Nonostante questo ed in un tempo in cui scrittori e pensatori sono diventati soggetti autoreferenziali ai Saloni del Libro,nei festival o sui social,Mann ritorna con forza,perchè egli,forse,fu l’ultimo vero scrittore europeo: raffinato nella scrittura, spietato nella denuncia, profondamente politico senza essere ideologico.
Nelle sue opere Thomas Mann ragionava sui principi,sui valori che guidano l'azione umana,alla ricerca di quella linea esistenziale che separa il bene dal male(si pensi al "Faust")il giusto dall'ingiusto.
In ogni suo lavoro Mann scrive mai per compiacere ma sempre con il coraggio,pur consapevole dei rischi personali che correva,di denunciare gli incubi che nel nuovo mondo si profilano con l'avvento del nazismo(Mann si oppose decisamente al nazismo,e fu perciò che dovette rifugiarsi all'estero,prima in Cecoslovacchia,poi in Francia ed infine negli USA.Le sue posizioni contro il regime tedesco sono riassunte soprattutto in un'opera,"L'odio" critica implacabile della violenza nazista.
Se queste dunque erano le sue idee egli non poteva non essere contro la semplificazione,contro il populismo, contro la vacuità delle passioni deboli e delle opinioni forti.Il suo scrivere è contro l’anestesia dello spirito,contro il sonno della Ragione.Ed è per questo che si cerca di ammutolire la sua voce nella dimenticanza.La dimenticanza di Mann è una diagnosi perfetta del nostro tempo:un’epoca che preferisce la leggerezza all’analisi,la superficialità all'approfondimento,i like al pensiero.E che ignora i nuovi grandi pericoli che ora come allora incombono sull'Europa,sulla sua cultura e sulla sua libertà.
Questa decadenza,questo disfacimento del mondo occidentale è ancor più evidenziato ne:"La Morte a Venezia".Il protagonista del romanzo,Gustav von Aschenbach,è l’emblema dell’intellettuale europeo:razionale,disciplinato, votato alla forma come argine al caos,o,per dirla con Nietzsche,all'apollineo contro il dionisiaco.Ma proprio lui,uomo del rispetto della forma,si perde in quella città languida e marcescente. Si perde desiderando la bellezza, nel silenzio di quella ragione a cui sempre s'era ispirato.Perchè Venezia,in Mann, è più di una città:è uno specchio che rimanda un’immagine che fa paura.È l’immagine di un’Europa incerta, molle, pavida. È il riflesso di un pensiero che ha smesso di guardare al presente.E' l’Occidente rammollito,narcotizzato,incapace di riconoscere il pericolo anche quando questo è in arrivo che nel romanzo è metaforicamente rappresentato dalla peste che devasterà Venezia.La peste è metafora potentissima:non è solo malattia fisica,ma decadimento del pensiero,collasso dell’etica.E Aschenbach è l’intellettuale di oggi.Non esce,non si lascia turbare,non rischia nulla.Si adatta.Evita l'impegno diretto.
Ciò che Mann mette in scena nei suoi capolavori è il tramonto della cultura come forza vitale.Le parole di Mann ci chiamano,collettivamente e individualmente,alla responsabilità: essere degni della nostra coscienza,non assopirci nel sonno della Ragione,pur quando ogni speranza sembra mancare.Ecco perché Mann viene rimosso:perché è "pericoloso".Non intrattiene,non rincuora ma costringe a pensare.
Anche la cultura e gli intellettuali hanno il dovere di agire:la cultura deve parlare alla storia,deve prendere posizione, deve rischiare. Esule dal nazismo, profeta lucido della crisi europea, la sua voce risuona nell'opera "Diari" con una forza che oggi suona profetica.L’intellettuale,per Mann,deve essere coscienza del suo tempo,proprio perchè la coscienza collettiva langue,è anestetizzata da una cultura che fa del consenso l’unica parametro di riferimento.
Quando però qualcuno torna a leggere Mann sente qualcosa dentro.Non è nostalgia:è resistenza,voglia di reagire.Nel leggere Mann la mente si allarga,la consapevolezza cresce,la coscienza si rafforza. Ci scopriamo meno disposti a credere alle bugie,a quelle che una politica e una cultura servile ci raccontano e a quelle che raccontiamo a noi stessi.
In un tempo che fa di una comunicazione distorta il proprio vanto e dell’ignoranza una virtù, Mann ci ricorda che il pensare è un atto di coraggio. E che leggere è forse l’unica forma di libertà rimasta.