I dati forniti dall'Istat sui poveri assoluti in Italia sono impressionanti:5,6 milioni;un milione in più del marzo dell'anno scorso,quando il Covid era ancora una minaccia.Vuol dire che oggi quasi un italiano su dieci(il 9,4% della popolazione)fatica a far fronte ai bisogni essenziali: mangiare,curarsi,coprirsi se è freddo.Per non dire delle bollette e dei mutui.Sono numeri che nell'immediato ti impressionano,ma che poi,poco a poco,ti scivolano via,li scarichi dalla mente,e magari dalla coscienza.Dietro a ciascuno di quei numeri c'è una storia:un uomo,una donna,un bambino,un anziano,con i loro problemi e drammi quotidiani.E dopo i tanti,troppi poveri che già c'erano,adesso ce ne sono altri ancora,quelli che già facevano fatica e che il covid adesso ha gettato nel girone infernale della povertà.Così,come chi già in quel girone infernale c'era già,anche loro,adesso,son costretti a mettersi in fila nei posti dove ti danno un sacchetto di cibo gratis(ad esempio quelli della Caritas)dei vestiti o medicine,tutti "lussi",che ormai non possono permettersi più.E certamente provano vergogna a ritrovarsi lì,con la mano tesa,obbligati a chiedere,scivolati,quasi senza accorgersene,tra una bolletta o un affitto che si fatica a pagare,sotto la soglia che li divide da quelli che arrancano ma ancora resistono:gli italiani del gradino appena sopra,classificati nella categoria:"povertà relativa".Anche quelli,però,sono una fascia in allargamento(8-9 milioni di persone)che vivono in una vita ogni giorno più precaria,dove la battaglia per una vita dignitosa è quotidiana e non sempre la si vince.E in quei numeri ci sono anche bambini e ragazzi che,per le situazioni di necessità delle loro famiglie,altro che didattica a distanza,loro le scuole rischiano proprio di non finirle,candidati a un futuro senza futuro.La pandemia ha accelerato brutalmente il processo di impoverimento.Redditi decurtati,o in via di estinzione(quando terminerà il blocco dei licenziamenti)esercizi commerciali chiusi e chissà quando e se riapriranno.Salto in basso dal precariato alla disoccupazione.Sempre più indigenti che si presentano ai servizi sociali e alle mense della Caritas per chiedere un aiuto:lavoratori saltuari e irregolari,lavoratori in nero che proprio per questo di indennizzi e cassa integrazione non potranno mai beneficiare,e anche quelli che potrebbero fruirne,dopo mesi non hanno visto un solo euro.Vecchi e nuovi poveri.Sono stati promessi aiuti economici dal governo e dall'Europa.Ma anche questi aiuti non basteranno per impedire una drammatica crisi sociale.E non basterà l’impegno incredibile delle associazioni no profit,che stanno facendo l’impossibile per alleviare le sofferenze di un numero sempre crescente di sofferenti e bisognosi.E non basteranno redditi di cittadinanza o di emergenza,anche se utili nel breve periodo,ma inevitabilmente a tempo.C’è una frase di Ermanno Olmi,scrittore e regista degli umili e degli ultimi,che bisognerebbe tenere sempre a mente."Occorre andare a scuola di povertà per contenere il disastro che la ricchezza sta producendo".Quella ricchezza fatta di arrivismo,spregiudicatezza e affarismo che non si è fatta scrupoli di lucrare anche sulla pandemia,facendo affari nella vendita di mascherine e altro materiale sanitario di cui la gente fa uso in questo tempo di angoscia e necessità.Una ricchezza che offusca valori e ideali.Una ricchezza che sta producendo guasti profondi che i numeri dell’Istat non riescono a rendere.E' un altro virus,un’infezione sociale che sta "contagiando" troppi italiani a danno di tanti altri italiani.Dall'Europa stanno arrivando fondi per far far fronte alla crisi economica che il virus ha provocato.Tra questi ce ne dovrebbe essere uno dedicato alla voce:"Progetto dignità per la povertà.Per non abbandonare una parte del Paese alla deriva".Quella parte di Paese è il Mezzogiorno d'Italia che,come sempre,paga i costi più alti.Ma in questo nuovo e inedito tempo,ormai è tutta l'Italia in sofferenza,perchè la pandemia dell’indigenza ha rotto gli argini geografici, e da questo punto di vista non esistono più zone bianche.Finché quelli dell'Istat rimangono numeri,grafici e tabelle,la povertà indigna ma non impegna.Ed ognuno di noi rimane chiuso nei recinti dei propri egoismi.Ma il guaio è che quella povertà rischia di esondare fuori dagli argini e allora il problema non è più soltanto umanitario.E',invece,una vera e propria bomba sociale che può esplodere nelle strade del Paese.Ed è perciò qui che deve orientarsi l’orizzonte delle scelte di un governo.Tenere il Sistema Paese,farsi carico soprattutto dei problemi di queste fasce di popolazione.Fare "whatever it takes",a ogni costo e subito,per attutire,nell'immediato,l'impatto economico dei bisogni e della sopravvivenza quotidiana.Ma subito dopo occorre che il Governo parli un linguaggio nuovo,guardando negli occhi questo Paese impaurito,smarrito e senza bussola.Occorre spiegare qual'é la rotta che si vuole impostare per portarlo in salvo e forse allora tutti riacquisterebbero un minimo di fiducia e i primi sarebbe proprio la gente che la rotta teme di averla già persa,che si sentono abbandonati,che hanno smesso di crederci.E' tanta quella gente,sono un numero grande,sono 5 milioni 600 mila,un numero enorme,composto di singoli addendi,e ogni addendo è una storia,un cittadino,con gambe,testa e cuore.La disperazione di questi tanti è,per ora,muta e invisibile.La terza ondata del coronavirus sta già peggiorando ulteriormente le aspettative che pure ancora nutrono dalla vita.C'è bisogno,perciò,che lo Stato,con una concreta azione,dia dare loro coraggio,che li faccia sentire parte del piano,protagonisti di un progetto di società solidale,di una umanità nuova e onnicomprensiva,di istituzioni sempre all'ascolto dei bisogni e pronta a dare risposte concrete.Queste non sono,non devono essere "buone azioni".E' semplicemente un preciso obbligo politico di uno Stato nei confronti di ogni cittadino in ogni momento,indipendentemente dal fatto che si stia vivendo una situazione d'emergenza come questa.Ed è il diritto per tutti i cittadini di non essere ignorati.
Nessun commento:
Posta un commento