Era il 6 agosto 1945,giusto 80 anni fa,e accadde in Giappone,un Paese allora in guerra contro gli Stati Uniti.Questi,per finire prima la guerra con l'impero nipponico,ricorsero a quell'arma tremenda.La bomba fu sganciata sulla città di Hiroshima e dopo qualche giorno su Nagasaki.Ma da allora quelle città non sono più solo città.Sono una separazione drammatica della Storia,dell'Umanità,della Scienza;e della Fisica,da sempre definita la "regina delle scienze".Perchè la Fisica è la scienza che esamina leggi e teorie astratte ma che poi studia in concreto la materia,l'energia,lo spazio,il tempo e le loro interazioni.Quella divaricazione della Storia e dell'Umanità tra un "prima" e un "dopo",furono segnati da un "prima" e un "dopo" della Fisica."Prima" la fisica era stupore, bellezza,perchè la fisica è nata per capire come funziona il mondo.Dalla mela di Newton ai quanti di Planck.Una disciplina che svela e spiega l’universo pezzo dopo pezzo.Chi studia fisica lo fa per migliorare la vita delle persone.Ma il dramma è che la fisica ha avuto anche un "dopo":e il momento tra quel prima e dopo avvenne in quella data:il 6 agosto 1945.
"Prima" del 6 agosto 1945 la Fisica era Bellezza,apprendimento,conoscenza del mondo;come tale anch'essa concorreva ad aiutare l'uomo,a "salvare il mondo",secondo la splendida frase di Dostoevskij."Dopo" è stata terrore,senso di colpa,gravame di responsabilità.Nell’universo c'è meraviglia e stupore.Ma nell'universo ci sono anche gli uomini e,peggio ancora,uomini in divisa da generali che del senso tragico della guerra sembrano infischiarsene,come cantava Francesco De Gregori nella sua celebre canzone "Generale".
Tutti quei fisici,abituati a maneggiare simboli e particelle,ebbero come un momento di vertigine quando le loro teorie si fecero fuoco e luce immensa.Ma poi tra quegli stessi scienziati ci fu smarrimento e ci fu chi si pentì e chi provò a fermare tutto e ci fu anche chi firmò una petizione(la petizione Szilárd,dal nome dello scienziato componente il Progetto che la promosse);la petizione rivolta al Presidente Harry S. Truman chiedeva che la bomba fosse sganciata in mare e non sulle città e a solo scopo dimostrativo nei confronti del Giappone.Perchè i fisici capivano quello che poteva succedere,e che poi successe.Ma poi c'erano i politici e i militari,che si impossessarono irresponsabilmente del "Progetto Manhattan" e lo misero tragicamente in atto.E venne l'abisso.
Così il 6 agosto 1945 alle ore 8,15 una città si sveglia.Il cielo è terso.Una giornata limpida. Poi una luce.Ma non era la luce del Sole;era una luce sbagliata,quella malvagia dell’uomo.Era "Little Boy" che cadeva.E non era un bambino.Era un ordigno progettato con l’intelligenza più raffinata del mondo.Duecentomila morti,tra Hiroshima e Nagasaki.Corpi evaporati,ombre impresse sui muri.Per la prima volta l’uomo vide cosa succede quando la teoria incontra l’intenzione bellica. Hiroshima non fu un errore.Fu una scelta. Una dimostrazione pratica che l’Uomo è capace di tutto, anche del proprio annientamento.Il fungo nucleare cambiò il senso stesso della scienza.E dell'Umanità.Da allora ci portiamo dietro la domanda: «Che uso ne faremo?».Una domanda che oggi ci poniamo anche per l’Intelligenza Artificiale. Eppure quella stessa bomba, che ha fatto centinaia di migliaia di vittime, ha finito per salvare milioni di vite durante la Guerra Fredda. Perché da Hiroshima in poi, nessuno ha più osato usarla.L’hanno costruita,mostrata,testata,ma mai più sganciata.Così viviamo da 80 anni in un equilibrio instabile, mantenuto non dal dialogo,ma dal terrore.80 anni dopo Hiroshima, c’è ancora chi parla di “bomba atomica” con ostentazione,come fosse uno svago.Trump l’ha fatto più volte;Putin la minaccia continuamente;Kim Jong-un la porta in giro come un trofeo.Nel frattempo, altri piccoli capi di Stato sognano testate nucleari come qui da noi si sognava la Vespa negli anni '60.Perché si nomina tanto facilmente la bomba? Perché fa paura. E la paura è potere. Usare la bomba come minaccia è un modo per farsi temere.
Nel 1955, due uomini decisero che era il momento di parlare. Non con le armi. Non con i dati ma con la ragione.Quegli uomini erano Bertrand Russell, filosofo e matematico, e Albert Einstein,il più grande scienziato del XX secolo che rivoluzionò la visione di spazio, tempo e gravità
Insieme scrissero un Manifesto.Un appello all’umanità: «Si apre difronte a noi un continuo progresso, in felicità, conoscenza e saggezza.(Ma noi)sceglieremo invece la morte perché non sappiamo mettere fine alle nostre contese. Ci appelliamo come esseri umani ad altri esseri umani, ricordate la vostra umanità, e dimenticate tutto il resto. Se riuscirete a farlo, la via sarà aperta verso un nuovo paradiso; se non ci riuscirete, vi aspetta il rischio della morte universale».
Non si può non sottoscrivere anche oggi un manifesto come questo,facendosi,però una domanda.Cosa abbiamo imparato in questi 80 anni? Che la scienza può salvare o distruggere e che non è il volume delle armi a renderci forti, ma la misura della nostra umanità.E che non tutto ciò che possiamo fare si può fare.
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