60 anni fa,il 30 ottobre 1961,moriva Luigi Einaudi.Era nato nel 1874,cioè nel secolo XIX.Eppure il suo pensiero,la sua opera,i suoi progetti rimangono tuttora validi.Luigi Einaudi fu molte cose:finissimo intellettuale,economista di fama mondiale,cattolico,liberale,Governatore della Banca d'Italia,componente dell'Assemblea Costituente,senatore del PLI.Fu anche opinionista del "Corriere della Sera" e "The Economist".E poi,proprio lui,che nel referendum del 1946 aveva votato per la monarchia,diventò Presidente della Repubblica.Tanta parte della sua vita fu dedicata alla produzione di scritti,politici ed economici.Ma il meglio di sé lo diede con le sue virtù civili,oggi così rare.Al di là delle ideologie,egli fu incarnazione delle virtù pubbliche italiane,con un'etica rigorosa e quasi religiosa di servizio dello Stato,tipica di chi sa mettere al primo posto non la propria carriera personale,ma gli interessi generali,la solidità e il prestigio delle Istituzioni che rappresenta.In questo egli fu un grandissimo,un vero padre della Patria.Per avvertire ancora oggi la vitalità del pensiero di Einaudi basterebbe fare solo questo:immaginare che cosa potrebbe dire e scrivere oggi,in una situazione che pare rimettere in discussione molte delle sue convinzioni e dei suoi insegnamenti.Se lo si fa con la sua onestà e limpidezza intellettuale,si comprende bene quanto sia utile leggere le sue "Prediche inutili",tanto più oggi quando sembra prevalere proprio quel mondo politico,morale e intellettuale così lontano dalle sue idee.Attraverso Einaudi possiamo capire cosa sono e come affrontare i problemi che oggi minacciano le condizioni della libertà,le prospettive del mondo aperto,l’idea stessa della democrazia,il destino della politica,le sorti dell’Europa,la lotta ai sovranismi da lui tanto odiati.Ancor più,poi, in presenza delle problematiche connesse alla crisi pandemica.
Democratici illiberali,no vax,antipatizzanti del mercato,neo-statalisti di ritorno,nazional-populisti,euro-scettici,giornalisti conformisti e conduttori tv cinici cadrebbero sotto i suoi strali e le sue critiche espresse sempre con precisione di argomentazioni.Ai facinorosi di ogni risma che gridano nelle piazze e sguaiano nei talk televisivi,Einaudi certamente riproporrebbe la sua visione della libertà come "fatto morale".E farebbe giustizia della deformazione di certa stampa,poi amplificata nelle piazze,di chi identifica la libertà col sopruso e chi non riconosce i limiti alla propria libertà nel rispetto di quella altrui.
Agli oppositori del mercato,Einaudi spiegherebbe che la visione della libertà non può essere svincolata dai vincoli morali:per lui, la libertà – in politica e in economia – non può mai trasformarsi in lotta di tutti contro tutti,perchè è solo così che si costruisce un'etica e una moralità,individuale e pubblica.Quella moralità che si realizza nel poter perseguire il proprio disegno di vita,la propra capacità creativa senza essere ostacolato dalle pastoie e dalle protezioni dello Stato-Moloch e degli interessi organizzati,restando ancorato a una visione morale basata su virtù quali l’intelligenza,l’operosità,il rispetto per le idee e i beni degli altri,il rifiuto dell’odio sociale.In questo senso certamente a Einaudi non piacerebbero molte quelle deviazioni del capitalismo moderno e neanche quell'assistenzialismo statale nel voler difendere,più che gli spiriti basati sul coraggio,l’innovazione e il rispetto reciproco,quelle posizioni acquisite,i privilegi oligopolistici e le fruttuose collusioni con la politica.
C'è oggi in Italia un numero incredibile di crisi aziendali,con conseguenti gravi pericoli occupazionali,aggravati dall'arrivo del Covid.Queste crisi sono in gran parte la conseguenza di avventati modelli di sviluppo industriale e di svendite "politiche" a privati di Aziende (si pensi all'ENI e all'IRI)e di un'economia assistita dalla mano pubblica.Eppure ancora oggi si continua ad invocare,per ciascuna di queste crisi(da Monte Paschi di Siena,all'Ilva,all'Alitalia,ad Autostrade)l'intervento "salvifico" dello Stato.A costoro Einaudi spiegherebbe che il modello liberale riserva allo Stato un posto importante."Lo Stato non deve stare con le mani in mano",egli scriveva,ma non deve governare direttamente l’economia,fonte fatale di "corruzione politica e amministrativa per ottenere favori dallo stato che si interessa di tutto".Lo Stato,invece,deve garantire quei presupposti di libertà,competizione e iniziativa che nella sua visione rappresentavano le condizioni irrinunciabili per spingere verso l’alto l’ascensore sociale e realizzare una società più equa.
C'è poi la crisi dell'istituto proprio di ogni liberaldemocrazia,cioè lademocrazia rappresentativa.A quei tanti,a quei troppi che per delusione o scoraggiamento,disertano in numero sempre crescente le urne e più in generale la politica,Einaudi probabilmente ricorderebbe che in una democrazia liberale sono insostituibili la garanzia di una società plurale,il dibattito e il confronto,nonché le procedure per garantirli e per condurli a decisioni d’intesse comune.Le scorciatoie violente e intolleranti,il rifiuto delle competenze(perchè Einaudi ben sapeva che uno non vale uno),il dileggio delle istituzioni possono solo sfociare nel successo dei demagoghi.E di questi già troppi ne abbiamo visti sul teatrino della politica italiana.
Infine già ai suoi tempi Einaudi volse la sua azione a contrastare ogni tipo di populismo e nazionalismo,che tanto piede hanno preso ai giorni nostri.Egli,infatti,nella Costituente,affermava che:"il nemico numero uno della civiltà,della prosperità(..…)è il mito della sovranità assoluta degli Stati".E certo ancora oggi ribadirebbe che:"gli Stati esistenti in Europa sono polvere senza sostanza.Nessuno di essi è in grado di sopportare il costo di una difesa autonoma.Solo l’unione può farli durare.Il problema non è fra l’indipendenza e l’unione.È fra l’esistere uniti e lo scomparire".Ecco,c'è da rimaner semplicemente esterefatti dinanzi alla lungimiranza e perciò all'attualità del pensiero einaudiano,che egli espresse,oltre che nelle sue "Prediche inutili" e nel suo "Scrittoio del Presidente" anche nel sostegno ad attività editoriali come quella visionaria ed eroica di Piero Gobetti.Ecco perchè,oltre che attuale, davvero Einaudi è un patrimonio di tutti.