15 marzo 2024

ELOGIO DELLA SEMPLICITA'






A tutta prima "Perfect days",l'ultimo film del regista cinematografico tedesco Wim Wenders,potrebbe apparire una riedizione di un film muto,tanto è il tempo durante il quale il protagonista(un'ottimo Kōji Yakusho,uno dei più importanti attori giapponesi)non parla,lasciando alle sue articolazioni facciali l'interpretazione dei suoi stati d'animo.

Hirayama(il protagonista,interpretato appunto da Kōji Yakusho)abita da solo in una piccola,ordinatissima casa:le sue giornate cominciano senza alcun bisogno della sveglia:ha una specie di orologio biologico,che va molto meglio di qualsiasi apparecchio tecnologico.La sua giornata segue un ordine preciso:mette a posto il materasso srotolato(futon)lava faccia e denti,dà una sistemata a barba e baffi.Passa poi a innaaffiare le piantine con uno spruzzino.Indossa la tuta per andare a lavoro,con la scritta The Tokyo Toilet,che già ci fa capire che il suo lavoro è quello della pulizia dei bagni pubblici.
Appena uscito fuori di casa Hirayama guarda il cielo con un sorriso e poi alla macchinetta per il solito caffè in lattina,e,salito sul furgone,va verso il primo bagno da pulire.

Nel guidare ascolta sempre musica rock,sempre rigorosamente sulle musicassette di una volta,sia essa quella di Patti Smith("Redondo Beach")


o Lou Reed,“Perfect Days”,brano facente parte dell’album “Transformer” prodotto da David Bowie e Mick Ronson cui sembra ispirarsi il titolo del film


oppure ancora “(Sittin’ On) The Dock of the Bay” di Otis Redding



Hirayama svolge il suo lavoro di pulizia delle toilettes con uno zelo e con una cura tale che forse la maggior parte di noi non riserva nemmeno ai bagni di casa propria.All'ora di pranzo,nell'intervallo di lavoro,mangia un sandwich in un parco, ammirando gli alberi,le loro cime ondeggianti e fruscianti al vento e ogni tanto le fotografa con una compatta analogica.
Alla fine del giro di pulizie compie, ancora una volta, sempre gli stessi gesti:torna a casa, si lava in un bagno pubblico, fa tappa nel solito locale e prima di andare a dormire legge un libro(di Faulkner nel momento del film,poi va a letto, sogna,e il giorno dopo è replica.

Perfect Days non è solo l’ultimo film di Wim Wenders:a detta di molta parte della critica è tra i suoi più riusciti.E' anche un omaggio alla cultura e alla società giapponese per quello straordinario senso del lavoro che vengono raccontatati attraverso le giornate, tutte identiche fra loro, di un addetto alle pulizie che, immerso in una Tokyo sovrastata dalla modernità, si ritaglia uno spazio tutto suo, privo di tecnologia, fatto di musicassette, libri tascabili e fotografia analogica.
E proprio la semplicità è la cifra stilistica del film.Quella semplicità che viene analizzata come un approccio alla vita di tutti i giorni, in netto contrasto con la normalità che Hirayama, personaggio principale del film, vede intorno a sé.

Nel film il relazionamento con il mondo "di fuori",il paragone con le vite degli altri è dato dagli incontri che Hirayama fa ogni giorno,ad esempio con quello del suo aiutante più giovane, Takashi, o quello di sua nipote Niko, due ragazzi che nonostante siano totalmente distanti dal modo di vivere di Hirayama, ne rimangono affascinati, al contrario di sua sorella, scettica e distante,che vive una vita agiata(arriva a casa del fratello a riprendersi la figlia Niko con un auto di lusso con autista).Nei pochi minuti di colloquio tra fratello e sorella si capisce la vita "di prima" del fratello, lasciandone intendere le origini ricche di famiglia.

Il filo conduttore del film è la ricerca,da parte di Wenders,del senso della vita e quella tranquilla routine della vita del protagonista sembra essere la proposta di soluzione reso efficacemente dal coinvolgimento affettivo con il protagonista che cresce via via durante del film.E questo coinvolgimento emotivo è possibile grazie alla splendida interpretazione di Koji Yakusho, star del cinema giapponese,vincitore del premio come miglior attore al Festival di Cannes,dove "Perfect Days" è stato presentato.

Non è un casuale il rimando a tutto ciò che è analogico,come le musicassetta,la fotografia in pellicola, e tutta l’assenza di tecnologia rallenta i ritmi di vita del protagonista,guardandosi bene dal prendere in mano uno smartphone.Tutto ciò,alla fine,appare  appare come una critica non certo velata,ma del tutto voluta,alla modernità,e le altre persone, che sono sì al passo con i tempi ma così tremendamente superficiali.

Il finale pone un grande quesito:ma alla fine, Hirayama è felice o no della sua vita ? Questa,forse,però sembra essere una trovata di Wenders:lasciare spazio all’interpretazione degli spettatori, che magari sceglieranno di non seguire l’esempio del protagonista, ma saranno obbligati ad una riflessione.Perchè il film insegna la bellezza delle piccole cose,in una vita senza ogni cosa superflua.


P.S. = il film mi ha fatto venire alla mente una canzone dei "Matia Bazar" di qualche anno dedicata proprio alla felicità derivante dal valore dato alle piccole cose.

2 commenti:

Julia ha detto...

Bellissimo Clem, grazie. Lo sai che sono appassionata di cinema, ne scrivo spesso, ma anche del Giappone e della sua filosofia. Devo vederlo assolutamente. Ho letto ieri i tuoi auguri e te li rifaccio anche ora. Buoni giorni a te…
Julia

Clem ha detto...

Sono contento che ti abbia fatto piacere la mia segnalazione.Se poi vai a vedere
il film vorrei sapere se tu ne hai riportato un'altra e magari opposta idea.
Ciao Julia e buon aprile
Clem