09 luglio 2022

QUELLA NOTTE DEL BERNABEU







40 anni fa,l'11 luglio 1982,la Nazionale italiana di calcio vinceva i Campionati Mondiali che si tennero in Spagna.Quella vittoria fa parte ancora oggi della memoria individuale e collettiva di tutti e di ciascuno,perché ancora oggi,come allora,quella vittoria fu "sentita",fu "vissuta" da tutto un popolo.Fu sentita ancor più di quell'altro Mondiale di calcio,quello  vinto nel 2006 in Germania dalla Nazionale allenata da Marcello Lippi.E fu anche più radicata di quell'epica partita di Messico70,il mitico 4 a 3 dello Stadio Azteca ancora contro la Germania.Forse perché quest'ultima partita é rimasta nell’ambito di un’impresa esclusivamente calcistica,priva della forza necessaria per assurgere,come quella dell’82,a mito di un immaginario collettivo.La notte del Bernabeu é invece un qualcosa che si trasforma in Storia:un successo clamoroso e inaspettato,il sentimento patriottico di un riscatto,la sconfitta dei rivali di sempre,i tedeschi,pensando poi che lì in tribuna c'era il Presidente partigiano e antifascista Sandro Pertini.

La vittoria del Mondiale in Spagna,che scatenò gioia ed entusiasmo per le vie e le piazze di tutt'Italia,non rappresentò solo un fatto sportivo,ma fu anche molto altro.Fu il momento in cui un popolo ritrovò un comune sentire collettivo,l'orgoglio di essere "qualcosa" agli occhi del mondo,una specie di rivalsa dopo anni tragici e drammatici che avevano segnato e diviso la coscienza nazionale.Tra i primi a capire il valore di quella vittoria fu proprio il Presidente Pertini il quale,dopo aver gioito per la vittoria della Nazionale dalla tribuna dello Stadio "Bernabeu",disse ai giocatori:"Non vi rendete conto di ciò che avete fatto per il vostro Paese".

Per capire,infatti,il significato di quella vittoria occorre ricordare cos'erano stati gli anni immediatamente precedenti al 1982,cosa era accaduto in Italia alla fine degli anni '70.E bisogna partire dal contesto storico-sociale che si viveva in quegli anni,perché anche un fatto sportivo non é avulso dai grandi fatti storici.Perché ogni fatto,sociale,politico e anche sportivo,ha diramazioni precedenti e influenze successive.L’atmosfera che si viveva in Italia tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli Ottanta era molto cupa."Anni affollati... per fortuna siete già passati",cantava,con amara  ironia,alla fine degli '70,Giorgio Gaber,uno che i fatti sociali e di costume dell'Italia di allora li seppe sempre lucidamente "leggere" e "raccontare".




Un periodo che in Italia venne ascritto alla categoria degli "anni di piombo"(definizione ripresa da un film di Margarethe Von Trotta, vincitore della Biennale di Venezia del 1981),termine con cui si vuole indicare un periodo da incubo,un delirio di utopie sanguinose,nel quale il terrorismo politico di matrice opposta,quello delle Brigate Rosse e del terrorismo nero,segnò tragicamente la vita quotidiana degli italiani.



Quegli anni furono squassati da terrori e lutti,dall'estremizzazione di quelli che furono i primigeni moti studenteschi del 1968.Le stragi si succedevano alle stragi,a partire da quella del 12 dicembre 1969 di Piazza Fontana a Milano,fino a quella del 2 agosto del 1980 alla stazione di Bologna.

Ma quel decennio fu,per l'Italia,anche una grande stagione di crescita culturale,politica e di riforme sociali e civili:lo Statuto dei Lavoratori,l'istituzione delle Regioni,la riforma della scuola e la nascita di un'università di massa;le leggi sul divorzio e sull'aborto,la legge 180 sulla malattia mentale,conosciuta come legge Basaglia,l'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale.Un percorso di modernizzazione e democratizzazione che recepiva le speranze del precedente decennio.

Gli anni '70 diedero dunque all'Italia una prospettiva di rapido e profondo cambiamento.Eppure quel decennio finisce con una disgregazione sociale e una crisi politico-istituzionale mai più ricomposta.Il paese "sperato" negli anni del boom e della diffusione dei consumi,diviene sempre più il "paese mancato"(la definizione fu dello storico Guido Crainz,che,in un'opera successiva,vide il "funerale della repubblica" celebrato attorno a quella  Renault 4 rossa,nella quale fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro rapito nel marzo '78 dalle Brigate Rosse.Da quegli "anni affollati" e intensi ci si risveglia dentro un mondo completamente cambiato che solo pochi "profeti",come Pasolini,avevano intravisto già diversi anni prima.

In Italia,infatti,sul finire del decennio accaddero due avvenimenti che aggravarono ancor di più la situazione.Il 16 marzo del 1978 Aldo Moro  fu rapito  dalle Brigate Rosse che poi lo assassinarono il 9 maggio.Un'azione che mirava a colpire la strategia politica voluta proprio da Aldo Moro tesa a coinvolgere   il Partito Comunista di Enrico Berlinguer nell'area di governo per puntellare la tradizionale centralità democratico-cristiana.Due anni dopo,il 23 novembre del 1980,una violenta scossa di terremoto con epicentro tra Campania e Basilicata provocò migliaia di morti e immani distruzioni,con paesi letteralmente rasi al suolo.



Lo stesso mondo del calcio subì un duro colpo nel 1980,in piena organizzazione dei mondiali spagnoli,quando scoppiò lo scandalo del Calcioscommesse.Le auto della Guardia di Finanza andarono fin dentro gli stadi per prelevare direttamente alcuni calciatori accusati da alcuni faccendieri di avere operato per truccare alcune gare.Quell'inchiesta sarebbe poi sfociata nella squalifica di nomi illustri del calcio italiano, primo fra tutti Paolo Rossi,che poi in Spagna diventò,con le sue reti,l'eroe della Nazionale allenata da Enzo Bearzot che vinse appunto i Mondiali.Quello scandalo fece all’improvviso scoprire come ormai il calcio non fosse più l’isola felice e spensierata che gli italiani credevano.Questo era,quindi,il quadro di quel periodo. L’Italia aveva bisogno di qualcosa, un simbolo cui attaccarsi, una guida che la tirasse fuori dal periodo buio, che indicasse un sentiero di speranza.

Quella data,l'11 luglio 1982,la sera della vittoria Mundial,fu una data che chiuse e aprì un’epoca.Un'epoca cominciata con un’altra data anch'essa(questa volta tragicamente)simbolo della storia nazionale:il 12 dicembre 1969,giorno della strage di piazza Fontana,a Milano.Come la bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura concluse il tempo incominciato con l’irruzione dello sviluppo tecnologico in un Paese in larga parte ancora premoderno,la vittoria contro la Germania segnò una linea di cesura con il tempo precedente.Il segno di passaggio dall'uno all'altro tempo fu tracciato non tanto dal goal di Paolo Rossi(che sbloccò lo zero a zero)e nemmeno da quello di Altobelli (che chiuse la partita),ma dal secondo gol,quello di Marco Tardelli,un gran tiro da fuori area seguito da una irrefrenabile e strepitosa corsa sul prato del Bernabeu.

L’urlo liberatorio di Tardelli incarnò il desiderio di un popolo che si era stancato del sangue e voleva dimenticare le stragi,la violenza,gli estremismi politici che avevano costellato,con la lunga teoria di foto di bare immortalate nel bianco e nero dei giornali,il passato più recente. Senza volerlo,la corsa fanciullesca di Tardelli,fu un manifesto di discontinuità,ebbe il valore progettuale di gridare al mondo che anche in Italia,come nel resto dell’Occidente,ci si cominciava ad allontanare dalla grigia pesantezza ideologica che aveva condizionato gran parte del secolo breve,secondo la definizione dello storico inglese Hobsbawm.Quell'urlo fu il segnale della rinascita e della ripresa dell'Italia intesa come Nazione, prima ancora che come Nazionale calcistica,facendo capire che era possibile "vincere", uscire dal buio.L’immagine dell’Italia nel mondo ebbe una scossa positiva straordinaria.Il Paese si svegliò "vincente" nella vita sociale di tutti i giorni e anche nello sport e quell'urlo ci insegnò la lezione più importante:quella di non rinunciare mai ai sogni,nello sport come nella vita.



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