02 novembre 2025

DI UN PASOLINI C'E' SEMPRE BISOGNO





50 anni fa moriva all'età di 53 anni Pier Paolo Pasolini,una delle più geniali intelligenze della cultura italiana.Pasolini fu brutalmente assassinato il 2 novembre 1975,dopo essere stato percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia, località del comune di Roma. Il cadavere massacrato fu poi riconosciutodall'amico Ninetto Davoli.
Di Pasolini amici,conoscenti,critici letterari e cinematografici ne hanno sempre sottolineato l'umanità,il suo essere sensibile e fragile, l’emozione che rompeva gli schemi di una società ipocrita,conformista e opportunista.
Non solo quindi l’uomo dal volto scavato e duro, non solo lo scrittore e regista determinato, provocatorio,ma l’intellettuale che dubita,che si pone domande perchè tormentato dalle contraddizioni, l’autore dalla spiccata sensibilità critica coniugata ad un carattere sorprendentemente mite.E se si volesse trovare testimonianza di questa sua sensibilità ed emotività,basterebbe rileggere i suoi articoli, gli interventi sui quotidiani intorno ai temi aperti della propria stessa esistenza:"Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia,questa disperazione mi porteranno alla fine.Amo il sole,l’erba,la gioventù. L'amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro".Queste le sue ue struggenti parole rilasciate in un'intervista.

Fu una esistenza intensa e ricca,ma anche tragica quella di Pasolini: la guerra, il fratello partigiano ucciso, il complesso rapporto con il padre e il viscerale legame con la madre Susanna,le difficoltà economiche, gli spostamenti con la famiglia dall’Emilia al Friuli a Casarsa,vicino Pordenone,paese di origine della madre,il luogo dove visse a lungo e con il quale mantenne un rapporto d’amore costante)fino poi al trasferimento a Roma.

Proprio il periodo friulano fu quello in cui Pasolini si avvicinò alla lingua e alle tradizioni del mondo contadino,all’impegno politico nel Partito Comunista e all’esperienza dell’insegnamento scolastico.E sono anche di quegli anni anche la presa di coscienza della propria omosessualità e le prime avventure amorose  con alcuni ragazzi del posto.Poi c'è il trasferimento a Roma ed arrivano le amicizie con intellettuali del rango di Alberto Moravia, Dacia Maraini,Bernardo Bertolucci,Enzo Siciliano,Natalia Ginzburg e Laura Betti (che per tutta la vita lo amerà di un amore impossibile) e con giovani del sottoproletariato urbano, di estrazione popolare e di scarsa scolarizzazione come i fratelli Franco e Sergio Citti o Ninetto Davoli. Prendere dall’alto e dal basso, mescolare, imparare e insegnare.Questa era la filosofia di vita di Pasolini uomo e artista.

Una vita costellata da denunce, piccoli e grandi guai giudiziari, ostilità che spesso sfociarono in odio da parte della società politica e culturale perbenista dell'epoca.Episodi di vita vissuta, accuse per aver realizzato opere oscene come il romanzo Ragazzi di vita ,o i film Teorema , Il fiore delle Mille e una notte, I racconti di Canterbury e Salò o le 120 giornate di Sodoma  sequestrati per scandalo e successivamente assolti perché giudicati opere d'arte. Polemiche accese sui suoi lavori e per i temi trattati,sferzanti giudizi sulla sua omosessualità dichiarata:di certo Pier Paolo Pasolini ebbe più nemici che amici.

Ma sarebbe sbagliato ricordarlo solo per gli eventi estremi, compresa la morte tragica sul Lido di Ostia il 2 novembre 1975.Su quell'episodio ancora oggi non è stata fatta chiarezza:dalla tesi del brutale omicidio per rapina commesso dai “ragazzi di vita”,al delitto di gruppo,alla vendetta,al desiderio di tacitare per sempre una indagine scomoda su oscure vicende legate all’Eni di Eugenio Cefis.

E' stato detto che:"Si fa presto a seppellire un poeta commemorandolo".Ma per Pasolini non è così;perchè alcuni poeti(e tale lo considerava il suo amico Alberto Moravia quando lo definì uno dei 3-4 poeti che in ogni secolo nascono)come appunto Pasolini, continuano a porre domande scomode anche dopo la morte, stimolando una riflessione critica che va oltre la semplice celebrazione.E per capire davvero Pasolini bisogna scavare nel profondo. Pasolini non ha certezze eterne, ma da uomo libero e geniale è capace di riconoscere errori, di mutare opinione. In qualche momento finiva anche per rassegnarsi quando vedeva l'impossibilità del cambiamento:"Ho finito con l'accettare l'Italia come è diventata.Una immensa fossa dei serpenti dove, salvo qualche eccezione,tutti gli altri sono appunto dei serpenti, stupidi e feroci, indistinguibili, ambigui, sgradevoli".

Sull'Italia,poi,Pasolini seppe fare analisi lucide e impietose.Pasolini ebbe una capacità d'analisi straordinaria del nostro Paese,per il quale vide un futuro cupo,per le distorsioni del periodo successivo al boom economico,sul consumismo e sulla televisione ma anche delle proteste studentesche del '68.Così considerava i ragazzi che nel '68 scendavano nelle piazze a manifestare anche in maniera violenta:"Ho passato la vita a odiare i vecchi borghesi moralisti,e adesso devo odiare anche i loro figli... La borghesia si schiera sulle barricate contro sé stessa,i "figli di papà" si rivoltano contro i "papà".Sono dei borghesi rimasti tali e quali ai loro padri,sono profondamente conformisti"

Probabilmente Pier Paolo Pasolini è uno degli scrittori più dotati che l'Italia abbia avuto.Ogni sua attività,dal romanzo alla critica,alla poesia, è prova di un impegno estremamente serio ed offre risultati che onorerebbero chiunque.Ne era ben consapevole Giuseppe Ungaretti che nel 1956 scrisse una toccante "Lettera ai Giudici" in cui difese il romanzo di Pasolini,"Ragazzi di vita", per il quale fu processato per oscenità. Ungaretti lodò la veridicità del linguaggio di Pasolini e la sua opera per il realismo nel descrivere la realtà dei poveri e dei diseredati. La lettera contribuì all'assoluzione di Pasolini e da allora tra i due intellettuali si strinse una solidarietà culturale.

Pasolini sperimentò tutti i diversi linguaggi dell’arte (cineasta, romanziere, poeta, linguista, pittore, traduttore e saggista), ma la produzione cinematografica resta comunque quella più popolare e può essere considerata quella che più custodisce memoria e testimonianza dei mutamenti culturali e sociali italiani generati dal rapido passaggio dal mondo contadino e sottoproletario a quello industriale.E proprio nel cinema è possibile fare un confronto con l'altro grande Maestro della cinematografia italiana,Federico Fellini;con lui Pasolini ebbe un rapporto complesso ma collaborativo,caratterizzato da una profonda ammirazione reciproca e da un'intensa frequentazione intellettuale.Collaborarono alla sceneggiatura de Le notti di Cabiria,con Pasolini che contribuì anchee a La dolce vita.Ma nonostante l'ammirazione sincera,i due avevano approcci artistici differenti.Entrambi esplorarono nelle loro opere le esistenze ai margini della società. Fellini ritraeva spesso il mondo circense, gli artisti e la provincia, mentre Pasolini si concentrava sul sottoproletariato delle borgate romane.Sia Fellini che Pasolini offrivano una visione spesso critica della società italiana,mirando entrambi a svelare le contraddizioni e le ipocrisie del loro tempo.Ma mentre iFellini prevaleva la dimensione del sogno, in Pasolini era presente il racconto della crudele impietosa realtà.In definitiva, Pasolini e Fellini furono due forze opposte e complementari del cinema italiano, uniti da una profonda stima intellettuale ma divisi da approcci artistici e visioni del mondo radicalmente differenti. Il loro "dialogo a distanza" ha arricchito in modo significativo la cultura e il cinema del Novecento.

Dopo film come Mamma Roma o "Uccellacci uccellini"(una rivisitazione drammatica del personaggio di Totò)tappa centrale della produzione cinematografica pasoliniana è la "Trilogia della vita" diretta dal regista tra il 1971 e il 1974: Il DecameronI racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e una notte.Dalla Trilogia della vita, che celebra l’immediatezza di una vitalità perduta, Pasolini torna con lo sguardo sull’attualità più bruciante del degrado umano. Ne nasce Salò o le 120 giornate di Sodoma (girato nel 1975 e uscito postumo nelle sale), primo di una "Trilogia della morte" mai però conclusa.

Al tempo stesso Pasolini porta avanti la sua opera poetica e narrativa,la scrittura dei contributi critici per numerose testate e una marginale ma presente produzione pittorica.Tra le raccolte poetiche emergono i titoli più celebri ma non unici: Poesie a Casarsa "La meglio gioventù", Le ceneri di Gramsci,e altre ancora. Tra le opere di narrativa il già citato Ragazzi di vita, Una vita violenta, Teorema  Negli ultimi anni lavorò a un grande romanzo-affresco sulla società italiana, Petrolio, di cui verrà pubblicato postumo l’abbozzo nel 1992 da Einaudi.

Oggi,a 50 anni dalla scomparsa,si può senz'altro dire che Pasolini fu davvero uno dei più sferzanti e dolorosi autori della sol'cietà italiana del Novecento.Pasolini è oggi diventato un'icona: da alcuni venerata,da molti altri usata, consumata, abusata,non rispettata.Ancora oggi troviamo traccia nella società italiana di quei fenomeni da lui tanto profondamente analizzati e denunciati come ad esempio quei giovani che “non vogliono nulla”e preferiscono “perdersi”.O come l'identikit del nostro Paese tracciato negli anni finali del boom economico:"L’Italia sta marcendo-scrisse su una rivista-in un benessere che è egoismo, stupidità,incultura,pettegolezzo,moralismo,coazione,conformismo.Pagine cariche di profonda,cupa amarezza.Da allora sono trascorsi 50 anni,mezzo secolo di storia nazionale,e siamo ancora orfani di Pasolini e della sua geniale intelligenza.E nel guardarci intorno,nel guardare il panorama politico,sociale,mediatico ma anche al nostro essere con gli altri,ci accorgiamo che la situazione non è affatto migliorata e che quelle sue parole di allora sono utilizzabili anche e forse di più in questi nostri giorni.Ecco perchè  oggi servirebbe ancora il coraggio di un Pasolini.

25 ottobre 2025

LA FAVOLA BELLA









La sorpresa assoluta è la Nazionale di Capo Verde:la Nazionale di calcio di quella Nazione,infatti,parteciperà per la prima volta in assoluto  ai Campionati ai Mondiali di calcio che si terranno nel 2026.Ed è probabile che al Mondiale si approcceranno per la prima volta altre piccole realtà finora sconosciute nel panorama calcistico internazionale,come Oman,Benin e Uzbekistan.

Certo,questo è dovuto anche al cambio di "format" dei Mondiali di calcio avendo la FIFA(la Federazione Internazionale del Calcio mondiale)elevato il numero dei partecipanti da 32 a ben 48 Nazioni,e questo,com'è facile capire,per aumentare gli incassi provenienti da sponsor e diritti televisivi.Si potrebbe dire(con non poca amarezza)che questa è la moderna versione del "partecipare" del barone De  Coubertin,in mano ad avidi tecnocrati.

Bello partecipare,ma vincere,invece,è un po’ diverso,quella è tutta un'altra storia.E' nel vincere che Davide prevale in un mondo a misura di Golia,ed è quello che fecero in passato,qui in Italia,nel 1969 il Cagliari di Gigi Riva e nel 1985 il Verona,in un campionato che pure aveva società,come Juventus,Milan o Inter,che avevano budget di bilancio ben più sostanziosi.Ed oggi,come il Cagliari e il Verona di quei tempi in Italia,adesso c'è un'altra squadra che sta reinterpretando la storia di Davide contro Golia.Quella squadra è il Mjällby e gioca nel campionato svedese.Squadra e città(anzi paese date le dimensioni)praticamente sconosciute fino adesso.IMjällby,infatti ha vinto il campionato svedese con 11 punti di vantaggio in classifica sulla seconda e 3 giornate di anticipo.Ed è qui che comincia la storia da narrare,che poi somiglia tanto ad una favola bella. 

Il club che ha vinto lo scudetto di Svezia è quello di Hällevik,un villaggio di pescatori di poco più di 1400 anime(1400!!!).La storia del club svedese sembra scritta da chi crede ancora nelle favole e nelle piccole cose.Nel 2015 la squadra era in terza divisione e si salvò all’ultima giornata dalla retrocessione nella quarta e la società sfiorò il fallimento.Poi,anno dopo anno,la risalita fino ad arrivare alla serie A svedese.Ma figuriamoci se i pescatori di quel puntino di terra potevano mai pensare che poi un giorno il Mjällby sarebbe diventato campione di Svezia.

Quella storia bella del  Mjällby campione di Svezia è anche la storia e il volto e il cuore di uomini come Hasse Larsson,direttore sportivo,sopravvissuto a un tumore al cervello e a un cancro alla prostata, che per tre anni ha lavorato gratis pur di salvare il club.Ed è la storia dell’allenatore Anders Torstensson, ex preside di scuola ed anche lui ha avuto un brutto male: gli è infatti stata diagnosticata la leucemia linfatica fortunatamente non aggressiva."Dicono che non si muore per lei,ma con lei si convive e quindi per ora posso vivere la mia vita come sempre",dice quasi scherzando.Che poi, in realtà, questo è vivere meglio del solito, perché il calcio compie miracoli che nessuno può spiegare,nemmeno la scienza. E produce storie che nemmeno i grandi "esperti" del pallone potranno spiegare,perchè per loro,per gli "esperti",mai,per nessun motivo,una squadra di un villaggio così piccolo può vincere uno scudetto.E invece...

Ecco,si vince anche così, mettendo insieme storie piccole e singolari,senso di appartenenza ad una piccola comunità,cuore e tantissime idee.Perché il Mjällby non è arrivato in cima grazie a uno sceiccco d'Arabia o un riccone annoiato che voleva spendere un po’ di soldi e nemmeno per l’intervento di un fondo sovrano così come accade nel resto d'Europa,Italia compresa:ha costruito tutto quasi senza denaro,progettando un passo per volta a partire da 9 anni fa,quando giocava nella Terza Divisione svedese.Se qualcuno merita lo scudetto,ecco che allora,per una volta,è lo sport che ha vinto.Nel campionato svedese,in cui primeggiano il Malmö(24 titoli all’attivo,quest'anno arrivato a 21 punti di distacco dal Mjällby)o l’Ifk Göteborg(18 titoli nazionali,ora 19 punti dalla vetta),sta vincendo la squadra che 9 anni fa nominò come presidente Magnus Emeus,piccolo imprenditore nel settore della logistica,che,negli anni,ha fatto scelte draconiane per risparmiare,organizzando,ad esempio,i ritiri prepartita della squadra non più in albergo,ma in campeggio e altre piccole,similari forme di risparmio che hanno permesso di stabilizzare i conti e  costruire,anno dopo anno,la squadra che ora sta sorprendendo non solo la Svezia ma un pò tutta l'Europa dei grandi club calcistici,finanziati da sceicchi e petrolieri,che spendono centinaia di milioni per un singolo giocatore.

Così,per la prima volta in assoluto,il Mjällby parteciperà alla Champions League,quel torneo,cioè,al quale spesso non riescono ad accedere club di grandi città d'Inghilterra,Spagna,Italia,Francia e Germania che hanno ben altre fonti di finanziamenti rispetto ai ragazzi svedesi.Quegli stessi ragazzi,ragazzi cresciuti a guardare le reti dei pescatori del porto e non quelle delle porte dei campi di calcio.E la prossima estate,quando comincerà la Champions League, il mondo scoprirà dove si trova Hällevik quel paesino di Svezia finora del tutto sconosciuto,magari cercandolo su Google Maps.

Molti adesso diranno che  quello scudetto del Mjällby è una specie di miracoloma;ma in realtà, qui non c'è nessun miracolo.C'è una programmazione adeguata.C'è una gestione intelligente. Ci sono persone che amano ancora il calcio per quello che è. Oggi,qui da noi,in quest'altra parte del mondoil calcio non è più un gioco ma soltanto un cinico e avido momento di business.Consigli amministrazione incentrati sui presidenti, milioni di dollari spesi senza criterio e senza un piano.Ma in un angolo tranquillo e piovoso della Svezia, un pugno di persone si è unito solo per salvare il proprio club dal fallimento.Quelle persone non hanno mai visto il calcio come fonte di profitto,ma come un credo condiviso. Il loro budget è limitato, ma la loro coscienza è enorme e vede in quella squadra la condivisione di principi e sentimenti.Principi e sentimenti.Cose che a dirle qui da noi,la gente riderebbe.Perché qui da noi un dirigente o un giocatore o un allenatore non si esibisce per gli spalti, ma per le telecamere.

Ed invece in quel puntino di terra di Svezia quello che il Mjällby ha ottenuto non è solo un campionato.È un promemoria.Un promemoria che racconta che il calcio può ancora essere il frutto di impegno, onestà e pianificazione. Che da qualche parte, là fuori, l'anima di questo gioco vive ancora.Perchè ad Hällevik,dopo che il Mjällby ha vinto il campionato,i tifosi non hanno preso d'assalto il campo, non hanno distrutto i sedili né acceso razzi. Hanno solo pianto di gioia perché la loro fede era stata ricompensata.Perché sapevano che quel successo non proveniva dalle tasche di nessuno sceicco ma solo dal sudore e dalla dedizione di una comunità.Il piccolo Mjällby svedese ha dato una lezione ai nostri grandi campionati, ai nostri budget milionari, ai nostri stadi giganteschi.I ragazzi gialloneri di questa piccola città hanno sollevato il trofeo più importante della loro storia,ma, cosa ancora più importante,hanno posto uno specchio alla coscienza del mondo del calcio:il calcio può essere ancora bello finché non è guidato dal profitto,ma dal sentimento,dalla fatica e dal senso di appartenenza ai luoghi del cuore.

19 ottobre 2025

MA LA SPERANZA COMUNQUE RIMANE





Questa volta i bookmakers c'hanno preso:il Premio Nobel per la Letteratura per il 2025 è stato assegnato allo scrittore ungherese László Krasznahorkai, già vincitore 10 anni fa,nel 2015 del Man Booker International Prize.Questa la motivazione dell'Accademia di Stoccolma che ha conferito il Premio:"per la “sua opera avvincente e visionaria che,nel mezzo del terrore apocalittico, riafferma il potere dell’arte.László Krasznahorkai è un grande scrittore epico di tradizione mitteleuropea che si estende da Kafka a Thomas Bernhard ed è caratterizzato da assurdismo ed eccessi grotteschi".L'autore ungherese,poi,aveva già vinto il National Book Award for Translated Literature nel 2019 e fu finalista al Premio Gregor Von Rezzori e al Premio Strega europeo 2017.


Krasznahorkai ambienta quasi sempre i suoi romanzi nei piccoli villaggi ungheresi,descrivendo la società del suo Paese trattando temi come la povertà,la libertà e, più in generale,la politica.E sulle questioni politiche più delicate e attuali,in un’intervista del 2024 al Corriere della Sera, Krasznahorkai affrontò,tra l’altro, i rapporti tra l’Italia e la sua terra natale (lasciata nel 1987), e in particolare tra la premier italiana Giorgia Meloni e Viktor Orban, primo ministro dell’Ungheria:"Quella che lui(Orbán) propone è una versione malata, aggressiva e frustrata del patriottismo.E questo potrebbe essere letale per gli ungheresi. Perché in gran parte gli ungheresi non sono coraggiosi, consapevoli, creativi e attivi, bensì codardi, pusillanimi, e passivi. Non hanno bisogno di profeti, ma di falsi profeti. Perché temono in continuazione per la propria sicurezza. Ed è questo che Orbán ha colto bene, ed è per questo che ha gioco facile con loro. Orbán è la tragedia degli ungheresi”. Parole durissime verso il suo Paese d’origine e i suoi connazionali.

«Il Maestro ungherese dell’Apocalisse» è stato definito da molti critici letterari lo scrittore ungherese,termine del resto usato dalla stessa Accademia di Stoccolma nelle motivazioni di assegnazione del premio.La definizione gli è rimasta addosso soprattutto dopo che fu pubblicato il secondo suo romanzo,e cioè "Melancolia della resistenza".Quel libro fu edito per la prima volta nel 1989 e forse poteva essere azzardato,all’epoca,parlare già di maestro,ma 25 anni dopo,alla luce di ulteriori capolavori come Satantango "Guerra e guerra","Il ritorno del barone Wenckheim",appare persino ovvio quanto il titolo fosse meritato.

"Apocalisse" è poi l'altra parola che sintetizza la poetica di László Krasznahorkai.Le sue opere sono spesso caratterizzate da atmosfere malinconiche,angoscianti e personaggi in profonda crisi spirituale,in un caos esistenziale.Il mondo di Krasznahorkai è buio,oscuro,desolato,perché per lui non è che quel mondo(che in realtà per lo scrittore è questo nostro mondo)stia sul punto di finire,essendo esso in realtà già finito senza che i suoi attori se ne siano resi conto.Ed infatti uno dei personaggi di "Melancolia della resistenza" dice a un certo punto:"Osservando meglio la situazione”, gli parve che la “sua amata città natale” non fosse vicina alla fine del mondo(......)ma che la fine del mondo ci fosse già stata".L’apocalisse è dunque già avvenuta;non si tratta, allora, di prevederla,ma di abitarne gli esiti.Attraverso i suoi personaggi, l'autore si pone domande sul senso del vivere.Eppure se la realtà che descrive è apocalittica,non manca la speranza:nel caos emergono gesti minimi di compassione, un bisogno di redenzione dai tratti profondamente spirituali.

Come sottolineato sempre nella motivazione dell'Accademia di Svezia,Krasznahorkai ripercorre le strade della letteratura mitteleuropea ed in particolare di Franz Kafka,cosa da lui stesso ammessa("Senza Kafka non avrei mai scritto una parola")e dello scrittore austriaco Thomas Bernhard,per la loro comune visione del mondo cupa e pessimistica,ma anche per una profonda critica sociale,politica e culturale alle proprie Nazioni,oltre che per lo stile narrativo con quelle frasi così tanto lunghe.

Già nel suo  romanzo d’esordio "Satantango",ambientato in un contesto oscuro qual era il devastato crepuscolo dell’Ungheria comunista,andavano a configurarsi i suoi tipici scenari da fine dei tempi,apocalittici,appunto,a cui 9 anni dopo il regista anch'egli ungherese Béla Tarr avrebbe dato una trasposizione cinematografica(ben 7 ore la durata del film dall'omonimo titolo),nell’ambito di un sodalizio tra i due,durato dal 1988 al 2011.La riflessione filosofica dello scrittore ungherese si sofferma sulla condizione umana in un'epoca apocalittica,nell'esplorazione della miseria di un mondo in disfacimento.Eppure in quella desolazione,Krasznahorkai trova spiragli di bellezza nella letteratura e nella compassione,nel senso testuale del termine(dal latino "cum-patire",cioè "soffrire con",condividere il patimento altrui,"sentire" il dolore del mondo,partecipare alle difficoltà e al dolore dell'Altro e di tutti.Ed è questo sentimento alla base della compassione e dell'empatia.Da qui nasce la resilienzala forza per resistere al caos.Sembra qui di rileggere le pagine di Dostoevskij ne "L'Idiota" e di risentire le parole del Principe Myskin:"la Bellezza salverà il Mondo".La Bellezza,per Myskin,era appunto la "bella bontà",intesa come l'incarnazione del bene e dell'amore per l'altro che può redimere l'umanità,è la perseveranza della giustizia e della bontà,che attraversa i tumulti della storia con semplicità d’animo e bontà di cuore, ritratto evangelico del mite che sfida il sorriso dei cinici e la scaltrezza dei prepotenti,con l’innocenza di un destino sempre incerto.

Ed è poi nella Letteratura,oltre che nella compassione,che lo scrittore ungherese trova l'altra,ulteriore àncora salvifica:«Questo premio,ha detto il Nobel in alcune interviste,dimostra che la letteratura(...)infonde a quelli che leggono una certa speranza nel fatto che la bellezza, la nobiltà e il sublime ancora esistono in sé e per sé. Può dare speranza anche a coloro nei quali la vita è viva appena».

La letteratura e l’idea del bene come risposta ad una realtà comunque esistente,al caos e al disordine spirituale e morale nel quale oggi versiamo.Se di fronte alla realtà, anche a una realtà apocalittica come la nostra, siamo tentati di chiudere gli occhi per non vedere,dobbiamo comunque sapere che la realtà ha ancora qualcosa da darci,che la vita merita ancora la nostra fiducia.In fondo abbiamo soltanto bisogno di qualcuno che ce ne faccia scoprire la sua incredibile bellezza.E la letteratura,per Krasznahorkai,può fare questo.



Melancolia della resistenza

copertina di Melancolia della resistenza

Il ritorno del barone Wenckheim

copertina di Il ritorno del barone Wenckheim

Guerra e guerra

copertina di Guerra e guerra

Seiobo è discesa quaggiù

Copertina di Seiobo è discesa quaggiù László Krasznahorkai


05 ottobre 2025

E QUEST'ANNO ?



quest'anno chi sarà  il vincitore ? A chi sarà assegnato il Premio Nobel per la Letteratura 2025? Ritenuto come il riconoscimento letterario più importante al mondo,esso viene assegnato ogni anno dall'Accademia di Svezia a un autore o un'autrice di tutto il mondo, considerati lodevoli per la portata universale della loro opera.L'annuncio avviene ogni anno a Stoccolma,nella sede dell'Accademia, e che quest'anno si svolgerà giovedì 9 ottobre.Come ogni anno cresce l'attesa per sapere chi entrerà di diritto nel pantheon della letteratura mondiale. In passato il premio è andato a personalità come Annie Ernaux, Kazuo Ishiguro, Svetlana Aleksievič, Mario Vargas Llosa, e un anno,nel 2016, un po' a sorpresa ,a Bob Dylan. Nella sua storia dal 1901 in poi, l'Italia ha ottenuto il premio solo sei volte con Giosuè Carducci, Grazia DeleddaLuigi Pirandello, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale e Dario Fo (insignito, l'ultima volta per un nostro connazionale, nel 1997).

E come ogni anno anche quest'anno forum letterari,addetti ai lavori e società di scommesse provano a pronosticare il vincitore: a volte ci prendono, ma più spesso no.L’anno scorso,ad, esempio, la scrittrice sudcoreana Han Kang,che poi risultò vincitrice,non era stata indicata nemmeno tra i candidati.Al contrario nel 2023 il norvegese Jon Fosse era stato indicato come favorito e fu effettivamente lui poi a vincere.

Venendo ai nomi su cui puntano i siti di scommesse per quest'anno uno dei maggiori favoriti dovrebbe essere quello dello scrittore australiano Gerald Murnane, considerato tra i papabili vincitori già da qualche anno. Ha 86 anni, e nel 2018 il New York Times Magazine lo definì come «il più grande scrittore di lingua inglese di cui quasi nessuno ha mai sentito parlare». Il motivo,probabilmente,risiede nella sua vita notoriamente appartata e nel fatto che non ama viaggiare fuori dall'Australia.Si potrebbe dire che Murnane è quasi “uno scrittore da scrittori”.Il suo libro più noto, è "The Plains" del 1982,tradotto in Italia con il titolo Le pianure dalla casa editrice Safarà.Nel 2024 La nave di Teseo aveva pubblicato una sua raccolta di racconti, la prima mai uscita in Italia:Corpi idrici. Se dovesse vincere, sarebbe il secondo scrittore australiano a ricevere il Nobel per la Letteratura dopo Patrick White, nel 1973.



Secondo un’altra società di scommesse britannica, la favorita è invece la scrittrice cinese Can Xue, il cui nome,peraltro,era già stato fatto anche se alla fine risultò vincitrice un'altra scrittrice asiatica,cioè Han Kang della Corea del Sud. Can Xue cominciò a scrivere a metà degli anni Ottanta scegliendo uno pseudonimo che non aveva connotazioni di genere, e per questo venne inizialmente scambiata per un uomo. In Italia le sue opere sono pubblicate dalla casa editrice UtopiaDialoghi in cielo,una raccolta di tredici racconti che ricordano i temi dei romanzi di Franz Kafka e il flusso di interiorità di Virginia Woolf e il romanzo La strada di fango giallo. 

Le società di scommesse indicano anche il nome di László Krasznahorkai, uno dei più importanti autori ungheresi viventi. 71 anni,si parla di lui come di un possibile vincitore del Nobel già da una decina d’anni,e vari suoi libri sono stati pubblicati in italiano da Bompiani. I più noti sono Satantango (1985) e Melancolia della resistenza (1989):da entrambi sono anche stati tratti dei film dal regista Béla Tarr.


Per rimanere nell'Est europeo un altro scrittore annoverato tra i possibili vincitori è il rumeno Mircea Cărtărescu. È di gran lunga l’autore più noto e affermato del suo paese.Ha già vinto molti premi letterari europei e vari suoi romanzi sono stati pubblicati in italiano.Tra questi la sconfinata trilogia Abbacinante, scritta in 14 anni e migliaia di personaggi (solo il primo volume, L’ala sinistra, è lungo quasi 500 pagine).


Uno degli scrittori che viene annoverato tra i favoriti già da un po’ di anni è il giapponese Haruki Murakami.I suoi libri sono stati tradotti in 50 lingue e hanno venduto milioni di copie, come pochi altri scrittori al mondo.In Italia,ebbero un grande successo soprattutto due libri che poi sono tra i suoi più famosi:1Q84 e Kafka sulla spiaggia.Nelle sue opere è caratteristico l'alternarsi tra elementi fantastici ed elementi realistici.


Oltre a Can Xue,c'è un'altra donna indicata tra i possibili vincitori:la scrittrice messicana Cristina Rivera Garza. Ha 61 anni, e nel 2024 ha vinto il premio Pulitzer per il libro L’invincibile estate di Liliana.Il romanzo racconta la storia del femminicidio di sua sorella Liliana, avvenuto nel 1990 commesso dall’ex fidanzato della ragazza.


Quest'anno è poi stato fatto il nome dello scrittore indiano Amitav Ghosh, apprezzato soprattutto per la sua capacità di inserire i cambiamenti climatici nella narrativa.Il suo romanzo Il paese delle maree (2004) è ambientato nell'arcipelago del Bengala Occidentale,dove le correnti marine alterano di continuo la fisionomia delle isole, sommerse ogni giorno dalle maree che inghiottono le foreste di mangrovie per lasciarle riemergere parecchie ore dopo.In un altro suo libro L’isola dei fucili,lo scrittore affronta un'altra tematica forte ed attualissima,cioè quella sui cosiddetti migranti climatici, cioè le persone costrette a lasciare la propria casa e la propria terra di origine a causa delle crisi climatiche.


Tra gli altri favoriti ci sono infine alcuni autori molto popolari che ogni anno sono inseriti quasi d'ufficio nella rosa dei candidati ma che da anni risultano essere messi da parte dalla giuria,nonostante l'enorme successo dei loro libri presso il grande pubblico.Tra essi la canadese Margaret Atwood, lo statunitense Thomas Pynchon, il francese Michel Houellebecq e l’indiano Salman Rushdie.C'è poi tutta una fazione(e una macchina commerciale) che promuove la letteratura statunitense.Così Don DeLillo è inserito ogni anno tra i meritevoli del premio, mentre c'è chi da decenni fa il nome di Thomas Pynchon, noto scrittore recluso, di cui non esistono foto e che non rilascia mai interviste (l'ultimo film di Paul Thomas Anderson, Una battaglia dopo l'altra,che sta riscuotendo un enorme successo nelle sale cinematografiche,è ispirato al suo enigmatico romanzo del 1990 Vineland).
In ogni caso e comunque andrà a finire,chiunque sarà il vincitore,ci accorgeremo che il libro è sempre un antidoto alla superficialità,alla disinformazione e all'odio propinato dai social offrendo invece un aiuto per formare un pensiero critico indipendente.Perchè il libro è invito ad esplorare mondi,idee ed esperienze sempre nuove e stimolanti.