10 febbraio 2022

QUELLO CHE I BAMBINI CI DANNO

 

La vicenda del piccolo Rayan,quel bambino del nord del Marocco precipitato in un pozzo di campagna,ha suscitato emozione e grande angoscia in tante parti del mondo.Fino alla mattina di "quel" giorno Rayan,era un bimbo come gli altri.Nel pomeriggio la tragedia lo ha portato a essere il figlio di tutti .E' rimasto oltre 100 ore a 32 metri sotto terra,inghiottito da un pozzo strettissimo,di soli 20 centimetri di diametro.L'intero Marocco,ma anche il resto del mondo,seguiva in diretta tv la disperata corsa contro il tempo per salvarlo.Ma purtroppo l'epilogo è stato tragico.I soccorritori erano entrati nel tunnel scavato per estrarre il piccolo Ryan dal pozzo in cui è caduto.Il corpicino è stato estratto e trasportato in ospedale,ma non c'era più nulla da fare.Rayan se n’era andato.E il mondo intero,deluso e angosciato,ha vissuto,con partecipato dolore,all'epilogo di quella vicenda.

Sicuramente noi italiani abbiamo assistito con ancora più partecipazione al dolore della famiglia di Rayan,noi italiani che,più di 40 anni,fa vivemmo un dolore uguale,nell'eguale vicenda successa a Vermicino,quel comune vicino Frascati,dove morì Alfredino Rampi,anche lui,come Rayan,precipitato e morto in un pozzo,nonostante i soccorsi arrivati sul posto.Eppure ci dice qualcosa la vicenda del piccolo Rayan.Ci dice,anzitutto,che l'egoismo,l’indifferenza, grande malattia del nostro tempo,si possono sconfiggere,soprattutto grazie ai bambini.Nel caso di Rayan nessuno è stato indifferente.Appena accortisi che il piccolo era finito nel pozzo,sono accorsi gli abitanti del villaggio,a tentare con i mezzi rudimentali e l’impegno dei volontari di tirarlo fuori.Poi sono arrivari gli specialisti della protezione civile e gli speleologi,facendo vari tentativi,anche se poi rivelatisi inutili.Da quando il bambino era finito nel pozzo,in quella terra del nord del Marocco l’orologio ha smesso di funzionare:il tempo si misurava con i metri che mancavano per raggiungere Rayan,cercando di tirarlo su con imbracature e financo scavando nella roccia.E ce l’avevano fatta,i soccoritori. Sostenuti da un popolo intero e da milioni di persone che tifavano e pregavano a distanza.L’indifferenza dei vicini del villaggio era stata vinta.Per una volta le persone,di ogni dove,hanno smesso di essere distratte da se stesse e si sono interessate all’altro,dall’altra parte del mondo.Sono stati trascinati e coinvolti da una piccola creatura.Per una volta,una persona,un bambino che nessuno conosceva è diventata importante:per tutti.E poi c'è dell'altro.Sono i bambini,e solo loro,a far stringere in un forte abbraccio popoli e nazioni con una straordinaria immediatezza.Sono bastate poche ore perché marocchini,algerini, egiziani,abitanti di Nazioni così politicamente ed etnicamente ostili tanto da combattersi con  ricorrenti guerre locali,inondassero i social di post e tweet di sostegno per Rayan.E,insieme a loro,tanti altri milioni di altre persone da ogni angolo della terra.Perché,alla fine,non c’è bandiera o nazionalismo che tenga davanti al respiro affannato di un bimbo di cinque anni che lotta per la vita.L’angustia della terra che aveva ingoiato Rayan è stata vinta dalla sterminata apertura verso l’altro.Quello del Marocco si è scoperto un popolo unito,solido.Al punto che la tragica notizia della morte di Rayan è stata comunicata addirittura con le parole del Re. 

Un'altro messaggio ci lascia Rayan:la sacralità della vita. In un mondo di guerre, tragedie e ingiustizie,le persone sembrano aver riscoperto,almeno per una volta,il valore della vita e il dolore della perdita.È riemerso il desiderio di lottare per i milioni di Rayan nel mondo. Perché non muoiano più in fondo alla terra o in fondo al mare,o ai confini della frontiera della Bielorussia.Né sotto la macerie delle bombe o di stenti sotto le tende dei campi profughi.


E c'è un'ultima cosa.L’ingratitudine morale di un benessere materiale che per noi ricchi paesi occidentali,è ormai scontato.Tra le poche parole pronunciate dalla mamma di Rayan in queste giorni,quelle che più colpiscono non riguardavano il bimbo,i proprio figlio."Non abbiamo nulla, dobbiamo elemosinare pure l’acqua.Nemmeno da quel pozzo che vedete, che mi ha portato via mio figlio,non ho mai avuto un bicchiere d’acqua".
Ecco,l’acqua che noi diamo per scontata non lo è per tutti.E non lo è per gente non così lontana da noi.Perchè il nord del Marocco,la terra di Rayan,è a solo 100 chilometri a Chefchaouen,importante centro turistico dove tanti occidentali stati in vacanza e per turismo.Ma nessuno forse ha mai pensato che ci sono persone e bambini che muoiono,per l’acqua.E nel mondo sono milioni i Rayan che hanno ancora bisogno della nostra attenzione.

2 commenti:

Julia ha detto...

Quella che dovrebbe essere la normalità viene vista come un'utopia. Dobbiamo aspettare una disgrazia per vedere la fratellanza e la solidarietà tra i popoli.
Ho vissuto momenti e luoghi dove l'acqua non era un bene così scontato. Per questo ringrazio ogni volta che faccio una doccia calda.
Purtroppo credo sarà l'oro del futuro.
Ciao Clem

Clem ha detto...

Ci vogliono avvenimenti stra-ordinari(cioè al di fuori della nostra ordinaria normalità quotidiana)che dovrebbero farci rendere conto della ricchezza materiale di cui disponiamo ma anche di una povertà spirituale e culturale di questa nostra società. L'acqua,per esempio,è uno dei più grandi doni,una delle più immense ricchezze delle quali l'Uomo dispone,eppure continuamente gli uomini,con sconsideratezza,cinismo e per interessi economici, ne distruggono le fonti con le loro cementificazioni selvagge. gli incendi dolosi che poi danno luogo ad alluvioni,siccità ed altre catastrofi che poi tanto naturali non sono.
Grazie per la tua presenza costante, Julia
Un salutone
Clem