11 giugno 2023

40 GIORNI DI SOLITUDINE



Oggi di anni ne hanno davvero pochi questi quattro bambini colombiani:Lesly,13 anni,la sorellina Solerny 9,il fratellino Ariel 4 e la più piccola,Cristin addirittura nemmeno 1.Ma tra 20 anni,quando tutti e quattro saranno dei papà e delle mamme chissà cosa racconteranno ai loro figli.Forse consiglieranno loro di leggere il libro Cent’anni di solitudine del grande scrittore loro connazionale e Premio Nobel per Letteratura,Gabriel Garcia Marquez.Ma prima,forse,racconteranno una favola,una favola che potrebbe chiamarsi:"40 giorni di solitudine".Una favola che poi favola non é,perché é stata la storia vera di quei 4 bambini.Comincia così quella storia:c'era una volta un aereo con una mamma e 4 bambini a bordo,che stavano andando dal loro papà.A un certo punto,però,l'aereo precipitò nella grande foresta oscura e la loro mamma morì.Ma i quattro fratellini sopravvissero e girarono tra tanti pericoli per 40 giorni nella  grande foresta,fino a quando l'esercito e "gli indios" li trovarono,tornarono dal loro papà e vissero felici e contenti.

Ecco,sì.Questa davvero é stata la storia di quei 4 bambini:di Lesly,Solerny,Ariel e Cristin,già miracolati nell'essere sopravvissuti dopo che l'aereo sul quale viaggiavano con la mamma era precipitato nel folto della grande foresta amazzonica.In una foresta che Dante avrebbe chiamato la grande selva "selvaggia e aspra e forte".Ed in quella foresta i fratellini si sono fatti forza e hanno iniziato a camminare,mettendo a prova tutta quanto avevano imparato dalla cultura ancestrale della loro comunità indigena.Perché é stato proprio questo a salvarli.Quei 4 bambini hanno sempre vissuti nella giungla,perché facevano parte di una comunità di indigeni chiamati Huitoto nella quale ai bambini sin da piccoli si insegna a cacciare,pescare e raccogliere frutta e bacche.Gli alberi,le piante,il verde nel quale sono cresciuti erano conosciuti a quei bambini,per un sapere quasi istintivo,di quelli che che non  è scritto in nessun volume,ma che si tramanda tra le generazioni e e che loro hanno ereditato da una nonna esperta della giungla.Insegnamenti di vita di un popolo abituato a vivere nella selva,e a rispettarne le leggi non scritte.
Sono riusciti a farsi strada in mezzo alla vegetazione fittissima che non permette di vedere a 20 metri di distanza,tra alberi alti fino a 45 metri,proteggendosi da mille insidie come quelle dei grandi felini,degli scorpioni,dai ragni,gli insetti velenosi,i serpenti.Lesly,la più grade,ha saputo proteggere Cristin,di soli 10 mesi,cibandosi con bacche e arbusti.Finalmente,dopo 40 giorni appunto,li hanno trovati stremati,sotto un albero,disidratati,pieni di punture di insetti,ma vivi.

Apprendendo di questa storia,vien fatto di pensare che no,che i nostri ragazzini,quelli che vivono nel mondo "di qua",non se la sarebbero cavata nella giungla.Perché loro fanno già tanta fatica a muoversi in quest'altra giungla,quella delle vie delle nostre città,vie deserte d'anima,di cuore e di passioni,prive della segnaletica stradale che li indirizzi verso valori e principi.Ma quella segnaletica avremmo dovuto metterla noi "grandi",come ha fatto la nonna dei 4 ragazzini colombiani.E invece non l'abbiamo fatto,persi nella vacuità dei nostri egoismi,degli arrivismi,dei carrierismi ma anche di una profonda noia esistenziale.

I nostri ragazzi,se restano anche per poche ore senza un telefonino,o un navigatore,o il collegamento perenne ad internet,non hanno più connessione con la durezza del mondo della realtà,ma nemmeno con la bellezza del sogno e del magico,del quale,appunto parla Gabriel Garcia Marquez;quel sogno e quel magico attraverso i quali porsi l'obiettivo,anche attraverso sacrifici e rinunce,di  raggiungere altri luoghi e territori del pensare e del conoscere.

Così,su un versante del mondo ci sono 4 ragazzi che sanno prendersi cura l’uno dell’altro,anche del più piccino(un neonato) e che hanno messo in pratica tradizioni e conoscenze antiche.Qui da noi abbiamo bambini e preadolescenti la cui vita è sempre più senza conoscenza:di sé,degli altri,di tutto il mondo intorno.E anche di conoscenze culturali.Noi "grandi",noi adulti e genitori crediamo che tramite il cellulare possiamo conoscere i loro spostamenti,geolocalizzarli,ci illudiamo di sapere dove sono e cosa fanno,salvo poi ricevere brutte sorprese su tutta quell'altra vita che mai avremmo pensato che facessero.

Si resta così senza consapevolezza del significato da dare a quella sottile "linea d’ombra"



raccontata da Joseph Conrad,che separa il territorio dell’infanzia da quello della pubertà e poi dell’età adulta.Quando poi la si supera si resta atterriti perché impreparati ad affrontare il mondo reale,dopo che per tanto tempo i nostri ragazzini e noi con loro siamo restati "straniati" nei nostri mondi virtuali.In altre società tradizionali ,invece,come quelle dei bambini colombiani,i ragazzini vengono effettivamente sottoposti a questo rituale di iniziazione:saper ritrovare la strada di casa,orientarsi in un luogo sconosciuto e sopravvivere alla solitudine esistenziale,al buio della notte e del giorno .




La vicenda dei 4 bambini nella foresta colombiana ci impone l'obbligo di rispondere anche ad altre domande:quella sul rapporto tra Uomo e Natura,con l'uomo che brutalizza quest'ultima,sfregiandola con orrendi scempi edilizi,sorprendendosi,poi difronte a fenomeni come le alluvioni che lui stesso ha causato.O sul conflitto tra Bene e Male,o l'organizzazione consumistica ed edonistica della nostra società.Queste domande se le era gia poste Rudyard Kipling,in verità,nella storia di Mowgli,il ragazzino cresciuto nella foresta.Forse rileggendo quella storia capiremmo le tante cose che sbagliamo in questa nostra vita così come l'abbiamo voluta.

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