50 anni fa arrivava nei cinema italiani Fantozzi, un film che avrebbe poi iniziato un’epopea cinematografica capace di imprimersi nella memoria collettiva come il simbolo perfetto della tragicommedia dell’uomo comune."Fantozzi" inizialmente nacque sulle pagine dell’Europeo,dove Paolo Villaggio scriveva racconti ispirati alle sfortunate esperienze lavorative del suo personaggio.Quei racconti furono raccolti in un libro,:"Fantozzi" che ebbe un successo clamoroso.Da lì poi la trasposizione cinematografica, diretta da Luciano Salce.
Non credo sia eccessivo dire che Fantozzi è un capolavoro del cinema italiano,un’opera nata in un periodo storico e cinematografico di grande fermento culturale.Nel nostro Paese era anche il tempo degli anni anni di piombo,tra attentati terroristici,proteste studentesche e operaie,inflazione e recessione economica;in questo contesto di tensione e incertezza, la figura del ragioniere sfortunato riusciva a divertire e scaricare quella tensione,diventando un’icona senza tempo.
Quella tragicommedia,quel Fantozzi ha fatto ridere tanto ma ha anche fatto riflettere,per quella ingenua velleità dell’uomo medio di provare a ribellarsi a regole e imposizioni(indimenticabile la mitica scena della "Corazzata Potemkin").Lo stesso Paolo Villaggio definì Fantozzi come “il personaggio più tragico della letteratura italiana”.Il ragioniere Ugo Fantozzi,pur amatissimo dal pubblico,era solo un uomo qualunque e per lo più deriso:un perfetto antieroe.Perchè Fantozzi è il simbolo di tutti coloro che umili,sempliciotti,di poca cultura,sono vittima di un sistema dispotico,irriconoscente,ipocritamente disponibile verso i sottomessi ma in realtà elitario e prepotente verso quelli non ritenuti “idonei” e perciò destinati all'invisibilità.Quell'invisibilità che risalta dalla prima scena:la signora Pina, moglie del ragioniere, chiama il centralino della Megaditta per avere notizie del marito che non vede da più di 2 settimane.E come sa chi quel film conosce,Fantozzi appare più tardi uscendo da uno squarcio sul muro dopo aver trascorso ben 18 giorni dimenticato,murato nei gabinetti della società,durante lavori di ristrutturazione,senza che nessuno s'accorgesse di quella sua prolungata assenza.Un incipit esilarante,e al contempo,spaventoso e drammatico.L'invisibilità dell'uomo nella società dell'indifferenza.
Fantozzi è una maschera della grande commedia italiana,dove una minuscola situazione esistenziale diventa tema universale. Basta guardarsi intorno (o anche allo specchio) per riconoscere che del ragionier Fantozzi, e di quello che egli vive,sogna,subisce nei suoi film,in fondo qualcosa appartiene un po’ a tutti noi.Nell'ambiente alienante dell’ufficio,Fantozzi,bistrattato dai colleghi,è intrappolato in una spirale di deferenza e di dedizione incondizionata alla Ditta e ai suoi capi. E la vita domestica non gli offre alcuna consolazione.Ogni mattina la sua vita si ripete drammaticamente uguale:il risveglio, la corsa affannosa contro il tempo,il tram preso al volo per timbrare il cartellino in tempo utile per prostrarsi al Direttore Megagalattico.
Dietro quella maschera(tragica)c'era quel linguaggio particolare che raccontava le storture della vita impiegatizia:l’uso scorretto del congiuntivo,le storpiature come "batti", "dichi",“venghi”, e ancora l’uso volutamente errato del nome di Fantozzi, che ora diventa Pupazzi o Fantocci. E ancora le frasi divenute iconiche come “estasi mistica”,“nuvola dell’impiegato”,“salivazione azzerata”,la mitologica "Poltrona in pelle umana” del megadirettore galattico.E poi le scene indimenticabili:la partita di calcio,la cena nella villa del Capo Supremo,l’autobus preso al volo in attuazione del "Piano B".Con tutto quell'insieme di personaggi,come la signorina Silvani,il ragionier Filini, Calboni che lo deridono ma approfittano di quella sua dedizione al lavoro.
Ma se quello è l'atteggiamento che gli riservano gli "altri",è lo stesso Fantozzi a non illudersi.Egli sa di essere un individuo perfettamente inutile,un uomo senza qualità,a dirla con Musil.E così si rifugia nel servilismo più ostinato,a farsi disperatamente suddito,come se in quella condizione potesse evitare ulteriori colpi inferti alla sua vita miserabile.Accetta perciò con inettitudine di fare anche il lavoro degli altri,sapendo che il sistema nevrotizzato in cui abita lo porterà sempre alla disperazione:non c'è tregua al suo goffo incespicare.
Eppure in quello sguardo tragicomico di Fantozzi c'era anche un qualche cosa di politico,nel quale lotta di classe e frustrazione si intrecciavano amaramente.Fantozzi è espressione della cultura medio borghese e nell'impossibilità di farlo in ufficio,tenta di ricalcare la fisionomia del padre padrone tra le pareti domestiche, orientando a suo modo il clima familiare attraverso il possesso degli spazi e dei piccoli oggetti di consumo quotidiano,come il telecomando del televisore.Quell'uomo buono al lavoro,in casa si trasforma nella belva,nell’uomo del comando,il detentore esclusivo delle poche certezze che ha.
Alla fine il tentativo di vivere quel sogno borghese per Fantozzi è appunto solo un sogno,che lo porta alla frustrazione e al ridicolo.E anche nello spazio piccolo e contenuto della rivendicazione, della lotta,della presa di coscienza fantozziana degli abusi subiti,ogni ingranaggio della macchina sociale è pensato per soffocarne il dissenso prima ancora che possa prendere forma.E quei suoi tentativi di rivolta e di ribellione sono solo l'ennesimo tragico,drammatico,ma in realtà patetico tentativo di sopravvivere in un mondo che non lo contempla se non come bersaglio, sociale, umano, fisico.Comunque sia buon compleanno ragioner Fantozzi e grazie per averci divertito(e fatto pensare).
4 commenti:
Ciao Clem. Caro ragionier Ugo… Ricordo i primi film che mi hanno fatto ridere e come ben dici pensare. Il libro da cui sono tratti è ancora più bello se lo leggi immaginando la voce di Villaggio. Puntualmente gli ultimi dovendosi adattare al mercato hanno perso molto e non mi sono piaciuti. Rimarrà sempre l’immagine di una società che spesso non vogliamo vedere.
Ho letto i tuoi post precedenti. Mi soffermo su quello dedicato a Thomas Mann. Più dei suoi romanzi ho apprezzato “Romanzo di una vita” l’autobiografia del grande romanziere tedesco che corre attraverso il Novecento, dall’infanzia in Germania alla scrittura del Doctor Faustus, dagli anni del nazismo all’esilio negli Stati Uniti. Una testimonianza straordinaria fra storia e scrittura, fra letteratura e vita.
Mi è piaciuta la tua frase finale sul leggere e ti cito le parole di uno dei miei autori preferiti, Flaubert: “Lisez pour vivre”. Leggete per vivere….
Buona estate
Julia
Ciao Julia.Oltre che i capolavori della letteratura moderna sto (ri)leggendo i "fondamentali" della letteratura come Dostojevsky ,Tolstoi (sono un appassionato dela letteratura russa) e proprio Mann....ho riletto di recente "L'idiota" e "Delitto e Castigo" e ora "Guerra e Pace" e di Mann "La montagna incantata"...li avevo già letti,soprattutto Dostojevskj ma ogni volta ti danno nuove cose e spunti di riflessione..proprio leggendo Dostojevskj ho infatti cominciato a leggere lavori sull'esistenzialismo...
Grazie per i tuoi passaggi
Ciao e buon tutto
Clem
Caspita Clem che impegni ti sei preso!… È vero, le riletture sono preziose.
Anche io amo tanto la letteratura russa ma non mi sono ancora cimentata con i grandi classici. Prendo vie traverse. Ho letto molto “su” Dostoevskij ma “di” solo Il giocatore, Le notti bianche, Note invernali su impressioni estive e Povera gente.
Amo tantissimo la poesia russa e alcuni scrittori più recenti come Sinjavskij, Dovlatov, Šklovskij.
Seguo da un po’ di tempo il sito di Paolo Nori, un punto importante per chi ama la cultura russa.
Ciao e buone letture.
PS
Tra gli altri e a proposito sto leggendo Memorie letterarie e di vita, di Turgenev
sai Julia,a volte penso che a fronte del (poco) tempo disponibile che ho dovrei fare nuove letture per conoscere il tanto che non so...però poi mi accorgo che quello che ti danno i "classici" rimane fondametale...ho da poco preso il saggio di Calvino "Perchè leggere i classici" e mi ritrovo ampiamente in alcune sue considerazioni..."un classico è un libro che non mai finito di dire quel che ha da dire" e "dovrebbe esserci un tempo della vita adulta dedicato a a rivisitare le letture più importanti della gioventù....perchè se i libri sono rimasti gli stessi noi siamo cambiati e l'incontro è un avenimento del tutto nuovo....sì,Paolo Nori è un grandissimo,critico letterario e traduttore l'ho scoperto proprio perchè mi piace la letteratura russa e in particolare Dostojevskj ....di lui ho il libro "Sanguina ancora" che è una metafora dell'impatto profondo e duraturo che la lettura di Dostoevskij ha avuto su di lui, un impatto così forte da essere paragonato a una ferita che continua a "sanguinare" nel tempo...di lui seguo anche su youtube le sue conferenze e i suoi interventi tv
ciao Julia e buona estate
Clem
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