2 novembre:ricorrenza dei Defunti.Giorno di ricordi,di amarezza,di rimpianti,di rimorsi per quello che è stato con chi ora non c'è più,per quello che sarebbe potuto essere e diventare,ed invece....E anche riflessioni su se stessi perchè,con l'età, il pensiero della morte diventa sempre più frequente.La Morte:l'uomo con la falce,come classicamente viene rappresentata,o come la clessidra che segna il tempo trascorso e che si assottiglia sempre più o come nella moderna rappresentazione diIngmar Bergmannel suo memorabile film "IlSettimo sigillo".Ma anche,in alcune culture come momento di continuità,in altra forma,della vita.Non a caso gli antichi Egizi raffiguravano Osiride,come Dio della Morte e della Vita.
La Morte,uno dei pochi momenti nei quali davvero siamo uguali.Lo ricordava il grandissimo Totò nella sua poesia "'A Livella".Perchè la morte livella le differenze sociali,rendendo tutti tutti uguali,come lo strumento del muratore(la livella,appunto)che livella le superifici.La morte tutti parifica senza differenze di ceto e di beni,anche se a volte colpisce indiscriminatamente e con ingiustizia,strappando alla vita chi,come un ragazzo o un giovane,la vita ancora non ha cominciato a viverla.
La Morte è un tema universale che è stato molto esplorato dalla letteratura e dalla filosofia in tutti i secoli.Essa rappresenta il mistero dell'esistenza,la finitudine e il significato della vita, spesso rappresentata con diverse sfaccettature: dall'angoscia e disperazione alla speranza e consolazione. Autori come Eschilo, Sofocle, Pascoli, Foscolo, Tolstoj e Pavese hanno affrontato la morte in modi differenti, sia in modo concreto,sia in modo simbolico come metafora di un'interiorità malata o di uno sfacelo.Alcuni autori, come Seneca, hanno inquadrato la morte come un evento naturale e indifferente, ma anche come un'occasione per vivere al meglio la vita. Pascoli vede i cimiteri come luoghi protetti, dove la morte è una presenza che può essere confortante.Altri autori, come Edgar Allan Poe o i poeti del Novecento, hanno esplorato la morte come un incubo,una condizione di vuoto,di solitudine e di macabro.Ungaretti la vede come sinonimo di finitudine, ma anche come una porta verso la trascendenza.Per Foscolo la morte non è necessariamente un'angoscia, ma una speranza di pace e una forma di protesta contro il destino avverso. Nelle poesie di Pavese, come inVerrà la morte e avrà i tuoi occhi, la morte è una fine inevitabile.Autori decadenti come Thomas Mann neLa morte a Veneziao D'Annunzio descrivono una morte che non è solo individuale, ma che pervade il mondo intero, diventando sinonimo di decadenza e disfacimento.Per Tolstoj ne "La morte di Ivan Il'ic", la morte è vista come un'esperienza personale e toccante.Leopardi,nel suoDialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, la morte è vista come un confronto con il Nulla.
Solo la cristianità,con la sua enorme diffusione,portò con sé l’idea che i defunti continueranno in altri modi o dimensioni la loro vita di sempre, perché in funzione della condotta tenuta in vita, potrebbero anche finire in un inferno popolato da demoni e mostri che causeranno loro indicibili sofferenze oppure un paradiso come ricompensa al loro vivere buono.E proprio dalla cristianità è stato introdotto un simbolo universalmente riconosciuto che, nella medesima immagine, mostra il lato terribile della morte, con un Uomo sofferente inchiodato a una croce e grondante sangue dal corpo martoriato da una parte, e la speranza in una vita futura liberata da dolori e sofferenze dall’altra.Il senso incomprensibile della perdita della vita, legato contemporaneamente al senso di speranza e resurrezione.
Ma anche per l'Arte ed in particolare per la Pittura e la Scultura il 2 Novembre ha costituito nel corso dei secoli un momento di riflessione e un costante pensiero angosciato sul senso della Morte(e perciò della Vita)dell'essere umano e non soltanto con riferimento alle immagini sacre così numerose in Chiese oltre che in collezioni e mostre.
Molte opere hanno avuto per tema il Cristo morto o,per meglio dire,le immagini in cui il cadavere è quello di Cristo, ma allo stesso tempo non lo è veramente, nel senso che il modello è chiaramente un cadavere che però,nella concezione tradizionale della Cristianità che contempla il mistero della Resurrezione, con il Cristo ha poco a che vedere.Come ad esempio quello che raffigura il tedesco Hans Holbein del 1521, in cui il cadavere è già in via di disgregamento.La bocca è aperta, gli occhi socchiusi le orecchie nere di decomposizione.Il cadavere giace ancora nella tomba.Un’immagine che colpì molto anche Dostoevskij,tanto da essere citata ripetutamente dal Principe Myskin,il protagonista del romanzo "L’Idiota".
Un’immagine simile a quella di Holbein per realismo,è "il Cristo morto" di Andrea Mantegna (1431-1506).In quest'opera il corpo di Cristo assume un colore impressionantemente cadaverico. Anche le ferite aperte a nelle mani,sui piedi e nel costato inflitte al Cristo sulla Croce,sono ormai prive di qualsiasi traccia di sangue, rivelando una carne in via di putrefazione.Una figura potente a cui non è facile rimanere insensibili ed entrata nell’immaginario collettivo da lungo tempo.
All'opera del Mantegna si ispirò anche Annibale Carracci (1538-1585)nel suo dipintoLa Salma di Cristo,in cui però si perde quel senso di realismo delle carni morte. In questo caso le ferite sono ancora sanguinanti e la tonalità della carnagione non risente della decomposizione delle carni.Accanto ai piedi si vedonoi i chiodi serviti a croceffigere Gesù.
Un'altra straordinaria opera che rappresenta il Cristo morto in una prospettiva nuova e originale è quella del "Cristo velato".Lascultura venne realizzata da un noto artista napoletano Giuseppe Sanmartino.L’intento del Principe di San Severo,committente della scultura,era quella di far rappresentare Gesù coperto da un sudario trasparente, simbolo della sua sofferenza. Ammirando l’opera del Cristo Velato si vede infatti Gesù adagiato su un letto tra due cuscini con ai piedi i simboli della sua Passione:la corona di spine,i chiodi e una tenaglia.A lasciar senza parole è la capacità dello scultore nell’esser riuscito a render vivo il marmo,facendo notare,al di sotto del velo,ogni particolare del corpo di Cristo,persino la vena sulla fronte.L'opera si trova nel cuore del centro storico di Napoli, a pochi passi da Piazza S.Domenico Maggiore
E poi l'immenso capolavoro di tutti i tempi:la "Pietà" di Michelangelo Buonarroti (1465-1564), nella quale una roccia inanimata e incolore riesce a trasformarsi in maniera incredibile in carni che sembrano vive,così vere e abbandonate che vien da chiedersi come abbia fatto un uomo ad estrarre quelle espressioni e sentimenti che sembrano parlare da un blocco di fredda pietra.Ma è inutile perdersi in descrizioni, basta guardare i particolari per restare estasiati.
Non meno cruenta della crocifissione era la macabra pratica della morte per decapitazione che ancora fino a qualche anno fa abbiamo rivisto praticata nelle orrende immagini diffuse in rete dall'Isis,con quella pratica barbarica che ha angosciato il mondo intero.Eppure proprio questa pratica tanto è stata riportata in molte opere pittoriche.La decapitazione è sicuramente una pratica orrenda e barbara alla quale abbiamo ma è pur sempre l'esecuzione di una condanna a morte e questo dovrebbe far riflettere quelle nazioni che si dicono civili e democratiche,come gli Stati Uniti,dove la colpa dell'individuo verso la società comporta la condanna a morte in forme non meno barbare come la sedia elettrica.
La decapitazione è un tema ricorrente nella pittura,e ha molteplici significati.Anzitutto esso rappresenta la lotta tra il Bene e il Male:infigure di racconti biblici come Giuditta e Oloferne, la decapitazione è la rappresentazione della vittoria del bene (Giuditta,una vedova ebrea,che usa la seduzione per infiltrarsi nella tenda del generale assiro Oloferne,che assediava la sua città, Betulia.) sul male (Oloferne)liberando la propria città dall'assedio.Oppure la decapitazione è vista come Paura e condanna:nelle opere di artisti come Caravaggio, la decapitazione è legata alla propria personale paura di essere giustiziato. Questa paura,del resto,è un tema ricorrente nelle opere del Caravaggio, riflettendo la sua vita turbolenta e la condanna a morte pendente su di lui.Altre volte attraverso con la decapitazione si vuole rappresentare la vendetta e il potere femminilile:in opere come quelle di Artemisia Gentileschi, la decapitazione può essere interpretata come una metafora della vendetta e del potere femminile contro la violenza maschile(ricordiamo che proprio la Gentileschi fu vittima di una violenza sessuale).
Altre volte ancora essa rappresenta il sacrificio,il supplizio o il martirio:la decapitazione di figure come San Giovanni Battista è anche rappresentata per simboleggiare il sacrificio e la martirizzazione ma la loro fede incrollabile di fronte alla morte.
Nel corso dei secoli sono state realizzate sull'argomento opere di bellezza ineguagliabile come "David con la testa di Golia" ancora del Caravaggio
o come quella di Artemisia Gentileschi:Giuditta e Oloferne
e sempre su Giuditta e Oloferne l'opera del Caravaggio:
Una delle rare rappresentazioni scultoree del racconto biblico di Giuditta e Oloferne è quella di Donatello
E ancora del Caravaggio "Salomè con la testa di San Giovanni Battista",conservato nella National Gallery di Londra:
Impossibile,poi,noon ricordare la statua di Benvenuto Cellini Perseo con la testa di Medusa :
Ma ancora più interessante è il discorso su La morte della Vergine del1604,ancora del Caravaggio.Nell’iconografia tradizionale Maria, al momento della sua morte,è assunta in cielo,perchè non avendo Ellamai conosciuto il peccato,il suo corpo,che ha concepito e portato il Figlio di Dio, non poteva essere corrotto dalla morte.Ma per Caravaggio,l'essere un buon pittore significava “dipingere bene et imitar le cose naturali”.Così il pittore propone una scena talmente aderente al reale che all’epoca fu reputata blasfema.Addirittura per rappresentare la Vergine, prende come modello il corpo di una prostituta trovata morta nel Tevere.Ed infatti nel dipinto si nota il ventre gonfio di Maria e i piedi nudi fino alle caviglie,senza nessun accenno di misticismo,il chè suscitò scalpore e indignazione nei Carmelitani che gli avevano commissionato il quadro.
Spinto dal suo animo provocatorio e dalla necessità di replicare perfettamente il dato naturale,Caravaggio propone una scena estremamente povera ed esprime il dolore per la morte della Vergine in modo molto efficace:gli apostoli,stanchi,anziani e calvipiangono disperatamente, al pari della Maddalena, che seduta sulla sua seggiola si copre il volto con la mano. Pietro, che se ne sta silenzioso e a braccia conserte, sembra consapevole del suo nuovo ruolo di capo in seno al gruppo. Giovanni porta la mano sinistra alla guancia, nel gesto tradizionale del dolente. A terra, un catino di rame, dal quale penzola una garza, dice che il cadavere è stato da poco lavato.
Antoon van Dyck,allievo di Rubens,ci trasporta invece al di fuori dell’iconografia religiosa con l’opera "Rubens che piange la moglie" in cui, sebbene il cadavere di Isabella sia appena visibile, ciò che impressiona è quella bara scura e l’atmosfera cupa, pesante,notturna.Anche se tutte le figure appaiono comprese nel proprio ruolo,colpisce il cagnetto sulla sinistra che scruta i padroni con lo sguardo preoccupato e triste al tempo stesso.
La serie di quadri che rappresentano le lezioni di anatomia sono così numerose che meriterebbero di essere trattate a parte ma, dovendone scegliere solo alcune,è doveroso ovviamente ricordare quello di Rembrandt:Lezione di anatomia del dottor Tulp. Commissionato dalla gilda dei medici di Amsterdam, mostra il dottor Tulp che spiega il funzionamento dei tendini del braccio di un criminale impiccato poco prima della realizzazione dell’opera. Nel quadro è evidente il contrasto fra le carni rosee e vive dei medici e il corpo cereo, esangue e ingrigito del criminale.
Uno dei cadaveri più famosi e più politici è quello di Jean-Paul Marat, dipinto, da Jacques-Louis David nel 1793 proprio nella vasca in cui fu ucciso per mano di Charlotte Corday. Una specie di santificazione laica di uno dei padri della rivoluzione francese, con tutti gli elementi della vicenda raffigurati diligentemente: il coltello, la penna d’oca, la lettera di supplica motivo dell’omicidio. Non una ricerca degli effetti della morte, ma una elevazione a simbolo del personaggio, che sembra quasi sorridere.
Abbiamo poi la morte delicatissima e romanticissima di Ophelia di John Everett Millais,ispirato dall' "Amleto" di Shakespeare("sui rami pendenti mentre s’arrampicava per appendere le sue coroncine, un ramoscello maligno si spezzò, e giù caddero i suoi verdi trofei e lei stessa nel piangente ruscello".(Amleto, Atto IV, scena VII).Ofelia nel dipinto appare più bella che mai nella fissità delle labbra dischiuse e sensuali. Tutto è perfetto:le labbra sensuali,le braccia aperte,i fiori che ancora stringe nella mano, le piante, l’acqua. Ben altra cosa rispetto alla morte da annegamento con i suoi devastanti effetti.
Una morte che invece Edvard Munchrappresenta come terribile e crudele è quella del dipinto:"La madre morta e sua figlia" in cui la crudeltà è quasi insopportabile. La bambina piange disperata e, in due versioni precedenti, si chiude le orecchie e volta le spalle alla madre, come a non voler sentire ragione. La madre è cadavere dal volto scavato,il naso adunco,i denti che sporgono dalla bocca.
Il pittore tedesco Otto Dix fu uno che la morte la conobbe molto bene.Arruolatosi volontario nella prima guerra mondiale, ben presto si rese conto di quali atrocità, sofferenze e mutilazioni comportasse un conflitto del genere. Ne uscì profondamente sconvolto e rappresentò tutti gli orrori che aveva visto attraverso i propri occhi in una serie di incisioni dal grande impatto emotivo. Sebbene Dix non si esime dal mostrarne le atrocità,colpisce il fatto che la morte è incarnata da soldati tedeschi che la maschera antigas trasforma in teschi minacciosi. Una morte rappresentata in modo molto più pauroso di tutte quante le danze macabre
E poi Andy Warhol (1928-1987)che nella sua esperienza artistica pare aver esplorato ogni tematica possa venire in mente, compresa la morte, che lo ha toccato per mano di Valerie Solanas, che gli sparò diversi colpi di pistola nel 1968.
In questo caso,e a proposito di quanto si diceva innanzi,Warhol eleva a forma d’arte ciò che normalmente passerebbe in qualche pagina di cronaca, come in Little electric chair (1963) in cui una sedia elettrica è mille volte più evocativa di qualsiasi cadavere.Una stanza vuota,una porta con scritto silence, la sedia elettrica al centro della stanza. Un luogo che ha visto morire più esseri umani di qualsiasi altra comune stanza al mondo.A proposito di questo lavoro disse: “È incredibile quanta gente si appenda in camera un quadro della sedia elettrica,pensando solo se i colori vanno d’accordo con quelli delle tende”.
Un tema molto ripreso in pittura è quello della Morte per suicidio.Anche qui le opere da ricordare sono tante da richiedere un discorso a parte,ma ne richiamo solo qualcuna,legate ad episodi storici,narrazioni di fatti e persone o riferimenti letterari.
Così,per cominciare la "Cleopatra morente" del Guercino.Dopo la sconfitta di Marco Antonio,membro del secondo triunvirato e amante della regina,Cleopatra apprese che Ottaviano intendeva portarla a Roma per umiliarla in un trionfo.Per evitare questa umiliazione, scelse di suicidarsi.La versione più famosa è che si sia fatta mordere da un aspide (un serpente velenoso):morì poco dopo, insieme alle sue ancelle che la assistettero fino alla fine.
La morte di Socratedi Jacques-Louis David celebra il grande filosofo greco che fu condannato a bere un potente veleno,la cicuta,a seguito dell'accusa di corrompere i giovani con le sue idee e di non credere negli dei.
Sempre il pittore Jacques-Louis David dipinse "Morte di Seneca",anche in questo caso obbligato al suicidio dall'imperatore Nerone che lo riteneva ingiustamente responsabile di una congiura.Portato in un bagno caldissimo, spirò a causa del vapore e venne cremato senza cerimonia alcuna.
e ancora il suicidio di Seneca nell'altra realizzazione di Pieter Paul Rubens
"Morte di Catone" sempre del Guercino.Il grande pittore emiliano raffigura il suicidio del tribuno romano Marco Porcio Catone l’Uticense,che allo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo prese le parti di quest’ultimo e lo seguì in Oriente.Dopo l’uccisione di Pompeo e la sconfitta dei suoi seguaci, Catone, uomo di saldi ideali stoici, decise di porre fine alla propria vita trapassandosi il ventre con una spada ma fu soccorso e medicato; durante la notte, lasciato solo, si lacerò le bende e,riaprendosi la ferita,provocò con lucida determinazione la propria morte.
Nella Divina Commedia,come si sa,Dante nel Canto 13 dell'Inferno,parla dei violenti contro la propria persona e quindi dei suicidi.Anche essi sono dannati secondo la legge delcontrappasso: coloro che hanno rinnegato e rifiutato il loro corpo, sono costretti nell’inferno sotto le sembianze di sterpi continuamente spogliati e rotti dalle arpie.Sotto : "La foresta dei suicidi" del pittore francese Gustave Doré
Il suicidio (Le suicidé) è un dipinto di Édouard Manet,Negli anni in cui realizzòIl Suicidio, Manet soffriva di problemi di salute che avrebbero segnato gli ultimi anni della sua vita.La sua prospettiva sulla fragilità umana e sulle difficoltà dell’esistenza può aver influenzato il trattamento di questo tema nel suo lavoro.
Il dipinto raffigura il corpo di un uomo disteso su un letto, con una pistola accanto. L’immagine è straordinariamente diretta e priva di dettagli superflui, concentrandosi esclusivamente sul tragico evento.L’ambiente è spoglio e austero, il che accentua l’isolamento e il senso di desolazione.
"Il suicidio di Dorothy Hale" di Frida KahloNell’ottobre del 1938 la nota attrice Dorothy Hale si gettò dal sedicesimo piano del grattacielo in cui alloggiava: l’Hampshire House di New York. La sera prima aveva dato una festa di addio per congedarsi dagli amici prima di intraprendere un lungo viaggio. La mattina dopo, la notizia raggiunse per prima la sua amica Clare Booth Luce, all’epoca editrice di Vanity Fair. Qualche tempo dopo l’editrice visitò una mostra di Frida Kahlo, la quale essendo venuta a conoscenza dell’accaduto, la avvicinò chiedendo notizie sulla morte dell’amica e offrendosi di dipingere un “recuerdo” in memoria della scomparsa attrice. La Booth Luce pensò che sarebbe stata una buona idea per alleviare il dolore della madre di Dorothy Hale e acconsentì.
In queste tante e varie rappresentazioni artistiche della Morte per suicidio mancano ancora,però opere che raccontino di quella nuova,angosciante urgenza esistenziale dell'Uomo moderno che tanto impegna i campi della Medicina,della Filosofia e più in generale,alla Bioetica,che è quella disciplina interdisciplinare che si occupa delle questioni morali,sociali e giuridiche legate alla vita e alla salute.Non parlo tanto della "Dolce Morte",dell'Eutanasia cioè(dal greco "eu" (bene) e "thánatos" (morte),che significa letteralmente "buona morte")ma di quell'altra forma di morte che l'individuo sofferente di malattia irreversibile e fatale,sceglie di darsi per liberarsi dal dolore fisico ed esistenziale e per salvaguardare la propria dignità di Essere Umano.Eppure l'Arte e la Pittura,che interpretano le angosce e le vicissitudini esistenziali dell'uomo,sapranno un giorno sicuramente dare visione e forma a una materia tanto controversa,drammatica e angosciante come questa.
50 anni fa moriva all'età di 53 anni Pier Paolo Pasolini,una delle più geniali intelligenze della cultura italiana.Pasolini fu brutalmente assassinato il 2 novembre 1975,dopo essere stato percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia, località del comune di Roma. Il cadavere massacrato fu poi riconosciutodall'amico Ninetto Davoli.
Di Pasolini amici,conoscenti,critici letterari e cinematografici ne hanno sempre sottolineato l'umanità,il suo essere sensibile e fragile, l’emozione che rompeva gli schemi di una società ipocrita,conformista e opportunista.
Non solo quindi l’uomo dal volto scavato e duro, non solo lo scrittore e regista determinato, provocatorio,ma l’intellettuale che dubita,che si pone domande perchè tormentato dalle contraddizioni, l’autore dalla spiccata sensibilità critica coniugata ad un carattere sorprendentemente mite.E se si volesse trovare testimonianza di questa sua sensibilità ed emotività,basterebbe rileggere i suoi articoli, gli interventi sui quotidiani intorno ai temi aperti della propria stessa esistenza:"Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia,questa disperazione mi porteranno alla fine.Amo il sole,l’erba,la gioventù. L'amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro".Queste le sue ue struggenti parole rilasciate in un'intervista.
Fu una esistenza intensa e ricca,ma anche tragica quella di Pasolini: la guerra, il fratello partigiano ucciso, il complesso rapporto con il padre e il viscerale legame con la madre Susanna,le difficoltà economiche, gli spostamenti con la famiglia dall’Emilia al Friuli a Casarsa,vicino Pordenone,paese di origine della madre,il luogo dove visse a lungo e con il quale mantenne un rapporto d’amore costante)fino poi al trasferimento a Roma.
Proprio ilperiodo friulano fu quello in cui Pasolini si avvicinò alla lingua e alle tradizioni del mondo contadino,all’impegno politico nel Partito Comunista e all’esperienza dell’insegnamento scolastico.E sono anche di quegli anni anche la presa di coscienza della propria omosessualità e le prime avventure amorose con alcuni ragazzi del posto.Poi c'è il trasferimento a Roma ed arrivano le amicizie con intellettuali del rango di Alberto Moravia, Dacia Maraini,Bernardo Bertolucci,Enzo Siciliano,Natalia Ginzburg e Laura Betti (che per tutta la vita lo amerà di un amore impossibile) e con giovani del sottoproletariato urbano, di estrazione popolare e di scarsa scolarizzazione come i fratelli Franco e Sergio Citti o Ninetto Davoli.Prendere dall’alto e dal basso, mescolare, imparare e insegnare.Questa era la filosofia di vita di Pasolini uomo e artista.
Una vita costellata da denunce, piccoli e grandi guai giudiziari, ostilità che spesso sfociarono in odio da parte della società politica e culturale perbenista dell'epoca.Episodi di vita vissuta, accuse per aver realizzato opere oscene come il romanzoRagazzi di vita ,o i filmTeorema,Il fiore delleMille e una notte,I racconti di Canterbury eSalò o le 120 giornate di Sodoma sequestrati per scandalo e successivamente assolti perché giudicati opere d'arte. Polemiche accese sui suoi lavori e per i temi trattati,sferzanti giudizi sulla sua omosessualità dichiarata:di certo Pier Paolo Pasolini ebbe più nemici che amici.
Masarebbe sbagliato ricordarlo solo per gli eventi estremi, compresa la morte tragica sul Lido di Ostia il 2 novembre 1975.Su quell'episodio ancora oggi non è stata fatta chiarezza:dalla tesi del brutale omicidio per rapina commesso dai “ragazzi di vita”,al delitto di gruppo,alla vendetta,al desiderio di tacitare per sempre una indagine scomoda su oscure vicende legate all’Eni di Eugenio Cefis.
E' stato detto che:"Si fa presto a seppellire un poeta commemorandolo".Ma per Pasolini non è così;perchè alcuni poeti(e tale lo considerava il suo amico Alberto Moravia quando lo definì uno dei 3-4 poeti che in ogni secolo nascono)come appunto Pasolini, continuano a porre domande scomode anche dopo la morte, stimolando una riflessione critica che va oltre la semplice celebrazione.E per capire davvero Pasolini bisogna scavare nel profondo. Pasolini non ha certezze eterne, ma da uomo libero e geniale è capace di riconoscere errori, di mutare opinione. In qualche momento finiva anche per rassegnarsi quando vedeva l'impossibilità del cambiamento:"Ho finito con l'accettare l'Italia come è diventata.Una immensa fossa dei serpenti dove, salvo qualche eccezione,tutti gli altri sono appunto dei serpenti, stupidi e feroci, indistinguibili, ambigui, sgradevoli".
Sull'Italia,poi,Pasolini seppe fare analisi lucide e impietose.Pasolini ebbe una capacità d'analisi straordinaria del nostro Paese,per il quale vide un futuro cupo,per le distorsioni del periodo successivo al boom economico,sul consumismo e sulla televisione ma anche delle proteste studentesche del '68.Così considerava i ragazzi che nel '68 scendavano nelle piazze a manifestare anche in maniera violenta:"Ho passato la vita a odiare i vecchi borghesi moralisti,e adesso devo odiare anche i loro figli... La borghesia si schiera sulle barricate contro sé stessa,i "figli di papà" si rivoltano contro i "papà".Sono dei borghesi rimasti tali e quali ai loro padri,sono profondamente conformisti"
Probabilmente Pier Paolo Pasolini è uno degli scrittori più dotati che l'Italia abbia avuto.Ogni sua attività,dal romanzo alla critica,alla poesia, è prova di un impegno estremamente serio ed offre risultati che onorerebbero chiunque.Ne era ben consapevole Giuseppe Ungaretti che nel 1956 scrisse una toccante"Lettera ai Giudici" in cui difese il romanzo di Pasolini,"Ragazzi di vita", per il quale fu processato per oscenità. Ungaretti lodò la veridicità del linguaggio di Pasolini e la sua opera per il realismo nel descrivere la realtà dei poveri e dei diseredati. La lettera contribuì all'assoluzione di Pasolini e da allora tra i due intellettuali si strinse una solidarietà culturale.
Pasolini sperimentò tutti i diversi linguaggi dell’arte (cineasta, romanziere, poeta, linguista, pittore, traduttore e saggista), ma la produzione cinematografica resta comunque quella più popolare e può essere considerata quella che più custodisce memoria e testimonianza dei mutamenti culturali e sociali italiani generati dal rapido passaggio dal mondo contadino e sottoproletario a quello industriale.E proprio nel cinema è possibile fare un confronto con l'altro grande Maestro della cinematografia italiana,Federico Fellini;con lui Pasolini ebbe un rapporto complesso ma collaborativo,caratterizzato da una profonda ammirazione reciproca e da un'intensa frequentazione intellettuale.Collaborarono alla sceneggiatura de Le notti di Cabiria,con Pasolini che contribuì anchee a La dolce vita.Ma nonostante l'ammirazione sincera,i due avevano approcci artistici differenti.Entrambi esplorarono nelle loro opere le esistenze ai margini della società. Fellini ritraeva spesso il mondo circense, gli artisti e la provincia, mentre Pasolini si concentrava sul sottoproletariato delle borgate romane.Sia Fellini che Pasolini offrivano una visione spesso critica della società italiana,mirando entrambi a svelare le contraddizioni e le ipocrisie del loro tempo.Ma mentre in Fellini prevaleva la dimensione del sogno, in Pasolini era presente il racconto della crudele impietosa realtà.In definitiva, Pasolini e Fellini furono due forze opposte e complementari del cinema italiano, uniti da una profonda stima intellettuale ma divisi da approcci artistici e visioni del mondo radicalmente differenti. Il loro "dialogo a distanza" ha arricchito in modo significativo la cultura e il cinema del Novecento.
Dopo film comeMamma Romao "Uccellacci uccellini"(una rivisitazione drammatica del personaggio di Totò)tappa centrale della produzione cinematografica pasoliniana è la "Trilogia della vita"diretta dal regista tra il 1971 e il 1974: IlDecameron, I racconti di Canterbury,Il fiore delle Mille e una notte.DallaTrilogia della vita, che celebra l’immediatezza di una vitalità perduta, Pasolini torna con lo sguardo sull’attualità più bruciante del degrado umano. Ne nasceSalò o le 120 giornate di Sodoma (girato nel 1975 e uscito postumo nelle sale), primo di una "Trilogia della morte"mai però conclusa.
Al tempo stesso Pasolini porta avanti la sua opera poetica e narrativa,la scrittura dei contributi critici per numerose testate e una marginale ma presente produzione pittorica.Tra le raccolte poetiche emergono i titoli più celebri ma non unici:Poesie a Casarsa "La meglio gioventù", Le ceneri di Gramsci,e altre ancora. Tra le opere di narrativa il già citatoRagazzi di vita,Una vita violenta,Teorema Negli ultimi anni lavorò a un grande romanzo-affresco sulla società italiana,Petrolio, di cui verrà pubblicato postumo l’abbozzo nel 1992 da Einaudi.
Oggi,a 50 anni dalla scomparsa,si può senz'altro dire che Pasolini fu davvero uno dei più sferzanti e dolorosi autori della sol'cietà italiana del Novecento.Pasolini è oggi diventato un'icona: da alcuni venerata,da molti altri usata, consumata, abusata,non rispettata.Ancora oggi troviamo traccia nella società italiana di quei fenomeni da lui tanto profondamente analizzati e denunciati come ad esempio quei giovani che “non vogliono nulla”e preferiscono “perdersi”.O come l'identikit del nostro Paese tracciato negli anni finali del boom economico:"L’Italia sta marcendo-scrisse su una rivista-in un benessere che è egoismo, stupidità,incultura,pettegolezzo,moralismo,coazione,conformismo.Pagine cariche di profonda,cupa amarezza.Da allora sono trascorsi 50 anni,mezzo secolo di storia nazionale,e siamo ancora orfani di Pasolini e della sua geniale intelligenza.E nel guardarci intorno,nel guardare il panorama politico,sociale,mediatico ma anche al nostro essere con gli altri,ci accorgiamo che la situazione non è affatto migliorata e che quelle sue parole di allora sono utilizzabili anche e forse di più in questi nostri giorni.Ecco perchè oggi servirebbe ancora il coraggio di un Pasolini.