Erano le 19.34 del 23 novembre 1980 quando il terremoto scosse con una forza spaventosa le terre di Campania e Basilicata.Durò 90 secondi quel terremoto.90 terribili,tremendi, interminabili secondi.Erano le 19,34 del 23 novembre 1980,di quel giorno di 35 anni fa quando,in 90 secondi,si consumò l'immane tragedia.La terra tremò in Campania e Basilicata.E ci furono tremila morti.E ci furono novemila feriti.E ci furono trecentomila sfollati.Dopo il terremoto del 23 novembre 1980,dopo 35 anni,è legittimo chiedersi:che è accaduto dopo quel giorno?Cosa è cambiato al Sud,dopo 35 anni, dopo il terremoto del 23 novembre?Credo,temo,che la domanda sia domanda retorica.Che la risposta sia "niente" o "poco".Ma a tale domanda possono a mio avviso meglio rispondere le parole contenute nel bel libro di Franco Compasso "Dopo il 23 novembre".Franco Compasso è stato rappresentante di spicco del Partito Liberale Italiano negli anni '70 e '80.Di quel partito fu anche parlamentare europeo.Ma ancor più Franco Compasso fu un fine intelletto culturale e sensibile studioso delle tematiche meridionalistiche,problema ormai secolare dai tempi dell'Unità nazionale ad oggi. Ecco perché mi è sembrato che le parole di Franco Compasso siano ancor oggi capaci a dire quel che è stato dopo quel 23 novembre,cos'è successo al Sud nei 35 anni dopo il terremoto,cos'è ancora oggi la "Questione Meridionale".
DAL LIBRO "DOPO IL 23 NOVEMBRE" DI FRANCO COMPASSO
Dopo il 23 novembre:che fare per il Sud devastato dal terremoto ? Quei terribili 90 secondi hanno fatto tremare il Mezzogiorno, già sconvolto da una crisi profonda e saccheggiato da una rozza gestione clientelare del potere, ed hanno scosso il "Palazzo" già indebolito dall'infuriare della "Questione morale". Il Sud del terremoto è quello di sempre: sottosviluppo, emigrazione, assistenza clientelare. Il terremoto ha solo squarciato i veli dell'antico malessere ed ha messo a nudo i guasti di un sistema clientelare ed arrogante,, i limiti di una classe dirigente che si è adagiata nella comoda gestione assistenziale. Il terremoto ha aggravato l'antica condizione di depressione che caratterizzava le aree interne dell'economia dell' "Osso" ed ha messo in ginocchio una economia già provata dalla crisi strutturale dell'agricoltura di sussistenza, tenuta in piedi dalle rimesse degli emigrati. Il terremoto in Campania e Basilicata ha chiamato il Paese a discutere e a decidere sull'avvenire del Mezzogiorno, a tradurre in scelte operative concrete e non più rinviabili quella centralità della questione meridionale elusa per decenni e tornata, con violenza, alla ribalta in soli 90 secondi. Emergenza e ricostruzione non sono due momenti separati. L'emergenza non può continuare all'infinito, la ricostruzione non può attendere venti anni. La ricostruzione deve tendere all'obiettivo dello sviluppo del Sud. Se vogliamo rendere operante il sentimento umano e politico della solidarietà che tutti abbiamo sentito durante i 90 secondi dell'apocalisse che ha schiantato il Sud, dobbiamo operare perché una nuova qualità della vita prenda il posto della miseria e della disoccupazione, dell'emigrazione e della disgregazione. Solo così avremo onorato i nostri fratelli morti e reso giustizia alla disperazione dei vivi.
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