Ricorrono quest'anno 100 anni,da quel 28 ottobre 1922,da quando,con la Marcia su Roma,il Fascismo andò al potere in Italia.In quel giorno la democrazia morì in Italia.Il Paese,anche con la complicità della Monarchia,degli industriali e dell'alta borghesia,si consegnò a un regime totalitario che per 20 lunghi anni la privò di libertà e che anzi consumò violenze brutali e omicidi orribili,come quelli di Giacomo Matteotti,Piero Gobetti e Giovanni Amendola.È una data nefasta quella del 28 ottobre,ma proprio perciò DEVE essere ricordata e il silenzio delle nostre nuove autorità politiche,da poco al governo(quello della Premier,in particolare,la cui storia politica proviene da un partito postfascista come l'MSI)è così assordante,imbarazzante e ambiguo da dimostrare,da parte loro,un grosso imbarazzo.
La "Marcia su Roma" svelò un’Italia preda di una sorta di ubriacatura collettiva,con Mussolini che ebbe la capacità di incarnare sia il rivoluzionario che prometteva un futuro radioso,sia il restauratore che avrebbe ristabilito l’ordine e la legalità,sgominando i sovversivi e i "professionisti del disordine" in quell'Italia nella quale si agitavano i primi malcontenti popolari e i disagi economici e sociali del dopoguerra.Pochi anni più tardi,nel 1925,dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti e il varo di quelle leggi emanate dal Ministro della Giustizia Alfredo Rocco,definite "Le leggi fascistissime" Mussolini aveva pienamente svelato la natura liberticida e sanguinaria della sua dittatura.E intanto onorificenze,omaggi,dediche,piovevano addosso al nuovo eroe e salvatore della Patria,lasciando affiorare una folla di italiani servili e compiaciuti di esserlo,così deferenti,ossequiosi,pronti a barattare la propria sovranità individuale e la propria autonomia in cambio di protezione e sicurezza.Proprio il contrario della personalità di uno dei "Padri morali" della vera Italia,Dante.L'indole del grande fiorentino,è infatti improntata alla "severitas",all’intransigenza rocciosa,alla coerenza vissuta fino in fondo,senza compromessi o trasformismi che Dante orgogliosamente rifiutava.La sua intransigenza morale é perfettamente agli antipodi rispetto alla furbizia e alla versatilità opportunistica che connota da sempre un certo carattere nazionale.E del resto un altro grande italiano,Piero Gobetti,anche lui,non a caso,massacrato dal regime mussoliniano,scrisse che il fascismo era nient'altro che l'autobiografia di una nazione.
Oggi,storicamente,sono chiare le ragioni complessive del successo del fascismo:la guerra,la crisi dello stato liberale,la paura dei ceti medi,i forti disagi economici e sociali della gente.Eppure molti liberali,cattolici e financo socialisti come Anna Kuliscioff(amica e collaboratrice di Turati)erano convinti che il fascismo avrebbe avuto vita breve,destinato a declinare subito dopo che il nuovo governo avesse restaurato la "pace sociale".E fu così che per 20 anni ci si disabituò alla libertà fino ad averne paura,si esaltarono valori come la disciplina, l’obbedienza,la gerarchia,che finirono per avvelenare le coscienze degli italiani,seppellendo sotto una cappa di servilismo ogni tentativo di rottura con il conformismo dominante.
L’obbedienza al potere,il tirare a campare,l’individualismo esasperato,il classico modello esistenziale del "tengo famiglia",applicato a tutti i livelli della scala professionale,sociale e politica,si imposero come i valori caratterizzanti di un popolo,che il fascismo enfatizzò.Fu proprio da questo che ne derivò quella che Piero Calamandrei definì:"un’atmosfera di prepotenza e viltà,di compromesso e di corruzione,nella quale si impose un costume che già serpeggiava e fermentava,alimentando altre ruberie e tracotanze e suscitando oppressioni".
Le conseguenze di questa desertificazione morale emergono nitidamente dalle immagini della folla osannante e plaudente che inneggia a Mussolini il 10 giugno 1940,la data della dichiarazione della guerra,ma anche la data dell’inizio della rovina del regime. Nato nelle trincee della Prima guerra mondiale,il Fascismo fu infatti travolto dalle macerie della Seconda e l’Italia che aveva plaudito al Duce visse l’inedita esperienza di una guerra combattuta sull’uscio di casa,con conseguenze devastanti:70.000 morti sotto i bombardamenti,l’unità nazionale in frantumi,gli eserciti alleati e quelli tedeschi che spadroneggiavano sul nostro territorio.Sul nostro suolo vennero a combattere eserciti da tante parti del mondo,dai nepalesi ai senegalesi,in una babele linguistica che alterò profondamente le coordinate della nostra esistenza collettiva,costringendoci a vivere il disagio di tutte le malattie morali e materiali innescate dalla guerra,raccontate poi nella grande letteratura e nel grande cinema,come ad esempio nei capolavori assoluti del film "La ciociara" di Vittorio De Sica,o il libro "La pelle" di Curzio Malaparte.Macerie,lutti,devastazioni materiali e ferite morali di una sanguinosa guerra civile,anch'essa narrata nei capolavori di Fenoglio,Pavese,Calvino:questo fu il lascito del fascismo all’Italia repubblicana.
Eppure la neopremier Giorgia Meloni si é chiusa in un assordante silenzio.Avrebbe invece potuto dire che rinunciare alla libertà e alla democrazia comporta la rovina di un popolo.Oppure,dopo aver riconosciuto che l’Italia di Mussolini è stata(come lei ha detto)una dittatura,"forse" avrebbe potuto omaggiare quegli italiani che nel nome dell’antifascismo sacrificarono se stessi per riscattare la vergogna di essere precipitati nell’abisso totalitario.Avrebbe dovuto rendere onore a Matteotti,Gobetti,Amendola,ai fratelli Rosselli e a Gramsci,al cui cervello,come dichiarò nel processo il PM fascista,"bisognava impedire di funzionare".Pochi quegli eroi italiani di quel tempo,del tempo del regime fascista.Probabilmente per i tanti italiani che erano corsi a fare per opportunismo e convenienza la tessera del PNF,quei pochi più che eroi erano dei "folli".Ma,come aveva detto Pietro Verri,"se la mia è una follia,(.....)la società sarebbe migliore se ci fossero meno saggi".E,per l'appunto,furono proprio quei pochi italiani "folli" a riscattare l’ignavia di quegli altri tanti italiani "saggi".
Se oggi Giorgia Meloni é Presidente del Consiglio deve ringraziare l’antifascismo che seppe riconsegnare all’Italia quella democrazia che la "marcia su Roma",avvelenando il tessuto morale della società italiana,aveva annientato.L'antifascismo intellettuale di chi non volle firmare "Manifesti" fascisti o quello dei partigiani,quello degli operai e quello delle donne come lei:tutti insieme quegli italiani hanno lottato per realizzare il sogno di un'altra Italia,un'Italia diversa da quella fascista,per consentire di dire a voce alta le proprie idee e di essere a ognuno quello che vuole essere.
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