Gli ultimi casi giudiziari che hanno visto coinvolte le amministrazioni comunali di Roma e Milano hanno riaperto la discussione sul tema della corruzione politica oggi in Italia.Alcuni studi sul fenomeno della corruzione in Italia hanno quantificato in 40 miliardi la cifra che indica il livello presunto di corruzione in Italia,cioè il 3 per cento del Prodotto interno lordo(Pil).Perciò se il Pil italiano é di circa 1.700 miliardi,la corruzione è pari appunto a 40 – 50 miliardi.E scusate se è poco.E' trascorso un quarto di secolo dall'inchiesta sulla corruzione politica in Italia che prese il nome,ormai famoso,di "Mani Pulite".Eppure nella pubblica opinione,nel sentire comune,rimane netta la sensazione che il fenomeno non è stato affatto debellato,ma che anzi continua a sussistere vigoroso,assumendo soltanto forme altre e diverse.Detto questo, resta tuttavia il problema di comprendere perché la percezione del fenomeno,in questi ultimi anni,rimane così forte.Le cause sono diverse.Alcune di natura politica,altre di natura economica.La prima Repubblica è stata anche terreno di scontro tra gli opposti schieramenti di USA ed URSS.La “guerra fredda” tra Oriente ed Occidente non è stata solo la chiave interpretativa di una fase storica.Le strutture di massa dei singoli partiti che si rifacevano all'uno o all'altro schieramento esprimevano forze reali,che andavano organizzate,strutturate e mantenute.Tutto ciò richiedeva un'enorme disponibilità di mezzi finanziari che erano fuori della portata del semplice finanziamento pubblico ai partiti.Ed ecco allora da un lato l’oro di Mosca e dall'altro i dollari della Cia.Con l'aggiunta di finanziamenti illeciti che segnarono la caratteristica di un lungo ciclo politico,iniziato con gli anni ’60.Chi pagava?Naturalmente il cittadino,ma in forme mascherate.La pressione fiscale era particolarmente bassa,almeno fino al 1992.Ma tale bassa fiscalità era però "compensata" dal crescente deficit della finanza pubblica,che copriva i costi reali del clientelismo e del malaffare.Un deficit pubblico che si dilatava sempre più fino al punto da determinare le continue svalutazioni monetarie.Entrambe queste condizioni oggi non esistono più.I partiti di massa sono scomparsi dall’orizzonte politico e il "Fiscal Compact" impone limiti invalicabili al deficit di bilancio.Ed ecco perché oggi,a differenza che nel passato,la pressione fiscale è salita enormemente fino a diventare del tutto insostenibile.Tutto ciò ha fatto emergere quel legame limaccioso che,da sempre,intercorre tra l’opacità amministrativa ed il fenomeno del malaffare.Sostenere che i politici rubano come prima,come pure è stato affermato,non è,tuttavia,del tutto esaustivo.Se non altro perché una motivazione di fondo – il finanziamento degli apparati di partito – è venuta fortemente scemando.Ed allora da dove nasce la sensazione che ben poco è mutato?Probabilmente dal fatto che la corruzione si è diffusa in una miriade di micro interventi.Passando dai rami più alti della politica a quelli più bassi dell’Amministrazione,coinvolgendo in questo pantano migliaia di cittadini.Gli esempi sono quotidiani.Basta guardare al contrasto tra l’urgenza del cittadino nel “fare”,nell'agire,nel porre in essere attività di natura commerciale,industriale o edilizia,a fronte dei mille permessi,autorizzazioni,concessioni che la Pubblica Amministrazione rilascia con una estenuante lentezza che appare in certi casi addirittura studiata,voluta ed artatamente imposta all'interno di una macchina burocratica che proprio per questo non si riesce o non si vuole ammodernare davvero.Il cittadino si trova ogni volta di fronte al conflitto tra “ragione” e “sentimento”.Da un punto di vista etico egli è naturalmente portato a rifiutare ogni forma di pagamento improprio.Ma dal punto di vista economico e materiale,la scelta razionale è quella di aderire.Per potere agire e cioè lavorare,produrre,commerciare.Ed allora si paga.Maledicendo,ma si paga.E' questo il riflesso di un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione nel suo perverso rapporto con il Potere Politico,senza controllo,che si nutre della complessità e scarsa trasparenza del procedimento amministrativo.Ma pensare che la corruzione possa essere fermata semplicemente con le manette,come fanno molti,anche in maniera strumentale o,per così dire,populista ed ideologica,è cosa senza senso.Ciò che occorre è una grande semplificazione amministrativa che accorci le catene di comando,semplifichi al massimo le procedure,riduca i passaggi ed i poteri di interdizione,dei politici e della macchina burocratica.Ciò di cui c'è bisogno è una politica di privatizzazioni,quanto più ampia possibile,di strutture,organi e attività che favorisca trasparenza e al tempo stesso snellezza nell'agire burocratico.Perché è proprio in quegli anfratti di poca chiarezza di un tenebroso agire politico-amministrativo che si annida il germe vero della corruzione. Ed è forse il caso di fare,dal parte del cittadino,quella che Thomas Jefferson chiamava una "piccola insurrezione",etica e morale contro l'intreccio perverso politico-burocratico,causa prima della corruzione.Una piccola insurrezione liberale per ridare spazio e prospettiva ad una politica che tuteli davvero il cittadino.
27 dicembre 2016
UNA PICCOLA "INSURREZIONE"
Gli ultimi casi giudiziari che hanno visto coinvolte le amministrazioni comunali di Roma e Milano hanno riaperto la discussione sul tema della corruzione politica oggi in Italia.Alcuni studi sul fenomeno della corruzione in Italia hanno quantificato in 40 miliardi la cifra che indica il livello presunto di corruzione in Italia,cioè il 3 per cento del Prodotto interno lordo(Pil).Perciò se il Pil italiano é di circa 1.700 miliardi,la corruzione è pari appunto a 40 – 50 miliardi.E scusate se è poco.E' trascorso un quarto di secolo dall'inchiesta sulla corruzione politica in Italia che prese il nome,ormai famoso,di "Mani Pulite".Eppure nella pubblica opinione,nel sentire comune,rimane netta la sensazione che il fenomeno non è stato affatto debellato,ma che anzi continua a sussistere vigoroso,assumendo soltanto forme altre e diverse.Detto questo, resta tuttavia il problema di comprendere perché la percezione del fenomeno,in questi ultimi anni,rimane così forte.Le cause sono diverse.Alcune di natura politica,altre di natura economica.La prima Repubblica è stata anche terreno di scontro tra gli opposti schieramenti di USA ed URSS.La “guerra fredda” tra Oriente ed Occidente non è stata solo la chiave interpretativa di una fase storica.Le strutture di massa dei singoli partiti che si rifacevano all'uno o all'altro schieramento esprimevano forze reali,che andavano organizzate,strutturate e mantenute.Tutto ciò richiedeva un'enorme disponibilità di mezzi finanziari che erano fuori della portata del semplice finanziamento pubblico ai partiti.Ed ecco allora da un lato l’oro di Mosca e dall'altro i dollari della Cia.Con l'aggiunta di finanziamenti illeciti che segnarono la caratteristica di un lungo ciclo politico,iniziato con gli anni ’60.Chi pagava?Naturalmente il cittadino,ma in forme mascherate.La pressione fiscale era particolarmente bassa,almeno fino al 1992.Ma tale bassa fiscalità era però "compensata" dal crescente deficit della finanza pubblica,che copriva i costi reali del clientelismo e del malaffare.Un deficit pubblico che si dilatava sempre più fino al punto da determinare le continue svalutazioni monetarie.Entrambe queste condizioni oggi non esistono più.I partiti di massa sono scomparsi dall’orizzonte politico e il "Fiscal Compact" impone limiti invalicabili al deficit di bilancio.Ed ecco perché oggi,a differenza che nel passato,la pressione fiscale è salita enormemente fino a diventare del tutto insostenibile.Tutto ciò ha fatto emergere quel legame limaccioso che,da sempre,intercorre tra l’opacità amministrativa ed il fenomeno del malaffare.Sostenere che i politici rubano come prima,come pure è stato affermato,non è,tuttavia,del tutto esaustivo.Se non altro perché una motivazione di fondo – il finanziamento degli apparati di partito – è venuta fortemente scemando.Ed allora da dove nasce la sensazione che ben poco è mutato?Probabilmente dal fatto che la corruzione si è diffusa in una miriade di micro interventi.Passando dai rami più alti della politica a quelli più bassi dell’Amministrazione,coinvolgendo in questo pantano migliaia di cittadini.Gli esempi sono quotidiani.Basta guardare al contrasto tra l’urgenza del cittadino nel “fare”,nell'agire,nel porre in essere attività di natura commerciale,industriale o edilizia,a fronte dei mille permessi,autorizzazioni,concessioni che la Pubblica Amministrazione rilascia con una estenuante lentezza che appare in certi casi addirittura studiata,voluta ed artatamente imposta all'interno di una macchina burocratica che proprio per questo non si riesce o non si vuole ammodernare davvero.Il cittadino si trova ogni volta di fronte al conflitto tra “ragione” e “sentimento”.Da un punto di vista etico egli è naturalmente portato a rifiutare ogni forma di pagamento improprio.Ma dal punto di vista economico e materiale,la scelta razionale è quella di aderire.Per potere agire e cioè lavorare,produrre,commerciare.Ed allora si paga.Maledicendo,ma si paga.E' questo il riflesso di un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione nel suo perverso rapporto con il Potere Politico,senza controllo,che si nutre della complessità e scarsa trasparenza del procedimento amministrativo.Ma pensare che la corruzione possa essere fermata semplicemente con le manette,come fanno molti,anche in maniera strumentale o,per così dire,populista ed ideologica,è cosa senza senso.Ciò che occorre è una grande semplificazione amministrativa che accorci le catene di comando,semplifichi al massimo le procedure,riduca i passaggi ed i poteri di interdizione,dei politici e della macchina burocratica.Ciò di cui c'è bisogno è una politica di privatizzazioni,quanto più ampia possibile,di strutture,organi e attività che favorisca trasparenza e al tempo stesso snellezza nell'agire burocratico.Perché è proprio in quegli anfratti di poca chiarezza di un tenebroso agire politico-amministrativo che si annida il germe vero della corruzione. Ed è forse il caso di fare,dal parte del cittadino,quella che Thomas Jefferson chiamava una "piccola insurrezione",etica e morale contro l'intreccio perverso politico-burocratico,causa prima della corruzione.Una piccola insurrezione liberale per ridare spazio e prospettiva ad una politica che tuteli davvero il cittadino.
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