19 maggio 2019

CONTINUIAMO A COMBATTERE

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Era nato di maggio(il 2 del 1930).Se ne è andato di maggio(il 19 del 2016).Ma tra queste due date quanta e quale vita ci ha messo dentro Marco Pannella.Politicamente era nato nel PLI .Nel 1955,quando Malagodi diede al PLI una svolta conservatrice,ne uscì,insieme a Mario Pannunzio,fondando il Partito radicale con Eugenio Scalfari e Leo Valiani.Le radici culturali della sua appartenenza politica risalgono al pensiero di fine Ottocento di Cavallotti,un borghese anarchico esponente della sinistra liberale che nel 1890 teorizzava già il voto alle donne,l’istruzione obbligatoria,il divorzio e il referendum.Cominciò così la sua vita di "irregolare" della politica,quel suo essere diverso e "contro" quell'altra politica,ma anche contro tutta una serie di convenzioni sociali e culturali,di modi ipocriti di essere e di pensare.Ma sempre con cuore e con generosità fu quel suo essere diverso.Aveva fame di giustizia,di libertà civili,di giustizia giusta,di corretta informazione da parte del servizio pubblico della Rai,asservito,invece ai partiti di governo.E questa sua fame di libertà e la preoccupazione di assicurare libertà e diritti civili a tutta la società italiana lo indussero a quei tanti suoi gandiani scioperi della fame e della sete.Una cosa mai vista,prima di allora,nella politica italiana.Una violenza contro il suo corpo,per combattere le violenze e i soprusi della politica e delle istituzioni.Tre anni fa se ne è andato uno che ha fatto tanto,per questo paese;e che a lungo è stato ostracizzato, incompreso,inascoltato.Non che sia mai stato “facile” Pannella:con quel suo inseparabile sigaro e quelle improbabili cravatte fu esigente,rigoroso(anzitutto con se stesso)conseguente fino all’estremo.Pannella:l’uomo che affascinò l'intellualità italiana,quella veramente libera,s'intende.Affascinò,ad esempio,Ignazio Silone,Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia,che lo definì "l’unico politico che ha il senso della legge,del diritto,della giustizia".E lo scrittore Elio Vittorini gli disse:"Tu e i Radicali siete i soli copernicani che conosco".Pannella fu anche l’uomo che assieme ad Enzo Tortora ingaggiò quella disperata battaglia contro la malagiustizia italiana,smontando quel castello di infamie che i camorristi avevano cucito addosso a Tortora,in quella che fu la più grande vergogna italiana,il processo ad "un uomo perbene",come era Enzo Tortora.Pannella impegnò il suo corpo con i digiuni per battaglie di libertà anche in campo internazionale:a Parigi,contro la guerra in Algeria;e contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia.L’uomo delle marce,dei sit-in,dei cento referendum,lui l'erede di Ernesto Rossi e di quella pattuglia che gravitava attorno al settimanale “Il Mondo”.Forse cominciò ad esser maggiormente conosciuto in occasione del referendum sul divorzio del 1974,condotto assieme al socialista Loris Fortuna e al liberale Antonio Baslini.Sempre con Fortuna,Adele Faccio,Emma Bonino,Gianfranco Spadaccia,fu protagonista nel referendum che portò alla legge che depenalizzò l’aborto.Di quante altre cose fu l'autore e l'attore principale:la legge sull’obiezione di coscienza,l’abolizione del vecchio regime manicomiale,la legalizzazione delle sostanze stupefacenti.Con Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica,con Piero Welby per la dignità della vita e della morte.Fu sempre per i diritti dei detenuti e nelle questioni legate alla giustizia.Anticlericale,ma sempre straordinariamente sensibile alle ragioni dei credenti,riconoscendo gli alti valori del Cristianesimo,con le marce pasquali che si concludevano in Vaticano e con Papa Giovanni Paolo II che lo definì:"Il nostro amico Marco Pannella".Così come per Gandhi e Martin Luther King, quelle sue "disobbedienze" civili e nonviolente furono le sue potentissime "armi".Scandaloso ed eretico lo fu sempre,così come voleva Pasolini quando disse a lui e ai Radicali:Continuate imperterriti,ostinati,eternamente contrari,a pretendere,a volere,a identificarvi col diverso;a scandalizzare".Ed Eugenio Montale che su di lui e Sacharov scrisse:"Dove il potere nega,in forme palesi,ma anche con mezzi occulti,la vera libertà,spuntano ogni tanto uomini ispirati come Andrei Sacharov e Marco Pannella,che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore.Il rifiuto passivo.Soli e inermi,essi parlano anche per noi".Pannella si è battuto fino alla fine per il diritto di tutti a conoscere,a sapere.Il diritto civile e umano alla conoscenza.E fu anche per questo che nel 1976 fondò Radio Radicale,la radio che dà voce a tutti,che a tutti fa conoscere,con le sue trasmissioni,quello che accade nei Palazzi della politica e delle istituzioni,pur restando lontano e contrapponendosi ai luoghi del Potere.Forse è proprio per questo che l'autoritario e illiberale governo legastellato sta cercando di operare una censura preventiva,tentando,come in queste ore sta tentando,di far chiudere quello strumento di libertà che è Radio Radicale.Ma è solo un'illusione,perché la libertà è cosa insopprimibile,rinasce sempre,hai voglia di soffocarla.Purchè ci siano,però,uomini come Marco Pannella,che in ogni momento,in ogni dove ed in ogni modo si sono battuti e sacrificati per Essa.Continuando a ripetere,come faceva nei suoi ultimi tempi di vita, un vecchio motto del Sessantotto: “Ce n’est qu’on debut,continuons le combat!”."Non è che l'inizio,continuiamo a combattere!",la cosa che Lui ha sempre fatto.

11 maggio 2019

CARAVAGGIO E PASOLINI

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Qualche settimana fa è' iniziata a Napoli e durerà fino a luglio la mostra:“Caravaggio a Napoli”,nella quale sono proposte varie opere del pittore lombardo,dipinte durante il suo soggiorno nella città partenopea.Alcuni critici d'arte hanno definito Michelangelo Merisi(detto il Caravaggio perché nato nella città bergamasca di Caravaggio)come "pittore del popolo",accostandolo a Pier Paolo Pasolini,definito "scrittore del popolo".Quel Pasolini,autore tra gli altri,del suo primo romanzo “Ragazzi di Vita”.E sono proprio i “ragazzi di vita”,giovani della Roma popolare,cantati da Pasolini e ritratti da Caravaggio,a rappresentare uno dei trait d'union tra il pittore e il poeta.Caravaggio,in totale antitesi alla moda del suo tempo,non lavorava per la corte papale o per la ricca aristocrazia del tempo.Anzi.Egli volutamente scendeva nei bassifondi e nelle taverne,lì dove si respirava la vita scevra delle regole e delle ipocrisie cattoliche e borghesi e rendeva le persone che popolano questa vita sotterranea protagonisti della storia.La taverna diveniva scenario di episodi evangelici,come nella conversione di San Matteo(sopra)dove Cristo veniva proiettato in un'ambientazione da sobborgo e lì si manifesta agli uomini,lì dove effettivamente Cristo dovrebbe apparire,tra gli ultimi,prima che altrove.Il popolano presta il volto a personaggi mitologici come nel caso del “Bacchino Malato”(sopra)in cui un ragazzo emaciato e roso dalla malattia offre le sue sembianze al Dio Romano dell'Ebrezza.Nel pensare al parallelo proposto da questi critici tra l'opera di Caravaggio e quella di Pasolini,si rimane incredibilmente sorpresi nello scoprire che il volto di “Ragazzo con Cesto di Frutta” assomiglia in modo straordinario a Ninetto Davoli,o che il “Bacchino Malato” innanzi citato ha le sembianze di Franco Citti protagonista di “Accattone” e che il fanciullo di “Amor omnia vincit” è identico nell'espressione da “impunito” addirittura a Pino Pelosi,presunto assassino di Pasolini.Pasolini e Caravaggio sono uniti nella loro volontà profonda di essere “diversi”,anche nelle scelte personali e sessuali,con quella loro unicità di personalità ribelli e antitetiche ad un contesto generale di omologazione che caratterizzava,oggi come allora,il 1600,e gli anni dai '50 ai '70 del secolo scorso e i giorni nostri.Artisti entrambi irregolari,dal temperamento irruento,non alieno dallo scandalo,entrambi coinvolti in inchieste giudiziarie,perseguitati dalle incomprensioni,alle prese con la "guerra santa",come gli islamici definiscono il percorso interiore e spirituale degli uomini.Controcorrente lo furono certamente entrambi.E li unisce anche quella povera,misteriosa morte consumata su un litorale,davanti all'orizzonte del mare,della natura,loro che la avevano avuto come maestra la natura e la realtà.Caravaggio muore su quella lingua di sabbia e di alberi della spiaggia di Feniglia,che unisce la terraferma all’Argentario,in Toscana ma non lontano da Roma.Anche Pasolini muore vicino a Roma, davanti allo stesso mare, alla foce del Tevere presso Ostia.E quando Pasolini muore, nel 1975,sigilla la chiusura di un’epoca e di un secolo,prima del reale compimento cronologico.Assiste alle trasformazioni della sua epoca:il 1963 nella letteratura,("Gruppo 63" fu chiamato quel movimento letterario spontaneo suscitato da una vivace insofferenza per lo stato allora dominante delle cose letterarie)il 1965 nella liturgia ecclesiastica con l’abolizione del latino,il 1968 nella politica; vede la decadenza e il crollo spirituale del mondo conosciuto nell’infanzia e anche lui si adegua e partecipa intellettualmente alla protesta che in quel decennio appariva come il primo dovere etico dell’uomo.Entrambi chiudono un’epoca,con la drammaticità che questo comporta.Caravaggio l’epoca classica dell’arte.Pasolini chiude l’epoca della modernità e un secolo.E forse proprio perchè ripudiati dagli uomini delle loro epoche,furono entrambi sfregiati,culturalmente e financo nel fisico.