05 febbraio 2023

IL DIRITTO DI AVERE DIRITTI






E' veramente avvilente il livello del dibattito politico che in questi giorni si é sviluppato sul caso Cospito e sull'art. 41 bis.Un dibattito così indegno che alla fine ha cancellato ogni possibilità di parlare dell'autentica questione sulla quale si dovrebbe discutere e cioè lo stato della giustizia e del diritto oggi in Italia.

Alla base del surreale dibattito in corso c'é il caso di Alfredo Cospito,l'anarchico condannato per il gravissimo reato di gambizzazione di un dirigente dell'Ansaldo e per un tentato reato di strage ad una scuola allievi carabinieri.Cospito é in sciopero della fame da più di 100 giorni perché contesta il regime del c.d. "carcere duro" istituito dall'art. 41 bis dell'O.P.(Ordinamento Penitenziario).E proprio di questo si dovrebbe parlare in un Paese civile si dovrebbe parlare,di una norma barbara in palese contrasto con la Costituzione.

La confusione politica e mediatica di questi giorni distoglie l'attenzione dal vero problema:la condizione delle carceri italiane,dove è altissimo il numero di suicidi e il tasso di sovraffollamento raggiunge anche il 200 per cento.Una condizione vergognosa per uno stato democratico e di diritto.Si dovrebbe invece sempre ricordare che le carceri sono un indicatore dello stato di salute di una democrazia.E si dovrebbe sempre ricordare la frase di Dostoevskij:"Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni".

Parlare di carceri significa quindi parlare di giustizia,di diritto e di diritti.Ma che si intende per giustizia,e quali sono i diritti che vogliamo tutelare? Da quando si è insediato,il nuovo governo sa parlare esclusivamente un linguaggio punitivo e repressivo:lo si é visto con i "rave party" prima,con i migranti poi e adesso con il rivendicato orgoglio di non modificare il c.d. ergastolo ostativo.Eppure sulla idoneità e corretta applicazione di questo istituto vi sono state pronunce da parte della CEDU(Corte Europea dei Diritti Umani)e della di Corte Costituzionale.Ma la logica repressiva e punitiva della destra di governo esclude che il detenuto sia visto non solo e non tanto come reo,ma soprattutto come Uomo,capace perciò di ripensarsi,riabilitarsi e costruirsi un nuovo ruolo nella società.Ma evidentemente nella narrazione di questo governo alla fine prevale sempre l'ispettore Javert,senza possibilità di riabilitazione per un Jean Valjean.

Con l’arresto del boss Messina Denaro,poi,é scomparsa ogni contrapposizione tra coloro che si dicono garantisti ma che poi sono subito pronti a "buttare la chiave",e i giustizialisti,sempre pronti a issare forche in ogni angolo del Paese.Adesso sono tutti insieme adesso nella veste di novelle "tricoteuses",nel lanciare l'"allarme democratico" contro chi si azzardi di abolire il 41 bis.

Eppure secondo la Costituzione le sanzioni comminate devono ispirarsi al concetto di rieducare l’autore del reato.Ma quando i reati sono molto gravi i giudici e la pubblica opinione cancellano tutto il disposto costituzionale.Così quando si tratta di mafia o di camorra i diritti del detenuto scompaiono e si crede di risolvere tutto con la ferocia di istituti come ergastolo ostativo o 41 bis.

Si parla di carcere duro ed ergastolo ostativo,tacendo il fatto che in tal modo si distrugge ogni possibile legame futuro con il reo.Lo Stato,attraverso il carcere,si "appropria" della vita del detenuto in una sorta di vendetta.L’ergastolo ostativo diventa perciò un "fine pena mai" e,anche se lo Stato ha abolito la pena di morte,istituisce con tale istituto una "morte per pena".Alla violenza del reo si sostituisce la violenza dello Stato.

Il caso Cospito dimostra tutta la barbarie di uno Stato che ancora una volta,attraverso le misure repressive,nega ogni diritto all'Uomo e all'individuo,il quale,anche se detenuto,ha sempre il diritto di avere diritti.

E invece con ipocrisia e malafede si mescolano i colpevoli di reati mafiosi con chi,pur autore di reati ovviamente da punire,avanza una protesta politica ed ideologica contro lo Stato per le violazioni che esso stesso fa contro le proprie  leggi,come con i disastri ambientali ed idrogeologici causati da normative complici o le tante,troppe morti sul lavoro causate da assenza di regole,controlli e sanzioni mai applicate.E con la scusa della lotta alla mafia e alle organizzazioni criminali,si distoglie l'attenzione da temi basilari per uno stato liberale come l’inciviltà dell'abuso delle intercettazioni,rifiutando o essendo incapaci di discutere dei problemi scaturenti della complessità della società moderna.

Resta alla fine una forma di diffuso populismo penale e giuridico,e il solito giustizialismo politico-mediatico intensificatosi per il debordante ruolo della magistratura italiana nella vita politica e istituzionale italiana.A farne le spese sono i detenuti,chiamati solo ad espiare,a riconoscere la propria precedente condotta sbagliata senza nessuna speranza per un diverso domani e privati di ogni diritto fondamentale,come quelli alla salute e alla comunicazione,sottoposti a trattamenti che degradano la dignità umana.La funzione della rieducazione sembra solo un trascurabile orpello,che resta importante solo per chi sostiene che gli istituti di detenzione vadano completamente ripensati e che l'unica preoccupazione di uno Stato di diritto debba essere solo l'individuo.E uno di questi,guarda caso,si chiamava Marco Pannella.

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