La sorpresa assoluta è la Nazionale di Capo Verde:la Nazionale di calcio di quella Nazione,infatti,parteciperà per la prima volta in assoluto ai Campionati ai Mondiali di calcio che si terranno nel 2026.Ed è probabile che al Mondiale si approcceranno per la prima volta altre piccole realtà finora sconosciute nel panorama calcistico internazionale,come Oman,Benin e Uzbekistan.
Certo,questo è dovuto anche al cambio di "format" dei Mondiali di calcio avendo la FIFA(la Federazione Internazionale del Calcio mondiale)elevato il numero dei partecipanti da 32 a ben 48 Nazioni,e questo,com'è facile capire,per aumentare gli incassi provenienti da sponsor e diritti televisivi.Si potrebbe dire(con non poca amarezza)che questa è la moderna versione del "partecipare" del barone De Coubertin,in mano ad avidi tecnocrati.
Bello partecipare,ma vincere,invece,è un po’ diverso,quella è tutta un'altra storia.E' nel vincere che Davide prevale in un mondo a misura di Golia,ed è quello che fecero in passato,qui in Italia,nel 1969 il Cagliari di Gigi Riva e nel 1985 il Verona,in un campionato che pure aveva società,come Juventus,Milan o Inter,che avevano budget di bilancio ben più sostanziosi.Ed oggi,come il Cagliari e il Verona di quei tempi in Italia,adesso c'è un'altra squadra che sta reinterpretando la storia di Davide contro Golia.Quella squadra è il Mjällby e gioca nel campionato svedese.Squadra e città(anzi paese date le dimensioni)praticamente sconosciute fino adesso.Il Mjällby,infatti ha vinto il campionato svedese con 11 punti di vantaggio in classifica sulla seconda e 3 giornate di anticipo.Ed è qui che comincia la storia da narrare,che poi somiglia tanto ad una favola bella.
Il club che ha vinto lo scudetto di Svezia è quello di Hällevik,un villaggio di pescatori di poco più di 1400 anime(1400!!!).La storia del club svedese sembra scritta da chi crede ancora nelle favole e nelle piccole cose.Nel 2015 la squadra era in terza divisione e si salvò all’ultima giornata dalla retrocessione nella quarta e la società sfiorò il fallimento.Poi,anno dopo anno,la risalita fino ad arrivare alla serie A svedese.Ma figuriamoci se i pescatori di quel puntino di terra potevano mai pensare che poi un giorno il Mjällby sarebbe diventato campione di Svezia.
Quella storia bella del Mjällby campione di Svezia è anche la storia e il volto e il cuore di uomini come Hasse Larsson,direttore sportivo,sopravvissuto a un tumore al cervello e a un cancro alla prostata, che per tre anni ha lavorato gratis pur di salvare il club.Ed è la storia dell’allenatore Anders Torstensson, ex preside di scuola ed anche lui ha avuto un brutto male: gli è infatti stata diagnosticata la leucemia linfatica fortunatamente non aggressiva."Dicono che non si muore per lei,ma con lei si convive e quindi per ora posso vivere la mia vita come sempre",dice quasi scherzando.Che poi, in realtà, questo è vivere meglio del solito, perché il calcio compie miracoli che nessuno può spiegare,nemmeno la scienza. E produce storie che nemmeno i grandi "esperti" del pallone potranno spiegare,perchè per loro,per gli "esperti",mai,per nessun motivo,una squadra di un villaggio così piccolo può vincere uno scudetto.E invece...
Ecco,si vince anche così, mettendo insieme storie piccole e singolari,senso di appartenenza ad una piccola comunità,cuore e tantissime idee.Perché il Mjällby non è arrivato in cima grazie a uno sceiccco d'Arabia o un riccone annoiato che voleva spendere un po’ di soldi e nemmeno per l’intervento di un fondo sovrano così come accade nel resto d'Europa,Italia compresa:ha costruito tutto quasi senza denaro,progettando un passo per volta a partire da 9 anni fa,quando giocava nella Terza Divisione svedese.Se qualcuno merita lo scudetto,ecco che allora,per una volta,è lo sport che ha vinto.Nel campionato svedese,in cui primeggiano il Malmö(24 titoli all’attivo,quest'anno arrivato a 21 punti di distacco dal Mjällby)o l’Ifk Göteborg(18 titoli nazionali,ora 19 punti dalla vetta),sta vincendo la squadra che 9 anni fa nominò come presidente Magnus Emeus,piccolo imprenditore nel settore della logistica,che,negli anni,ha fatto scelte draconiane per risparmiare,organizzando,ad esempio,i ritiri prepartita della squadra non più in albergo,ma in campeggio e altre piccole,similari forme di risparmio che hanno permesso di stabilizzare i conti e costruire,anno dopo anno,la squadra che ora sta sorprendendo non solo la Svezia ma un pò tutta l'Europa dei grandi club calcistici,finanziati da sceicchi e petrolieri,che spendono centinaia di milioni per un singolo giocatore.
Così,per la prima volta in assoluto,il Mjällby parteciperà alla Champions League,quel torneo,cioè,al quale spesso non riescono ad accedere club di grandi città d'Inghilterra,Spagna,Italia,Francia e Germania che hanno ben altre fonti di finanziamenti rispetto ai ragazzi svedesi.Quegli stessi ragazzi,ragazzi cresciuti a guardare le reti dei pescatori del porto e non quelle delle porte dei campi di calcio.E la prossima estate,quando comincerà la Champions League, il mondo scoprirà dove si trova Hällevik quel paesino di Svezia finora del tutto sconosciuto,magari cercandolo su Google Maps.
Molti adesso diranno che quello scudetto del Mjällby è una specie di miracoloma;ma in realtà, qui non c'è nessun miracolo.C'è una programmazione adeguata.C'è una gestione intelligente. Ci sono persone che amano ancora il calcio per quello che è. Oggi,qui da noi,in quest'altra parte del mondoil calcio non è più un gioco ma soltanto un cinico e avido momento di business.Consigli amministrazione incentrati sui presidenti, milioni di dollari spesi senza criterio e senza un piano.Ma in un angolo tranquillo e piovoso della Svezia, un pugno di persone si è unito solo per salvare il proprio club dal fallimento.Quelle persone non hanno mai visto il calcio come fonte di profitto,ma come un credo condiviso. Il loro budget è limitato, ma la loro coscienza è enorme e vede in quella squadra la condivisione di principi e sentimenti.Principi e sentimenti.Cose che a dirle qui da noi,la gente riderebbe.Perché qui da noi un dirigente o un giocatore o un allenatore non si esibisce per gli spalti, ma per le telecamere.
Ed invece in quel puntino di terra di Svezia quello che il Mjällby ha ottenuto non è solo un campionato.È un promemoria.Un promemoria che racconta che il calcio può ancora essere il frutto di impegno, onestà e pianificazione. Che da qualche parte, là fuori, l'anima di questo gioco vive ancora.Perchè ad Hällevik,dopo che il Mjällby ha vinto il campionato,i tifosi non hanno preso d'assalto il campo, non hanno distrutto i sedili né acceso razzi. Hanno solo pianto di gioia perché la loro fede era stata ricompensata.Perché sapevano che quel successo non proveniva dalle tasche di nessuno sceicco ma solo dal sudore e dalla dedizione di una comunità.Il piccolo Mjällby svedese ha dato una lezione ai nostri grandi campionati, ai nostri budget milionari, ai nostri stadi giganteschi.I ragazzi gialloneri di questa piccola città hanno sollevato il trofeo più importante della loro storia,ma, cosa ancora più importante,hanno posto uno specchio alla coscienza del mondo del calcio:il calcio può essere ancora bello finché non è guidato dal profitto,ma dal sentimento,dalla fatica e dal senso di appartenenza ai luoghi del cuore.



