Come sta accadendo oramai da un pò di tempo,anche quest'anno l'Accademia di Svezia ha assegnato,a sorpresa,il Premio Nobel per la letteratura al di fuori di quella cerchia di scrittori di grande popolarità,che sembravano essere i grandi favoriti.Tra queste forse la sorpresa più grande fu quella del 2016,quando il Premio Nobel per la letteratura fu assegnato al cantante americano Bob Dylan.Anche quest'anno i bookmakers avevan dato grosse probabilità di vittoria allo scrittore giapponese Haruki Murakami(tra le sue opere più famose 1Q84 e Kafka sulla spiaggia )oppure la scrittrice canadese Margaret Atwood(L'assassino cieco)e la scrittrice francese Annie Ernaux,già vincitrice del Premio Strega europeo nel 2016 per il romanzo "Gli anni",nonchè Premio Marguerite Yourcenar 2017 alla carriera e del Premio Hemingway per la letteratura 2018.C'era,poi,chi addirittura non escludeva l'assegnazione del Nobel al "politicamente scorretto" Michel Houellebecq,noto soprattutto,per la narrativa con Sottomissione e per la poesia "La ricerca della felicità" e "La vita è rara".Ed invece il Premio Nobel 2021 per la letteratura è stato assegnato allo scrittore tanziano Abdulrazak Gurnah,con questa motivazione:"Per il suo approfondimento appassionato e senza compromessi sugli effetti del colonialismo e sul destino dei rifugiati al confine fra le culture e i continenti(.....)e per "la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato tra culture e continenti".Gurnah è il 5° scrittore africano che vince il Premio Nobel per la letteratura,dopo il nigeriano Wole Soyinka nel 1986,l'egiziano Naguib Mahfouz nel 1988,la scrittrice sudafricana Nadine Gordimer nel 1991 e l'altro sudafricano John Maxwell Coetzee nel 2003.
12 ottobre 2021
GLI OCCHI NEL DOLORE DEL MONDO
Nato nel 1948 a Zanzibar,Gurnah è arrivato nel 1968 nel Regno Unito con lo status di rifugiato.La sua riflessione è stata sempre rivolta ai temi del postcolonialismo africano,caraibico e indiano.Forse il suo romanzo più importante è "Paradise" (del 1994),storia delle violenze subite da un giovane ragazzo tanzaniano,Yusuf,che agli inizi del '900 è venduto a un mercante arabo e,al seguito della sua carovana,esplora i contrasti vivissimi di mondi e culture diverse e amori contrastanti,alla vigilia della prima guerra mondiale e della leva forzata che l’esercito tedesco impose alla popolazione locale.In Paradise l'impegno di Gurnah è quello di una lotta ai preconcetti e quello di mostrare quanto diversificata sia la cultura africana.
Tra gli altri libri di Gurnah i più importanti sono "By the Sea" ("Sulla riva del mare") del 2001
e "Desertion" ("Il disertore") del 2005
In tutti i suoi romanzi Gurnah esplora lo sradicamento dei rifugiati,un tema che attraversa tutta la sua opera a partire da quando egli stesso si trovò ad essere rifugiato all’età di 21 anni in Inghilterra.Quasi tutti i personaggi dei suoi libri sono rapiti,venduti,costretti a combattere battaglie altrui,a volte anche guerre contro le proprie genti.Essi sono protagonisti sradicati,che però vogliono costruire un’immagine di sé che sia veritiera e mai riflessa dall’occhio della distorsione coloniale:sono figure che viaggiano fra continenti e culture diverse,conservando,però la memoria delle proprie radici.Appartenenza,rottura,dislocamento:sono le parole del "fuori" per Abdulrazak Gurnah,a cui corrispondono quelle del di "dentro":perdita,dolore,recupero.Con i suoi libri e in alcune interviste Gurnah ha invitato l’Europa a cambiare la sua visione dei rifugiati dall’Africa e in generale della crisi migratoria:"Molte di queste persone vengono in Europa per necessità,fuggono da guerre,fame e carestie e hanno qualcosa da dare.Non arrivano a mani vuote.Molte hanno talento ed energia".La migrazione e lo spostamento,dall’Africa all’Europa,sono al centro di tutti i romanzi di Abdulrazak Gurnah.I suoi personaggi,spesso dei rifugiati o degli espatriati,talvolta figli di immigrati,vivono una costante scissione tra un passato doloroso e un presente in cui non riescono mai a realizzarsi pienamente né come individui né come cittadini,anche a causa di pregiudizi,razzismo e delle invalicabili barriere tra la cultura di provenienza e quella di approdo.Se solo si guardano le date di pubblicazione dei suoi romanzi ("Paradise" è del 1994,"By the sea" del 2001,"Desertion" del 2005)si comprende come Gurnah sia un anticipatore di quella letteratura della migrazione e della multiculturalità oggi così attuale.Infatti,nello scrivere i suoi libri Gurnah ha saputo "leggere" un mondo che sarebbe venuto e che infatti è venuto,ha saputo vedere fenomeni ancora in divenire,poi esplosi in tutta la loro forza deflagrante.I bambini dei suoi libri,venduti e "arruolati" dalle truppe colonialistiche,sembrano raccontarci anche della sorte dei bambini somali o iraniani o afghani,tolti ai loro giochi e alla loro età per farne soldati bambini,a volta piccoli,poveri inconsapevoli esseri di morte con una cintura di bombe addosso.E Gurnah ha anticipato anche altri temi sui quali oggi si discute e che coinvolgono il senso stesso del presente e del futuro dell'Europa.Come,ad esempio,la migrazione di interi popoli che fuggono dalla fame e dalle guerre,le cui vicende pure in questi ultimi tempi abbiamo mediaticamente osservate attraverso le immagini che ci venivano dall'Afghanistan.Una migrazione di gente disperata in cerca di un incerto futuro che passa attraverso i campi di violenze e di tortura libici,o lungo le strade ghiacciate della rotta balcanica o che spesso finisce in una morte atroce in barconi inghiottiti dalle acque del Meditarraneo.E intanto l'Europa costruisce muri culturali e materiali sempre più alti fondati sull'odio e l'intolleranza di populismi e nazionalismi sempre più feroci.Ma il fenomeno migratorio non si ferma innanzi ai muri,perchè rappresenta un fatto storico ineluttabile che costringe a fare i conti con quello che noi europei siamo stati e abbiamo fatto contro l'Africa,dei saccheggi materiali e culturali delle terre e delle culture africane e del Medio e dell'Estremo Oriente.E probabilmente ha ragione Gurnah quando dice che:"c'è una sorta di avarizia dietro al motivo per cui è così difficile per gli Stati europei fare i conti con questa realtà".Ecco perché in certo qual modo dobbiamo ringraziare la giuria di Stoccolma:anche se inatteso,è quanto mai opportuno l'assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura ad Abdulrazak Gurnah:perché costringe noi europei a guardare al dolore del mondo,al di là di ogni odio ed egoismo.
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