13 aprile 2023

RITORNO ALLA REALTA'





L'idea di nazione,intesa come tendenza politico-culturale ad affermare il prestigio e la superiorità  della propria nazione rispetto ad altri organismi sovranazionali,sembra oggi tornata centrale nella politica italiana grazie alla narrazione che ne hanno fatto i partiti d’ispirazione populista e sovranista.E questa destra oggi al potere in Italia sembra volerlo ribadire ad ogni piè sospinto,anche nell'uso della terminologia posta a base delle proprie scelte politico-culturali:così avviene,ad esempio,con i terminì:"Patria e patrioti","interesse nazionale","appartenenza", "comunità nazionale".Ma anche in queste orgogliose rivendicazioni culturali non mancano contraddizioni e ambiguità che la destra politico-culturale italiana ha spesso manifestato nel corso della sua storia.Anzi,si ha l'impressione che la destra italiana soffra una sorta di frustrazione e un complesso di inferiorità culturale  difronte all'apparato culturale di sinistra,come ha dimostrato quella macchiettistica messa in scena degli "Stati Generali della Cultura di destra" svoltasi di recente a Roma.

La cosa che anzitutto colpisce nel sovranismo populista,è il suo carattere meramente "difensivo".Rispetto al nazionalismo storico sviluppatosi tra l'Ottocento e il Novecento,e al quale viene spesso erroneamente accostato,e che era culturalmente propositivo e dinamico e che politicamente puntava a proiettare fuori dai propri confini storici la potenza economico-politica delle rispettive Nazioni,il sovranismo nostrano è invece fortemente,per così dire,"conservativo" e "retrogrado".Dietro le sue critiche al rigorismo finanziario europeo o alle politiche di libero commercio mondiale,imprescindibili in un'economia globalizzata come quella dei tempi nostri,il nazional-sovranismo italiano sembra tradurre soprattutto le paure inconsce e i risentimenti che attraversano ormai da anni la società italiana.Il sovranismo,cioé,interpreta un umore collettivo,un sentimento di massa pieno di una sensazione di decadenza,debolezza e incertezza:la traduzione,sul piano elettorale e della comunicazione politica,dell’angoscia e dello smarrimento provocati dal mondo globalizzato soprattutto negli ultimi anni,segnati da eventi epocali,come le immigrazioni,la pandemia e la guerra.E' facile capire che questa é una retorica puramente difensiva,raccontata contro qualunque pericolo proveniente dall’esterno,che è stata applicata dai nazional-populisti,in una logica neo-autarchica,financo alla cucina e ai consumi alimentari,all’energia e al commercio:da qui l'emanazione di leggi per la consumazione solo di cibi e prodotti agricoli italiani e la preferenza sempre e comunque il made in Italy in ogni tipo di produzione,un atteggiamento funzionale all'altra proposta di legge con la quale si vuole addirittura vietare l'uso delle lingue straniere.

Questo tipo di approccio politico e culturale non ha ovviamente alcun senso pratico in un mondo segnato irreversibilmente dalla libera circolazione delle merci e da catene di produzione industriale altamente integrate su base globale.Essa può solo aumentare la sensazione di accerchiamento e l’allarmismo delle fasce sociali più disagiate.Il sovranismo,dunque,non spinge il proprio paese alla competizione,e di conseguenza alla crescita o all’innovazione.E' piuttosto un ripiegamento a difesa di ciò che si ha e di ciò che si presume di essere ma soprattutto di ciò che si teme di perdere.Il sovranismo é dunque una dottrina della decadenza e della debolezza di popoli stanchi culturalmente.

Il nazionalsovranismo nostrano mostra poi tutta la sua pochezza e mancanza di vedute anche nel campo della politica estera,della collocazione internazionale del paese per la difesa degli interessi vitali della nazione,che pure dovrebbe rappresentare,per il sovranismo,un aspetto fondamentale nell'autodefinizione della propria caratterizzazione culturale.E ciò sempre nel quadro dei vincoli di alleanza che la legano,a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale,all’Europa,agli Stati Uniti e al blocco occidentale.Ed invece,nel caso del sovranpopulismo italiano(soprattutto quello espresso dal governo tra Lega e M5S)ad una propaganda anti-europeista molto accesa si è sommata a un’ambigua vicinanza ideologica a Stati e potenze come il nazionalismo neo-imperiale di Putin,l’espansionismo commerciale cinese di Xi Jinping,che invece non sono mai stati alleati storici dell’Italia.

In realtà,con quel percorso politico-economico con la Cina(la cosiddetta "Via della Seta")si voleva contrastare il disegno unificatore europeo,considerato lesivo degli interessi italiani e frutto di un "disegno" globalista finalizzato ad annichilire i particolarismi nazionali attraverso le maglie della moneta unica e di una legislazione comunitaria centralizzata.Questo miope e ottuso atteggiamento politico ha comportato non solo un allentamento dei vincoli tra l’Italia e i suoi storici alleati europei, ma anche l'insorgere di sospetti rispetto alla sua tradizionale collocazione all’interno del sistema politico-militare euro-atlantico.Così in questi anni ne sono derivate incomprensioni diplomatiche con gli Stati Uniti e un crescente attrito con Bruxelles,che hanno finito per inficiare la credibilità e la lealtà del fronte populista italiano sulla sua reale volontà di difendere gli interessi strategici dell’Italia.Con il paradosso che la c.d. "amicizia" di Salvini e Meloni con gli altri sovranismi europei non si è mai tradotta in una forma di solidarietà o di collaborazione politica con l'Italia:sulla questione dell’immigrazione,ad esempio, l’Italia non ha mai trovato il sostegno degli altri paesi sovranisti europei(Austria, Polonia, Ungheria).

Alla fine il sovranismo si è rivelato un danno per l’Italia dal punto di vista politico e dell’immagine.Salvini e Meloni hanno solo declamato vuote e demagogiche formule verbali di sovranità e autonomia d’azione politica,del tipo:"la pacchia é finita",ma  come tale incapace di salvaguardare concretamente il tanto sbandierato,nei comizi e nei discorsi,"interesse nazionale".Come scriveva il grande scrittore tedesco Herman Hesse:"Col passare degli anni mi sono sentito ineluttabilmente spinto ad apprezzare maggiormente ciò che unisce uomini e nazioni piuttosto che ciò che li divide".

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