13 marzo 2024

LO "SCANDALOSO" BASAGLIA

 







L’11 marzo 2024 è stato il giorno centenario della nascita di Franco Basaglia,lo psichiatra al cui nome è legato il superamento definitivo dei manicomi in Italia con la legge 180/78 che da lui prese il nome.Franco Basaglia è considerato il fondatore del concetto moderno di salute mentale e ancora oggi le sue teorie hanno un forte peso in ambito psichiatrico. Restituì dignità alla malattia mentale, non considerando il paziente come un oggetto da aggiustare,ma come Persona(con la maiuscola)da accogliere,ascoltare,comprendere e aiutare,non da recludere o da nascondere,come qualcosa di cui vergognarsi.Perchè,diceva Basaglia,"a ben guardare,nessuno di noi,visto da vicino risulta poi essere normale".

Basaglia nacque 100 anni fa a Venezia,e quando è morto,presto,troppo presto,nel 1980,quella legge era appena nata e non ancora in funzione e i manicomi c'erano ancora ed erano identici a prima e solo molto lentamente si avviò il percorso che li avrebbe portati all’abolizione.Un percorso lungo,lunghissimo,quello della applicazione della Basaglia, che secondo alcuni ancora oggi viene continuamente tradita dalle istituzioni a causa della incompleta applicazione,della progressiva erosione del Sistema Sanitario Nazionale con la cronica mancanza di fondi che investe la sanità pubblica in generale e i malati psichiatrici in particolare.Eppure quella legge aveva uno scopo alto e nobile:(ri)dare dignità all'essere umano che nelle strutture manicominiali veniva completamente soppressa e offesa.Il manicomio era un enorme "letamaio" con quelle tecniche di costrizione che erano allora piena normalità:camicie di forza e letti di contenzione,terapie a base di elettroshock e insulina,ambienti malsani,sudiciume,denutrizione dei malati trattati come reietti e scarti di vita.
Era allora fondamentale raccontare quell’orrore del manicomio e per questo Basaglia invitò giornalisti, fotografi, artisti e registi negli ospedali che diresse per far accendere le luci sulle mostruosità di quel mondo.Tra le altre resta ancora oggi famoso il reportage mandato in onda dalla Rai,dal titolo "I giardini di Abele" in cui Sergio Zavoli mostrò per la prima volta l'interno del manicomio di Gorizia a migliaia di italiani,intervistando gli internati nel parco dell'ospedale.L'impatto fu enorme.

Si può dire che Franco Basaglia fu una figura scandalosa,nel senso pasoliniano del termine.Lo scandalo fu nel fatto che la denuncia dei manicomi suscitò un senso di colpa negli italiani,perchè quei pregiudizi e quella richiesta securitaria richiesta dai "sani" nei confronti dei "matti",aveva comportato una violenza segregante,tanto da far paragonare i manicomi ai Lager dell’epoca nazista.

"Scandaloso",ma anche di una ampiezza di vedute civile e umana unica,capace di sovvertire le più inveterate regole e convinzioni di quella società italiana divenuta così sclerotizzata.La sua idea non era,come falsamente gli veniva attribuito,quella di negare l'esistenza della follia:egli sosteneva,invece,che quella malattia era in realtà il frutto di una società ingiusta, repressiva, disumana,e che anche la malattia è conseguenza dell’ingiustizia sociale e delle disuguaglianze.Perchè,oggi come ieri,la malattia psichica,ancor più di altre malattie, è un disagio classista, e solo le famiglie più abbienti e culturalmente meglio attrezzate possono avere cure migliori in strutture adeguate, mentre in mancanza di un Servizio sanitario pubblico, le persone più fragili,come i poveri,gli emarginati,i socialmente fragili,i migranti, finiscono spesso in strada, in condizioni di abbandono.

Per Basaglia il malato non è la sua malattia. È un individuo, con il suo carico di sofferenza e anche con il suo male, ma non è solo quello ed era dell'individuo che egli voleva interessarsi.Nel reportage di Zavoli ad una specifica domanda del giornalista,Basaglia rispose che a lui interessava la persona, più che la malattia.E forse per lui il riconoscimento più bello fu quella poesia che Alda Merini,che aveva conosciuto la sofferenza dei manicomi,gli dedicò,quasi come un ringraziamento:

 

Franco Basaglia fu infatti proprio questo per le persone che vissero negli ospedali psichiatrici: l’eterno soccorritore, colui che seppe dare un nuovo nome a ciò che allora era definito “malattia”.Lo sguardo dello psichiatra che sa osservare in modo nuovo i pazienti e sa riconoscere e dare un senso a ciò che fino ad allora era stato considerato assurdo e malato.Con le sue idee e il suo lavoro quotidiano Basaglia ha modificato la storia della psichiatria,riuscendo a cancellare l'equivalenza delle parole malato e reo,degente e recluso.

Eppure la riforma Basaglia fu contestata fin dall’inizio anche nel mondo della psichiatria.Uno dei più critici fu Mario Tobino,psichiatra oltre che scrittore(vinse anche il Premio Campiello nel 1972)che dedicò anch'egli tutta la vita alla cura dei malati,raccontando la sua esperienza professionale in due libri bellissimi,"Le donne libere di Magliano" e "Per le antiche scale"



Tobino paventava quello che poi effettivamente spesso accade ancora oggi, ovvero che il malato psichiatrico grave venisse abbandonato a se stesso e che il dolore e la fatica di gestirlo ricadesse solo sulle famiglie, che non hanno strumenti, risorse economiche e cultura medica per affrontare questa malattia.

Ma non si può dire che quello di Basaglia sia stato solo un sogno.Fino ad allora la psichiatria dava esclusiva attenzione alla malattia, e non alla soggettività, alla interiorità,al vissuto, ai sentimenti del  singolo individuo.Con Basaglia la sofferenza psichica viene vista come l'esperienza umana di un individuo,straziato dall’angoscia e dal dolore, dalla solitudine e dall’isolamento,che non ha tanto bisogno di psicofarmaci, ma soprattutto,di ascolto e di dialogo,di accoglienza e di gentilezza.

In Basaglia non è stata prevalente l'attenzione alla malattia,ma la rivalutazione del senso della sofferenza, che è parte della condizione umana.Ed è proprio perciò che questi sono valori che non valgono solo nella cura della follia,ma che dovremmo saper riconoscere nella nostre vite,non solo in quelle segnate dalla sofferenza psichiatrica.

E' questa,alla fine,l'eredità che lascia Basaglia:un invito alla solidarietà e alla comunione di ideali, che siano di aiuto alla sofferenza di tante persone che non vanno viste con indifferenza, o,come spesso accade,con paura e diffidenza. Sono sorelle e fratelli che soffrono della loro condizione dolorosa di vita, ma anche della solitudine, in cui sono ancora oggi immerse. Se le incontriamo nella vita,dobbiamo esser loro di aiuto.Perchè forse basterebbe offrire a tutto quel popolo sofferente,quei sentimenti che Basaglia ha dato loro e che quella gente non aveva mai conosciuto: libertà e dignità, gentilezza e mitezza, tenerezza e ascolto, dialogo e umanità.Sarebbe utile a "loro",farebbe così tanto bene a noi.

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