29 luglio 2016

QUESTI PRIMI 40 ANNI



In un tempo di comunicazioni "on line",di scrittura "on the wall"e di "cinguettii",di cellulari supertecnologici,di SMS,Whatsapps e Skype,il ricordo di "quel" giorno è passato sotto silenzio.Eppure "quel" giorno fu un giorno importante.Il 28 luglio 1976 si son celebrati i 40 anni dell'emittenza delle radio libere italiane.40 anni fa la Corte Costituzionale,con sentenza 202 del 1976,liberalizzava l’etere,mettendo fine al monopolio dell’emittente di Stato.Ma già prima di quella data,le radio libere(che operavano "clandestinamente")erano divenute il megafono della protesta(come Radio Alice a Bologna) o dell’impegno contro la mafia(come Radio Aut di Peppino Impastato in Sicilia).Ma più in generale,cosa hanno significato le Radio Libere per l’Italia?Tra le tante rivoluzioni avvenute a cavallo degli anni settanta e ottanta(ad esempio i referendum su divorzio e aborto),quella innescata dalla sentenza 202 della Corte Costituzionale ci ha permesso di essere più liberi e informati.Ha consentito che le porte del pluralismo si aprissero.È stato un momento di rottura,considerato il contesto storico in cui sono nate.Hanno posto fine al monopolio della RAI,sia dal punto di vista tecnologico che dell'informazione.Fino a quel momento nessuno poteva installare trasmettitori,né diffondere un segnale radio.Movimenti e partiti politici,gruppi di giovani che non si sentivano rappresentati dalla programmazione antiquata della RAI e che volevano dire qualcosa di più,scelsero la radio come mezzo di comunicazione per la sua immediatezza,per la sua diffusione e la possibilità di coinvolgere il pubblico su vari temi.Insieme al microfono e al giradischi,infatti, ogni emittente era dotata di telefono,strumento indispensabile per interagire,per creare dibattito, per essere più vicini alle persone.L’informazione locale era al centro delle trasmissioni e finalmente qualcuno si rivolgeva al territorio,si avvicinava ai veri problemi della gente.Anche la cultura musicale in Italia ha subìto una grande evoluzione grazie alle radio libere.Grazie alle radio libere certi generi musicali,come il rock,il beat o il punk,che non trovavano spazio nell'antiquata programmazione RAI,potettero raggiungere un pubblico ampio.All'epoca gli studi venivano allestiti in soffitte,in cantine;il banco della messa in onda era composto da registratori e giradischi,portati da casa da chi trasmetteva.Presto  emerse un aspetto importante:chi pagava le bollette,l’affitto di uno spazio,i dischi,le attrezzature che nel tempo venivano aggiornate?Si rese così necessaria la raccolta pubblicitaria,che in un primo momento fu la sponsorizzazione dei singoli programmi in diretta.
Dopo 40 anni si può dire che solo le radio private che non fanno parte(con tutte le difficoltà che la cosa implica)di circuiti o di grandi network sono le vere eredi delle radio libere:non hanno colore politico,legami con le case discografiche,limiti sui contenuti da trasmettere.Rappresentano il territorio e gli danno voce.Questo è il passato,ma in fondo,anche la prospettiva futura per le radio private.Nonostante tutte le nuove tecnologie,nonostante ogni tipo di "connettività",di "messaggisitica" in rete o con cellulari di ultima generazione,la radio avrà futuro se mantiene quella sua peculiare "specificità":la vicinanza al territorio,la comunicazione di prossimità.Avrà futuro se darà voce diretta alla gente comune,al cittadino e alle sue necessità,se ascolterà le collettività locali. "Basterà" che mantenga una voce libera,una libertà di idee,non omologata a niente e nessuno.Basterà "soltanto" che sia una radio libera,ma libera veramente,come cantava Eugenio Finardi,proprio 40 anni fa.





24 luglio 2016

UNA STORIA BELLA





Bale,Ronaldo,Sanchez,Neymar,Higuain,Pogba,Cavani,Ibrahimovic.Per l'acquisto di ognuno di loro,le squadre di calcio italiane ed europee hanno pagato e pagano fior di quattrini:80,90,100,120,milioni di euro.Di soldi ne sono stati spesi davvero tanti negli anni scorsi e in questi anni e in questi giorni nel calciomercato pallonaro d'Italia e d'Europa.Il tutto "Per assicurarsi le prestazioni del calciatore...."(così recitano in genere i comunicati ufficiali delle Società di calcio al momento dell'acquisto del tale o tal'altro giocatore).Può non piacere,ma oggi funziona così.Tra sponsor,diritti televisivi,diritti d'immagini e tanta altra roba,è perfino difficile calcolare l'ammontare preciso del vertiginoso giro d'affari che ruota intorno al mondo del pallone.Forse sarò un po' all'antica,forse sono un po' fuori dal tempo,ma sono ancora dentro a quel tempo in cui il calcio era fatto ancora di simboli.Simboli erano quei calciatori che venivano identificati talmente tanto con la maglia che indossavano da diventarne appunto simboli quanto lo stemma,i colori e la bandiera.Questo erano per le squadre in cui militavano i giocatori che un tempo venivano chiamate bandiere.Boniperti nella Juventus,per esempio;o Rivera nel Milan o Mazzola nell'Inter.O come Gigi Riva da Leggiuno(Varese),la cui storia calcistica si fonde con la storia di tutta un'altra gente e di tutta un'altra Terra,la terra e la gente di Sardegna.Pur essendo nato altrove,Gigi Riva divenne il simbolo,anzi l'orgoglio di tutta la Sardegna.Fu una totale simbiosi quella che si creò tra la Sardegna intera e Gigi Riva.O meglio:Giggiriva per tutti.Tutto attaccato.Come in uno hashtag.Era un ragazzo schivo e taciturno il Gigi Riva di allora.Ma ai sardi quel suo essere silenzioso ma tenace e forte piacque,lo considerarono subito uno di "loro",e lui cominciò a conoscere quella terra meravigliosa e quel popolo rispettoso e generoso.Riva si rivelò presto un attaccante fortissimo,potente,veloce.E il grande giornalista Gianni Brera lo soprannominò “Rombo di tuono”, perché quando tirava in porta con forza e potenza sembrava quasi che stesse per scatenarsi un temporale.Per gli avversari,naturalmente.E Riva segnò tantissimo e coi suoi goal il Cagliari viene promosso in Serie A.Poi accade l’impensabile:dopo un secondo posto,il Cagliari vince addirittura lo scudetto.E non è solo lo scudetto del Cagliari,è di tutta la Sardegna.E di questa gente,della loro vita ancora sofferta e misera si innamorò Giggiriva.Le grandi squadre del nord non poterono non notarlo e lo corteggiarono con fior di offerte economiche ed in ispecie la Juventus.Inter,Milan,Juventus erano pronte a ricoprirlo di soldi che dal Cagliari mai avrebbe potuto avere.Ma Riva rifiuta tutte le offerte: Juventus, Inter, Milan non valgono per Rombo di tuono l’amore di quella terra,di quella gente.Così si espresse "Rombo di Tuono" nei confronti della gente sarda:“Quando vedevo la gente che partiva alla 8 da Sassari e alle 11 lo stadio era già pieno,capivo che per i sardi il calcio era tutto.Ci chiamavano pecorai e banditi in tutta Italia e io mi arrabbiavo.I banditi facevano i banditi per fame,perché allora c’era tanta fame,come oggi purtroppo.Il Cagliari era tutto per tutti e io capii che non potevo togliere le uniche gioie ai pastori.Sarebbe stata una vigliaccata andare via,malgrado tutti i soldi della Juve.Io non ho mai avuto il minimo dubbio e non mi sono mai pentito”.Non potevo togliere le uniche gioie ai pastori.Sì, certo, dissi no ad Agnelli.Cos'altro avrei potuto fare?La Sardegna mi diede una casa,un affetto immenso,una famiglia.I soldi,anche quelli.Ma l'umanità della gente, l'amore, non avevano prezzo".Una storia bella quella di Giggiriva.Altro che sponsor e diritti tv e diritti d'immagine.Ve li immaginate Neymar e Balotelli e Bale e Higuain e Pogba,Cavani,Ibrahimovic dire una cosa del genere?

17 luglio 2016

PIANTO D'UN CRISTIANO




Del disastro ferroviario in Puglia mi rimarranno negli occhi gli uliveti fitti di quella terra,il sole accecante di una  calda giornata di luglio,l'immagine delle carrozze di due treni locali,uno dentro l'altro adesso congiunti,entrambi distrutti,sventrati,squarciati.E mi rimarrà nella testa un ininterrotto gracchio di cicale.E mi resterà l'immaginazione dei pezzi di vita che in quel momento correvano su quell'unico binario su quei due treni in corsa;l'immaginare la gente che sopra i sedili di quei treni fino a qualche minuto prima parlava,discuteva,rideva,raccontava.E m'immagino i racconti dei ragazzi che tornavano dall'Università,degli esami che avevano fatti e del prof. che era tosto ma bravo e poi delle loro vacanze che stavano per cominciare,e di quei posti dove quest'anno sarebbero andati solo per qualche poco tempo di mare,non come l'altro anno,perchè la crisi c'è e la senti e la vedi,ma insomma qualche giorno di mare pure lo farò.E m'immagino quell'impiegato pendolare che quel treno di pendolari tutti i giorni prendeva;i suoi pensieri per la famiglia e per il figlio che non lavora,ma che sì,insomma,diamine qualche cosa,prima o poi,con l'aiuto di Dio,pure uscirà.E m'immagino quella coppia d'anziani che come tutti gli anni,anche quest'anno dal loro figlio in Puglia tornava.E anzi quest'anno ancora di più per vedere il nipotino che era appena nato.E mi rimarranno negli occhi,gli occhi terrorizzati di quella donna incinta,di quella vita-per fortuna salvatasi- che in sé un'altra vita portava.E mi rimarrà l'immagine del grande cuore italiano;l'immagine della tanta gente che andava verso gli ospedali a donar sangue,perchè così,forse,chissà qualche altra vita ancora si salva.E mi rimarrà l'immagine dei centomila collegamenti delle televisioni e dei telegiornali e dei servizi "in esclusiva" tv.Dei tanti(dei troppi?)inviati più o meno speciali che in mezzo alla campagna una volta di più  raccontano la strage.E mentre gli inviati parlano e intervistano i volontari e i soccorritori e le famiglie,nelle campagne girano le telecamerere e "guardano"i luoghi della strage,e inquadrano quel maledetto binario unico e quella ferraglia indistinta accartocciata e distrutta.E su ogni tv,in qualsiasi tg,sotto la voce del giornalista,mi rimarrà quel gracchio ininterrotto di cicala,che forte,sempre più forte  scende dai rami degli ulivi,quel gracchio che sembra quasi il pianto di un cristiano.

10 luglio 2016

IL LIBRO DELLA STREGA



Si è svolta l'altra sera la cerimonia di premiazione del Premio Strega 2016.Quest'anno il Premio Strega forse il più grande premio letterario italiano,ha compiuto i 70 anni.In noi beneventani e sanniti c'è sempre un pò di orgoglio nel sapere che il Premio è nato grazie anche alla sensibilità culturale di un imprenditore locale,Guido Alberti,titolare della Ditta "Strega",famosa impresa beneventana di liquori e torroni dalla quale il Premio mutua il nome.Perché "Strega"?La Strega è il simbolo di Benevento.La leggenda narra che sotto un albero di noci(il Noce di Benevento),si riunivano streghe di varia provenienza,che organizzavano banchetti,danze,orge con spiriti e demoni,in forma di gatti,o caproni (  http://www.strega.it/pagina.php? codice=85    e  http://www.bethelux.it/janarestreghebenevento.htm  . 


LE ORIGINI DEL PREMIO.
Nel Decameron Boccaccio racconta che a metà del Trecento l’Europa era flagellata dalla peste.Fu allora che dieci giovani fiorentini si rifugiarono in campagna e per distrarsi passarono dieci giorni a raccontarsi storie.Dopo più di sei secoli,dopo la devastante "peste" della Seconda Guerra Mondiale,alla scrittrice Maria Bellonci venne in mente di imitare quei giovani,organizzando un salotto letterario per “far fronte alla disperazione” esistenziale e all'angoscia di vita che la guerra appena finita aveva portato.Così,nel 1944,un gruppo di artisti e intellettuali si riuniscono nella casa romana della scrittrice e del marito.E in quelle riunioni si progettò un Premio letterario.Nel salotto della Bellonci passarono negli anni molti grandi nomi della letteratura italiana:Massimo Bontempelli,Guido Piovene,Carlo Emilio Gadda,Corrado Alvaro,Aldo Palazzeschi,Vasco Pratolini,Ignazio Silone,Alberto Moravia,Elsa Morante,Giorgio Bassani,Giuseppe Ungaretti,Renato Guttuso,Anna Maria Ortese,Vitaliano Brancati, Francesco Flora,Carlo Levi.
Una sera del gennaio 1947, quando ormai il gruppo aveva assunto il nome di "Amici della domenica" durante una cena in trattoria Goffredo Bellonci parla del progetto a Guido Alberti, un giovane imprenditore di Benevento.L’idea piacque tanto a Guido che convinse la sua famiglia,che produceva il famoso Liquore Strega,a contribuire con duecentomila lire,una grossa cifra per l’epoca.E così nacque il premio.Il primo vincitore fu lo scrittore Ennio Flaiano con Tempo di uccidere.negli anni successivi il premio è stato assegnato a molti capolavori della letteratura (qui tutti i vincitori del Premio). Tra essi:Elsa Morante con L’isola di Arturo, Sessanta racconti di Dino Buzzati,Giuseppe Tomasi di Lampedusa con Il Gattopardo,Natalia Ginzburg con Lessico famigliare,Anna Maria Ortese con Poveri e semplici.La chiave a stella di Primo Levi.Senza dire che parteciparono al premio,senza vincerlo,nomi del calibro di Italo Calvino,Leonardo Sciascia,Pier Paolo Pasolini,Carlo Emilio Gadda.

LO STREGA AL CINEMA




Molti romanzi vincitori del Premio hanno ispirato registi e sceneggiatori, diventando film (e qualche volta capolavori).Il primo premiato,Tempo di uccidere,arrivò nelle sale cinematografiche con la regia di Giuliano Montaldo.Cesare Pavese vinse lo Strega nel 1950 con La bella estate e poi Michelangelo Antonioni diresse Le amiche,uno dei racconti che componevano il romanzo.L’isola di Arturo,di Elsa Morante,divenne un film con la regia di Damiano Damiani e sceneggiatura di Cesare Zavattini.L’anno precedente era stato premiato il Gattopardo che divenne film con Luchino Visconti e che fu esso stesso un capolavoro(sopra la famosa scena del ballo nel film "Il Gattopardo" con Burt Lancaster e Claudia Cardinale).E così pure per Il nome della rosa,di Umberto Eco(con Sean Connery nella parte di Guglielmo da Baskerville).

Quest'anno ha vinto il Premio Edoardo Albinati con il suo:"La scuola cattolica".Le 1300 pagine del libro girano intorno alla terribile vicenda del parco del Circeo.Ma il romanzo non racconta (solo) la mattanza del Circeo,compiuta da Angelo Izzo e Andrea Ghira,ma anche i limiti della famiglia borghese italiana,la formazione del maschio,l’educazione cattolica,il sesso,la violenza come risultato delle frustrazioni che creano tutte queste cose insieme.Ma il libro di Albinati suggerisce anche altre riflessioni su altri aspetti.Sulla complessità del rapporto tra Chiesa cattolica e Stato italiano,ad esempio.In uno Stato che è anche sede della Massima Espressione del cattolicesimo universale,con una radicata cultura cattolica con un grande partito cattolico di massa come fu  la DC,quanto la morale cattolica ha influito e influisce sulle vicende della politica,della cultura e della morale laica italiana e anche(perché no?)sui casi più oscuri e misteriosi della storia repubblicana,come quello del rapimento e della uccisione di Aldo Moro?Tanti libri sono stati scritti sulla materia(uno degli ultimi quello di Gustavo Zagrebelsky:"Scambiarsi la veste")ma non c'è(e forse non ci sarà mai)uno definitivo sulla questione.E se pure ci sarà quello vincerà sicuramente un "Premio Strega".

01 luglio 2016

LA VERA FINALE





Tra qualche ora le nazionali di calcio di Italia e Germania si giocheranno la qualificazione al turno successivo degli Europei 2016 che si stanno svolgendo nelle Terre di Francia.Di Italia-Germania ho la memoria di una sera di luglio del 1982,quando in Spagna gli azzurri di Enzo Bearzot conquistarono il titolo di Campioni del Mondo battendo in finale proprio la Germania,sotto gli occhi di un entusiasta Presidente Pertini con la sua immancabile pipa.Eppure quando dici Italia-Germania non tanto di quella  partita dell'82 ne hai il sentimento e l'emozione,quanto piuttosto dell' "altra" Italia Germania quella del 4 a 3 ai Campionati del Mondo in Messico del 1970.Il Messico,"la faccia triste dell'America",come cantava Enzo Jannacci.




Anzi,quella partita e quel risultato li potresti scrivere come in un hashtag #italiagermania4a3 tanto essa è diventata memorabile nella storia del calcio mondiale.Tanto memorabile che poi all'esterno dello stadio "Azteca" di Città del Messico dove Italia e Germania giocarono quella partita,venne apposta una targa con la scritta:"Lo stadio Azteca rende omaggio alle Selezioni di Italia e Germania,protagoniste nel Mondiale del 1970 della Partita del Secolo".
E oggi,quando mancano poche ore ad una nuova "Italia-Germania,non puoi non pensare ancora a quella partita di calcio straordinaria,diventata un pilastro nella storia dello sport,ma anche nella cultura popolare italiana.Anche i più giovani hanno poi saputo che cosa successe a mezzanotte di "quella" notte italiana(a Città del Messico erano le 4 del pomeriggio).Hanno saputo poi di quei 120 minuti di gioco intensissimo,sotto un caldo asfissiante,dello "splendido sinistro" di Boninsegna che fino al 92' ha tenuto in estasi i tifosi italiani, già proiettati verso una finale mondiale da giocarsi contro la Selecao brasilera.Poi il buio improvviso:nel pressing finale con le ultime forze rimaste i "panzer" tedeschi fanno il colpaccio,un cross dalla sinistra che trova Schnellinger l' "italiano" del Milan,libero in area pronto in allungo a infilare un Albertosi super fino a 2 minuti prima.Poteva essere il tracollo azzurro,ed  invece proprio allora cominciò "LA" partita che era destinata a diventare qualcosa di più grande persino di una semifinale mondiale,la partita del secolo,un evento sportivo da incidere prima nei cuori e poi nella storia di ogni appassionato di sport.Ci volevano i supplementari e le energie ridotte al minimo di tutti i giocatori,e il loro sforzo fino all'ultima goccia di sudore per portare a casa il risultato.Ed anche i tedeschi furono epici.Ricordo ancora il grande Franz Beckenbauer,il grande "Kaiser",giocare con una fascia intorno al collo a reggergli il braccio infortunato.E ci fu l'errore della difesa italiana,per dare alla Germania il sorpasso al 4' minuto,e poi il pareggio del roccioso Burgnich(quanti altri gol ha più segnato in carriera la grande "Roccia"?) e poi per il 3-2 di un grandioso Gigi Riva,il "Rombo di Tuono",come lo chiamava Gianni Brera,ancora capace di fintare,dribblare,infilare un diagonale sinistro millimetrico alle spalle del portiere tedesco Maier.E ancora non era finita.Un'altra distrazione difensiva su un calcio d'angolo tedesco,con Rivera mummificato sul primo palo, e Albertosi che gli gridava feroce chissà quali indicibili parole.Ma proprio Rivera,subito dopo la ripresa del gioco,raccolse il passaggio dalla sinistra di Domenighini e con un piatto destro coglie il portiere tedesco controtempo ed è 4-3,e Rivera che si lascia andare tra le braccia di Riva,è il "vinciamo noi, vinciamo noi" il grido che scende dagli spalti,e il "che meravigliosa partita ascoltatori italiani" del telecronista Nado Martellini,dopo 2 ore di un indimenticabile spettacolo.E fa niente se poi l'Italia perse in finale per 4 a 1 contro il Brasile di Pelè.In fondo per noi,e forse non solo per noi italiani,la finale c'era già stata e l'aveva vinta l'Italia per 4 a 3