Col tempo il mondo e la società cambiano e anche le professioni,le arti,i mestieri si modificano ed altri nascono,in rapporto al diverso modello di società e di stili di vita venutosi a formare.Ed oggi è "nato" quest'altro "lavoro",così tanto ambito dalle giovani generazioni:l'"influencer".
Dice il vocabolario:"Influencer è quel personaggio di successo,popolare nei social media e in generale molto seguìto dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico".Quindi un tizio che sui social,avendo acquisito per le sue "qualità"(quali poi?)attenzione e ascolto presso numerose persone che lo/a “seguono”(i c.d. followers)è in grado di "indirizzare" le scelte di costoro verso l'acquisto di un bene o prodotto,ricavando dei guadagni da quel meccanismo di "persuasione".
L'Influencer,dunque,come persona di successo.Ma cos’è poi il successo?Sempre dal vocabolario:è la:"riuscita,affermazione,celebrità,fama,notorietà,popolarità.Questo è il successo,oggi.Nel vecchio mondo di "prima",invece,il successo derivava dall'acquisizione di conoscenza,dal sapere e dal (saper)pensare e proporre progettualità originali.In questo modo si era ammirati,non “seguiti”.
Oggi invece è proprio quello lo scopo:contare il numero dei "seguaci",che sui social ti "vengono dietro"come belante gregge in adorazione.Un successo ottenuto grazie ai propri video e foto nei quali ci si atteggia e ci si mostra per come è più vantaggioso far credere di essere.Per questa non ha senso vivere senza apparire.Per loro la vita è “essere visti”.
Nel suo celebre libro “Avere o Essere”,Erich Fromm dimostra come le cose che crediamo di possedere in realtà ci possiedano,e che l’abbandonarci a un consumismo smodato conduca inevitabilmente alla perdita della nostra identità.
In questa società della comunicazione,dei social,del gossip,della sovraesposizione mediatica,il titolo di quel libro forse andrebbe cambiato in “Apparire o essere”,vero dilemma della contemporaneità.L’illusione maggiore del mondo dei new media, della televisione,dei social network è l’aver fatto pensare che la felicità possa essere un regalo e non il frutto di un lavoro faticoso, il tutto a scapito della capacità di affrontare la realtà della vita.
Da un lato gli influencer,dall'altro il popolo dei "followers",dei "seguitori".Quel popolo a cui piace sentirsi in qualche modo "parte" del mondo fatato(???)degli influencer.Ore e ore a seguirli sui social.Com’è possibile non accorgersi che è tutto finto?A ben pensarci anche il pifferaio magico era un influencer,lo seguivano tutti in massa,prima i topi poi i bambini di Hamelin,gli uni affogando nel fiume,gli altri sparendo nel nulla per sempre.Lui usava la musica (per questo era magico) gli influencer foto e video.
Gli influencer mostrano ai e condividono con i loro "seguitori" il loromondo:amori,figli,genitori,matrimoni,malattie,premi.Poi,così,per caso,tra quelle immagini compaiono un paio di jeans,degli occhiali da sole e magari,quand'è Natale o Pasqua,un pandoro o una colomba.Una maniera subdola di pubblicità proposta infilando citazioni di un brand dentro un post o un videoclip.
È questa la nuova forma della pubblicità:suggestionare,persuadere,influenzare,mediante la condivisione:l'influencer mostra,ostenta,al "seguitore" il proprio modello di vita e gli dice che anche lui può essere parte di quel mondo,acquistando quel prodotto o quel marchio,mentre lui,come un piazzista, ricava una percentuale sul venduto.
Alla fine l'influencer non è altro che il nuovo modo di fare pubblicità(o "reclame" come si diceva un tempo)e il follower non è che un altro modo di essere consumatore.Ci voleva mica la Ferragni per capirlo.E' il commercio,bellezza.E il consumismo.Il nuovo modello della vecchia forma di Potere che inganna e possiede l'individuo,come già aveva capito Pier Paolo Pasolini.
Ancora oggi,del resto,alcuni filosofi moderni,studiosi dei fenomeni della Rete,sostengono che gli influencer sono una perversione del capitalismo che oggi si difende creando figure elitarie che assumono,per mezzo dei social,un comando economico e culturale,inculcando il messaggio:"Tutto e subito".
Sarà che sono un "boomers",sarà non so cosa,ma io ricordo un altro tipo di pubblicità,che a distanza di anni,mi suscita tenerezza e sorrisi:quella di "Carosello",che la Rai mandò in onda negli anni del boom economico e che raccontava di un’Italia del dopoguerra ancora poco scolarizzata ma con famiglie unite da un sentimento positivo,piena di speranza verso il futuro;l’Italia che dopo la guerra e il fascismo,s'era ripresa la propria libertà e nella quale tutto sembrava funzionare alla perfezione,fino a quando poi arrivarono gli anni di piombo.
In quell'Italia “Carosello” promuoveva un consumismo “buono” con quegli spot pubblicitari creati come mini commedie, attraverso cui si pubblicizzavano prodotti tramite famosi attori e registi.Eppure proprio la Rai di allora,vedeva "Carosello" come una vergogna,perchè il concetto stesso di pubblicità mal si coniugava con la mission di tv pedagogica che la Rai s'era data; la réclame era una cosa "brutta",e portava il pubblico sulla "cattiva strada" del consumismo.Era perciò che solo alla fine di quelle minicommedie c'erano 15 secondi(il "codino",tecnicamente)nei quali compariva il nome del marchio.
Perchè era questo che succedeva.Carosello rappresentava in forma pop l'anomalia italiana "centrista". La sua nascita avvenne infatti all'incrocio tra la cultura cattolica e quella marxista, entrambe concordi nel ritenere il denaro (e il profitto) un escremento diabolico.Da questo matrimonio germinò quel "codino", ossia la caratteristica ipocrita di quei proto-spot: la netta separazione tra gratuiti sketch e un'autonoma parte sul prodotto, che arrivava in coda ai filmati.Il prodotto repelle,però compratelo, per carità.
Certo,da allora tempo ne è passato,la società è cambiata e Carosello non c'è più.Siamo nell’epoca del mondo digitale,dove gli spot in tv incalzano a ritmo incessante,come un bombardamento mediatico:pubblicità brevi e immediate,in ogni fascia oraria.E non si chiama nemmeno più pubblicità o réclame,ma advertising marketing e sta in tutte le cose e fa parte delle nostre vite quotidiane.
Ma oggi che Carosello non c'è più,comprendiamo che esso non era solo "reclame";perchè,anzi,questa,diventava secondaria rispetto a quello che Carosello riusciva a fare.Carosello riuniva e connetteva(esso sì)famiglie e persone,perchè conteneva tutti i generi più popolari:lo sketch comico,ma anche la fiaba,il teatro di avanspettacolo,cinema(western,avventura,poliziesco)sceneggiati tv,cartoni animati.Oggi,invece,anche all'interno della stessa famiglia,non ci si parla più,divisi e distanti come siamo,il capo chino sui cellulari,a seguire Facebook,Instagram o Whatapps.
La Rai,con Carosello fece evolvere consumi e costumi.In breve tempo la televisione
diventò strumento di unificazione nazionale,sia sotto il profilo socio-culturale,sia sotto il profilo linguistico.Molte persone,in particolare quelle dei ceti meno abbienti,iniziarono a comprendere maggiormente la lingua italiana.L’avvento di questa ondata di modernità fatta di spensieratezza,musica e risate diede alle
persone un nuovo inizio;un’accesso più diretto nei confronti della vita,facendo dimenticare gli anni della'immane tragedia della Guerra.
Questo è stato il diverso tempo che Carosello ci ha dato,le emozioni e i sentimenti che sapeva suscitare.Quelle emozioni che nessuun influencer potrà mai dare.
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