24 agosto 2018

UNA VITA SOTTO IL PONTE

 

 
Michele Guyot Bourg è un fotoamatore di 88 anni,che alla fine degli anni '80 documentò,con un viaggio fotografico,la vita della gente che abitava nella ormai tristemente conosciuta via Fillak di Genova,sotto il ponte Morandi.Da lì ne nacque una mostra dal titolo "Vivere sotto una cupa minaccia",che fu accolta con diffidenza,se non con ostilità,soprattutto dalle autorità politiche di Genova,ma che poi ebbe successo in altre città,da Milano a Pescara.Oggi le sue foto,riproposte su Facebok,hanno raggiunto più di 40.000 condivisioni.
Sono foto in bianco e nero,foto fine anni '60.Foto che fermano un istante di vita di gente qualunque,di gente che fa cose comunissime.Scene di ordinaria normalità.Scene di ogni giorno come se ne vedono tante in tante parti d'Italia:leggere il giornale,stendere i panni,giocare a bocce,sfogliare un album di vecchie fotografie per ricordare pezzi di vita di una vita fa.Oppure aprire al mattino la finestra e guardar fuori che giorno che è,che vita che fa.Ma in quel posto,in quelle case,in quella strada è diverso.Quella gente vive(viveva)in quelle case,in quei posti,sotto un ponte costruito 50 anni fa.Un ponte,il ponte Morandi,che collega(collegava)2 parti della città di Genova.Ma,a guardar bene,quel ponte collegava commercialmente ed economicamente 2 pezzi d'Italia e 2 pezzi d'Europa.Da un lato il mare,le navi,che ogni giorno sbarcano centinaia di tonnellate di merci che poi i camion trasporteranno in tutta Italia e in tutta Europa.Dall'altro le terre d'Italia e d'Europa,verso le quali quei camion trasporteranno quelle merci,passando tutti i giorni,insieme ad un traffico automobilistico in questi 50 anni cresciuto a dismisura,proprio lì,sopra quel ponte e sopra quelle case.E sopra la gente che in quelle case ci abitava da più di 50 anni.Quella gente,manco ci faceva più caso a quei camion e quelle auto che passa(va)no a pochi metri dalle loro finestre,dai balconi,dai terrazzi,e che a volte in quelle case sembrano quasi che c'entrassero,tanto c'erano abituati.Così,con indifferenza,continuano a leggere il giornale o sfogliare quel vecchio album di fotografie,a stendere i panni o a giocare a bocce,senza sentire il boato dei motori che ogni giorno martellano il cervello.Poi un giorno il ponte si spezza,il ponte crolla,il ponte ingoia tante esistenze e restituisce ai soccorritori tanti morti.E si spezzano quei collegamenti tra 2 parti di Genova,d'Italia,d'Europa.Ora la gente di sotto il ponte non ci potrà essere più a Via Fillak,lì a Genova.Anche la gente del ponte in un certo senso un pò ne muore anch'essa.Le loro vite non potranno esserci più,là sotto il ponte.Devono andare via,da qualche altra parte,chissà dove,ma sotto il ponte proprio mai più.Certo,non è che fosse una gran vita quella vita sotto il ponte.Eppure quella era la vita della gente del ponte,faceva parte della proprie esistenze,e così quella vita pure gli mancherà,insieme alle tante cose,ai tanti ricordi che lì ha dovuto lasciare.Perchè dopo tanti anni valla a ricostruire di nuovo un'altra vita in un altro posto che dopo 50 anni non sarà più quella di Via Fillak.


  

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