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LA NORMALITA' RIVOLUZIONARIA
Ne avevo visto il trailer.Ne avevo letto qualche recensione.Così nei primi giorni di questo freddo,soleggiato febbraio romano,sono andato a vederlo quel film.Il film più amato del Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2024(la "Berlinale").Sono andato a vedere Il mio giardino persiano ("My Favourite Cake", cioè:"La mia torta preferita" e non si capisce perché il titolo in italiano sia diventato giardino:misteri del circuito distributivo italiano).I due registi iraniani sono Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha ma entrambi non potettero partecipare alla presentazione del film a Berlino perchè il regime iraniano ritirò loro i passaporti,forse,chissà,solo perché artisti e registi,quindi produttori di idee.
De Il mio giardino persiano mi son restati impressi innanzitutto alcuni momenti,ad esempio quelli iniziali come l’inquadratura dell’ingresso della casa in cui si svolgerà la vicenda,con la luce del giorno che vi entra e il giardino che si intravede all’esterno, e poi la protagonista, Mahin, che dorme nonostante sia mezzogiorno, svegliata dalla telefonata di un’amica alla quale ripete che lei, di mattina, ha bisogno di riposare perché di notte non riesce a farlo e poi dopo,seduta al tavolo della cucina, assorta e pensierosa mentre fa colazione e fuma, prima di cominciare a svolgere le faccende quotidiane.Sempre quelle,sempre le stesse da 30 anni,da quando,morto il marito e con i figli all' estero,vive una vita solitaria, vedendosi solo ogni tanto con delle amiche.
La protagonista è Mahin,settantenne, robusta,non bella, vedova e madre di due figli che hanno lasciato l’Iran vent’anni prima e che lei non riesce ad andare a trovare, perché non può ottenere il visto.
Il centro del film è tutto in una notte;la notte in cui la protagonista, influenzata dalle amiche che la spingono a trovare un uomo dopo anni di vedovanza e di vita sempre uguale e solitaria, incontra un coetaneo che le piace e lo invita a casa.L'uomo che incontra e che invita a casa è Faramarz,un tassista che ha fatto carriera militare e che a un certo punto ha lasciato l’esercito.E dopo l'esercito Faramarz aveva cercato di seguire la sua passione per la musica,suonando,come musicista dilettante di tar (strumento simile al liuto)ai matrimoni e alle feste che una volta,tanto tempo fa, "perfino" in Iran si potevano tenere.Ma adesso no,adesso non puo' più coltivarla quella passione per la musica,non può più suonare il tar, perché anche suonare è reato per il regime.E come Mahin,anche Faramarz è una persona sola ormai da molti anni.Ma anche lui,come Mahin,accoglie e s'accontenta di ciò che la vita gli dà.Tra i due,tra Mahin e Faramarz si sviluppa,nel taxi che la donna ha preso apposta per conoscere Faramarz che lei aveva precedentemente notato in un locale,si sviluppa quell'incontro così semplice ma singolare,una chiacchierata innocente,sincera, gentile, che viene da sé.E poi a casa di Mahin,dove lei lo ha invitato, continua quel loro scambio di parole e quel racconto di vite,mentre passano le ore a guardare l’altra/o,ascoltando l’altro/a, dandosi con fiducia a una persona fino a poco fa sconosciuta ma che si sente affine, come da tanto tempo non succedeva.E anche qui ci sono altri momenti significativi e simbolici:il giardino che dopo tanti anni si illumina perché Faramarz aggiusta le lampadine che sono rotte da un bel pezzo,come se fosse la speranza che si riaccende per una vita finalmente diversa dopo tanto tempo;e quel giardino persiano, appunto, che si mostra nella sua bellezza come la Terra d'Iran era/è nonostante i pasdaran e la Polizia Morale;e le battute sul vino (proibito dal regime) che Mahin ha conservato, e che offre a Faramarz mentre lui le racconta che, con degli amici, raccoglieva tanta uva nel suo cortile, facendo il vino di nascosto (perchè anche questo è contrario alla morale del regime).Piccole trasgressioni, strategie di sopravvivenza, segni tangibili di un regime che nega qualunque cosa possa donare gioia, tanto che la felicità che i due si danno in quelle poche ore pare qualcosa di politico,anzi di più,di rivoluzionario.
Questo film semplice anche nello stile,che mostra la magia che la vita può avere se si riesce a cogliere i momenti e a viverli, a goderli nelle piccole cose, come la torta del titolo originale, un dolce alla crema di vaniglia e al profumo d’arancio, o come la menta che la protagonista raccoglie nel suo giardino perché ha appena scoperto che lui la adora; odori, sapori, luce; questo film è semplice della semplicità della vita ed è semplicemente “umano” nella raffigurazione di persone vere, autentiche,buone,viste nell' intimità delle loro anime.Un film che mette in discussione la pena di morte (e, in generale, la situazione dell’Iran di oggi)anche se di esplicitamente politico ha solo una scena, quella in cui la protagonista difende una ragazza che sta per essere arrestata dalla Polizia Morale per un ciuffo di capelli fuori posto, cioè fuori dall’hijab (richiamando la vicenda tragica di Mahsa Amini, anche se le riprese del film sono iniziate prima).Ma è politico perchè la gente vive quotidianamente sulla propria pelle le angherie del regime,per le sanzioni imposte al all'Iran che fanno schizzare sempre più in alto i prezzi anche delle piccole cose.E politico e rivoluzionario il film lo è perchè è Mahin, quindi una donna, sia pure anziana, a invitare a casa sua Faramarz.E' politico e rivoluzionario questo film per il fatto di “mettere in scena” la serenità,la gioia e la voglia di vivere contro tutti gli ostacoli, compreso il controllo serrato della vicina che ha il marito che lavora per il governo.E' "rivoluzionario" questo film perchè i protagonisti,Mahin e Faramarz,ottimamente interpretati da Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi,