18 ottobre 2018

LE COSE DI CASA




Provo a immaginare come se in mezzo a quella gente ci fossi anch'io.Come se anch'io,come gli altri,come gli altri sfollati di sotto il ponte di Genova,stessi aspettando il mio turno per andare su,per tornare a casa,in quella che per 50 anni è stata casa mia per recuperare qualche cosa,un mobile,qualche capo di abbigliamento e qualcos'altro.Che poi "tornare" significa tornarci solo per poco,2 ore o giù di lì.Con il pensiero(e la paura)che se succede qualcosa,se scatta l'allarme,ci sono solo 4 minuti(come hanno detto i vigili del fuoco)per lasciar tutto e correre giù in strada.Ed ecco,è venuto il momento,è venuto il mio turno per salire su in casa,lì in quella palazzina dove c'era casa mia.E mentre salgo incontro la gente che è salita prima di me.Scendono con grandi scatoloni e buste e qualche valigia.Li guardo e li vedo piangere,tremare,singhiozzare,mentre vanno via con tutta quella tanta,pochissima roba che hanno raccolto che in quella che era stata casa loro. E penso a come troverò adesso casa mia. Mi ripeto mentalmente a quello che ho pensato nei giorni prima,a quello che subito e soprattutto devo prendere tra tutta la roba di casa mia. Perché il tempo è poco,anzi pochissimo.Penso che per prima dovrò prendere le cose che da subito mi serviranno da usare, alle altre che serviranno a mantenere la Memoria.Ecco,apro la porta.Un tuffo al cuore.E' tutto come un orologio fermo,bloccato sulle 11.36 di quel piovoso giorno del 14 agosto.Rivedo i mobili, i vestiti,i piatti,le foto,i quadri,i giocattoli dei bambini.I libri, le coperte, le lenzuola,il rasoio, i gioielli, il televisore, la vecchia radio anni '60 ,la cara vecchia "Radio Allocchio Bacchini",che non ho voluto dar via per nessun motivo perché tanto mi racconta(va) dei miei anni bambini.E poi ancora i bicchieri di cristallo, i soprammobili, i quaderni delle elementari, i cappotti, le tovaglie di Natale.Ecco è questa,è qui che ho lasciato la mia vita quel 14 agosto.E' qui quella tanta,piccola vita mia,tutta la mia vita a un metro da me.La macchinetta del caffè,pronta tutti i giorni per celebrare il sacro rito del caffè con le tazzine del servizio della nonna.Ecco,m'aggiro dentro casa e prendo questo e quello e guardo quel tanto,quel niente, il superfluo che me l'ha resa cara,questa casa di 50 anni fa.Ogni angolo, ogni oggetto un ricordo,il tempo infinito che c'è stato dentro quella casa;quel tempo e quello spazio dentro il quale entravo quando tornavo e adesso di più capisco che quella casa,il caldo di quella casa,è dentro di me.In quella casa ci sono cresciuto e ne ho viste di cose belle,di cose tristi;quella casa è dentro di me,in quella casa ci sono stato.Fino a a quel 14 agosto di una vita fa. E adesso devo mettere quel mondo e l'anima e la vita di quel mondo dentro a due o tre scatoloni e qualche valigia,ed anche presto lo devo fare.Due ore di tempo e cinquanta scatoloni di spazio,non un minuto oltre,non un scatolone di più.Quegli scatoloni che si riempiono così presto e di così poco,con il così tanto che ne resta fuori.Ecco,son fuori in strada.Mi fermo,poggio per terra gli scatoloni e le valigie,mi volto e guardo lassù casa mia,quella casa di 50 anni fa,quella casa di una vita fa.E mentro la guardo,mentro so che tant'anima ci lascio,mi viene incontro tanta gente.Microfoni e telecamere e giornalisti e radio e tv."Cosa ha provato quando è salito su"?chiedono.E cosa può mai risponderti la gente che una volta abitava sotto il ponte di Genova con quello che ha in cuore in quel momento.E' così che m'immagino come potrebbe essere per me essere lì,come se anch'io fossi uno della gente di sotto il ponte di Genova.Non faccio fatica a immaginarlo,perchè per me quelle scene sono il rivivere un qual cosa di già visto e vissuto,di già "sentito" soprattutto.E' rivivere  "quella" sera di "quel" 23 novembre 1980;la sera del terremoto delle mie terre,dell'Irpinia e della Basilicata.E le ore immediatamente successive alle 19.43 di quella terribile domenica,quando,dopo quelle scosse paurose,risalii su in casa,a prender ualche coperta,cappotti e qualcos'altro,nemmeno ricordo.E le tante cose e la tanta vita che dentro ci lasciai per sempre dentro quella casa.E poi ricordo quei 300 giorni e più che ci vollero per tornare dentro casa,dentro casa mia.Ma una casa diversa,perchè non era più la casa di prima.Io,però,almeno l'avevo una casa,tanti altri sotto le loro case erano rimasti in quella sera di quel 23 novembre.
 
 
 
 
 
 

 
 
 

 
 
 








 
 
 
 
 
 
 
 
 

2 commenti:

Julia ha detto...

Ciao Clem, grazie della costanza nonostante il cannocchiale sia ormai morto ( lo tengo per affezione ) e la mia poca presenza...
Spesso anche io faccio come te, mi metto nei panni altrui, una strana forma di empatia perche' non si puo' andare a confortare di persona questa gente, sebbene mi piacerebbe...
I giornalisti a volte dimostrano una gran dose di ignoranza e poco tatto, non pensano si limitano a fare spettacolo. E' uno dei motivi per cui molto spesso evito i telegiornali e leggo le notizie sul giornale.
Bellissimo il tuo post sulla storia, quella fine ironia e' stata perfetta.. Mi piacerebbe vederlo pubblicato su tutti i quotidiani...
Un saluto Clem e buon fine ottobre

Clem ha detto...

Ciao Julia, meno male che posso continuarti a seguire su blogspot,anche se il primo amore"(Il Cannocchiale)non si può scordare perché lì c'è tanta parte di te,dei tuoi libri,delle tue riflessioni,dei tuoi viaggi,tutto materiale culturale e di sentimenti che però non sono andati perduti,fortunatamente.Vengo sempre volentieri sul tuo blog perché ci trovo stimoli interessanti.In special modo quest'anno per il quale hai scelto il tema di artisti poco conosciuti(almeno da me,sulle opere dei quali,perciò,vado ad approfondire sul web o su libri di critica letteraria o pittorica).Interessantissimo proprio Josef Capek sul quale da ultimo ti sei soffermata.Grazie per il commento sul post di storia e per aver sollecitato (per un solo attimo,per carità) la mia presunzione e vanità...ma sono ben consapevole che questi post non possono che rimanere qui,tra le quattro mura di questo blog,sul quale mi piace scrivere ogni tanto qualcosa,quando avverto la necessità di dire qualcosa molte volte per l'insofferenza della realtà che ci circonda…..
Buon fine ottobre anche a te,in attesa del tuo post di inizio mese di novembre :-)
Ciao, Clem