Scritto tra il 1943 e il 1944 fu poi pubblicato nel 1945.Son trascorsi quindi 80 anni dalla prima edizione per Einaudi del romanzo-capolavoro dello scrittore torinese Carlo Levi "Cristo si è fermato ad Eboli".Carlo Levi fu persona di grande ricchezza intellettiva,derivatagli anche dalla frequentazione dei circoli culturali torinesi.Oltre che scrittore,infatti,egli fu anche pittore di notevole successo.Era laureato in medicina e nel periodo degli studi,conobbe,tramite lo zio,Claudio Treves,figura di rilievo del Partito Socialista Italiano,Piero Gobetti, che lo invitò a collaborare alla rivista La Rivoluzione liberale introducendolo poi nella scuola del suo amico e pittore Felice Casorati, intorno alla quale gravita l'avanguardia pittorica torinese,conoscendo poi anche personalità come Cesare Pavese,Antonio Gramsci, Luigi Einaudi.Nel 1931 si unì al movimento antifascista di "Giustizia e libertà" di Carlo Rosselli.Per la sua attività antifascista Levi venne dapprima arrestato e più tardi mandato al confino nel paese di Grassano,in provincia di Matera.E proprio a Grassano è ambientato quel famosissimo suo romanzo.
I critici hanno inquadrato il libro di Levi sotto vari generi.Per molti è un libro di memorie, autobiografico,per altri è un saggio di antropologia o di sociologia con aspetti nettamente politici, e per altri ancora è una narrazione romanzesca.Carlo Levi,era un medico,che esercitò poco la professione,avendo egli scelto l’arte, la scrittura e la pittura alla scuola di Casorati.
Ma Levi è conosciuto soprattutto per il suo libro "Cristo si è fermato ad Eboli".Il titolo è spiegato nella prima pagina. Il protagonista quando arriva per la prima volta nel paese dove è stato confinato guarda «quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà».E sono proprio i contadini,consapevoli della propra condizione esistenziale,che dicono allo scrittore:«Noi non siamo cristiani,non siamo uomini,ma bestie,bestie da soma".… per noi Cristo si è fermato a Eboli"(che per loro rappresentava il luogo più vicino di civiltà e umanità).Perchè "Cristiano" nel loro linguaggio vuol dire umanità,dignità.
Quelle terre di Lucania,così aride e argillose,infestate all’epoca dalla malaria,quelle terre assolate e polverose d’estate sono luoghi abbandonati anche da Cristo.E in quelle terre le stagioni si ripetono una uguale all’altra,nei loro immutabili riti antichissimi,intrisi di magia e di credenze,che scandiscono la vita degli uomini in un rapporto con la natura invariato,in cui uomini, donne, animali e spiriti vivono in un unico mondo.Straordinarie le parole dello scrittore quando dice:"Ogni anno è identico al precedente, e a tutti quelli che sono venuti prima, e che verranno poi, nel loro indifferente corso disumano". Il domani è un futuro fuori da tempo,in un "crai"(dal latino cras,"domani")contadino, fatto di vuota pazienza, via dalla storia e dal tempo e dove(....)«nell’uguaglianza delle ore, non c’è posto né per la memoria né per la speranza».
Levi,così,"entra" in questo mondo "altro" di contadini osservandolo nelle sue lunghe passeggiate per i borghi e le case antiche,accompagnato solo da un cane.Sulla piazza del paese viene accolto dalla comunità dei «signori» locali,nei confronti dei quali egli prova subito ripugnanza per quel loro "espropriare",quel loro sfruttamento,materiale e morale,dei contadini, che si spezzano la schiena su una terra arida e per i quali,invece,lo scrittore finisce inevitabilmente per simpatizzare.
Lo scrittore prende una casa in paese,e per il lavoro domestico gli viene consigliata Giulia, «una strega contadina»-così viene definita dalla gente-che lo accudisce e gli insegna le pratiche magiche,una sorta di medicina tradizionale.Levi descrive Giulia come una donna con un viso di «un fortissimo carattere arcaico,di una antichità misteriosa e crudele».E sembra rileggere l’operetta morale di Leopardi "Dialogo della natura e di un islandese".
Così Levi, medico e uomo di cultura,incrocia gli insegnamenti magici con il sapere moderno, acquisendo grande popolarità tra i contadini. Viene indotto a riprendere la pratica medica, perché i medici del luogo non sanno nulla della medicina,presi solo dalla preoccupazione di estorcere denaro ai contadini. Egli pensa di poter fare qualcosa per estirpare la malaria e presenta un piano al podestà fascista che finge di sostenerlo inviandolo alla prefettura di Matera,ed invece, alla fine,gli giunge il divieto di esercitare la professione.
Ma,pur di non abbandonare i "suoi" contadini,comincia ad esercitare di nascosto, tollerato dalle autorità stabilendo con gli abitanti del paese un legame affettivo, che sarà doloroso sciogliere quando poi partirà.Alla fine del libro vi sono alcune pagine politiche, nelle quali lancia un’invettiva contro «la piccola borghesia dei paesi»,definita «una classe degenerata,fisicamente e moralmente»,che ha contagiato l’intero Paese e che è destinata a permanere anche nelle «nuove istituzioni che seguiranno il fascismo».A leggerlo oggi,sembra una visione profetica,anche se Levi sperava in «una rivoluzione contadina»,con quella sua concezione della questione meridionale che egli vedeva possibile nella coesistenza di due diverse civiltà(quella contadina e quella borghese)nella liberazione dalla miseria e nell’abolizione di ogni potere dei grandi proprietari e della piccola borghesia.
Seguace di Gobetti, del suo liberalismo illuministico e democratico, Levi risente anche della corrente del neorealismo, negli anni dell’immediato dopoguerra,quella corrente ripercorsa anche dal cinema italiano del periodo,con il bisogno di tornare a raccontare la realtà dopo la sbornia retorica del fascismo.
Lo stile nitido della scrittura di Levi sta tutto in quelle sue descrizioni del paesaggio desolato di quelle terre che influiscono così tanto sullo stato d’animo dell’autore.Quello stato d'animo è splendidamente descritta dalla magistrale interpretazione di Gianmaria Volontè che interpretò lo scrittore torinese nella trasposizione televisiva con la regia di Francesco Rosi.
Il libro si chiude con alcune riflessioni di ordine generale, antropologico, sociologico o direttamente politico.Ed è un insieme di figure allegoriche,quello che emerge dal capolavoro di Levi.L’allegoria principale che permea il libro, fa emergere gli aspetti primitivi della condizione umana, che la modernità mette fuori dalla storia. Per questo Cristo si è fermato ad Eboli: dove si ferma la ferrovia, a Eboli appunto, si ferma anche la storia.
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