Il 15 febbraio 1926,dopo un ulteriore pestaggio delle squadracce fasciste,moriva esule in Francia Piero Gobetti."Era un giovane alto e sottile,disdegnava l’eleganza della persona,portava occhiali a stanghetta,da studioso:i lunghi capelli arruffati dai riflessi rossi gli ombreggiavano la fronte".Così lo scrittore e pittore Carlo Levi,autore delle indimenticabili pagine di "Cristo si è fermato ad Eboli",descriveva la figura di Piero Gobetti.Nato nel 1901,Gobetti ebbe una breve esistenza,vissuta con intensità culturale e politica.Gobetti aveva compiuto 17 anni,quando, ancora studente di liceo,fondò la rivista "Energie Nove",e poi,nemmeno ventunenne,avviava la pubblicazione di una rivista settimanale,"La Rivoluzione Liberale".Fu di solo 8 anni,dunque,l’esperienza culturale e politica del giovane intellettuale torinese.Ma in quegli otto anni il suo pensiero e la sua attività lasciarono un segno originale nella cultura politica dell’Italia contemporanea,soprattutto per il valore etico della sua rigorosa e intransigente opposizione al fascismo trionfante nei primi anni di Mussolini al potere.L’opposizione di Gobetti era motivata fin dall’inizio dalla convinzione che il fascismo fosse,per usare le sue parole,"l’autobiografia della nazione",cioè "un’indicazione di infanzia perché segna il trionfo della facilità,della fiducia,dell’entusiasmo",verso l'uomo forte,un espediente "attraverso cui l’inguaribile fiducia ottimistica dell’infanzia ama contemplare il mondo semplificato secondo le proprie misure",anziché lottare per cambiarlo.Nel giudizio di Gobetti sul fascismo è compendiata la ragione principale del suo impegno militante di intellettuale politico,che lo spinse a bruciare in pochi anni la sua esistenza con una dedizione etica e ideale,pur nella consapevolezza dei rischi che il suo antifascismo intransigente gli avrebbe comportato.Ma Gobetti affrontò questi rischi con una ascetica volontà di sacrificio,senza ottimistica illusione di vittoria,convinto che la stessa testimonianza del sacrificio fosse una affermazione di valore politico in un Paese dove la grande maggioranza della gente era propensa al compromesso piuttosto che al rigore,ed era portata all’unanimità del conformismo piuttosto che all’eresia della critica.Bisogna concepire il nostro lavoro "come un esercizio spirituale,che ha la sua necessità in sé,non nel suo divulgarsi.C’è un valore incrollabile al mondo:l’intransigenza e noi ne saremo,in un certo senso,i disperati sacerdoti".Nell' "Elogio della ghigliottina",scriveva poi che evidentemente necessitavano "persecuzioni personali perché dalle sofferenze rinascesse uno spirito,perché nel sacrificio dei suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse se stesso".Questo ideale di intransigenza derivava dalla convinzione che "la vita è tragica",una concezione,questa,maturata attraverso le letture degli intellettuali che avevano maggiormente contribuito a formare la sua visione della vita,come Benedetto Croce,Giovanni Gentile,Giuseppe Prezzolini,Gaetano Salvemini,Luigi Einaudi, Vilfredo Pareto,ma anche Karl Marx,oltre agli scrittori del suo Piemonte, come Vittorio Alfieri,al quale dedicò la sua tesi di laurea,perchè con il "grande astigiano" si sentiva affine per l’odio verso la tirannide e l’amore per la libertà.Il sogno di rigenerazione nazionale di Gobetti era mosso sempre da quell’urgenza etica,prima che politica,di accelerare i tempi di attuazione della sua rivoluzione liberale.Eppure anche nel solco della sua idea liberale egli vedeva soprattutto nel "movimento operaio una genuina forza di emancipazione capace di svolgere una funzione autenticamente liberale,capace(…..)di concludere in una nuova etica e in una nuova religiosità la lotta contro le morte fedi".Libertà,autonomia,disciplina volontaria,religiosità laica,disponibilità al sacrificio:erano questi i concetti e gli ideali fondamentali della rivoluzione liberale che Gobetti voleva promuovere in Italia e nel popolo italiano nel quale quei concetti e quegli ideali fossero qualità del carattere,virtù essenziale della sua azione e dei suoi obiettivi.In questi nostri giorni di insorgenti nuove forme di totalitarismi e furori ideologici di governi fasciogrilloleghisti,in questo tempo nel quale il popolo chiede ancora l'uomo forte che tutto risolva senza il proprio impegno e il sacrificio etico e ideale,in questo lungo sonno della Ragione,c'è bisogno di riscoprire le parole di Gobetti,invece che di osannare,come una volta si faceva sotto Palazzo Venezia.Questo popolo italiano può riscoprire il proprio grande valore senza populismi,può cambiare le proprie sorti senza governi di un supposto cambiamento.
1 commento:
Ciao Clem, mi cogli impreparata perche' e' un personaggio che non conosco se non di nome.
Certo e' che di queste anime votate ad un ideale se ne sono perse le tracce...
Il tuo testo e' esauriente ma leggero' qualcosa in piu'
Buon tutto
Julia
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