"Flash mob",bandiere alle finestre,balli,tarantelle e "tamurriate"sui balconi con strumenti musicali improvvisati,come pentole,trombette,chitarre.Canzoni e Inno nazionale cantati dai balconi dei palazzi.E le radio nazionali che alle 18 in punto trasmettono,tutte insieme contemporaneamente,le canzoni "Volare",di Domenico Modugno e "Azzurro" di Adriano Celentano.Così gli italiani stanno affrontando questi giorni di confino e isolamento forzato:tanti modi per non sentire la solitudine e per sentirsi meno angosciati,ma anche per ritrovare un pò di empatia e staccarsi dalla quotidiana tragedia e cercare di disfare dalla memoria le notizie drammatiche che ogni giorno ti piovono addosso dalla tv e da internet per il dramma del Coronavirus.E a quelle finestre e a quei balconi sono anche appesi striscioni e cartelli con la scritta "andrà tutto bene",colorati spesso di soli sfavillanti e arcobaleni e fiori variopinti;disegnati spesso dalla mano di bambini.E con quella frase del "andrà tutto bene",diventata subito virale con l'hashtag cliccatissimo che dilaga su tutti i social.
Ma confesso che davanti a queste scene provo un grande fastidio,e forse di più,perfino una repulsione e un intimo sentimento di ribrezzo e avversione.Sì,provo fastidio,un fastidio che nasce da ciò che sento essere inopportuno,fuori luogo e fuori contesto,difronte al dramma che il Paese sta vivendo.Questi riti di riscossa collettiva,di un supposto,comune "sentire" nazionale che la tragedia ha innescato erano,forse,accettabili nei primi giorni,quando ancora non si aveva la consapevolezza della portata e dell'entità della tragedia,quando ancora non ci si rendeva conto dei dati numerici del disastro,umano nell'immediato,economico in prospettiva futura.Si.Quando vedo quei canti e quei balli,quel ridere e scherzare,su quei balconi festanti,sento addosso un fastidio e un ribrezzo,altro che distrarsi.Ci sono i morti,migliaia di morti,decine di migliaia di contagiati,una cosa tremenda,orribile:come si fa a dire che "andrà tutto bene" difronte a quei numeri?No.Non è andato tutto bene.Non sta andando affatto bene.E ciò nonostante l'incredibile attività e l'opera instancabile di medici,infermieri,operatori del 118,volontari e militari,che spesso sono i primi a prendersi il contagio e a rimetterci la vita.L'Italia sta attraversando giorni tragici,drammatici e ancora non si vede nessuna luce in fondo al tunnel.E allora,prima di uscir sul balcone a cantare "Azzurro" o "Volare",bisognerebbe pensare a luoghi come Bergamo.E lì sì,affacciarsi dai balconi dei palazzi di Bergamo e veder passare quell'interminabile colonna di camion militari che trasportano verso altre province tante,tantissime bare di persone uccise da questo stramaledettissimo virus.Persone morte in solitudine in un reparto d'ospedale,senza che nessun familiare potesse esser loro vicino.I camion trasportano quei morti verso altre province perché nei cimiteri della Bergamasca di posti non ce n'è più.E allora,si può uscire,nelle altre parti d'Italia,fuori dai balconi e cantarle,quelle canzoni?Si può avere il coraggio di farlo?Bisognerebbe pensare un attimo al volto dei morti.Gente normale,normalissima,che magari fino all'altro giorno giocava a carte con gli amici al bar o andava a lavorare,o che giocava a casa coi propri bambini.Ora vite spezzate,tutto spazzato via.Si canta "Volare" o "Azzurro",e intanto altri cadaveri vengono portati via dagli ospedali che scoppiano,avviati verso cimiteri dove saranno cremati.E le mogli,i mariti,i figli,neppure nell'estremo momento son potuti stare con i loro cari.Difronte a tutto questo si può forse cantare,ballare,fare disegnini?No,non sta andando bene.E anche dopo,quando tutto sarà finito(presto,speriamo)dovremo per forza dire:"non è andato tutto bene".La realtà della morte,individuale e collettiva,impone il dovere della riflessione muta e silenziosa.Silenzio che è dignità,rispetto verso i morti,vera comprensione della tragedia,reale partecipazione con chi adesso è nel pianto.Per avere-questa volta sì-una comune coscienza dei termini della tragedia nazionale.C'è bisogno di un impegno morale.La pandemia è una minaccia da cui tutti noi,dobbiamo difenderci con tutte le forze perché la possibilità di uscirne deriva(anche)dal fortissimo impegno etico,morale e civico con cui la affrontiamo.Anche in vista di quell'altra durissima,terribile prova che aspetta questo popolo:la ricostruzione economica e materiale di un Paese squassato e devastato da questa pandemia.Ecco perché interrogarsi sulla morte,con dignità,in silenzio,è un dovere culturale e morale che questa vicenda ci impone.
La vita ai tempi del coronavirus.Una vita "fatta in casa",senza poter uscire,senza poter frequentare gente,senza poter andare in quei posti(scuole,università,parchi,musei,cinema,stadi di calcio)dove fino a ieri abbiamo vissuto la nostra "normalità".Perché è questo,secondo gli scienziati,il modo per battere questo terribile male che abbiamo imparato a conoscere come Covid-19.Ma alla fine queste restrizioni sono state accettate da tutti,tutti essendo ben consapevoli di quello che c'è in gioco.Ma in questo dramma che sta vivendo l'Italia,c'è un altro dramma,estraneo all'attenzione di ognuno di noi.Un dramma silente che si muove tra le pieghe dell’emergenza da Coronavirus:è il dramma dei clochard,di coloro che anche in tempi di “normalità” non hanno voce e il cui silenzio nessuno di noi ascolta.Dopo le misure governative,l’Italia si è ulteriormente fermata."Tutti a casa",come il titolo del film di Luigi Comencini.Da quel momento i social sono stati inondati dall’hashtag #iorestoacasa,in segno di solidarietà ed unità nazionale.Ma come può restare a casa chi una casa non c'è l'ha?Come può lasciare strade e piazze chi in quelle strade e piazze ha la propria fissa dimora?Sono i clochard,i c.d. "barboni",come con un pò di disprezzo tutti noi li definiamo.E,se già in periodi di “normalità”,i senza tetto vivono in uno stato di totale abbandono ed emarginazione,in questa delicata momento nel quale viene imposto al popolo "normale" il "distanziamento sociale",quanta considerazione possono avere adesso "loro",che oggi ancora di più,rischiano di essere completamente fagocitati dall’indifferenza sociale?.Nessuno può girare,in questi nuovi giorni di questa nuova Peste.Solo "loro",i clochard,i barboni,i senza tetto di ogni parte d'Italia,rimangono all'aperto nelle città chiuse.Nessuno che fa più l'elemosina perché nessuno può uscire di casa,e senza soldi che puoi comprare,e dove,poi,se è tutto chiuso?.I negozi sono sbarrati,bisognerebbe spingersi verso i super e gli iper,ma dove la trova la forza per andarci in quei posti,la gente di questo popolo fantasma?Solo le mense dei poveri distribuiscono qualche cosa di caldo:cibo e umanità.E sono sempre gli stessi che lo fanno:Caritas,Croce Rossa e Associazioni di Volontariato."State in casa",dicono i medici,il governo,la Protezione Civile.Come se poi questa gente una casa l'avesse.E talora arriva pure la beffa,quasi lo sberleffo.Nei giorni scorsi un senza tetto ucraino è stato denunciato da una volante perché "camminava per strada non ottemperando le disposizioni del decreto".
Chi vive in questo mondo "altro" è sempre un ex di qualcosa:impiegato,commesso,operaio,studente,ciascuno con una ex vita e un ex mondo dietro e dentro che ora ha dismesso,con una vita stracciata,come i panni che hanno addosso.E chissà per quali e quante vie sono finiti adesso qui,in queste altre strade,in queste altre vite.Per vie traverse finiti qui,magari con un cane che amano più di se stessi,con cui dividono il piatto di pasta della Caritas.Ogni tanto qualcuno di loro racconta a qualche giornale o tv la propria storia e ringraziano questi ragazzi e quei dottori che hanno cura di loro.Come faceva il "dottore" Enzo Jannacci,che visitava gratis i clochard nel proprio ambulatorio.E ha dignità e orgoglio questa gente."Io non ho bisogno di niente"dice sulle prime qualcuno di loro.Ma poi prendono scarpe,vestiti e altre cose che ciascuno di noi ha da poco dismesso.E sono sempre e solo "Gli Angeli della Notte",la Caritas,la Croce Rossa,le associazioni di volontariato che stanno loro vicino,cercando,in questi giorni di coronavirus,di dar loro ulteriore assistenza,cercando di allontanarli da quel terribile mostro che si chiama Covid-19.Il senzatetto appartiene ad una “popolazione” affacciata sul vuoto a ridosso di un abisso pieno di dolore e povertà.Uomini e donne che vivono in un mondo invisibile dove quasi mai si fanno vedere,tranne quelli che chiedono l’elemosina.Dei clochard nemmeno ce ne accorgiamo,quasi fossero trasparenti,forse perché hanno vergogna di mescolarsi agli altri,i cosiddetti “normali”.Sono infagottati di stracci,carichi di sacchetti al cui interno c’è tutta la loro “ricchezza”,quello che racimolano in giro o nei cassonetti della spazzatura,come scarti di cibo,stracci,scarti inutilizzati dalla società dei consumi sfrenati e cartoni per ripararsi dal freddo.Vite prive di Vita.Vite prive di qualsiasi cosa,materiale o affettiva,che non hanno nessun punto di riferimento se non una panchina o un portico per passare la notte.Vite di persone che hanno scelto un’esistenza basata sulla libertà,ma soprattutto persone ammalate,disconosciute dai familiari,tossicodipendenti,ex carcerati o pazienti dimessi dai manicomi.Ma ci sono però anche persone "normali":disoccupati,immigrati,sfrattati,emarginati per gli innumerevoli casi della vita.Tutte queste categorie di persone cadute in disgrazia sono uno scossone al nostro intorpidito senso di giustizia.Sono costretti ad umiliarsi per chiedere un pezzo di pane oppure qualche spicciolo,poiché dalla vita,nella loro vita,non hanno ricevuto nulla,oppure il destino ha voluto prendersi gioco di loro, volontariamente o meno.Eppure,forse,basterebbe poco per restituir loro dignità e un senso per vivere:un lavoro per il disoccupato,una cura per chi è ammalato o drogato,una stanza per chi la casa l’ha persa.E un cuore e un diverso modo di "sentire" da parte di tutti noi.
Forse anche agli sventurati che fuggono dalla Siria per sfuggire ai bombardamenti e che ora il criminale leader turco Erdogan caccia verso l'Europa,per ricattare quest'ultima ad intervenire nel conflitto che contrappone la Turchia alla Siria,forse anche a loro è arrivata notizia del virus che preoccupa tutti noi in questi giorni.Forse anche loro sanno che in Europa,e in Italia soprattutto,c'è una infezione chiamata coronavirus.Le immagini di quelle masse di disperati che fuggono dalle loro terre verso l'Europa,le immagini di quei bambini di pochi anni in braccio alle loro mamme che scappano dalla guerra e dalla distruzione,ci devono far pensare.Sì,perchè è proprio in questo momento che viene in evidenza il rapporto stretto dei problemi globali di un'umanità sofferente.E' in questo momento che si può comprendere come le paure dell’Occidente e quelle dell’Oriente,così differenti eppure così vicine e connesse tra di loro,si tengono insieme.Una connessione che non possiamo far finta di non vedere.Ora capiamo cosa sia lo spavento di vedere i nostri figli,i nostri genitori e noi stessi esposti al pericolo di un contagio e di una sorte potenzialmente fatale.E allora proprio adesso dovremmo riflettere sulle molte sciocchezze che abbiamo detto in questi anni e che forse qualcuno ancora continua a dire,a proposito delle masse enormi in fuga dalle guerre o da regimi pericolosi.Salvo che poi qualcuno,su qualche giornale,ottusamente chiuso nel suo "tifo" da Curva Sud a sostegno del pagliaccio del Papeete,continui nelle sue campagne di odio.Ora che anche noi abbiamo svuotato i supermercati,litigato in farmacia per un presidio protettivo,comprato a borsa nera un flacone di disinfettante,magari possiamo capire meglio perché non c’è regola,blocco,minaccia dissuasiva che possa fermare qualcuno che teme per la sua vita e quella della sua famiglia.E se non lo capiamo o non vogliamo capirlo,allora è inutile.E' inutile istituire Giornate della Memoria,per la Shoah,per le Foibe,per i Gulag di Stalin.Perchè già adesso l'Europa ha smarrito la memoria dei grandi drammi e delle grandi emergenze collettive:le guerre europee sono un ricordo solo dei più anziani,insieme alle esperienze che le accompagnavano,la fame,la malattia,senza nessuna cura,senza nessun farmaco.Il sentirsi in balia della prepotenza altrui.Come con le SS,come con la sanguinaria polizia comunista di Stalin.Forse la nostra coscienza collettiva si è sentita tranquilla e pulita,quando ha affidato al bandito Erdogan,o ai criminali delinquenti libici,dietro versamento,da parte dell'Europa,di cospicue somme di danaro,decine di migliaia di sfollati dal Medio Oriente,disinteressandosi, poi,dei loro destini e delle loro insopportabili condizioni di vita nelle carceri turche e nei campi di tortura libici.Solo 30 o 40 anni fa questa idea ci avrebbe turbato e indignato e avrebbe messo in discussione i capisaldi culturali del nostro sentirci occidentali,europei,civili:allora ci sentivamo a disagio persino per disastri umanitari lontanissimi da noi,come il Bangladesh o il Biafra.Ed invece in questo nuovo tempo di coscienze diverse,abbiamo narcotizzata ogni sensibilità,affidandoci a una narrazione falsificata(non sono profughi,sono clandestini."Loro" non fuggono,sono invasori delle nostre terre e allora #primagliitaliani o #Americafirst).Una narrazione che si fonda sulla paura che è un sentimento incontrollabile e invincibile,che determina azioni estreme,e chissenefrega di norme,leggi e regole,se poi al governo c'è chi quelle norme per primo butta a mare e sfrutta quelle paure e ci aizza sopra campagne di disprezzo e di odio.Ma ora,forse,possiamo capire meglio.Anche noi abbiamo ogni giorno il nostro piccolo assaggio di paura.Siamo anche noi in condizione di valutare cosa significa accendere la tv sperando che il nostro paese o il nostro quartiere sia rimasto immune dal virus.Possiamo capire cosa significa vedersi chiudere in faccia porti,aeroporti e ferrovie da tutte le Nazioni della terra.Vedere i nostri prodotti respinti indietro con un'economia che drammaticamente collassa.Adesso possiamo più facilmente capire che immani sacrifici fa quella gente sui barconi,donne e bambini soprattutto,quando dalle coste del Nord Africa si muove verso l'Europa e possiamo immaginare cosa saremmo disposti a fare se nostro padre malato non trovasse un posto in ospedale,se le scuole o i luoghi di lavoro restassero chiusi a oltranza,se non trovassimo più in farmacia una medicina essenziale per nostro figlio.Ecco.Forse adesso riusciamo a capire cosa succede agli altri che scappano via dalle loro terre e che poi noi blocchiamo su una barca in mezzo al mare.E' necessario ricordarle queste cose.E' necessario recuperare quella memoria scomparsa.Sarà opportuno ricordarne il sapore amaro di queste cose quando daremo il nostro giudizio sulle disperazioni degli altri.