27 febbraio 2025

IL SEME DEL FICO SACRO

 






E' da poco uscito nelle sale cinematografiche italiane il nuovo film del regista iraniano Mohammad Rasoulof.Ormai non mi meraviglio più quando vado a vedere un film iraniano.Non mi meraviglio perchè in ognuno di essi ritrovo sempre una ricchezza intellettuale,un grande patrimonio culturale che si trasfonde nel coraggio,nella forza della denuncia di un clima politico e sociale opprimente e nella conseguente ribellione,morale,prima ancora che materiale, contro la brutale violenza del regime sanguinario degli ayatollah.
"Il seme del fico sacro" è il titolo del film di Rasoulof.La forza  della pellicola è chiara sin dal titolo allegorico:come viene spiegato all'inizio del film i semi dell'albero detto "Fico sacro"("Ficus religiosa" il suo nome scientifico)germogliano e crescono sul corpo di una pianta morente fino a sostituirsi ad essa:è,come ovvio,una metafora che si riferisce alle nuove generazioni,ai nuovi semi che nascono nel regime degli ayatollah e che un giorno lo sostituiranno e lo cancelleranno.

Il film è stato presentato al festival di Cannes 2024.Alcuni critici lo hanno ritenuto capolavoro assoluto al pari del precedente film del regista:"Il male non esiste".(There is no evil),Orso d’oro a Berlino nel 2020(sotto il trailer del film)




Con "Il seme del fico sacro" Mohammad Rasoulof ha dovuto fare di necessità virtù: impossibilitato a girare il proprio film a causa della censura e dei processi a suo carico per i lungometraggi precedenti, ha scelto di realizzarlo di nascosto, clandestinamente,optando per una storia che si svolge in interni,scegliendo di fare delle dinamiche familiari il centro della propria storia.In realtà,però,la vita che si svolge all'interno di quella famiglia è allegoria dell'intera vita dell'attuale società iraniana.
Ma anche se le scene vengono dall'interno di una casa la denuncia,l'atto di accusa verso il regime degli ayatollah rimane comunque forte perchè il regista ha scelto di inserire le scene di realtà violenta e cruda nella forma di video reali,realizzati e veicolati sul web tramite cellulari dai ragazzi che parteciparono alle proteste del 2022 dopo la morte di Masha Amini per opera della famigerata Polizia Morale,represse nel sangue dal regime islamista perché contrari alla propaganda ufficiale.

Si tratta,come detto,di un racconto ambientato soprattutto in interni avente la famiglia come centro della narrazione:il film tratteggia in modo mai banale sia le dinamiche interne al nucleo familiare sia le personalità che la costituiscono, divisa fra i genitori (il marito e padre, Iman,che dopo molti anni diventa giudice,ma che presto rimane turbato e scosso perchè costretto a firmare le condanne a morte di ragazzi talora della stessa età delle figlie)la madre, completamente identificata nel suo ruolo di angelo del focolare e sottomessa al marito,e infine le due figlie, una ventenne e l'altra adolescente, desiderose di maggiore libertà e che simpatizzano con la protesta contro quel regime la cui brutalità si realizza proprio attraverso il lavoro del padre.
La famiglia diventa quindi l'allegoria dell'Iran: lo Stato teocratico e le sue strutture sociali si replicano nelle relazioni patriarcali interne alla famiglia. In particolare, il padre è il centro della famiglia,perché è colui che stabilisce le regole di comportamento delle figlie.Inoltre Iman,a causa delle rivolte, e delle responsabilità per il nuovo lavoro e alla perdita della pistola di ordinanza(che per lui potrebbe significare la perdita della carriera oltre che il carcere)incrinerà pian piano i rapporti con la moglie e le figlie,sostituendo sempre più i normali rapporti famigliari con metodi di coercizione e di controllo violenti, divenendo così il perfetto duplicato dello Stato teocratico,repressivo e brutale.

Il film dunque si concentra sul microcosmo della famiglia,nella quale vive,però,il macrocosmo della società iraniana:dalle pressioni che vengono fatte al marito sul posto di lavoro, alle urla della folla in rivolta che si sentono dalle finestre e si vedono sui video dei cellulari.E così il nucleo familiare di Iman è via via sconvolto,impossibilitato a distinguere il privato dal politico,e l'antagonismo generazionale tra un vecchio sistema teocratico e le nuove generazioni,trova il suo specchio nella famiglia dove il padre,integralista religioso,trova l'opposizione delle figlie sensibili a una mentalità più aperta e libera contraria al sistema.

Nel film si illustra la differenza fra la propaganda ufficiale del regime, trasmessa e diffusa dai canali televisivi, e le riprese tramite videocamera delle proteste effettuate dagli stessi partecipanti a queste ultime, poi rese virali attraverso la diffusione nei social network.E proprio quelle immagini registrate dai cellulari e montate nel film,frutto di riprese realizzate durante la partecipazione alle proteste,diventano sempre più macabre man mano che la trama procede: mostrano violenze di ogni genere sui partecipanti ad opera dell'esercito e della polizia e rappresentano un preciso atto d'accusa del regista iraniano.
Quelle immagini,in particolare,simboleggiano non solo la crudeltà di un regime che pratica impunemente la violenza, ma anche l'irruzione della realtà cruenta nell'ambito familiare: dopo queste scene, infatti, il comportamento del padre si farà sempre più disumano e violento, finendo con l'applicare alle figlie e alla moglie le pratiche riservate ai dissidenti politici. I rapporti familiari giungono così a un punto di non ritorno rompendosi e venendo sostituiti da dinamiche più simili a quelle che si troverebbero in un carcere: vige un clima cupo di sospetto e di controllo, culminante con la lotta di tutti contro tutti.

Il film si articola su molteplici filoni:all'inizio viene accennato il problema etico che attanaglia Iman per le condanne a morte che deve comminare;poi vengono affrontate le proteste dei giovani iraniani e il dramma dell'amica delle figlie,uccisa durante una protesta di piazza,in seguito subentra la scomparsa della pistola e le progressive reazioni scomposte del padre. Se l'ambientazione in interni é scelta obbligata con l'analisi delle dinamiche della famiglia,è anche vero che in quella famiglia possiamo vedere la realtà e la drammaticità dei problemi che vivono oggi le giovani generazioni iraniane.Il padre rappresenta la brutalità del potere,la madre,invece,è simbolo di chi crede nella tradizione e nella sottomissione all'ideologia religiosa e al maschilismo ed infine le figlie intente a relazionarsi al mondo esterno e all'aspirazione a quella libertà contenuta nell'inno:"donne,vita e libertà".
Forse è proprio questa caratteristica narrativa, insieme alla denuncia politica, ciò che permette di collegare "Il seme del fico sacro" al grande cinema iraniano d'autore: l'apparente semplicità del racconto perseguita anche tramite la somma di micro-episodi in grado di mostrare vari e diversi aspetti della società che si vuole rappresentare,con i quali avere una ribellione morale contro il regime sanguinario e oppressivo ma che non riesce a capire e vedere che la propria fine è prossima perché un nuovo seme sta crescendo.

19 febbraio 2025

LA POESIA DI VAN GOGH







Scrissi un post su Van Gogh poco meno di due anni fa,in occasione della mostra organizzata a Roma nel 170° anniversario dalla sua nascita.Andai a visitare quella mostra,rimanendo ancora una volta e per l'ennesima volta sbalordito difronte a quei dipinti che,oltre che raccontare della sua immensa arte,ne ripercorrevano i momenti di una vita angosciata e travagliata,oltre che una sensibilità umana difficile da trovare.Mi piace tornare a parlarne oggi,nei giorni in cui la Nexo Film propone un docufilm sul grande artista olandese.La "politica" culturale della Nexo Studios,primo network italiano di sale digitalizzate connesse via satellite,che quest'anno compie i suoi 15° anni di vita,è quella di proporre eventi cinematografici dedicati alle più varie forme espressive dell'arte,dalla musica alla pittura,dall'opera lirica ai film classici restaurati,.
Adesso,dopo il primo appuntamento degli inizi di febbraio dedicato al pittore piemontese Pellizza da Volpedo la Nexo propone,nei prossimi giorni del 4 e 5 marzo nelle sale il secondo appuntamento della nuova stagione della Grande Arte al Cinema di Nexo Studios.



Questo secondo appuntamento è dedicato al grande pittore olandese Vincent Van Gogh,e si intitola:"Van Gogh,Poeti e Amanti". Il film offre la possibilità di visitare,per così dire,da remoto e grazie al cinema, la mostra della National Gallery di Londra,che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo, riscrivendo la storia di un artista sui cui si pensava di conoscere già ogni dettaglio,permettendo ai visitatori di guardare le nuvole e i cipressi che ondeggiano al vento, fermarsi nel parco preferito da Van Gogh, il Giardino dei Poeti, o sotto un albero ombroso a Saint-Rémy.

La National Gallery ha celebrato,nello scorso anno 2024 il bicentenario dalla sua fondazione e per la mostra di Van Gogh ha raccolto un incredibile "sold out" che ha convinto gli organizzatori a proporre, per la seconda volta nella sua storia dopo quanto avvenuto per la mostra dedicata a Leonardo da Vinci,un’apertura straordinaria notturna per accogliere un maggior numero di visitatori.Una scelta,si potrebbe dire,quanto mai opportuna nel caso di Van Gogh,essendo l'artista olandese autore del celeberrimo capolavoro: "Notte stellata".

Il film indaga nello specifico il rapporto del pittore con la poesia e l’amore, la sua ricerca artistica instancabile, l’uso rivoluzionario del colore(in particolare il giallo,quello da lui preferito)e il suo stile unico.Il film si sofferma inoltre sui veri motivi del trasferimento di Van Gogh nel Sud della Francia e sugli esiti di una scelta che cambiò per sempre la sua vita.
Oltre a offrire uno sguardo approfondito sulla salute mentale di Van Gogh,che fu ricoverato ad Arles all’Hôtel-Dieu reso immortale nei suoi dipinti(si pensi al famoso giardino), l’appuntamento al cinema mette in luce l’intelligenza acuta e la passione bruciante che alimentarono una carriera straordinaria. Come la mostra racconta, in soli due anni di permanenza tra Arles e Saint-Rémy, Van Gogh rivoluzionò il suo stile in una sinfonia di colori che assunsero la forma di vera poesia.
Van Gogh si ispirò a poeti, scrittori e artisti. Quello trascorso qui fu un periodo decisivo della sua carriera, raccontata alla National Gallery in una mostra che riunisce alcuni dei dipinti più amati di Van Gogh – da Notte stellata sul Rodano (1888) a La casa gialla (1888), dai Girasoli (1888) a La sedia di Van Gogh (1889) – alcune opere raramente esposte e una selezione di straordinari disegni.

La National Gallery è uno dei musei d’arte più importanti del mondo. Fondata nel 1824, ospita la collezione nazionale di dipinti della tradizione dell’Europa occidentale, dal tardo XIII secolo ai primi anni del XX secolo.La collezione include opere di Artemisia Gentileschi, Bellini, Cézanne, Degas, Leonardo, Monet, Raffaello, Rembrandt, Renoir, Rubens, Tiziano, Turner, Van Dyck, Van Gogh e Velázquez. Gli obiettivi principali della Galleria sono prendersi cura della collezione, arricchirla e garantire il miglior accesso possibile ai visitatori.
Davvero si può dire che "La Grande Arte al Cinema" è un progetto originale ed esclusivo di Nexo Studios nel quale vengono esaltate due delle più importanti arti visive,la pittura ed il cinema.I successivi appuntamenti sono previsti per l’8 e il 9 aprile con L’alba dell’Impressionismo. Parigi 1874 e il 6 e 7 maggio con Andy Warhol. American Dream.

04 febbraio 2025

LA NORMALITA' RIVOLUZIONARIA




Ne avevo visto il trailer.Ne avevo letto qualche recensione.Così nei primi giorni di questo freddo,soleggiato febbraio romano,sono andato a vederlo quel film.Il film più amato del Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2024(la "Berlinale").Sono andato a vedere Il mio giardino persiano ("My Favourite Cake", cioè:"La mia torta preferita" e non si capisce perché il titolo in italiano sia diventato giardino:misteri del circuito distributivo italiano).I due registi iraniani sono Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha ma entrambi non potettero partecipare alla presentazione del film a Berlino perchè il regime iraniano ritirò loro i passaporti,forse,chissà,solo perché artisti e registi,quindi produttori di idee.



De Il mio giardino persiano mi son restati impressi innanzitutto alcuni momenti,ad esempio quelli iniziali come l’inquadratura dell’ingresso della casa in cui si svolgerà la vicenda,con la luce del giorno che vi entra e il giardino che si intravede all’esterno, e poi la protagonista, Mahin, che dorme nonostante sia mezzogiorno, svegliata dalla telefonata di un’amica alla quale ripete che lei, di mattina, ha bisogno di riposare perché di notte non riesce a farlo e poi dopo,seduta al tavolo della cucina, assorta e pensierosa mentre fa colazione e fuma, prima di cominciare a svolgere le faccende quotidiane.Sempre quelle,sempre le stesse da 30 anni,da quando,morto il marito e con i figli all' estero,vive una vita solitaria, vedendosi solo ogni tanto con delle amiche.

La protagonista è Mahin,settantenne, robusta,non bella, vedova e madre di due figli che hanno lasciato l’Iran vent’anni prima e che lei non riesce ad andare a trovare, perché non può ottenere il visto.

Il centro del film è tutto in una notte;la notte in cui la protagonista, influenzata dalle amiche che la spingono a trovare un uomo dopo anni di vedovanza e di vita sempre uguale e solitaria, incontra un coetaneo che le piace e lo invita a casa.L'uomo che incontra e che invita a casa è Faramarz,un tassista che ha fatto carriera militare e che a un certo punto ha lasciato l’esercito.E dopo l'esercito Faramarz aveva cercato di seguire la sua passione per la musica,suonando,come musicista dilettante di tar (strumento simile al liuto)ai matrimoni e alle feste che una volta,tanto tempo fa, "perfino" in Iran si potevano tenere.Ma adesso no,adesso non puo' più coltivarla quella passione per la musica,non può più suonare il tar, perché anche suonare è reato per il regime.E come Mahin,anche Faramarz è una persona sola ormai da molti anni.Ma anche lui,come  Mahin,accoglie e s'accontenta di ciò che la vita gli dà.Tra i due,tra Mahin e Faramarz si sviluppa,nel taxi che la donna ha preso apposta per conoscere Faramarz che lei aveva precedentemente notato in un locale,si sviluppa quell'incontro così semplice ma singolare,una chiacchierata innocente,sincera, gentile, che viene da sé.E poi a casa di Mahin,dove lei lo ha invitato, continua quel loro scambio di parole e quel racconto di vite,mentre passano le ore a guardare l’altra/o,ascoltando l’altro/a, dandosi con fiducia a una persona fino a poco fa sconosciuta ma che si sente affine, come da tanto tempo non succedeva.E anche qui ci sono altri momenti significativi e simbolici:il giardino che dopo tanti anni si illumina perché Faramarz aggiusta le lampadine che sono rotte da un bel pezzo,come se fosse la speranza che si riaccende per una vita finalmente diversa dopo tanto tempo;e quel giardino persiano, appunto, che si mostra nella sua bellezza come la Terra d'Iran era/è nonostante i pasdaran e la Polizia Morale;e le battute sul vino (proibito dal regime) che Mahin ha conservato, e che offre a Faramarz mentre lui le racconta che, con degli amici, raccoglieva tanta uva nel suo cortile, facendo il vino di nascosto (perchè anche questo è contrario alla morale del regime).Piccole trasgressioni, strategie di sopravvivenza, segni tangibili di un regime che nega qualunque cosa possa donare gioia, tanto che la felicità che i due si danno in quelle poche ore pare qualcosa di politico,anzi di più,di rivoluzionario.

Questo film semplice anche nello stile,che mostra la magia che la vita può avere se si riesce a cogliere i momenti e a viverli, a goderli nelle piccole cose, come la torta del titolo originale, un dolce alla crema di vaniglia e al profumo d’arancio, o come la menta che la protagonista raccoglie nel suo giardino perché ha appena scoperto che lui la adora; odori, sapori, luce; questo film è semplice della semplicità della vita ed è semplicemente “umano” nella raffigurazione di persone vere, autentiche,buone,viste nell' intimità delle loro anime.Un film che mette in discussione la pena di morte (e, in generale, la situazione dell’Iran di oggi)anche se di esplicitamente politico ha solo una scena, quella in cui la protagonista difende una ragazza che sta per essere arrestata dalla Polizia Morale per un ciuffo di capelli fuori posto, cioè fuori dall’hijab (richiamando la vicenda tragica di Mahsa Amini, anche se le riprese del film sono iniziate prima).Ma è politico perchè la gente vive quotidianamente sulla propria pelle le angherie del regime,per le sanzioni imposte al all'Iran che fanno schizzare sempre più in alto i prezzi anche delle piccole cose.E politico e rivoluzionario il film lo è perchè è Mahin, quindi una donna, sia pure anziana, a invitare a casa sua Faramarz.E' politico e rivoluzionario questo film per il fatto di “mettere in scena” la serenità,la gioia e la voglia di vivere contro tutti gli ostacoli, compreso il controllo serrato della vicina che ha il marito che lavora per il governo.E' "rivoluzionario" questo film perchè i protagonisti,Mahin e Faramarz,ottimamente interpretati da Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi,


"semplicemente" parlano,mangiano,assaporano vino,condividono gesti,momenti e sguardi, ballano, cantano e ridono, nell’arco di una notte che potrebbe condensare in sé la gioia di una vita intera. E nella genuinità delle loro azioni, tra le mura della casa e del bel giardino di Mahin, si mette in atto una vera e propria piccola, deliziosa rivoluzione privata che non solo va contro le leggi imposte dalla Repubblica Islamica,ma scardina anche qualsiasi preconcetto sulle relazioni nell’età più matura della vita e ogni convezione o aspettativa nell’approccio tra un uomo e una donna.