti di Ivanoe Bonomi e Leonida Bissolati,oltre al Direttore dell'Avanti di allora,Benito Mussolini,nonché buona parte del mondo cattolico.Tra gli interventisti ci fu invece il variegato mondo di artisti ed intellettuali,come Gabriele D'Annunzio e i Futuristi di Tommaso Marinetti(questi ultimi invocarono la guerra come "igiene del mondo")Giovanni Pascoli,o Giuseppe Ungaretti che vedeva nella guerra lo strumento per ottenere uno stato di uguaglianza e libertà e Carlo Emilio Gadda,che partì per la guerra con un entusiasmo straordinario,spinto da uno spirito ardimentoso,educato com'era ai valori della patria,sentendo che la guerra era il "luogo" dove raggiungere i suo ideali di eroismo.Sia Ungaretti che Gadda,però,difronte agli orrori della guerra,rimasero raccappriciati:Gadda(che fu anche fatto prigioniero)capì subito che una disfatta era prossima ed inevitabile,perché non vedeva ordine,serietà,preparazione soprattutto negli alti comandi,ritenendo che se pure una vittoria fosse venuta,"non sarebbe mai e poi mai eroica".


Ungaretti,dopo aver assistito a drammatiche scene cruente,alla morte di molti commilitoni e alla distruzione di interi paesi,si convinse che la guerra era soltanto un'assurdità,scrivendo le poesie Martino del Carso oppure la famosa:"Soldati":"Si sta come/d'autunno/sugli alberi/le foglie".



Al momento della sua entrata in guerra l’esercito italiano dei 5,7 milioni di richiamati 2,6 milioni erano contadini analfabeti.E forse quel fondersi di dialetti e provenienze sociali e territoriali di regioni diverse rappresentò il primo vero sentimento unitario nazionale.Ma in quella guerra vennero fuori in maniera eclatante l'incapacità e la mancanza di professionalità degli alti comandi militari.Non c’era negli stati maggiori una visione della guerra moderna.Gli eserciti si stabilirono per anni sulle linee dei fronti raggiunti nelle prime offensive e restarono a macerarsi per anni nelle trincee,operando assalti alle linee nemiche che consentivano al massimo(con una ecatombe di morti e feriti)la conquista di qualche centinaio di metri,che sarebbero stati perduti pochi giorni dopo a seguito del contrattacco nemico. Furono usati micidiali gas asfissianti che coglievano all’improvviso le trincee nemiche seminando distruzione e morte. La disciplina di generali e comandanti ottusi e impreparati era semplicemente assurda:venivano imposte operazioni militari irragionevoli dove era evidente che i soldati andavano a morire inutilmente.C'era poi un'assoluta crudeltà e disprezzo per la vita umana e questo costituiva la regola dei comandi e alla minima protesta(e di motivi ce ne erano tanti e giustificati,dal cibo scarso all'abbigliamento insufficiente per il freddo)si andava davanti a un plotone d’esecuzione.

Inevitabile,perciò,arrivò la rotta di Caporetto del 24 ottobre 1917,che non fu prodotta solo dai rinforzi che gli austriaci ricevettero dal fronte russo,ma anche dal malcontento che circolava tra le truppe per una conduzione idiota delle ostilità, che faceva dei soldati carne da cannone.La rotta di Caporetto é splendidamente raccontata dallo scrittore americano Ernest Hemingway nello splendido romanzo:"Addio alle armi":



Riguardo alla Grande Guerra é da ricordare un altro capolavoro della letteratura europea divenuto il manifesto delle atrocità della guerra,e cioè "Niente di nuovo sul fronte Occidentale" dello scrittore tedesco E.M. Remarque che racconta storie di ragazzi privati non solo della loro gioventù,ma di ogni radice,di ogni speranza,mandati al massacro per l'insensatezza della guerra.



La sconfittà di Caporetto determinò la rimozione del Comandante in capo Gen. Cadorna che fu sostituito con Armando Diaz,che inaugurò una linea meno disumana.Fu la resistenza eroica sul fiume Piave a risollevare le sorti del conflitto.La guerra finì il 4 novembre 1918(notissimo é il bollettino della vittoria firmato da Diaz)con il tragico conteggio di 650mila morti militari(tra i milioni caduti sugli altri fronti)oltre i civili.
L’eredità della Grande Guerra si fece sentire negli anni immediatamente successivi, ma per alcuni aspetti arriva fino a noi.La guerra ebbe importanti conseguenze politiche e sociali che avrebbero successivamente influenzato il corso dello sviluppo italiano e di molti paesi europei.Del resto,non ci si poteva di certo aspettare che dopo una guerra di tali dimensioni la vita politica e sociale rimanesse immutata.Il necessario afflusso delle donne ai lavori industriali,il rafforzamento del sindacalismo e della partecipazione degli operai nell’industria resero evidenti le disuguaglianze e le ingiustizie sociali presenti nella società.
Questi malesseri sociali e agitazioni sindacali spinsero le classi dirigenti dominanti e la grande industria a una richiesta forte di "ordine" rivolta ai politici e alla Monarchia e fu così che il Paese venne consegnato alla catastrofica dittatura fascista come risposta al c.d. "Biennio Rosso"(1919-1920),cioè quel periodo di lotte operaie e contadine e di occupazioni delle fabbriche.
Sul piano culturale furono alcuni intellettuali ad interpretare con le loro opere il disagio sociale ed esistenziale che percorreva la società del primo dopoguerra,segnata dall'inizio di una nuova situazione caratterizzata dalla caduta delle certezze tradizionali e dall'emergere di una coscienza della precarietà della condizione umana,sullo sfondo di una generale crisi di disorientamento etico e politico.Uno dei massimi interpreti letterari di questo clima culturale fu il poeta Eugenio Montale con la sua raccolta "Ossi di seppia",scritta all'indomani della conclusione della Grande guerra.Montale,nelle sue liriche,ci trasmette la visione di un mondo inaridito e corroso attraverso due simboli fondamentali, quello della pietraia,che ne esprime la desolazione e la sterilità,e quello del meriggio,del sole a picco,simbolo del suo disfacimento.Desolazione e disfacimento di un mondo che la guerra aveva distrutto e spazzato via.

23 maggio 2023

LA NOSTRA SOLA CASA







11 anni fa fu il terremoto a sconvolgere quella terra,a squassare muri e palazzi e vite di donne e uomini.Adesso un'immensa,incredibile massa d'acqua ha sommerso e cancellato campagne e città.Un muro d'acqua e fango ha travolto tutto ciò che incontrava,flagellando la bella terra d’Emilia-Romagna.Sembra incredibile ma fino a qualche settimana fa si era angosciati davanti alle secche del Po e degli altri fiumi,per cui la pioggia era attesa come una benedizione per i tanti mesi di siccità(San Francesco d’Assisi la chiamava:"sor'aqua,la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta“).Ed invece proprio quella tanto attesa acqua si è trasformata in poche ore come una maledizione caduta come un diluvio inarrestabile.

Ora siamo scossi difronte alle immagini che ci arrivano da quelle terre,eppure é tutto uno scenario già visto e già vissuto in altre parti d'Italia:tante volte in Liguria,per esempio,o a Benevento,a Sarno o nelle Marche o in Calabria e ad Ischia.E dunque non possiamo ignorare l’amara verità di esser rimasti indifferenti agli ammonimenti dei climatologi in questi anni,perché,come avvertiva la sapienza antica:"l’uomo nella prosperità non comprende".Tutti presi dalla smania del consumo e del benessere non abbiamo capito la vera essenza delle cose,prigionieri della nostra stessa miopia,insensibili al richiamo urgente del nostro ecosistema.Eppure la natura e l'ecosistema non sono luoghi di passaggio delle nostre esistenze ma la stessa nostra CASA.

Sì,adesso restiamo scossi difronte a quelle immagini e siamo sinceramente commossi al dolore della gente emiliano-romagnola.Ma poi?Come tante altre,troppe volte,dimenticheremo il lamento per gli sfollati e il dolore per i dispersi e le terre e le case sommerse.Dimenticheremo e ci ritufferemo nei nostri egoismi e nei nostri squallidi interessi senza pensare a creare una connessione profonda con il nostro ambiente circostante.

Perché è proprio questo che invece dobbiamo fare:edificare senza mettere a rischio fiumi e torrenti,pensare ai nostri paesi e alle nostre città come realtà compatibili con l’ecosistema.Bisogna,cioé,affrontare responsabilmente una crisi climatica così evidente che solamente una politica miope e testarda può ancora ignorarla.Miope perché parlare di ecosistema e ancor più operare per prevenire o quanto meno minimizzare i danni di terremoti,alluvioni e calamità naturali son tutte cose che non portano voti,che non ti fanno salire nei sondaggi.Salvo poi rivivere da un'altra parte la prossima emergenza e compiacerci di avere una Protezione Civile forse la migliore al mondo.Oppure essere ammirati dai tanti giovani e volontari accorsi a spalare il fango e che con la retorica dell’emozione chiamiamo "angeli del fango" ma che poi:"tante grazie,arrivederci,strette di mano,e ci vediamo alla prossima emergenza".La stessa retorica,del resto,usata ai tempi della pandemia quando ci perdevamo in vuoti encomi per dottori e infermieri che intanto ancor oggi continuano a prendere botte nei pronto soccorso.

Nei prossimi giorni,quando le acque melmose si ritireranno,vivremo il secondo tempo di questo eterno film già visto:le case costruite in luoghi impropri,le infrastrutture in rovina,la mancanza di manutenzione dei fiumi passando per ostacoli burocratici,i ricorsi infiniti al TAR e tutti i lacci che hanno intralciato sindaci e amministratori locali e regionali.E i soliti rimpalli di responsabilità.

Sì,é tutto un film già visto altrove,in altre parti d'Italia nel quale gli attori siamo tutti quanti noi.Ed é contro di noi che si alza l’ira globale di una Natura esausta del nostro egoismo,dei nostri interessi e delle nostre speculazioni edilizie.E nella nostra ottusa insensibilità per l'ambiente non ci rendiamo conto che la salvaguardia degli ecosistemi non é un’opzione secondaria,ma un nostro interesse,da trasformare in valore,per il bene della società odierna oltre che delle generazioni future,come del resto previsto dall'art. 9 della Costituzione:"La Repubblica tutela l’ambiente,la biodiversità e gli ecosistemi,anche nell’interesse delle future generazioni".

E' giunto l'ora dunque di porre fine a questo consumo sconsiderato di suolo e risorse idriche,e tutte le forze politiche dovrebbero sentire come proprio dovere la tutela dell'ecosistema,invece di fare discussioni insensate su rave party o addirittura razzistiche su identità,etnie e suprematismi.Ricordando,oltretutto,che questo pianeta é casa nostra,l’unico pianeta e l'unica casa che abbiamo.

22 maggio 2023

LE PAROLE DI "DON LISANDER"

 




Il 22 maggio di 150 anni fa moriva Alessandro Manzoni,nipote di un altro grande italiano,quel Cesare Beccaria la cui opera "Dei delitti e delle pene" é ancora oggi il fondamento della civiltà giuridica e dello Stato di diritto.A 150 dalla morte,le opere di Alessandro Manzoni se lette davvero,si "sentono" ben presenti nella vita di ogni giorno."I promessi sposi",anzitutto e ovviamente,la sua opera principale,uno dei capolavori della letteratura mondiale di tutti i tempi.

Paradossalmente l’obbligo di leggere e studiare il romanzo manzoniano sui banchi di scuola ha contribuito a non farlo amare,a renderlo impopolare,in certo qual modo.

In verità sul Manzoni i giudizi non sono mai stati semplici e concordi.Francesco De Sanctis,idealista e risorgimentale,lo capì e lo amò assai più che non la rivista dei Gesuiti,“Civiltà cattolica”.Lo stesso Benedetto Croce  considerò inizialmente il romanzo come "opera oratoria",salvo poi farne ammenda,riconoscendo l'alta concezione morale di Manzoni per la vita.In tempi più recenti le incomprensioni e i fraintendimenti si sono ripetuti.Per cui se da una parte il semiologo Umberto Eco affermava che I promessi sposi "oltre che un romanzo è una chiave per capire l’ideologia italiana",da parte cattolica c'era il tentativo di ridimensionamento di uno scrittore come "don Lisander"(così i milanesi chiamavano Manzoni).

E invece a 150 anni dalla sua morte il Manzoni é più che attuale nella narrazione dell'Italia di questi tempi nostri.Perché leggere un libro vuol dire "sentire" ciò che da un testo arriva e ti coinvolge.Leggere è un atto di conoscenza,un cercare se stessi,un riconoscersi nel racconto che ci sta davanti.E la lettura di Manzoni diventa il racconto dei giorni che stiamo vivendo.

Così,ad esempio,oggi che stiamo uscendo,dopo 3 anni,dalla tragedia sanitaria,umana ed economica della pandemia,se rileggiamo le pagine di don Ferrante,troviamo in questo personaggio  il prototipo di quelli che oggi chiamiamo “negazionisti”:coloro che,anche di fronte all’evidenza delle migliaia di morti,continuano a sostenere che è tutta una montatura.Don Ferrante anche difronte al diffondersi della peste e alle migliaia di morti,elabora improbabili teorie convincendosi che se dimostrerà che il contagio non è né sostanza né accidente avrà provato "che non esiste,che è una chimera".Salvo poi morire proprio a causa della peste.

Ma é ogni episodio del romanzo a rappresentare una visione etico-politica universale,che ci aiuta a giudicare il mondo di oggi:la giustizia,ad esempio.Nella "Storia della colonna infame"(appendice dei Promessi Sposi)proprio il Manzoni,il nipote di Beccaria,ne indaga  gli errori,i terribili abusi,i soprusi che schiacciano i diritti dei singoli e dei più deboli.E mette in luce le collusioni tra magistratura e politica(Azzecca-garbugli caccia via il povero Renzo appena sente il nome di don Rodrigo),i processi truccati e una giustizia senza giustizia.Racconta la catena mafiosa tra il potere economico-politica che si avvale della violenza della criminalità(il Griso che si impegnava ad ogni delitto gli venisse comandato,assicurandosi così l'impunità dei delitti precedenti).E dalla "Storia della Colonna infame"  un'altra lezione ne viene alla politica e alla magistratura,quando,per rincorrere i sondaggi(da parte di certi politici)o per manie di protagonismo(da parte di certi magistrati)sono così pronte a soddisfare gli impulsi giustizialisti e forcaroli della massa.Perché é estremamente pericoloso e rovinoso per la democrazia assecondare e compiacere gli umori delle folle anonime e i suoi pregiudizi.e ancor più pericoloso quando la politica e la magistratura si affannano a soddisfare gli istinti bestiali di rivolta,come,ad esempio,la vicenda "Mani Pulite" ha insegnato.

Nei "Promessi Sposi" si sviluppano e si alternano scene e atmosfere diverse e opposte:il comico,lo storico,il solenne,l’ironico, l’affettuoso,il drammatico,il religioso,il morale.Basti pensare solo alla famosa scena della "notte degli imbrogli" (il tentativo di matrimonio a sorpresa nella canonica di don Abbondio e tentativo di rapire Lucia nella casetta ai margini del paese),notte piena di coincidenze,di equivoci comico-drammatici.

Manzoni ci racconta poi la viltà del servilismo(Azzecca-garbugli)e del qualunquismo(don Abbondio)contrapposta all'altezza morale della grandiosa figura del Cardinal Borromeo;oppure l’arroganza del potere(don Rodrigo e la sua tracotanza nel voler dimostrare di poter  impunemente violare la legge)contrapposta al ravvedimento accorato di chi pure aveva usata la violenza  e violato la legge,come nella figura dell'Innominato.

Ciò che è più stupefacente è poi la percezione di come il Manzoni avesse già chiara la logica dei sistemi totalitari,insita nella mentalità dei potentati arroganti o in certi atteggiamenti dell’animo umano,come dice Padre Cristoforo a Renzo,quando gli riferisce dell’esito del colloquio con don Rodrigo:"L'iniquo(.....)può insultare e chiamarsi offeso,schernire e chieder ragione".

Di certo,però,le parole più significative su Manzoni e su "I Promessi Sposi" le ha dette e lo scrittore Ennio Flaiano:

"Ma ci rendiamo conto che “I promessi sposi” sono la storia italiana fissata per sempre,la sua tipologia eterna,una specie di calendario perpetuo(....) ? Ci saranno sempre da noi due che non possono sposarsi o restare amici perché ci si mette di mezzo l’apparato pubblico italiano con i suoi burocrati,le sue squadracce,la miseria,la peste,la guerra,l’ipocrisia,la paura,il disordine.Manzoni ci abbraccia tutti,i suoi detrattori compresi,e ci spiega a noi stessi".

06 maggio 2023

DELITTI DI STATO








Il tema delle carceri non ha mai scosso veramente la sensibilità civile e culturale della nostra società.Figuriamoci la politica,poi.Un tema divenuto drammatico se solo si pensa a tutto quell'universo umano che in esso é costretto a vivere.Sovraffollamento di strutture vecchie e fatiscenti,carenze igienico-sanitarie e nessun rispetto della dignità della persona.Poi,ogni tanto,se ne parla così,distrattamente e con un certo fastidio quando accade "qualcosa".Quando,ad esempio,apprendiamo dai media che in Italia c'é stato un altro suicidio in carcere(il 2022 é stato l'anno con il più alto numero di sempre di suicidi in carcere).O quando l'Italia riceve dal Tribunale Europeo dei Diritti Umani l'ennesima condanna per sovraffollamento delle carceri e violenze sui detenuti.Oppure quando si parla del caso Cospito e delle mostruosità dell'art. 41 bis.



ll problema,però,é anche culturale e si tratterebbe allora di riflettere sul senso del reato e del sequestro di vite,degli obblighi degli individui,della punizione e dello stato di diritto.E si tratterebbe di rileggere i testi di Beccaria("Dei delitti e delle pene"),Dostoevskij("Delitto e castigo"),Manzoni("La colonna infame"),Sciascia("A porte aperte"),Foucault("Sorvegliare e punire.Nascita della prigione").E proprio da un passaggio del libro del Manzoni si dovrebbe partire per richiamare alle proprie responsabilità soprattutto chi infligge la pena,cioé i magistrati.Scrive Manzoni:"Giacché è men male l'agitarsi nel dubbio,che il riposar nell’errore".Meglio un colpevole in libertà che un innocente in carcere.In una situazione di incertezza il propendere verso l’innocenza del condannato rappresenta un’attitudine mentale che dovrebbero avere tutti i giudici,perché,ricordando Montesquieu,essi hanno un potere “terribile”,quello di disporre della libertà dell'individuo.

operatori della giustizia penale c’è la liberta individuale

L'articolo 27 della nostra Costituzione dispone che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.Ma nelle nostre carceri la rieducazione è un’affermazione vuota.Gli educatori sono pochi,gli strumenti riabilitativi scarsi,le possibilità di trovare lavoro dopo la galera quasi nulle.E intanto in carcere un detenuto vive una vita vuota di vita,in un mondo di noia e violenza,di piattume e nevrosi,in una condizione in cui la possibilità di trasformazione verso la restituzione in una società dei liberi,è pari a zero.Qui ritorna la lezione di Beccaria.Egli sosteneva che c'é un rapporto tra la qualità della vita,la giustizia sociale e i delitti.Per punire qualcuno bisogna prima porlo nella condizione di non potere sbagliare.Uno Stato ha o meno la legittimazione per punire una persona che vive in un quartiere dormitorio,che abbandona il ciclo scolastico perché nessuno vicino a lui crede nella centralità allo studio?E se non lo fa non é forse anche questo un delitto,questa volta dello Stato ? 

Anche nella lotta alla mafia non é certo l'articolo 41 bis che può aiutare.E qui la lezione ci viene da Leonardo Sciascia.Il costante e ricorrente pensiero dello scrittore siciliano é che la mafia si combatte con il lavoro,con i libri,con la cultura,contrastando la dispersione scolastica.Cosa ha fatto lo Stato per andare in questa direzione? Non creare condizioni e attività per drenare l’acqua che alimenta la pianta mafiosa e puntare tutto sul 41bis vuol dire non saper guardare alla realtà,perché se tale strumento(previsto oltretutto in via temporanea ma poi continuamente prorogato)fosse stato efficace,dopo 30 anni di attuazione avrebbe combattuto e forse sradicato l’attività mafiosa.Il 41bis,in realtà,è solo una barbarie che ha come unico effetto quella di togliere vita(altro che articolo 27)a chi ne è sottoposto”. Certo, non esistono più le torture dei tempi di Torquemada,ma non è tortura essere obbligati a vivere per anni in una stanza di due metri per due,senza potere leggere né scrivere,senza potere abbracciare i propri figli?Non é forse anche questo un delitto,questa volta commesso dallo Stato?

Una società più equa e rispettosa dei diritti individuali é allora solo quella vitalizzata da una collettività che studia,che approfondisce,che partecipa fuori e dentro le istituzioni.Una società,cioé,che legge Beccaria,Foucault,Dostoevskij,Manzoni,con la consapevolezza che il problema delle carceri riguarda tutti.Perché,come diceva Voltaire:"Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri,poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione.