18 agosto 2018

QUEL PONTE D'ITALIA



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Quello che è accaduto il 14 agosto 2018,e cioè il crollo del Ponte Morando di Genova,è una tragedia che rimarrà per sempre nell'immaginario collettivo del popolo italiano.Come tante altre tragedie di questo Paese,come il crollo della diga del Vajont,ad esempio;o l'alluvione di Firenze o il terremoto dell'Irpinia e della Basilicata che fece 3000 morti e decina di migliaia di sfollati.O come i terremoti d'Abruzzo o delle Marche e le tante,troppe alluvioni,molte proprio in Liguria.E di questa tragedia rimarrà,come simbolo e metafora,quel camion rimasto lassù,a poche metri dal vuoto,con il motore ancora acceso ed i tergicristalli che hanno continuato ad andare per giorni mentre giù si scavava tra le macerie,e il numero dei morti continuava a salire.Sì,un simbolo e una metafora di quello che oggi è questo Paese.Perchè uno pensa di vivere in un Paese normale,dove si costruiscono non "grandi opere",ma le opere necessarie per l'evoluzione e la modernità di una nazione che deve tenere il passo di altre economie emergenti nella economia complessiva del villaggio globale.Un Paese che cura le infrastrutture esistenti,che sostituisce quelle obsolete,che progetta il proprio futuro e raccoglie le sfide della modernità.Oggi lo sceriffo Salvini cerca colpevoli e offrirà all’opinione pubblica lo scalpo di qualche funzionario.Con la solita richiesta all'Europa della solita "flessibilità" sui conti italiani,giustificandola con questa tragedia,fingendo di non sapere che l'Europa ha già concesso all'Italia più di 10 milioni(non spesi)proprio per le opere pubbliche.E poi ci saranno i moderni Torquemada,Di Maio e Toninelli,novelle tricoteause,pronti a raccogliere teste rotolanti dalla ghigliottina mediatica,perchè il giacobinismo da ghigliottina è nel DNA dei grillini.Con tanti saluti allo Stato di diritto e alla elementare norma di civiltà giuridica della presunzione di innocenza.Ma le colpe e le responsabilità sono anche altre e vanno al di là della cultura forcarola grillina e della loro strampalata teoria economica della "decrescita felice".Esse vanno al di là dello squallido omuncolo populista padano che fa i selfie nella Cattedrale di Genova,durante la cerimonia religiosa in suffragio delle vittime.Perchè tutto ha un perché.Un Paese che ha fatto strade nel mondo dal tempo dei romani,che ha progettato fantastiche opere di ingegneria e architettura nei secoli,che ha prodotto i migliori architetti e ingegneri della storia,da Leonardo da Vinci al Brunelleschi da Michelangelo al Bernini,a Pier Luigi Nervi,a Stefano Trevisani(che ha progettato la Diga di Mosul in Irak)a Renzo Piano,Stefano Boeri,Gae Aulenti,Bruno Zevi e Paolo Portoghesi e Aldo Loris Rossi,è ora imprigionato nella miseria burocratica e culturale del non fare.No al Nucleare,no all'eolico,no al carbone,e relativa,pesante dipendenza energetica da altri Stati.E poi "No" e ancora "No".No a ponti,ferrovie,strade,e altre "grandi opere"delle quali una nazione che ambisce ad essere la 7° economia al mondo non può fare a meno di dotarsi.Ed invece tutto si esaurisce in polemiche,pretesti per furiose battaglie ideologiche.E così fra le vittime del ponte Morandi,ci saranno anche la Tav,la Tap,il ponte sullo Stretto e tante altre ambizioni di un fragile Paese che crolla.E questo ricordando proprio l'opposizione grillini ai progetti di variante al Ponte Morando da parte del comico di Genova,quando i 5stellati definirono "barzelletta" l’obsolescenza del ponte e definendo una "favoletta" quella secondo la quale il ponte poteva crollare di lì a poco.Mettiamoci poi un territorio nazionale ad elevato rischio sismico e i dissesti e disastri idrogeologici dei quali è in gran parte responsabile l'avidità e l'interesse politico-clientelare,e il quadro è completo.Ma le alluvioni,i terremoti,i cambiamenti climatici non giustificano il terribile ritardo culturale delle attuali ceti dirigenti.Se il governo pentaleghista volesse battere un colpo,dare prova di fare qualche cosa di sensato dopo le sguaiate grida razziste salviniane,e la discesa nel medio evo,ci sarebbe da lanciare,questo sì,un grande piano di rinnovamento delle infrastrutture.E non solo sulle autostrade,ma nche per le scuole e gli ospedali.Questo otterrebbe il consenso di tanti italiani.Perchè l'Italia è come quel camion rimasto lassù sul Ponte,sull'orlo del precipizio.Fermo,immobile,anch'esso con il continuo terrore di precipitare nel vuoto di decisioni governative e istituzionali e in attesa che qualcosa si muova finalmente.Perchè questo Paese,come quel camion,ha ancora il motore acceso e una grande voglia di ripartire.Ma purtroppo manca l'autista,manca un governo serio e responsabile che sappia guidare il Paese verso il futuro,sapendo che grande passato ha avuto l'Italia.

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