Entrambi i lavori sbancarono ai botteghini, ma fu il film di Zemeckis a fare incetta di Premi Oscar,perchè più "sentimentale e facile",secondo i critici di allora.Eppure ancora oggi Forrest Gump ci rimane nella memoria più di "Pulp Fiction",trascinandoci in un tempo fuori dal tempo,come sanno fare i film diventati miti.
Certo,dopo 30 anni, Forrest Gump,ci racconta di una stagione storica distante e diversa(basti solo pensare agli attacchi alle Twin Towers), e forse anche “ingenua”, in termini di narrazione della storia pubblica.
Il fatto è però che Forrest Gump si riferisce a un mondo reale in cui l’incontro tra vita privata e storia collettiva era rappresentato secondo tecniche che negli anni '90 Zemeckis riuscì a proporre portando un linguaggio nuovo che oggi potranno apparire desuete.Oggi,per esempio,se ci sediamo su una panchina pubblica,difficilmente attaccheremmo discorso con gli sconosciuti accanto a noi; piuttosto ci connetteremo con l’iPhone, comportandoci come semplici spettatori delle vite degli altri,mai come protagonisti di un mondo cambiato.
Eppure,nonostante la distanza temporale e i cambiamenti della società, le verità di Forrest Gump resistono,e sono proprio questi aspetti “sentimentali”,e la sensazione di un loro cambiamento o di una loro perdita,che ancora ci coinvolge.
Ricordiamo bene la vicenda. Il film inizia con una panoramica della camera che,segue una piuma volante,che,dopo aver attraversato una strada trafficata di città,va a cadere accanto ad un uomo di circa 40 anni, seduto su una panchina alla fermata di un autobus.L'uomo raccoglie la piuma che si è posata ai suoi piedi, e la conserva tra le pagine di un vecchio libro illustrato che si trova in una piccola valigetta,aprendo poi la seconda cosa che porta con sé:una confezione regalo di cioccolatini.
Siamo all’inizio degli anni 80. Intanto sulla panchina si siede anche una donna nera, con gli abiti da lavoro di un’infermiera. L’uomo la saluta, si presenta:«Hello. My name is Forrest. Forrest Gump» – e le offre un cioccolatino, aggiungendo che lui ne mangierebbe a milioni e che la sua mamma diceva sempre che "la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai cosa ti capiterà".Ascoltando queste prime battute,cominciamo a capire che c’è qualcosa di strano.Chi parla è un uomo adulto che si esprime in modo infantile, come qualcuno che un tempo veniva definito “ritardato”.Ed è qui che comincia il film.Da questo momento,Forrest attacca a raccontare la sua vita ad altre quattro persone che via via si siederanno sulla stessa panchina.
Si parte dall’infanzia, in Alabama,da un ambiente ostile alla diversità, ma grazie alla madre (Sally Field) che ha fatto di tutto perché il ragazzino non fosse discriminato, e con il sostegno della piccola amica Jenny, che è stata la prima a incoraggiarlo a correre, Forrest diventa via via protagonista di favolose esperienze. Sono tutte avventure incredibili di attraversamento fisico e simbolico, che via via lo porteranno, senza nemmeno rendersene conto,a diventare un campione sportivo, un eroe di guerra, un grande manager, e a incontrare, tra gli altri anche le figure e le situazioni più emblematiche e iconiche della storia americana dagli anni '50 al 1981,spesso interagendo con loro: Elvis Presley, John Lennon, la guerra in Vietnam e lo scandalo Watergate, il Black Panther Party e i presidenti Kennedy, Johnson e Nixon.
Le due costanti del viaggio straordinario di Forrest nella storia e nello spazio americano, sono la fiducia nella vita trasmessagli dalla madre e l’amore incondizionato per Jenny (Robin Wright )creatura irrequieta con un'orribile infanzia(abusata dal padre alcolizzato). Per tutto il racconto, Jenny appare e scompare dalla vita di Forrest, vivendo intanto la stagione dell’emancipazione giovanile degli anni '60, passando dalla droga, e continuando sempre a scappare, come per illudersi di sottrarsi al dolore che da troppo tempo si porta dentro. Lo fa anche dopo esser temporaneamente tornata da Forrest,dove i due giovani fanno l’amore,prima che la donna, all’indomani, sparisca di nuovo.
Il nuovo abbandono di Jenny porta Forrest a sciogliere la sua tristezza mettendosi a correre,"per tre anni, due mesi, quattordici giorni e sedici ore "; fin quando, tornato a casa, un giorno riceve una lettera di Jenny che gli chiede di andare a trovarla.Così,alla fine,Forrest si ricongiunge all'amore di tutta la vita e incontra Forrest junior,figlio suo e di Jenny. Ammalata di HCV in fase terminale,la madre ha scelto infatti di presentare e affidare il piccolo a Forrest. Dopo il matrimonio e la morte di Jenny, il film si conclude come era iniziato: con Forrest ancora seduto alla fermata di un bus, ma stavolta mentre aspetta il ritorno del suo bambino da scuola.
Forrest Gump,un film così pieno di corse tra i campi o nella foresta attaccata dalle bombe e per tutta l'America,di primi passi sulla luna,è un grande racconto su come lo slancio del muoversi,dell'andare, anche in senso figurato, metta in salvo.
Lo schema narrativo è scandito dalla ricorrenza continua di situazioni e spazi che in molti casi si ripetono (la panchina, l’albero, il tema dell’attesa del bus, la stessa camera dove morirà la madre, prima, e Jenny poi, la piuma che nel finale riprende il volo).Lo stile della ripetizione riesce anche a rappresentare certi stili tipici dei disturbi dello spettro autistico: come, per esempio, la propensione per abitudini di vita, di comportamento e di linguaggio identiche e regolari.E c'è anche un altro angolo visuale interessante:l’amicizia tra Forrest e Buba – rovescia anche uno dei pregiudizi più razzisti e micidiali in tema di autismo, vale a dire il principio per cui le persone autistiche andrebbero isolate secondo la tesi di quel tal generale razzista e xenofobo a nome Vannacci.Tra l’altro, Forrest ricordare anche il nome di “Forest”, una cittadina del Mississippi nota per essere stata la città natale di Donald Triplett,prima persona a cui fu diagnosticato un disturbo autistico.
Il regista, Robert Zemeckis già collaboratore di Spielberg,ha diretto molti film importanti:"Ritorno al futuro";"Chi ha incastrato Roger Rabbit";"La morte ti fa bella".Tutti film che sviluppano i progressi della tecnologia.Questo sistema torna anche in Forrest Gump, con quelle trovate tecniche con cui, malgrado all'epoca ancora non esistesse il digitale, si “infila” Forrest nei filmati di repertorio dei grandi eventi storici mostrandoci il protagonista, per esempio, mentre stringe la mano a John Fitzgerald Kennedy,o accanto a John Lennon.
Perchè è questo quello che Forrest fa,anche attraverso effetti speciali:ci introduce nella storia,la sua storia, quella degli altri, quella dell’America,e persino la nostra storia di spettatori che,attraverso lui,finiamo per guardarci "dentro".Noi,guardando la panchina di Forrest,siamo "costretti" a riflettere sul modo con cui guardiamo (e giudichiamo)la diversità,con l'arroganza di pensare che siamo noi quelli "normali".NOI che guardiamo alle persone “strane”,che invece,più e meglio di NOI,sanno realizzare,come Forrest,cose e imprese meravigliose e impensabili rispetto a NOI "normali".
Ma perché Jenny, lei che ha insegnato a Forrest che ci si salva correndo, proprio lei invece non si salva, mentre lui sì?La risposta è che è forse perchè lei,che scappa da un orrendo passato fatto di violenze e abusi da parte del padre,cerca altri mondi e altre cose che però continuano a renderla infelica,fino a quando,alla fine capisce che i veri valori sono quelli del mondo di Forrest.E forse la risposta è anche quella che Forrest dà al Tenente Taylor (l'attore Gary Sinise )che in Vietnam Forrest ha salvato dalla morte ma al quale sono state amputate le gambe.Il tenente urla in faccia a Forrest:"Perchè mi hai salvato?Questo non doveva succedere,non a me.Io avevo un destino. Ero il tenente Dan Taylor».E Forrest,che pure un destino felice non ha avuto,con naturalezza e semplicità dice:"Ma lei è ancora il Tenente Dan".Come dire che in ognuno permane la propria identità,mantenedo la quale si ha la possibilità di raggiungere i propri obiettivi,guardando sempre,però,ai valori veri della vita;come Forrest,che nonostante abbia raggiunto celebrità,successo e ricchezza,pensa sempre e soltanto all'amore per la mamma e per Jenny.
E c'è sempre,poi,quella leggendaria scatola di cioccolatini,che rappresenta una metafora.Essa non è solo “una scatola”,cioè un oggetto che contiene;essa rappresenta l’azione del dono all'altro, che stabilisce una relazione:situazioni,oggetti,case,cassette postali(nella quale la mamma di Buba riceve una donazione di Forrest che la fa diventare ricca)e persino televisori(davanti al quale Forrest senior e junior cominciano a conoscersi);contenitori che contengono sentimenti.
In quella scatola di cioccolatini ci può essere una “dolcezza” della vita che non è semplicemente un fatto di golosità.E' un oggetto che si offre, si apre, si conserva e si porta in regalo.La dolcezza di cui parla quella scatola contiene la verità di chi ha fatto pace con gli eventi inaspettati e dolorosi e sa donare e donarsi agli altri.
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