23 febbraio 2013

ANCORA COME ALLORA

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Otto anni.Per otto anni Lucio Anneo Seneca,il famoso filosofo romano,fu esiliato dall'imperatore Claudio  in Corsica.Otto lunghi anni nei quali la vita politica,le istituzioni,i costumi romani erano nel frattempo cambiati profondamente.Degenerati.E forse fu per questo che quando rientrò a Roma,Seneca provò dapprima un senso di acuto disagio nel vedere come era stravolta la vita a Roma durante la sua forzata assenza.E forse fu per questo che il disagio si trasformò ben presto in disgusto.Un disgusto ancora più profondo nel trovare "certe" pratiche sociali dell'Urbe,nell'assisitere al traviamento dei fondamenti politico-sociali dell’Urbe,alla disgregazione dei valori e delle idealità proprie dell'antica Roma.
E forse fu questo ad indurlo,nella sua opera "De brevitate vitae",a dare il "consiglio" antiromano di lasciare la vita pubblica e fare vita ritirata (otium).Perchè la vita è troppo breve, diceva Seneca,e non va persa in occupazioni vane e vuote.Non va trascorsa,diceva il filosofo,in "quel" tipo di vita sociale e politica nel quale si era oramai stratificato il vivere pubblico ed istituzionale di Roma.Perchè,secondo Seneca,"quel" tipo di partecipare alla cosa pubblica,quel "certo" vivere politico di Roma,non erano altro,ormai,che spreco di tempo e dissipazione di sé,corruzione di idealità e moralità,pubbliche e private.
Nel "De brevitate vitae" tutto è messo in discussione della società romana:i "negotia",cioè le cariche pubbliche o quantomeno il modo in cui queste venivano esercitate.E poi gli "officia",gli "obblighi sociali".L'assenza,nella gente,di un comune "sentire" la cosa pubblica.
E Seneca "parlava" di quei modi d'essere  e di fare che formavano la rete delle relazioni sociali di Roma.Perchè queste forme di rapporti gerarchici s’andavano sempre più modellando sul rapporto del Potere,impersonificato nell'Imperatore sul cittadino-suddito,che poi non era nient'altro che la riproduzione del rapporto padrone/schiavo.Il tutto,ovviamente ed inevitabilmente,in una logica fondata sul potere,sul danaro.
Roba di secoli fa,di millenni fa,si potrà dire.Sì.Vero.Certo.Ma anche e purtroppo "roba" dei giorni nostri,dei giorni che ancora,come allora,vive questa nostra misera Italia,se solo si pensa ai modi di gestire i"Negotia",nei luoghi dove i "negotia" si dovrebbero esercitare.In Parlamento,per esempio.Nelle Regioni per esempio.Nella nostra classe politica,disgregata moralmente e corrotta intellettualmente e materialmente.E con uno Stato-Padrone che ancora tratta il cittadino da suddito,invece che essere al suo servizio.
Ma forse anche noi cittadini abbiamo la nostra parte di responsabilità.Perchè spesso siamo anche noi ad accettare di essere sudditi.Perchè ci "acconciamo" a ricevere favori e prebende,girando la testa dall'altra parte,senza reagire alla violenza dello Stato Padrone.Che per questo,per mancanza di presenza di Uomini e di Intelletti,diventa anche Stato Ladrone.

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