In un tempo di comunicazioni "on line",di scrittura "on the wall"e di "cinguettii",di cellulari supertecnologici,di SMS,Whatsapps e Skype,il ricordo di "quel" giorno è passato sotto silenzio.Eppure "quel" giorno fu un giorno importante.Il 28 luglio 1976 si son celebrati i 40 anni dell'emittenza delle radio libere italiane.40 anni fa la Corte Costituzionale,con sentenza 202 del 1976,liberalizzava l’etere,mettendo fine al monopolio dell’emittente di Stato.Ma già prima di quella data,le radio libere(che operavano "clandestinamente")erano divenute il megafono della protesta(come Radio Alice a Bologna) o dell’impegno contro la mafia(come Radio Aut di Peppino Impastato in Sicilia).Ma più in generale,cosa hanno significato le Radio Libere per l’Italia?Tra le tante rivoluzioni avvenute a cavallo degli anni settanta e ottanta(ad esempio i referendum su divorzio e aborto),quella innescata dalla sentenza 202 della Corte Costituzionale ci ha permesso di essere più liberi e informati.Ha consentito che le porte del pluralismo si aprissero.È stato un momento di rottura,considerato il contesto storico in cui sono nate.Hanno posto fine al monopolio della RAI,sia dal punto di vista tecnologico che dell'informazione.Fino a quel momento nessuno poteva installare trasmettitori,né diffondere un segnale radio.Movimenti e partiti politici,gruppi di giovani che non si sentivano rappresentati dalla programmazione antiquata della RAI e che volevano dire qualcosa di più,scelsero la radio come mezzo di comunicazione per la sua immediatezza,per la sua diffusione e la possibilità di coinvolgere il pubblico su vari temi.Insieme al microfono e al giradischi,infatti, ogni emittente era dotata di telefono,strumento indispensabile per interagire,per creare dibattito, per essere più vicini alle persone.L’informazione locale era al centro delle trasmissioni e finalmente qualcuno si rivolgeva al territorio,si avvicinava ai veri problemi della gente.Anche la cultura musicale in Italia ha subìto una grande evoluzione grazie alle radio libere.Grazie alle radio libere certi generi musicali,come il rock,il beat o il punk,che non trovavano spazio nell'antiquata programmazione RAI,potettero raggiungere un pubblico ampio.All'epoca gli studi venivano allestiti in soffitte,in cantine;il banco della messa in onda era composto da registratori e giradischi,portati da casa da chi trasmetteva.Presto emerse un aspetto importante:chi pagava le bollette,l’affitto di uno spazio,i dischi,le attrezzature che nel tempo venivano aggiornate?Si rese così necessaria la raccolta pubblicitaria,che in un primo momento fu la sponsorizzazione dei singoli programmi in diretta.
Dopo 40 anni si può dire che solo le radio private che non fanno parte(con tutte le difficoltà che la cosa implica)di circuiti o di grandi network sono le vere eredi delle radio libere:non hanno colore politico,legami con le case discografiche,limiti sui contenuti da trasmettere.Rappresentano il territorio e gli danno voce.Questo è il passato,ma in fondo,anche la prospettiva futura per le radio private.Nonostante tutte le nuove tecnologie,nonostante ogni tipo di "connettività",di "messaggisitica" in rete o con cellulari di ultima generazione,la radio avrà futuro se mantiene quella sua peculiare "specificità":la vicinanza al territorio,la comunicazione di prossimità.Avrà futuro se darà voce diretta alla gente comune,al cittadino e alle sue necessità,se ascolterà le collettività locali. "Basterà" che mantenga una voce libera,una libertà di idee,non omologata a niente e nessuno.Basterà "soltanto" che sia una radio libera,ma libera veramente,come cantava Eugenio Finardi,proprio 40 anni fa.