Sono tanti i punti dai quali partire per ricordare Antonio Martino,morto in quella mattina d'inizio marzo di 2 anni fa.Si potrebbe dire,per esempio che era figlio di Gaetano Martino che fu uno dei protagonisti del rilancio europeo a metà degli anni cinquanta,e che,come Ministro degli affari esteri fu il promotore della Conferenza di Messina,tenutasi nel giugno 1955,a cui parteciparono i ministri degli Esteri della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) ed a seguito della quale cominciò la procedura che sboccò nella firma a Roma,il 25 marzo 1957 dei Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea(CEE).
Antonio Martino fu sempre orgoglioso dell’impegno politico ed europeista di suo padre,nell'ambito di quella scuola liberale nella quale tutta la sua famiglia si era formata,a cominciare dal nonno, Antonino,per quattro volte sindaco liberale di Messina tra il 1900 e il 1919.Eppure Martino negli ultimi anni venne assumendo un forte scetticismo nei confronti di alcune politiche europee,frutto della constatazione di una forte distanza dell’attuale Unione Europea dai valori dei padri fondatori,e di un’eccessiva burocratizzazione che limitava le libertà dei cittadini,che rischiava di disperdere la ricchezza delle peculiarità delle culture degli stati membri,senza,ovviamente,che questo potesse concedere nulla a posizioni sovraniste.
Antonio Martino fu professore universitario di Economia,della sua "amata" economia,nella quale si specializzò a Chicago,dove fu allievo e poi grande amico di Milton Friedman,Premio Nobel per l'economia,uno dei più noti economisti del mondo.Martino abbracciò la politica libertaria e il liberismo radicale di Milton Friedman che,in contrapposizione alle teorie keynesiane,sosteneva le idee del capitalismo,del liberismo e della libertà economica e di come l’intervento pubblico potesse erodere i diritti della persona e della libertà.
Il suo sentirsi liberale,lo portò del tutto naturalmente a fare politica nel PLI(partito del quale il padre fu presidente)e quando "Mani Pulite" spazzò via i partiti della prima repubblica,aderì a Forza Italia,sperando di trovarvi la realizzazione del suo progetto liberale.Di Berlusconi fu uno dei consiglieri più rispettati e ascoltati,tanto che fu sua la tessera numero 2 di Forza Italia,dopo quella del Cavaliere.Per Forza Italia fu prima ministro degli Esteri(quello già ricoperto dal padre)e poi della Difesa.Negli ultimi anni,però,Martino si allontanò da Forza Italia,perchè deluso dalla mancata rivoluzione liberale proclamata da Berlusconi,perchè lui,che liberale lo era davvero,non poteva ammettere quei compromessi e quelle rinunce che Berlusconi negli anni fece agli interessi corporativi e alle grandi lobbies industriali ed economiche italiane.
Ma sicuramente il modo migliore di ricordare Antonio Martino è la sua stessa autodefinizione:” Semplicemente liberale”,così come intitolò uno dei suoi libri.
Ma qual'era il liberalismo di Antonio Martino,nel contesto del liberalismo nel nostro tempo? L’espressione liberale è spesso abusata,identificata generalmente e "semplicemente" con il sistema dei valori delle democrazie europee e occidentali.Ma in realtà il liberalismo è molto di più.Il liberalismo mantiene una sua ricchezza culturale anche in un tempo come il nostro,caratterizzato dalla crescente interazione uomo-macchina che fa crescere l’esigenza di una visione che rimetta al centro la concezione dell'individuo e la dimensione umana.Anzi,proprio la rivoluzione digitale e la globalizzazione economica e sociale impongono nuovi modelli e nuove visioni del mondo del lavoro e del modo di fare impresa,con una differente sensibilità per l’iniziativa privata.
In tale contesto Martino non ebbe quell'approccio "liberista" che pure gli fu contestato nello stesso PLI.Egli,infatti,andava oltre la storica disputa crociana-einaudiana tra liberalismo e liberismo.Martino affermava che libertà civili e libertà economiche sono strettamente collegate e celebre era l’esempio del passaporto che egli proponeva.Io posso avere i quattrini per espatriare ma se non ho il passaporto non ho la libertà civile per farlo.E dunque quella libertà economica a nulla serve se non ho la libertà civile.Ed al contrario se ho il passaporto ma non ho i quattrini per poter andare all’estero ho una libertà civile che non ha un contenuto economico e quindi le due libertà non combaciando non ci portano a casa la libertà.
Il suo liberalismo dunque era in lui profondamente radicato,assimilabile quasi a un credo religioso,che lo spinse a pronunciare,con la sua solita ironia,la frase:il Padreterno è il più grande liberale della storia,in quanto ha lasciato all’uomo la libertà di scegliere il peccato o la virtù e ogni religione si basa su questa libertà di scelta che è l’essenza del liberalismo.
A due anni dalla scomparsa e nonostante i suoi scetticismi verso una "certa" Europa,non si può non ricordarlo proprio per la sua prospettiva europeista,quella vera,quella originaria,quella del padre a dirla più semplicemente.Una prospettiva liberale di respiro internazionale che parte dalla sua Messina, in quel Mezzogiorno d’Italia troppo spesso accostato a logiche clientelari e assistenziali.
Oggi,alla fine del quarto di secolo del nuovo millennio,non va persa l’occasione di una quarta rivoluzione industriale verso la costruzione di un nuovo tessuto produttivo,con la contemporanea tutela economica e sociale di tutti i soggetti che in quel contesto agiscono e producono.
Allo stesso modo l’Europa del 3° millennio deve tesaurizzare le riflessioni critiche di un “europeista euroscettico”,come Martino si autodefiniva,che mise sempre al centro il valore della libertà e il principio della libera circolazione da cui derivano tutti i progressi e le conquiste in termini di diritti e opportunità per i cittadini dell’UE.Un ritorno allo spirito originario europeo,lo spirito di Gaetano Martino,cioè,per rilanciare la costruzione della casa comune europea.
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