18 febbraio 2023

LA CONDIVISIONE DELLA SOFFERENZA




"Apocalisse" e "catastrofe" sono stati i termini più usati da tv e giornali per definire la tragedia del devastante terremoto in Siria e Turchia.La gravità e l'entità inimmaginabile del sisma hanno fatto dire a molti esperti che questo terremoto ricorda quello di Lisbona del 1° novembre 1755.Il terremoto di Lisbona,infatti,fu il più tragico e traumatico di tutta la storia europea:durante la festa di Ognissanti di quell'anno una scossa di quasi sei minuti causò la morte di decine di migliaia di persone e la distruzione di gran parte della città.I sobbalzi della terra provocarono anche un violento maremoto:un’onda di 15 metri si abbattè sulla città,sommergendone le macerie e portando via molti dei superstiti.La terra tremò in maniera terrificante,crollarono case e palazzi,la forza del mare sfracellò le navi e inghiottì le strade,divamparono incendi e roghi:60.000 persone morirono in pochi minuti.Il terremoto di Lisbona,oltre che per l’entità dei danni e delle perdite di vite umane,ebbe subito un'eco mondiale,perché all'epoca Lisbona aveva un'importanza rilevante,quarta città continentale per numero di abitanti dopo Londra,Parigi e Napoli,uno dei più importanti imperi coloniali,sede di un importante porto commerciale,avamposto dei traffici verso il nuovo mondo.

Fu per questo che la notizia del terremoto di Lisbona si diffuse rapidamente in tutta Europa.La stampa dell’epoca ne descrisse dettagliatamente i fatti,riportando il racconto dei testimoni oculari,ricostruendo con accuratezza le tragiche vicende e l’entità delle perdite.Si può dire che la tragedia di Lisbona fu la prima vera catastrofe narrata "mediaticamente",attraverso i giornali dell'epoca,che ne diffusero un vero e proprio contagio emotivo,una cassa di risonanza della paura e dell’angoscia.

Gli eventi di Lisbona ebbero anche la capacità di scuotere un’intera generazione e far discutere per decenni tecnici,filosofi, politici e religiosi.In particolare fu il dibattito filosofico sulla catastrofe di Lisbona a coinvolgere i più grandi intelletti del pensiero umano:da Voltaire a Jean-Jacques Rousseau,da Immanuel Kant a Johann Wolfgang Goethe,ognuno dei quali cercò di rispondere alle domande aperte dal sisma.

Così la catastrofe di Lisbona colpì l'immaginario di Voltaire,che pure era personaggio mondano,disincantato,a volte cinico.


A pochi mesi dalla catastrofe egli scrisse di getto il "Poema sul disastro di Lisbona",evidenziando che niente più di un terremoto mette in crisi la nostra convinzione in un provvidenziale "ordine buono" che governa l’andamento degli eventi;niente più di una catastrofe come questa demolisce la fede nell’ottimismo.Le parole di Voltaire erano in realtà una violenta critica contro la concezione del filosofo Leibniz,il quale affermava che "l’uomo vive nel migliore dei mondi possibili".Il poema volterriano,al contrario,è una ribellione contro chi non prova niente difronte alla sofferenza degli innocenti,contro chi rimane indifferente di fronte al dolore di chi non ha colpa.Memorabili le sue parole:

Filosofi che osate gridare tutto è bene,
venite a contemplar queste rovine orrende:
muri a pezzi, carni a brandelli e ceneri.
Donne e infanti ammucchiati uno sull’ altro
sotto pezzi di pietre, membra sparse;
centomila feriti che la terra divora,
straziati e insanguinati ma ancor palpitanti,
sepolti dai lor tetti, perdono senza soccorsi,
tra atroci tormenti, le lor misere vite

E allora,dice Voltaire,nel "Candido":"Se questo è il migliore dei mondi possibili,che saranno dunque gli altri?".Con ciò egli non contesta soltanto l’ottimismo di Leibniz.Egli mette in discussione il senso stesso della filosofia.Il filosofo e più in generale la figura dell'intellettuale,non può e non deve guardare le catastrofi e le sofferenze umane come se fossero cose che non lo riguardano.Il filosofo,al contrario,deve sentirsi coinvolto,commosso,indignato in prima persona.

Anche Jean-Jacques Rousseau fu colpito dalla tragedia di Lisbona.


Ma forse la sua analisi é più profonda rispetto a Voltaire,in quanto il filosofo svizzero mise in evidenza l’impatto dell’intervento dell’uomo sul contesto ambientale.Egli,infatti,così scriveva:"La natura non aveva affatto riunito in quel luogo ventimila case di sei o sette piani e se gli abitanti di quella grande città fossero stati distribuiti più equamente sul territorio e alloggiati in edifici di minor imponenza,il disastro sarebbe stato meno violento o,forse,non ci sarebbe stato affatto".Leggendo queste parole,anche alla luce del drammatico sisma turco-siriano,si può capire quanto il pensiero di Rousseau fosse moderno e profetico,ponendosi quasi come un monito alle generazioni successive.

Più tardi fu l'Illuminismo,usando gli elementi suoi propri della Ragione,della Scienza e della Conoscenza,ad occuparsi della tragedia di Lisbona.Lo fece,in particolare,con una delle più grandi menti di tutti i tempi,quella di Immanuel Kant.
 

Anche lui scrive a pochi mesi di distanza dalla scossa di Lisbona.Lo spirito illuminista del filosofo tedesco reagisce cercando di razionalizzare l’evento:alla spiegazione superstiziosa contrappone la spiegazione scientifica che inaugura l’odierna sismologia.Il testo che scrive é quindi pieno di dati e teorie,di osservazioni empiriche e misurazioni.Ma Kant aggiungeva poi altre riflessioni di carattere morale ed esistenziale.Le catastrofi ci richiamano alla radice ultima della nostra condizione: 

Ecco che assumono un senso tutte quelle devastazioni che lasciano intravedere l’inconsistenza del mondo persino in quelle cose che ci appaiono come le più grandiose e le più importanti:esse ci rammentano che i beni di questa terra non potranno in alcun modo soddisfare la nostra brama di felicità”.

Ed é questa riflessione di Kant che si dovrebbe sempre tener a mente.Desideriamo che il mondo sia totalmente conoscibile e controllabile in ogni suo aspetto,ma di fronte alla catastrofe siamo passivi e impotenti spettatori.Ed é nella impossibilità ed incapacità di affrontare da soli le catastrofi che ognuno di noi cerca l'altrui comprensione e solidarietà.
Eppure ancora oggi,dopo una devastante pandemia e difronte a alla sconvolgente guerra in Ucraina,c'é ancora qualcuno che,sia nella sfera del pubblico e della politica,sia nell'ambito dei nostri privati,ottusi egoismi,vorrebbe rimanere ancora cieco di fronte a queste evidenze,magari alzando muri fisici e mentali,contro l'altro e il diverso Essere Umano,facendo finta di non accorgersi dei luoghi della distruzione e della sofferenza.Luoghi che sono quelli dei terremotati,ma anche quelli dei migranti o della terra d'Ucraina.Ed invece,il terremoto proprio su questo ammonisce:esso sgonfia tutti i desideri di predominio e di conquista,azzera tutte le divisioni e le differenze;ci consegna alla nostra costitutiva limitatezza e fragilità di esseri umani,alla totale vulnerabilità che dovrebbe insegnarci a condividere il dolore e la sofferenza con il genere umano.

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